9

 

Nancy si era messa a sedere, rigidamente, a labbra strette, con una espressione ostile sul viso. Aveva perso il fratello da poche ore, era un fatto, ma il suo atteggiamento mi pareva ugualmente esagerato, dal momento che il mio principale lavorava per conto della sua famiglia.

Appoggiato allo schienale della poltrona, Wolfe osservò un momento la ragazza con gli occhi socchiusi; poi cominciò, in tono mellifluo: “Signorina, cercheremo di rendere questo colloquio il più breve possibile; e ho creduto che avremmo potuto riuscirvi più agevolmente allontanando i vostri genitori.”

Lei annuì lievemente, ma non replicò. E Wolfe riprese: “E’ necessario che cerchiamo, per così dire, di accompagnare vostro fratello in tutto quel che ha fatto ieri nel pomeriggio, da quando si è allontanato dalla terrazza di casa Pratt. Eravate in un’unica automobile, voi, lui e il signor Bronson?”.

“Sì.” rispose la ragazza con voce sommessa ma ferma.

“Benissimo. Ditemi dunque brevemente ma con precisione che cosa faceste dopo esservi allontanati.”

“Siamo tornati all’automobile, ci siamo saliti, e siamo venuti… No, Clyde è smontato di nuovo, ad un certo punto, perché il signor Mac Millan ci era corso dietro e lo aveva chiamato, dicendo che aveva bisogno di parlargli. Hanno chiacchierato per alcuni minuti, poi Clyde è risalito in macchina, e siamo tornati a casa.”

“Avete sentito che cosa si dicevano, lui e Mac Millan?”

“No.”

“Vi è sembrato che litigassero?”

“Non ho avuto questa impressione.”

“Già.” E Wolfe annuì. “Infatti Mac Millan si era allontanato dalla terrazza dicendo che voleva consigliare vostro fratello di non commettere sciocchezze. A quanto pare lo ha fatto tranquillamente.”

“Come vi ho detto, hanno parlato solo pochi minuti.”

“Dunque, siete ritornata a casa, dove Clyde ha avuto un colloquio con vostro padre…”

“Davvero?”

“Signorina, badate!” annuì Wolfe agitando l’indice. “Le reticenze, o, diciamo, la discrezione, non possono che farci perdere tempo. E’ stato vostro padre a descrivere la spiacevole scenata, per usare le sue stesse parole, che ha avuto con suo figlio. Tutto questo è successo subito dopo il vostro ritorno a casa?”

“Sì. Papà ci aspettava sotto il portico.”

“Infuriato per quel che gli aveva detto il signor Pratt al telefono. Eravate presente a quel colloquio?”

“No. Loro sono venuti qui, in biblioteca, ed io sono andata in camera mia a lavarmi. Eravamo stati quasi tutto il giorno a Crowfield, ed ero impolverata.”

“Quando avete riveduto vostro fratello?”

“A cena.”

“Chi c’era a tavola?”

“La mamma, io, il signor Bronson e Clyde. Papà era uscito.”

“A che ora avete terminato?”

“Un po dopo le otto. Ceniamo presto qui in campagna, e ieri sera il pasto è stato più rapido del solito, perché non era davvero allegro. La mamma era irritata perché papà le aveva riferito della scommessa di Clyde con Montecrà voglio dire, col signor Pratt; Clyde era letteralmente nero.”

“Perché stavate per chiamare Montecristo il signor Pratt?”

“E’ stato un errore involontario.”

“Già, evidentemente… Via, signorina, non vi turbate così: vostro padre mi ha già parlato del rancore fra lui e il signor Pratt. Dunque; voi lo chiamavate Montecristo?”

“Sì, Clyde ed io gli avevamo dato questo soprannome…” Qui le labbra della ragazza tremarono; ma riuscì a dominarsi, e soggiunse: “Credevamo che fosse buffo, chiamarlo così”.

“E avrebbe potuto essere buffo, infatti. Ora, ditemi che cosa avete fatto dopo cena, se non vi dispiace.”

“Sono andata dalla mamma in camera sua e abbiamo parlato un po; poi mi sono ritirata nella mia camera. Dopo un certo tempo sono ridiscesa, e sono rimasta seduta sulla veranda ad ascoltare i grilli. Ero ancora là quando è ritornato mio padre.”

“E Clyde?”

“Non so. Non l’ho più visto dopo essere andata di sopra con la mamma.”

Evidentemente Nancy Osgood non sapeva mentire. Wolfe m’aveva insegnato che uno dei principali artifici, per un bugiardo che voglia essere creduto sincero, consiste nel rilassare le corde vocali e i muscoli della gola, per evitare di calcare sulla voce, altrimenti si parla troppo rapidamente, con voce stridula, e sale il sangue al viso. Ebbene, Nancy Osgood rivelava tutti questi sintomi, nessuno escluso. Guardai il mio principale, per cercare di capire che cosa ne pensava; ma lui si limitò a mormorare un’altra domanda: “Sicché voi non sapete quando vostro fratello è uscito per andare… da Pratt?”

“No.” La ragazza si agitò un pochino, poi tornò a irrigidirsi e ripeté: “No”.

“Peccato. Clyde non vi ha detto, o non ha detto a vostra madre, che ritornava da Pratt?”

“Per quanto mi risulta, non ha detto niente a nessuno.”

Si sentì picchiare alla porta. Andai io stesso ad aprire, presi dalle mani della cameriera un vassoio con tre bottiglie di birra, le toccai per sentire se erano fredde, e soddisfatto della prova andai a metterle sul tavolino accanto a Wolfe. Questi ne aprì una, si riempì il bicchiere e domandò a Nancy se voleva anche lei della birra. La ragazza rispose di no. Dopo di che Wolfe bevve, posò il bicchiere vuoto, si asciugò le labbra col fazzoletto, e riprese tutto rincuorato: Dunque signorina, continuiamo. Ho altre domande da farvi ma questa è la più importante di tutte. Quando, precisamente, vostro fratello vi ha detto come e in che modo sperava di vincere la scommessa fatta con Pratt?“

La ragazza lo fissò per un momento; poi rispose, e mi parve che non avesse proprio torto: “Ma che cosa vi fa credere che me ne abbia parlato? Clyde non mi ha detto nulla.”

“Già, ma io credevo il contrario. Vostro padre mi diceva che voi e vostro fratello andavate molto d’accordo, e vi confidavate tutto.”

“E’ vero.”

“Eppure Clyde non vi ha detto nulla della scommessa?”

“Non doveva rivelarmi che aveva scommesso, perché io ero presente alla scena, da Pratt. E dopo non mi ha detto come e perché sperava di vincere.”

“Di che cosa avete parlato mentre tornavate a casa dopo essere stati dal signor Pratt?”

“Del più e del meno. Nulla di particolare.”

“Interessante. Dunque non avete accennato nemmeno a quella strana scommessa?”

“No. Il signor Bronson era… Insomma, dopo tutto ci vuole solo un paio di minuti, per venire da casa Pratt a qui in automobile, e non avevamo molto tempo per parlare.”

“Dicevate: il signor Bronson era…?”

“Nulla. Era presente, ecco.”

“Era un vecchio amico di vostro fratello?”

“Non era… Voglio dire, non era un suo vecchio amico.”

“Ma sempre amico, devo credere, dato che vostro fratello lo aveva condotto qui.”

“Sì.”

“E anche amico vostro?”

“No.” E Nancy alzò un poco la voce mentre soggiungeva: “Ma perché mi domandate del signor Bronson?”

“Mia cara signorina, in nome del Cielo, non cominciate a far così ora! Io sono stato incaricato da vostro padre di far luce su questa faccenda, sono lo strumento della sua vendetta, se un’Erinni può indossare la giacca e portare calzoni e bere birra, comunque la sua funzione rimane inalterata, e deve essere compiuta spietatamente. Io intendo scoprire chi ha ucciso vostro fratello; e una parte del mio compito consiste nel raccogliere tutti i dati di fatto possibili. Devo quindi indagare su Bronson come su tutti coloro che hanno avuto la disgrazia di trovarsi più o meno direttamente immischiati in questa faccenda. Prendiamo la signorina Pratt, per esempio. Approvavate il fidanzamento tra lei e vostro fratello?”

Nancy guardò Wolfe costernata, aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse subito. E il mio signore riprese, tentennando il capo: “Non ricorrerò con voi alla bassa astuzia di sconcertarvi e mettervi con le spalle al muro: non ho neppure bisogno di farlo, poiché ormai vi siete resa troppo vulnerabile. Per persuadervene, vi elencherò alcune domande alle quali aspetto che rispondiate. Perché, dato che provate antipatia se non addirittura disgusto per il signor Bronson, gli permettete di rimanere ospite in questa casa? So che avete per lui antipatia e disgusto perché ieri, quando eravate sulla terrazza di casa Pratt, ho notato che lui, per caso, vi aveva sfiorato passandovi accanto, e voi vi siete ritratta come se vi avesse toccata un rospo. Perché preferireste lasciare il mistero della morte di vostro fratello insoluto, permettendo che si continui ad attribuirne la colpa al toro? So che lo preferireste, perché oggi ho notato in voi un’espressione di sollievo quando la scarsa cortesia di vostro padre mi aveva indotto ad andarmene. Perché mi avete detto che ieri sera non avete più visto vostro fratello dopo cena? So che è una bugia, perché mentre parlavate vi osservavo bene. Vedete dunque come vi siete data la zappa sui piedi?…

Nancy si era alzata, ora, e le sue labbra, strette insieme, erano appena una riga incolore. Poi fece un passo verso l’uscio, dicendo con voce alterata: “Vado da papà. Vedremo se vuole permettere…

“Sciocchezze!” interruppe brusco Wolfe. “Prego signorina, rimettetevi a sedere. Perché dunque credete che vostro padre m’abbia dato il permesso di interrogarvi? Del resto, volete che lo faccia chiamare? Vostro padre intende scoprire l’assassino di suo figlio e ora per lui ogni altra considerazione è di secondaria importanza di fronte a questa; ogni altra considerazione, dico, anche la dignità di sua figlia e la sua tranquillità d’animo. E, credetemi, non conseguirete certo questa tranquillità d’animo facendo dei sotterfugi con me. Bisogna comunque che diate delle risposte soddisfacenti e complete alle mie domande, ed il modo più facile per farlo è di parlare con me, subito.”

“Ma voi non potete far questo!” Nancy agitò una mano malferma. Il mento le tremava, ma riuscì ancora a contenersi. “Non avete assolutamente il diritto di farlo!”

Era l’immagine vivente della bellezza addolorata e oppressa, e se colui che la tormentava non fosse stato il mio datore di lavoro, credo che l’avrei preso a pugni, per lo meno. Intanto Wolfe continuava, in tono impaziente: “Mettetevi a sedere, vi dico. Perdinci, volete proprio che facciamo una scenata, che venga qui anche vostro padre, e che fra tutti e due vi gridiamo in testa fino a farvi parlate? E’ necessario che quelle cose ce le diciate, perché dobbiamo saperle, che siano utili o no; e non potete seppellirle così, come se dovessero rimanere nascoste a tutti. Se poi non volete parlare, ci sono tanti mezzi per arrivare alla verità! Per esempio, voi provate ripugnanza per Bronson ma non volete rivelarci perché; ebbene, che cosa faccio, io? Prendo il ricevitore di quell’apparecchio, telefono a New York a un certo signor Saul Panzer, un uomo abile e industrioso, e gli dico che voglio sapere tutto quel che c’è da sapere sul signor Bronson, soprattutto in relazione a voi e a vostro fratello. Vedete dunque che sciocchezza commettereste facendo così, obbligandoci per soprammercato a buttar via tempo e denaro! E torniamo a noi. Chi è, questo Bronson?”

“Se vi dicessi di lui…”. Nancy s’interruppe per rendere più ferma la sua voce. “Non posso. Avevo promesso a Clyde che non avrei parlato.”

“Ma Clyde è morto, purtroppo. Suvvia, signorina, decidetevi! A che pro fare sotterfugi, se abbiamo modo di conoscere egualmente la verità?”

Improvvisamente, Nancy si coperse il viso con le mani, e la sua voce risuonò soffocata come un’invocazione: “Clyde! Clyde!”

“Via, via” fece brusco Wolfe “chi è questo Bronson?”

La ragazza riabbassò le mani lentamente, e rispose, a testa alta: “E’ un furfante… un delinquente.”

“Un delinquente di mestiere? E quale sarebbe la sua specialità?”

“Non so. Io non lo conosco. L’ho visto per la prima volta pochi giorni or sono. So soltanto che Clyde…“ E di nuovo la ragazza s’interruppe guardando Wolfe, come se sperasse di vederlo improvvisamente scomparire, evitandole la rivelazione che le pesava tanto. Infine parve decidersi. ”Va bene, parlerò. Credevo di aver già sofferto abbastanza, ma a quanto pare non è così. Soltanto, che vantaggio ci darà tutto questo? Voglio dire, che vantaggio verrà a voi o a papà o a chiunque altro sapendo che è stato Bronson ad uccidere Clyde?

“Ah, voi sapete questo?”

“Sì.”

“Il signor Bronson ha ucciso vostro fratello?”

“Sì.”

“Davvero! Eravate presente quando è successo il fatto?”

“No.”

“Per quale motivo il signor Bronson avrebbe commesso il delitto?”

“Non so, Non certo per prendersi il denaro, perché Clyde non l’aveva.”

“Be, mi pare che sia venuto il momento di chiarire un’altra cosa” fece Wolfe, appoggiandosi di nuovo allo schienale della poltrona e sospirando. “Quale denaro avrebbe voluto il signor Bronson, e perché?”

“Il denaro che Clyde gli doveva.”

“E che presumo ammontasse alla somma di diecimila dollari… Per favore, non perdete tempo a domandarmi come faccio a saperlo. Dunque, il signor Bronson era creditore di diecimila dollari; e insisteva per il pagamento?”

“Sì; e per questo era venuto qui. E sempre per questo, Clyde era ritornato a casa; voleva cercare di farsi dare i soldi da papà. Avrebbe dovuto pagare entro questa settimana, altrimenti…” Qui Nancy si interruppe, stese una mano con un gesto supplichevole, la lasciò ricadere; e riprese, con voce altrettanto supplichevole: “Oh, ve ne prego, non mi fate dire altro! E’ appunto quel che avevo promesso a Clyde di tacere!”.

“La vostra promessa è morta con lui” replicò Wolfe. “Credetemi, signorina, se non foste tanto addolorata e sconvolta non confondereste così i valori di certe cose. Dunque vediamo: vostro fratello aveva preso in prestito quel denaro da Bronson?”

“No. Si trattava di restituire diecimila dollari che Bronson gli aveva pagati.”

“Perché glieli aveva pagati?”

E così, a poco a poco, pezzetto per pezzetto, Wolfe riuscì a cavar di bocca alla ragazza il racconto delle relazioni fra Clyde e Bronson. Si trattava di una faccenda breve e non troppo bella, veramente. Clyde, cotto com’era per Lily Rowan, aveva speso molto denaro, tutto il suo, parecchio altro del padre, altro ancora requisito alla sorella, o preso in prestito dagli amici. Poi aveva sperato nell’aiuto della fortuna, e si era messo a giocare, finendo con l’imparare, ma troppo tardi, che non sempre la fortuna è a nostra disposizione. Quando era impegolato fino agli occhi, aveva conosciuto un certo Howard Bronson, quel Bronson di cui si parlava, che gli aveva promesso del denaro purché lo avesse presentato in certi circoli di New York, compresi due nei quali era difficilissimo essere ammessi, e dove invece Clyde poteva entrare liberamente per mezzo dei parenti e degli amici di famiglia: circoli, evidentemente, in cui si giuocava a bridge, a poker e via dicendo. Ma Clyde aveva posto come condizione di avere subito il denaro; e così aveva ricevuto diecimila dollari, spesi in parte per soddisfare alcuni creditori esigenti, ed in parte per giocare, sempre con lo stesso infelice risultato. Come al solito, il giovanotto aveva confidato alla sorella quel patto poco onorevole e l’orrore di Nancy, unito alle sue tardive riflessioni, gli aveva fatto capire che nella sua disperazione aveva fatta una promessa che nessun Osgood avrebbe mai potuto mantenere. Così Clyde aveva informato lo stesso Bronson che non poteva contentarlo, esprimendogli il suo rincrescimento e l’intenzione di restituire il denaro al più presto possibile. Allora Bronson s’era mostrato tutt’altro che accomodante, e aveva insistito perché la promessa fosse mantenuta, o i diecimila dollari gli venissero restituiti immediatamente. A complicare le cose, poi, c’era una ricevuta rilasciata da Clyde nella quale era specificato anche il motivo per cui aveva avuto il denaro. Bronson, quindi, minacciava di mostrare la ricevuta ai parenti e agli amici dell’infelice giovanotto, se non avesse ricevuto subito i suoi quattrini. Disperato, Clyde aveva deciso di compiere un tentativo supremo ricorrendo al padre; ma Bronson ormai era divenuto così diffidente che aveva voluto accompagnarlo a Crowfield e non c’era stato modo di dissuaderlo, sicché aveva dovuto essere presentato in casa Osgood come un amico. Nancy li aveva accompagnati con l’intenzione di aiutare il fratello a ottenere dal padre i diecimila dollari. Ma Osgood s’era mostrato insensibile a tutte le preghiere del figlio; e il giorno precedente Clyde stava per decidersi a confessare tutto al padre per indurlo a dargli il denaro, quando, durante la visita a Pratt, gli era venuta l’idea della famosa scommessa.

Quando ebbe saputo tutto questo insieme con altri particolari, Wolfe, che frattanto aveva vuotato la seconda bottiglia di birra, osservò che se la cosa dimostrava chiaramente che Bronson era un uomo senza scrupoli, non dimostrava affatto che avesse uno straccio di motivo per assassinare il suo debitore.

“Lo so” rispose Nancy. “Vi ho già detto che non può aver commesso il delitto per riprendersi il denaro, dato che Clyde non l’aveva, e che se invece l’avesse avuto glielo avrebbe dato più che volentieri…”

“E ciò nonostante affermate che lui è il colpevole?”

“Sì.”

“E perché?”

“Perché l’ho visto ieri seguire Clyde mentre si avviava verso casa Pratt.”

“Ditemi precisamente che cosa è successo, prego.”

Ormai che aveva cominciato, la ragazza non si fece troppo pregare per dire anche il resto. E rispose: “Ecco qua. Erano circa le nove, forse un po più tardi, quando sono uscita dalla camera di mamma per parlare con Clyde al quale volevo domandare un po, a quattr’occhi, perché mai aveva fatto quella scommessa. L’ho trovato nel campo di tennis, che discuteva con Bronson; tra tutti e due hanno taciuto quando mi hanno sentita avvicinare. Ho detto a Clyde che volevo domandargli qualche cosa, e lui è venuto via con me; ma per quanto pregassi e insistessi non ha voluto dirmi nulla di nulla. Gli ho spiegato che ero quasi certa di riuscire a fargli dare i diecimila dollari da papà per mezzo della mamma, e gli ho ricordato che mi aveva solennemente promesso di smetterla di comportarsi come uno scervellato, e che altrimenti quella sarebbe stata la sua rovina definitiva. Mi ha risposto che per una volta tanto avevo torto io e ragione lui, e che non si comportava affatto da scervellato, anzi era diventato ragionevole e pratico e anch’io avrei dovuto riconoscerlo quando avessi visto come sarebbe andata a finire la cosa; ma non ha voluto dirmi altro. Ho insistito, naturalmente; ma Clyde è sempre stato più caparbio di me, e non ho potuto cavarne nulla.”

“Insomma, non avevate la minima idea di quel che voleva fare.”

“Precisamente. Clyde affermava soltanto che non avrebbe impedito la macellazione del toro, ma avrebbe ugualmente vinto la scommessa.”

“Questo però era in contraddizione coi termini della scommessa, non vi pare? Ad ogni modo cercate di riferirmi le sue precise parole.”

“Ecco, ha detto così: ”Non farò del male a nessuno, neppure a Montecristo, mi limiterò a vincergli i diecimila dollari. Gli lascerò anche arrostire il toro, accidenti, e lui si accorgerà troppo tardi della differenza, se riuscirò a far le cose a modo mio“. Per lo meno questo è il concetto.”

“Non vi ha detto altro a proposito del banchetto, o del toro, o di qualcuna delle persone che stavano da Pratt?”

“No, nulla.”

“Lo avete lasciato qui fuori, quando siete rientrata?”

“Allora sì. Sono rientrata, son corsa in camera mia mi son messa un vestito scuro: poi sono scesa di nuovo e sono uscita dal retro della casa, poiché la veranda era illuminata e non volevo esser vista. Non sapevo che cosa voleva combinare Clyde, e volevo cercare di scoprirlo. Sono andata fin dove non arrivava la luce della veranda, e per quanto potevo, così al buio, sono rimasta a guardare, tendendo l’orecchio. Non vedevo e non sentivo nulla. Le macchine erano nell’autorimessa, e ad ogni modo, se Clyde ne avesse presa una, l’avrei sentito. Poi mi son detta che se mio fratello voleva fare qualche cosa, l’avrebbe fatta da Pratt, e così ho deciso di andare da quella parte. Ho oltrepassato i canili e il boschetto, poi per il cancello sono uscita nel prato: era la via più breve. Infine ho attraversato il campo, quello che viene dopo il filare di pini…”

“E tutto al buio?” interruppe Wolfe.

“Sono nata qui, conosco il terreno intorno a palmo a palmo, posso ritrovare la strada anche al buio. A un certo punto ho visto il fascio di luce di una lampadina tascabile, e allora, dimenticando ogni cautela, mi sono messa a correre, poiché volevo avvicinarmi per vedere se Clyde era là. Ma ho fatto un passo falso e sono caduta con un tonfo. La luce della lampadina mi ha illuminata in pieno, e ho sentito Clyde domandare: ”Chi è là?“. Allora ho capito che sarebbe stato inutile nascondermi e gli ho risposto. Mio fratello si è avvicinato e ho visto Bronson vicino a lui, che portava una specie di mazza, un ramo staccato da un arboscello. Clyde era infuriato contro di me. Gli ho domandato che cosa voleva fare, e questo lo ha irritato anche di più. Ha detto… Oh, non importa quel che mi ha detto: comunque, mi ha fatto promettere di tornare a casa e di andare a letto…”

“Naturalmente, senza rivelarvi le sue intenzioni.”

“Proprio così. Non mi ha voluto dire nulla. Allora sono ritornata a casa; oh, se non l’avessi fatto! Se almeno…”

“Non credo che le cose sarebbero potute andare altrimenti, anche se non foste rientrata. Suvvia, signorina, avete anche troppi motivi di angustiarvi e rattristarvi, senza dovervene creare degli altri inesistenti. Per tornare a noi, ad ogni modo, vi faccio notare che finora non mi avete detto su che cosa vi fondate per affermare che l’assassino di vostro fratello è il signor Bronson.”

“Ma… ma, era là ed è andato con Clyde verso casa Pratt!… Del resto è tipo da commettere qualunque infamia…”

“Suvvia, cara signorina, questo non basta per sostenere delle affermazioni così gravi. Voi non avete dormito, stanotte, e quindi non avete il cervello limpido. Vediamo piuttosto: sapete quando è ritornato qui il signor Bronson?”

“No. Sono rimasta sulla veranda fino al ritorno di papà…”

“Ho capito. Allora posso darvi un incarico e lo faccio volentieri perché è bene che vi occupiate di qualche cosa. Cercate di sapere dai domestici se qualcuno di loro ha visto rientrare il signor Bronson ieri sera, e a che ora; e riferitemelo. In tal modo risparmieremo tempo.” Poi dopo un breve silenzio, Wolfe soggiunse sporgendo le labbra meditabondo: “Probabilmente il signor Bronson ha paura che finiate col rivelare la sua presenza da Pratt ieri sera. Sapete se vuol tenere nascosta questa circostanza?”

“Sì. Stamattina lui… lui… mi ha parlato. M’ha detto che ha lasciato Clyde vicino alla palizzata di confine è ritornato qui, ed è rimasto seduto a fumare nel campo di tennis. Poi ha anche detto che secondo lui papà si sbagliava, nel senso che Clyde era stato veramente ucciso dal toro, e che chiunque avrebbe pensato così. Poi mi ha mostrato la ricevuta di Clyde, e ha soggiunto che non avrei dovuto lasciar cadere una macchia sulla memoria di mio fratello, come sarebbe fatalmente accaduto se la cosa si fosse risaputa, e che mi avrebbe lasciato il tempo di restituirgli il suo denaro prima di andare a parlare direttamente con papà: questo però a patto che gli evitassi la noia di essere interrogato su quel che aveva fatto ieri sera. In altri termini avrei dovuto dimenticare di averlo visto con Clyde.”

“E anche quando vi siete convinta che fosse l’assassino, eravate decisa a non rivelare questa circostanza per salvaguardare la memoria di vostro fratello” osservò Wolfe, affermando più che domandando.

“E’ vero: e rimpiango di non essermi attenuta a questa decisione.” Poi Nancy si protese verso Wolfe, un po rossa in viso, e soggiunse in tono risoluto: “Mi avete fatto parlare, e non ho potuto evitarlo. Ma Clyde desiderava soprattutto che papà non venisse a saper nulla della faccenda dei diecimila dollari. Ora, credete di doverglielo dire? E perché? Credete forse che da tutto questo possa venire qualche cosa di buono?”

“Ehm!” fece Wolfe con una smorfia. “Voi potete restituire quei diecimila dollari al signor Bronson?”

“Adesso no: ma da quando mi ha parlato, stamani, ho cercato di trovare il modo di risolvere la cosa. Per esempio, Clyde, in sostanza, non ha vinto la scommessa fatta con Pratt? Ora il toro non sarà più macellato, a quanto pare… Dunque, Pratt non dovrebbe pagare quei diecimila dollari?”

“Oh, mia cara signorina, che interessante combinazione siete andata a pescare! Così interessante, che merita di rendervi qualcosa. Vedremo che cosa si può fare. Non vi avevo valutata a dovere, e ve ne chiedo scusa. Inoltre vi dirò che meritate di essere aiutata; e perciò, se la cosa è appena fattibile, vi metteremo in grado di mantenere la promessa fatta a vostro fratello. Io ho accettato da vostro padre un incarico preciso, e cioè quello di scoprire l’assassino; e credo di poterci riuscire anche senza dovergli rivelare la faccenda del debito di vostro fratello verso il signor Bronson… Ma sì, è una splendida idea quella di farsi dare dal signor Pratt i diecimila dollari per estinguere il debito; e mi piace molto. Vincendo la sua ultima scommessa Clyde si è rifatto come poteva dei sacrifici impostigli dalla fortuna; e voi avete giustamente pensato di completare la cosa per suo conto. Bene, vi assicuro che farò tutto il possibile perché…”

A questo punto Wolfe s’interruppe e mi guardò perché qualcuno aveva bussato alla porta. Feci per andare ad aprire, ma quasi subito il battente si spalancò, e due uomini irruppero: erano niente meno che Pratt e Mac Millan. Pratt in casa Osgood! Dietro di loro, vidi una donna vestita di nero: molto probabilmente la governante, che cercava vanamente di trattenerli tartagliando che il signor Osgood non era in casa. Poi le cose si imbrogliarono ancora di più. Scorsi Bronson che dietro una delle portefinestre spiava nell’interno della biblioteca in cui eravamo; e un’occhiata a Wolfe mi fece capire che l’aveva visto anche lui. In quel momento un passo risoluto, da padrone, risuonò nell’atrio, e apparve Osgood, con un cipiglio di fronte al quale i suoi cipigli precedenti erano un sorriso amorevole, e che pareva diretto a Pratt. Dritto, imperioso, si avvicinò fino a due passi dal suo rivale, guardandolo come se volesse mangiarselo vivo e ordinò con una voce da vero duca: “Fuori di qui!”

Mac Millan stava per dire qualche cosa; ma l’indignazione di Osgood si rivolse contro di lui.

“Maledizione! Siete stato voi a condurre qui questo individuo? Fatelo uscire subito! Non voglio che rimanga in casa mia neppure…”

“Aspettate un momento, almeno!” interruppe Mac Millan, che neppure lui pareva del migliore umore del mondo. “Dateci il tempo di spiegarvi. Non ve l’ho condotto io, Pratt; siamo venuti insieme. Succede l’inferno, qua attorno, e questo non piace a Pratt più di quanto piaccia a voi o a me. Waddell, Sam Lake lo sceriffo, e un’orda di poliziotti, stanno mettendo tutto sossopra, sicché se c’è qualche cosa da trovare è certo che la troveranno. Ora, secondo me, bisogna pure che parliamo un po; e non soltanto a proposito di Clyde ma anche di quel che è successo un’ora fa.” E qui Mac Millan tacque un momento; poi, senza abbassare gli occhi davanti allo sguardo irritato di Osgood, soggiunse con voce alterata: “Caesar è morto. E’ morto il mio toro”.

“Cioè, il mio” brontolò Pratt.

“E va bene, sì, il vostro” concesse stancamente Mac Millan, senza guardarlo. “Ad ogni modo è morto. L’ho allevato io… E ora è là per terra, morto.”