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“Infatti” convenni. “E se ben ricordo, gli avete anche detto che a vostro parere si era impegnato in una impresa che si sarebbe risolta in un grave errore, o qualcosa di simile. Pare che sia stato appunto così.”

“Maledizione! Di nuovo troppo tardi! Avrei dovuto telefonare a Saul Panzer o a Fred ieri sera, dicendo loro di prendere subito il treno e di venir qui. Se l’avessi fatto, stamattina Bronson sarebbe stato pedinato; ed una volta che l’avessimo fatto parlare, avremmo ottenuto la prova necessaria… Non sono più io, Archie! Ma forse la colpa è di quell’immonda creatura di Shanks. Basta, vediamo che cosa si può fare.” E Wolfe sospirò di nuovo: “Dicevate dunque che nessuno sa niente del signor Bronson?”.

“Nessuno; tranne, naturalmente, l’amico che gli ha fatto la festa. Ero davanti ai capannoni in attesa che uscisse Bennett, e ho visto Nancy entrare. L’ho seguita. Lei è andata in uno scompartimento dove l’aspettava Jimmy Pratt e dove c’è un gran mucchio di paglia. Sono entrato anch’io, e abbiamo chiacchierato un po. Poi è venuto un tale a prendere una forcata di paglia dal mucchio e io ho visto un piede e l’estremità dei risvolti di calzoni e li ho riconosciuti. Però nessun altro ha visto niente, perché ho ricoperto subito il tutto con la paglia. Nel mucchio c’era infisso un altro forcone fino a metà del manico o quasi: ho cacciato la mano nella paglia, cautamente, e ho visto in che razza di puntaspilli era infilzato quell’arnese. Proprio dalla parte del cuore; e il cuore non batteva più. Ho accusato Giulietta e Romeo d’imprudenza e li ho fatti andar via in direzioni opposte; poi son venuto difilato qui.”

“Allora il cadavere sarà scoperto quando andranno a prendere dell’altra paglia.”

“Appunto. Il che può essere già accaduto, o potrà anche non accadere sino a domattina.”

“Uhm! E’ più probabile che accada presto. Siete venuto qui per non essere presente alla scoperta?”

“Per darvi la notizia e per dirvi di Bennett. Ho fatto andar via Nancy sia per evitare che a papà venissero i nervi vedendola con Jimmy, e sia perché non la trovasse la polizia praticamente seduta su un cadavere.”

“Ma siete stati visti tutti e tre dall’uomo che ha preso quel fascio di paglia, naturalmente.”

“Purtroppo. E da parecchi altri, anche. Volete che ritorni laggiù e scopra io il cadavere?”

“Inutile. E probabilmente la polizia non troverà tracce che possano guidarla, sicché non c’è fretta. Non avrei mai immaginato che Bronson fosse tanto stupido da dare all’assassino un’occasione così propizia… E adesso è più che mai necessario… Oh, finalmente! Buongiorno, signor Bennett!”

Il segretario della “Lega Guernsey”, ancora in maniche di camicia, era arrivato trafelatissimo accanto a Wolfe.

“Buongiorno” rispose brevemente. “Volevate parlarmi? Non avreste potuto scegliere un momento peggiore.”

“Così mi ha detto il signor Goodwin, infatti. Mi dispiace di avervi dovuto disturbare, ma non avrei potuto fare altrimenti. Mettetevi a sedere, prego. Un caffè?”

“No, grazie, rimango in piedi: se mi mettessi a sedere non so se poi avrei la forza di rialzarmi. Dunque, che cosa volete?”

“Avete fatto colazione?”

“No.”

“Strabiliante! Caro signor Bennett, anche quando sono preso dai più difficili problemi io non manco mai di far colazione. Uno stomaco vuoto troppo a lungo sconcerta il cervello. Archie, per favore, ordinate una porzione di fricassea… E voi, signor Bennett, mettetevi a sedere una buona volta!”

Forse per l’insistenza di Wolfe, forse per l’odore delle vivande, dopo aver un po esitato, Bennett cedette alla tentazione e si mise a sedere, mentre una dama metodista si affrettava ad andargli a prendere la fricassea col solito accompagnamento di budino di riso. Allora Wolfe riprese: “Così va meglio, molto meglio. E ora a voi, signor Bennett. Io sono stato incaricato dal signor Osgood di risolvere il problema del delitto che sapete, e ho bisogno di appurare alcune cose. Le mie domande potranno sembrarvi futili o anche stupide, ma se le giudicaste così vi sbagliereste. La mia unica deficienza è la letargia, ma tollero il signor Goodwin, e lo pago anche, perché mi aiuti ad attenuarla. Quarantotto ore fa, o giù di lì, voi avete detto al signor Pratt, sulla terrazza di casa sua, che c’era qui una diecina di soci della Lega ad aspettare il vostro ritorno, e che quando avessero saputo come stavano le cose avrebbero preso qualche provvedimento. Ora, di quali provvedimenti parlavate?”

“Non di un delitto, naturalmente” replicò Bennett, che era stato a guardare Wolfe meravigliato. “Ma che c’entra questo…”

“Prego, signor Bennett! V’ho già avvertito che non sono uno stupido. Vi faccio delle domande precise: non potreste rispondermi con altrettanta precisione? So bene che mentre parlavate col signor Pratt eravate accecato dall’ira. Ma vi domando di nuovo: a quali provvedimenti vi riferivate?”

“A nulla di specifico. Ero infuriato, come avete detto voi stesso: tutti lo eravamo. Quel che Pratt intendeva fare era un odioso insulto a…”

“Lo so, lo so: e se guardo le cose dal vostro punto di vista son d’accordo con voi. Ma non si era pensato a qualche mezzo pratico per evitare che il signor Pratt mettesse in esecuzione il suo progetto? Per esempio, qualcuno non aveva accennato alla possibilità di togliere segretamente Caesar Hickory Grindon dal recinto sostituendolo con un altro toro che gli somigliasse?”

Bennett stava per dire qualche cosa ma si trattenne; e rispose brevemente, guardando altrove: “No.”

“Benissimo” sospirò Wolfe. “Vorrei però che vi metteste bene in testa una cosa: che cioè io investigo su un assassinio, non su un complotto per sostituire un toro all’altro, della qual cosa non m’importa un fico… Ma voi dovete mangiarlo caldo, questo budino, sapete? Continueremo dopo.”

“Parlate, parlare: quando avrò finito dovrò andarmene.”

“Benissimo. Dunque, io non domandavo se qualcuno di voi avesse sostituito un altro toro a Caesar o avesse tentato di farlo, perché questo non m’interessa, ma semplicemente se qualcuno in quel momento d’indignazione avesse suggerito un provvedimento simile. A parte questo poi, vorrei sapere soprattutto una cosa: un piano del genere sarebbe stato attuabile?”

“Attuabile?” ripeté Bennett, con la bocca piena. “Sarebbe stato un reato dal punto di vista legale.”

“Lo so; ma io vi domandavo un’altra cosa. Reato o no, sarebbe stato praticamente attuabile?”

Bennett rimase a riflettere per un momento, masticando il suo pollo, e infine si decise a rispondere: “No: c’era là Monte Mac Millan.”

“Sicché se il signor Millan non ci fosse stato, o se si fosse messo d’accordo con voialtri, la cosa si sarebbe potuta fare?”

“Allora sì, si sarebbe potuta fare.”

“E sarebbe stato possibile sostituire Caesar con un altro toro più o meno somigliante, in modo che la cosa sfuggisse a chi non fosse praticissimo di tori?”

“Sarebbe stato possibile.”

“Eppure Caesar era un campione nazionale, Non poteva perciò ritenersi unico, e quindi insostituibile?”

“Ma no, che diamine! C’è un’infinità di tori di prim’ordine e alcuni sono veramente ottimi. Vedete, la faccenda del campionato sta bene, ed è valida a tutti gli effetti, ma a volte la scelta del campione si basa su lievissime caratteristiche di superiorità fra una bestia e l’altra. L’anno scorso, a Indianapolis, Caesar ebbe un complesso di 96 punti, e Portchester Compton, il suo rivale, 95. Poi si tiene calcolo anche degli animali procreati da ciascun toro in lizza. Caesar aveva generato 51 mucche Registro Extra…”

“E 9 torelli Registro Extra. Lo so. Questo, naturalmente, non ha niente a che vedere con l’aspetto del toro, e quindi non rivelerebbe una eventuale sostituzione. Ma ritorniamo alla mia domanda. Se qualcuno, Clyde Osgood ad esempio, avesse voluto sostituire a Caesar un altro toro non avrebbe dovuto trattarsi di un quasi campione; poiché la bestia era destinata alla macellazione, e i quasi campioni hanno molto valore; quindi ditemi, potrebbe un toro di valore relativamente basso avere una grande rassomiglianza con un campione?”

“Potrebbe, sì; ma a patto di vederlo da un centinaio di metri di distanza o anche più.”

“Come si fa a stabilire un complesso di punti per determinare il valore di un toro?”

“Ecco” spiegò volenterosamente Bennett, dopo aver inghiottito il boccone. “La perfezione di un toro è calcolata a cento punti, ai quali, naturalmente, nessuno è mai arrivato. E questi punti si suddividono così: per la simmetria e la bellezza dell’insieme dieci punti; per la testa sei; per le corna uno; per il collo tre e via dicendo. Ora ad ogni toro si attribuisce un numero di punti per ognuna di queste caratteristiche, secondo se si avvicinano o meno alla perfezione, e così si arriva a un totale che serve di base alla dichiarazione per il campionato. Chiaro? Quanto al valore, ha più importanza il numero degli animali procreati che la perfezione esteriore. Per esempio, nel 1935 il prezzo medio raggiunto dai tori Registro Extra era di duemila dollari; ma in quello stesso anno Langwater Reveller fu venduto per diecimila dollari perché aveva procreato…”

“Ho capito benissimo” interruppe Wolfe, il quale probabilmente temeva che a un certo punto Bennett gli scappasse via senza avergli detto tutto quel che si aspettava. “Dunque anche un toro da duemila dollari avrebbe potuto sostituire Caesar purché gli rassomigliasse nell’aspetto. E ora passiamo ad altro. Ieri, mi ha meravigliato quel che mi avete risposto quando vi ho telefonato da casa Osgood. Credevo che ogni animale nato da un toro e da una mucca Registro Extra fosse marcato indelebilmente con un segno particolare. Invece mi avete detto che vengono marcati, e nell’orecchio, soltanto gli animali di colore unito, cioè senza macchie bianche. E’ così?”

“Certo.”

“Quindi se Caesar fosse stato sostituito da un altro toro, data la mancanza di un marchio sarebbe stato praticamente impossibile scoprire la sostituzione a meno di avere altri elementi su cui basarsi?”

“Infatti. Ma ci sarebbe stato modo di scoprire questa sostituzione, per mezzo del cartellino di Caesar.”

“In che cosa consiste questo cartellino? E come si procede per compilarlo?”

“Provvede l’allevatore alla nascita dell’animale, o almeno prima che il vitello abbia sei mesi. Il Registro dà, a ogni allevatore che ne faccia richiesta, un cartellino su cui è stampato il contorno di un animale bovino di profilo e di fronte. Sul cartellino l’allevatore disegna in inchiostro il colore dell’animale nei vari punti, fulvo chiaro, fulvo scuro, fulvo rosso, marrone, bianco e pezzato. Si tien conto anche delle macchie piccole. Questi cartellini si conservano nel nostro ufficio a Fernborough e servono a identificare l’animale per tutta la sua vita. Su ogni certificato di registrazione è riprodotto lo stesso cartellino. Se voi comprate un toro e volete essere sicuro di non essere stato ingannato, controllate il colore e le macchie con quelli indicati nel cartellino e allora potete stare tranquillo.”

“Un po complicato, direi.”

“E’ il sistema universalmente in uso” replicò Bennett sostenuto. “Sembra complicato ai profani, forse, ma a noi serve benissimo e non ci sono mai state difficoltà.”

“Non volevo offendervi, signor Bennett. Complicato o no, quando un sistema corrisponde al suo scopo è buono.” E Wolfe sospirò. “Un’ultima cosa, mentre prendete il caffè. Immaginiamo che Clyde Osgood volesse sostituire Caesar con un altro toro: fra quanti tori avrebbe potuto scegliere nel raggio di settanta chilometri qui intorno, dato che avrebbe dovuto trovarne uno che avesse una forte rassomiglianza con il toro in questione? Ricordatevi, però, che bisogna escludere dal numero dei candidati i campioni del valore di migliaia di dollari.”

“Oh, ce ne sarebbero stati tanti!” rispose Bennett, riflettendo mentre rimescolava il caffè col cucchiaino. “Per esempio, ce n’è uno all’Esposizione che rassomiglia straordinariamente a Caesar sebbene di classe inferiore: è un toro Willowdale di tre anni.”

“Siete ben sicuro che quello sia proprio un Willowdale, o meglio che sia lo stesso toro che avete conosciuto come tale?”

Per un momento Bennett parve sconcertato e perplesso: ma subito si mostrò sicuro di sé.

“Certo che è un Willowdale! E’ stato giudicato oggi e il cartellino corrispondeva perfettamente. Poi c’è Orinoco, un toro di Hawley, che somiglia straordinariamente a Caesar; è più stretto di groppa, ma a distanza la diversità non si vedrebbe. Un altro ce l’ha la signora Linville, dall’altra parte di Crowfield, quello andrebbe ancora meglio di Orinoco ma non sono sicuro che sia ancora nell’allevamento, perché tempo fa la signora aveva intenzione di mandarla a Siracusa. Poi, certo, ci sarebbe stato il fratello di Caesar, Buchingham Hickory Pell; ma è morto.”

“Da quanto tempo?”

“Da circa un mese, di carbonchio, con la maggior parte della mandria del povero Mac Millan. Era suo, naturalmente.”

“Un disastro, direi. E anche Buchingham era un campione?”

“Mai più! Lui e Caesar erano stati generati dalla stessa mucca e da Gabriel Hickory, uno splendido toro quello: però c’era una gran differenza fra loro. Buchingham era bello sì, ma gli animali che generava risultavano di qualità scadente. Dal 1936 e cioè dopo che a Jamestown aveva riportato 68 punti, non era stato più esposto.”

“Ad ogni modo è morto. E nella mandria di Osgood, nulla?”

“Uhm!” fece Bennett tra un sorso e l’altro del caffè. “Ci sarebbe un torello promettente, Luciferus Thisteleaf, che di fisico somiglia a Caesar; ma è in gran parte pezzato. Però, siamo sempre lì. Solo chi non avesse conosciuto bene Caesar, e vedendolo a distanza, si sarebbe potuto sbagliare.”

“Quanto vale, questo Luciferus?”

“Non si può dire. Vedete, a un’asta il valore di una bestia dipende da tante cose… Ma così, a occhio e croce, direi che vale fra i cinquecento e gli ottocento dollari.”

“Siamo molto lontano dai quarantacinquemila di Caesar, a quanto pare.”

“Ma nessun toro ha mai toccato o toccherà un prezzo simile!” affermò Bennett. “Pratt pagò Caesar soltanto per indurre Mac Millan a fare un contratto disonorevole per qualsiasi allevatore. Qualcuno cerca di scusarlo sostenendo che la perdita dell’ottanta per cento della sua mandria per colpa di quel maledetto carbonchio è stato un colpo terribile per lui, insomma dicono che era disperato e che d’altra parte quarantacinquemila dollari sono una bella somma, ma io dico che nessuna cosa al mondo può scusare una cosa simile, e i soci della Lega per la maggior parte sono d’accordo con me. Per conto mio preferirei… Ohe, George! Son qui! Che cosa c’è? Stavo appunto per ritornare.”

Un tale che mi ricordavo di aver visto in coda ai giudici nel capannone ci si avvicinò inciampando nelle sedie, e Bennett proseguì: “Non potrebbero far senza di me per un quarto d’ora? Che cosa è successo? Quale malanno?”

“Nulla alle bestie” rispose il nuovo venuto “ma non possiamo andar più da un capannone all’altro per via della folla. Ci sono migliaia e migliaia di persone. Qualcuno ha trovato un uomo morto sotto un mucchio di paglia nel capannone Holstein. Era infilzato con un forcone. Assassinato, voglio dire.”

“Dio mio!” Bennett balzò in piedi. “Chi è?”

“Non so. Non si può saper niente da nessuno. Se vedeste la folla, vi dico. Figuratevi che…”

Non sentii altro perché i due uomini si erano incamminati verso la porta. Una dama metodista corse dietro a Bennett ma io la fermai e le dissi che la colazione del nostro amico l’avrei pagata io. E così alleggerii di un altro dollaro il deposito spese affidatomi da Wolfe.

“Credo che dovrei andare laggiù anch’io a vedere come si mettono le cose” dissi al principale mentre tornavo a sedermi di fronte a lui. Ma il genio patentato scosse la testa.

“No” rispose con fermezza. “Sono passate le tre e abbiamo gli affari nostri da sbrigare.”

Dopo di che si alzò aggrappandosi alla tavola, diede un’occhiata sdegnosa al seggiolino pieghevole e s’avviò scortato da me.

Gli “affari nostri” cui aveva alluso Wolfe, erano, naturalmente, le orchidee in attesa di giudizio. Per oltre mezz’ora le esaminammo foglia per foglia; e nell’insieme andavano benissimo. Alle quattro arrivarono i giudici, col solito seguito. Guardarono, misurarono, discussero e fu finita. La cosa si era svolta così rapidamente che mi parve ridicolo esserci affaticati tanto per un risultato simile. Comunque a Wolfe erano stati concessi la medaglia e tutti e tre i “nastri azzurri”, mentre Shanks aveva ricevuto per tutto premio una manata sulla schiena.

Dopo la partenza dei giudici, seguirono altre discussioni e poiché quelle chiacchiere m’annoiavano non poco, mi misi a sedere su una cassetta ripensando fra uno sbadiglio e l’altro alle domande rivolte da Wolfe a Bennett, ma senza capirci gran che, e con un’espressione totale tutt’altro che ottimistica sul risultato conseguito.

Ad un certo punto guardai l’orologio e vidi che mancavano dieci minuti alle cinque; il che mi ricordò che alle cinque in punto sarebbe venuta Lily Rowan per prendere le orchidee promesse. Ma mentre pensavo al modo di sbrigarmi da quella che minacciava di diventare una noia cronica, notai una cosa che mi parve significativa quanto sospetta. Un tale, ad una diecina di passi di distanza, accennava apertamente a me, e riconobbi senza dubbio possibile l’uomo in tuta al quale avevo regalato i dieci dollari di Jimmy Pratt. Alla sua destra era il capitano Barrow, della polizia di Stato, alla sinistra il procuratore distrettuale Waddell. E mentre li guardavo un po seccato i due uomini della legge marciarono direttamente verso la loro vittima, cioè verso di me.

“Attento!” dissi a Wolfe, muovendo le labbra il meno possibile. “Abbiamo visite.”

I due funzionari risposero brevemente al saluto del mio principale, che disse cortesemente: “A quanto ho sentito, avete un altro delitto sulle braccia, signori; e questa volta non occorrono dimostrazioni per definirlo tale.”

Waddell borbottò qualche cosa; ma Barrow li ignorò e disse seccamente, guardandomi diritto in faccia: “Siete voi la persona che può darci una dimostrazione. Prendete il cappello e venite con noi.”

“Dove, se è lecito?” domandai col mio più bel sorriso.

“Negli uffici dello sceriffo. Sarò ben lieto di accompagnarvi. Ma aspettate un momento.”

E Barrow stese la mano verso di me, come per perquisirmi e assicurarsi che non fossi armato. Feci un passo indietro e replicai, incrociando le braccia: “Io ho una pistola e il permesso di portarla. Quindi questa pistola è legalmente in mio possesso. Mi pare che non ci sia bisogno di complicazioni idiote, no?”