12

 

Bronson si accomodò sulla sedia lasciata libera da Mac Millan sempre col suo sorrisetto divertito. Wolfe, immobile, con gli occhi quasi chiusi, pareva più che mai assopito: ma se questo poteva ingannare Bronson, non ingannava me. Sbadigliai.

Visto così, con la luce di scorcio, il naso di Bronson pareva anche più schiacciato del solito.

Finalmente il figurino cominciò, sforzandosi di parlare come le persone educate: “Mi è stato detto che volevate domandarmi qualcosa, signor Wolfe.”

“Appunto, signor Bronson” convenne il mio principale. “E per cominciare, siete riuscito a sentire molto, del colloquio che ho avuto nel pomeriggio con la signorina Osgood, in biblioteca?”

“No, non molto: o, per essere più precisi, pochissimo” sorrise Bronson, tutt’altro che imbarazzato. “Ma perché me lo avete domandato? Per vedere se cercavo di assumere un’aria indignata alla vostra insinuazione? Permettete che vi dica una cosa, allora: fra noi non ci sarà più bisogno di giocare di astuzia. So qualcosa di voi, conosco le vostre possibilità, ma nemmeno io sono sciocco del tutto. Perché dunque non cominciamo col riconoscere apertamente che nessuno dei due è stupido, e ci diciamo quel che abbiamo da dirci senza tanti giri di parole?”

“Davvero?” Wolfe socchiuse gli occhi riducendoli a una riga sottile. “Sareste veramente spassionato, padrone di voi stesso, e capace di giocare a carte scoperte? Ce ne sono così pochi, di uomini di questo genere!”

“Diciamo che sono abbastanza intelligente, allora.”

“Dunque, sia ringraziato il cielo che possiamo discutere alcuni fatti con calma: per esempio, i fatti che ho saputo dalla signorina Osgood. E per cominciare diremo che voi siete, per i signori Osgood e per molta altra gente, quello che si chiamerebbe un furfante senza scrupoli.”

“Questo poi!” cominciò Bronson, con un gesto di protesta; ma si trattenne e soggiunse: “Be, non importa. Finché si tratta soltanto di definizioni ingiuriose…”.

“Benissimo. Ma diciamo, se lo preferite, che siete una specie di brigante finanziario. Ora, in questi casi io non sempre condanno, perché se si volessero mettere in carcere tutti gli esseri del vostro stampo non so dove si troverebbe un numero sufficiente di carcerieri. Ad ogni modo ho detto questo per chiarire la nostra reciproca situazione. Io faccio l’investigatore, voi fate… quello che fate, e vorrei consultarvi su cose che si riferiscono a tutti e due i campi. Vale a dire che faccio conto su di voi perché mi aiutiate in queste indagini, e per parte mia avrei un consiglio da darvi a proposito di uno dei vostri progetti, cioè quello per cui siete venuto qui. Quanto al delitto…”

“Ecco, credo che faremmo meglio a cominciare dai miei progetti, tanto per sbarazzare il terreno. Del resto io non mi rifiuto mai di partecipare a una ragionevole discussione.”

“Come volete.” Wolfe sporse le labbra e le ritrasse. “Dunque voi avete un documento firmato da Clyde Osgood: l’avete mostrato a sua sorella, questa mattina stessa.”

“Esatto: una ricevuta del denaro che gli ho dato.”

“Una ricevuta in cui è specificato anche quale genere di servigi lui avrebbe dovuto rendervi in cambio.”

“Precisamente.”

“Servigi che, se Clyde ve li avesse resi, avrebbero fatto anche di lui un furfante… almeno agli occhi del padre.”

“Giusto.”

“Ebbene, io vorrei quel documento.” E Wolfe sospirò, agitandosi un pochino. “Aspettate… Restiamo intesi anzitutto che io non metto in dubbio il vostro diritto a riavere il denaro; soltanto non mi piacciono i sistemi che vorreste seguire per riuscirvi. Oggi la signorina Osgood ha suscitato in me un sentimento di ammirazione, cosa che mi accade di rado con una donna, e vorrei quindi liberarla dalla preoccupazione che le dà questa faccenda. Ora, ecco che cosa vi propongo. Voi consegnerete il documento al signor Goodwin, qui presente, e state sicuro che saprà custodirlo; nel termine di dieci giorni da oggi, poi, o vi darò i diecimila dollari, o ve li farò dare da altri, oppure vi farò restituire la ricevuta. A questo m’impegno senza alcuna riserva. Che ne dite?”

Bronson si limitò a tentennare il capo in atto negativo, sempre sorridendo. E Wolfe insisté: “Non volete?”

“No.”

“Badate che la garanzia che vi offro è di primissimo ordine. Raramente prendo impegni di questo genere, perché li manterrei a costo di rimetterci la vita.”

“Scusate, ma della vostra vita non saprei che farmene. La garanzia che mi offrite può essere ottima, ma la ricevuta firmata da Osgood ha per me un valore anche maggiore; ed è mia. Dunque, se è mia, perché diamine dovrei consegnarla a voi?”

Credetti che fosse arrivato il momento d’intervenire, e guardai Wolfe con aria interrogativa, dicendo: “Se credete, potrei…”

“No, Archie, grazie: per il momento almeno non è il caso di parlarne” rispose tranquillamente il principale. “Signor Bronson, spero che la vostra ostilità…”

“Ma non si tratta di ostilità!” interruppe Bronson. “Voi mi fraintendete. Vi ho già detto che non sono uno sciocco, e se mi mettessi contro di voi, lo sarei, invece. So benissimo che sono vulnerabile, e so altrettanto bene che voi siete potente e che se mi foste nemico dovrei andarmene da New York. E’ vero, ci abito da un paio di mesi appena; ma se voleste prendervi il disturbo di fare delle indagini sul mio passato ci riuscireste senza troppa difficoltà. Non dico con questo che trovereste un mandato di cattura pronto per me da qualche parte, ma mettereste in chiaro quel che basta per rendermi la vita maledettamente difficile. Non ho avuto fortuna in questa faccenda di Clyde Osgood, ma posso tentare ancora, nella speranza che le cose vadano meglio; e non vorrei certo aver voi alle calcagna. Perciò, credetemi, io non vi sono ostile. Soltanto, vi dico che quel documento è mio, e che se ve lo rifiuto non è il caso vi irritiate contro di me. In tutto il resto sono completamente a vostra disposizione.”

“Giocando a carte scoperte?”

“Precisamente.”

“Va bene. Ditemi allora, per prima cosa, dove siete nato?”

“Uhm!” fece Bronson scrollando la testa. “Sono a vostra disposizione per aiutarvi, non per soddisfare la vostra curiosità.”

“Si tratta soltanto di semplificare. Voi stesso avete detto che potrei scoprire molte cose sul vostro passato se soltanto volessi prendermi la briga di farlo.”

“Ebbene, fatelo.”

“Allora cercherò di essere più preciso. Vi siete mai occupato di bestiame?”

Bronson fissò per un momento il mio principale, poi disse, con una risatina: “Ma insomma, devo ricredermi su di voi, e pensare che, dopotutto, siete uno sciocco? Volete forse mettere di mezzo me, in questa faccenda del delitto e del toro?”

“Rispondere: vi siete mai occupato di bestiame?”

“Neppure da lontano, e in nessun modo. So di dove vengono il latte e le bistecche, ma solo perché l’ho letto in qualche libro.”

“Dov’è quel randello che avevate in mano ieri sera quando avete accompagnato Clyde verso il recinto?”

“Un randello? Quale randello?”

“Un ramo tagliato da un albero.”

“Ma… ma non credo… Ah, adesso ricordo! Si, avevo staccato un ramo così, oziosamente, e…”

“Dov’è ora?”

“Ora? Ma dopo tutto quel che è successo…”

“Dove lo avete lasciato?”

“Che ne so… Aspettate un momento… Sicuro. Mentre andavamo verso il recinto, nel punto in cui finiscono gli alberi io sono ritornato indietro, Clyde invece ha proseguito; e si è portato via il randello, se volete chiamarlo così.”

“Per farne che?”

“Semplicemente per averlo, immagino” rispose Bronson stringendosi nelle spalle, di nuovo sicuro di sé. “Per esempio, ho osservato che voi avete un bastone: per farne che?”

“Non certo per darmelo sulla testa e mettermi così fuori combattimento da solo. Ve lo ha chiesto Clyde, quel randello, o glielo avete offerto voi?”

“Non so. E’ stata una cosa assolutamente casuale… Ma ditemi, quel ragazzo ha preso un colpo in testa? Credevo che fosse stato ucciso con un piccone, secondo la vostra ipotesi.”

“Caro signore, abbiamo stabilito che voi dovete aiutarmi, non farmi domande, e tanto meno chiacchiere. Ho bisogno di sapere tutta la verità su quel randello.”

“E io ve l’ho detta.”

“Storie! Quando ve ne parlavo eravate evidentemente sconcertato, e avete risposto a vanvera. Dicevate di non volermi per nemico: fate attenzione! Questa è la più favorevole occasione che possa capitarvi di dire la verità, cioè qui, fra noi, in ambiente relativamente amichevole. E’ vero o non è vero che avete portato voi il randello fino al recinto?”

“Non è vero, perché non sono andato fin là.”

“Insistete in questa versione?”

“Sì, perché è la verità”

“Ve lo dico un’altra volta: fate attenzione! Ma dato e non concesso, per un momento, che la verità sia questa, ditemi un’altra cosa: perché Clyde andava laggiù? Che cosa voleva fare?”

“Non so.”

“Che cosa vi ha detto, allora?”

“Non mi ha detto nulla.”

Wolfe chiuse gli occhi e tacque; ma vedevo che con la punta dell’indice descriveva dei piccoli cerchi sul bracciolo della poltrona e capivo che era esasperato. Dopo un po Bronson riprese: “In sostanza, vi ripeto che…”

“Silenzio!” E Wolfe riaprì gli occhi. “Caro signor Bronson, commettete un errore, un grave errore. State a sentire. Voi pretendevate l’immediata restituzione del vostro denaro. Clyde, non potendo ottenere la somma a New York, è venuto qui a chiederla al padre; e voi avevate tanta fretta, o diffidavate tanto di lui, che l’avete voluto accompagnare, per non perderlo di vista. Suo padre gli ha rifiutato il denaro perché lui non voleva dirgli il motivo per cui ne aveva bisogno; e allora voi vi siete mostrato pronto a rivelare a Osgood padre come stavano le cose, per farvi dare direttamente i diecimila dollari da lui. Disperato, Clyde ha fatto quella scommessa. Però, nella migliore delle ipotesi, non avrebbe potuto incassare i diecimila dollari e darveli che sei giorni dopo, e d’altra parte che garanzia poteva darvi che avrebbe vinto? Una sola e cioè spiegarvi il sistema che voleva usare per vincere. Clyde vi ha dato quella spiegazione. Non cercate di farmi credere che non è stato così, perché nemmeno io sono uno sciocco. Dunque, ripeto, Clyde vi ha detto come sperava di vincere e che cosa si proponeva di fare. Riferitemelo, questo è tutto.”

“Mi dispiace, ma posso dirvi solo che vi sbagliate. Clyde non mi ha rivelato nulla…”

“Oh, via! Non mi sbaglio: e quando mi sbaglio lo so io prima degli altri. Badate, ve lo dico per l’ultima volta!”

“E’ inutile che continuiate a dirmi “badate”“ replicò Bronson scrollando le spalle. “Anche se lo ripeteste cento volte, non potrei dirvi quel che non so.”

“Dunque, Clyde non vi ha detto proprio nulla e non vi ha fatto comprendere le sue intenzioni con qualche parola?”

“No.”

“Vi ripeto che commettereste un grave errore a negare.”

“Mi dispiace se così mi attiro la vostra ostilità, ma non posso farci nulla. In nome del Cielo, cercate di…”

“Silenzio! Vedo che dopo tutto siete uno stupido.” Poi il principale mi ordinò: “Archie, prendete quel documento”.

Veramente quel brav’uomo avrebbe potuto prepararmi a quell’ordine almeno un’occhiata ammonitrice; ma quando mi accadeva di fargli delle rimostranze in questo senso, mi rispondeva invariabilmente che la mia rapidità d’azione e la mia presenza di spirito non avevano bisogno di preparazione. Al che replicavo che avrei preferito meno adulazione e maggiore riguardo alle mie possibilità.

In quell’occasione, ad ogni modo, la mancanza di un avvertimento preliminare non mi portò danno. Bronson era press’a poco della mia corporatura, ma, a quanto mi pareva, non era altrettanto vigoroso. Inoltre si stava parlando di un delitto, e Wolfe aveva insinuato poco prima che quel signore stava sul teatro delle ostilità con un randello in mano. Non era quindi il caso di esitare, così mi alzai di scatto e mi avvicinai al figurino di moda prima che potesse fare una mossa sospetta. Poi dissi, stendendo la mano: “Date qua.”

Bronson scosse la testa e si alzò senza fretta, mandando indietro la sedia con un calcio e guardandomi fisso coi suoi occhi freddi e penetranti. Poi disse: “Che sciocchezza! Proprio, una maledetta sciocchezza. Credete forse di spaventarmi, così?”

“Signor Wolfe, lo volete o no quel documento?” domandai senza voltare la testa.

“Lo voglio.”

“Benissimo. Allora, caro signor Bronson, mi servirò da me.”

“Non lo farete” replicò lui sempre guardandomi. “Se cercherete di prendermi quella ricevuta, io non mi opporrò con la forza: non credo di essere vile, ma non sono in condizione di fare a pugni, e capisco che mi vincereste. Griderei, invece, e allora verrebbe su Osgood, e naturalmente vorrebbe dare un’occhiata al documento che ha causato tanto chiasso.”

E Bronson sorrise.

“Ah, gridereste?” domandai placidamente.

“Appunto.”

“Be, in questo caso vi mostrerei come si fanno le salsicce con un maiale della vostra specie. Perciò alzate la voce, se credete, e non vi mollerò se non quando arriverà l’autoambulanza. Quando a Osgood, quando avrà letto il documento mi pagherà per ricominciare. Adesso, state fermo e lasciatemi fare.”

Così dicendo stesi di nuovo la mano; ma voglio essere impiccato se quell’animale non cercò di darmi lo sgambetto. Si mosse rapidamente ma io feci in tempo a schizzargli via. Non sarebbe stato assolutamente necessario prenderlo a pugni; ma mi parve che un tipo simile avesse urgente bisogno di una lezione e così gli assestai un diretto che lo alzò di quattro dita dai pavimento e lo fece capitombolare giù come un sacco di cenci. Mi chinai su di lui proprio mentre riapriva gli occhi e lo ammonii: “Adesso state fermo, eh? Non so in che tasca tenete il documento. Siete in grado di ricordarvene voi? Se sì, datemelo: sarà meglio per tutti.”

Broneon fece il gesto di levare qualcosa dalla tasca interna della giacca; ma fui più pronto di lui e arraffai un bel portafogli di cuoio scuro, con un monogramma di platino (ma poteva anche essere di stagno) Bronson fece per strapparmelo; ma lo tenni senza troppa difficoltà e gli dissi che ormai poteva rialzarsi e rimettersi a sedere. Poi indietreggiai di due o tre passi per esaminare il mio bottino.

“Perdinci, ce n’è di quattrini, qui!” esclamai. “Duemila dollari direi, e forse anche di più… State tranquillo e fermo, amico: io non rubo ai ladri… Però, non vedo… Ah, adesso ci sono! Uno scompartimento segreto, a quanto pare.” Tirai fuori un foglio piegato, gli lanciai un’occhiatina, e lo porsi a Wolfe domandando: “Guardate, torna il conto?”.

Il mio signore annuì e io restituii il portafogli al mascalzoncello, che frattanto si era rialzato. Era un po sottosopra, poveraccio, ma nel riprendere il portafogli mi guardò con tale fermezza che dovetti riconoscere a malincuore che in lui c’era della stoffa: non succede spesso di esser guardati così da un tizio al quale si è mollato uno “sgrugnone” di quel calibro.

“Prendete, Archie” disse pacatamente Wolfe; e mi restituì la ricevuta, che riposi accuratamente nel porta-tessere orlato d’oro (regalo di Wolfe per uno dei miei compleanni) in cui tenevo la mia tessera d’investigatore, il porto d’armi e altri documenti del genere. Il denaro l’avevo nel portafogli propriamente detto.

Poi Wolfe riprese: “Signor Bronson, volevo farvi qualche altra domanda, chiedervi ad esempio perché siete andato oggi dal signor Pratt; ma ormai sarebbe inutile. Comincio persino a sospettare che vi siete impegnato in un’impresa che potrebbe risolversi, per voi, in un errore ben più grave di quello che avete commesso comportandovi con me come vi siete comportato. Quanto al documento ora custodito dal signor Goodwin vi prometto che entro dieci giorni da oggi o ve lo restituirò, o vi darò il denaro. E ora cercate di non ricorrere ad altri stratagemmi. Sono già troppo esasperato. Buona notte.”

“Vi ripeto che… Vi ho già detto…”

“Non voglio sentire altro. Siete uno stupido. Buona notte.”

E Bronson dovette andarsene.

Quando l’amico fu uscito il principale mandò un gran sospiro. Dal canto mio mi versai un bicchiere di latte e me lo bevvi. Wolfe mi guardò con la coda dell’occhio e mormorò: “Archie, dove avete preso quel latte?”

“Nel frigorifero, in cucina.”

“Ah!”

“Ho capito. Sì, ci sono ancora cinque o sei bottiglie di birra. Volete che vada a prendervene una?”

“Veramente, vi sareste potuto risparmiare quest’altra passeggiata provvedendo a tempo.” Poi Wolfe si mise una mano in tasca, tirò fuori un buon numero di quelle capsule con cui si chiudono le bottiglie di birra, le contò accigliato, e soggiunse: “Portatene due”.