10
Il cipiglio di Osgood era stato momentaneamente alterato da un’espressione di sbalordimento. Poi il signor duca proruppe di nuovo: “E che diavolo volete che mi importi del vostro toro?” E rivolto a Pratt: “E voi, fuori di qui! Fuori!”.
Ma si voltò di scatto verso Wolfe, come tutti gli altri, quando il mio principale ordinò, con una voce che si sentì per tutta la stanza: “Signor Osgood! Prego!”
Il mio signore aveva lasciato la sua comoda poltrona e si avvicinava a noi. Capivo che era oltremodo irritato e mi domandavo il perché. Quando ci fu vicino Wolfe riprese: “Calma, signori. Signor Pratt, ho corrisposto male alla gentilezza che avete usato nell’ospitarmi, se vi ho offeso accettando un incarico dal signor Osgood; ma spero che non vi sarete offeso. Signor Osgood, questa è casa vostra; ma per quanto possa dispiacervi che il signor Pratt vi sia entrato, spero che potrete frenare la vostra ostilità contro di lui in vista del momento critico in cui ci troviamo. A quanto pare lui e il signor Mac Millan ci hanno portato notizie di vitale importanza, e il signor Mac Millan…”
Altro che frenare la sua ostilità! Osgood guardò inferocito Pratt, e ringhiò: “Sporco zoticone della malora!”
E Pratt, guardando inferocito Osgood, mugolò a sua volta: “Signorotto da strapazzo!”
Ma Wolfe intervenne di nuovo: “Oh, insomma, signori! E se aveste ragione tutti e due? Silenzio un momento, se non vi dispiace. Dunque, signor Mac Millan, che cosa dicevate del toro?”
“E’ morto.”
“Morto come?”
“Di carbonchio.”
“Ah! Ah! E sarebbe una malattia, vero?”
“Peggio: il carbonchio significa morte terribile e immediata. Tecnicamente è una delle malattie del bestiame, ma è così rapida e mortale che uccide come un colpo di fulmine. Così, ecco!” E Mac Millan fece schioccare le dita.
“Già, avevo sentito dire qualche cosa del carbonchio in Europa, durante la mia giovinezza” annuì Wolfe. “Ma Caesar non era in buona salute questa mattina? Quando avete osservato i sintomi del male?”
“Col carbonchio non c’è tempo di osservare i sintomi; per lo meno, non molto spesso. Si va una mattina nel pascolo e si trova il bestiame morto. Questo è successo un mese fa nel mio allevamento, ed è tornato a succedere oggi a Caesar, alle cinque del pomeriggio. Uno degli uomini di Sam Lake è andato in fondo al recinto, dove l’avevo legato dietro un gruppo di betulle, e l’ha trovato steso a terra, morto. Io ero a Crowfield per parlare con Bennett; mi hanno telefonato e sono corso subito. Poi abbiamo deciso di venire qui, Pratt e io.”
Il cipiglio di Osgood si andava attenuando sempre più. Allora non sapevo che la sola parola “carbonchio”, con la notizia che si era verificata una morte per quella malattia a poca distanza, era più che sufficiente a fare sbollire il furore di chiunque possedesse bestiame. Poi Wolfe riprese, bruscamente: “Signor Pratt, vorrei comprare la carcassa del toro. Quanto ne chiedete?”
Lo guardai sbalordito, domandandomi se per caso non gli avesse dato di volta il cervello e lo guardò sbalordito anche Pratt. Però non rispose, e Osgood intervenne: “Non si può comprare la carcassa di una bestia morta di carbonchio: appartiene allo Stato.”
“Ma, in nome del cielo, che diamine vorreste farne?” soggiunse Pratt; e Mac Millan disse a sua volta, cupamente: “Inutile, c’è già là un veterinario di Stato. Era a Crowfield e quando è arrivata la notizia, è venuto giù insieme con me, con una diecina di uomini. E poi, giusto, a che vi sarebbe servita quella carcassa?”.
“Ecco qua” sospirò Wolfe. “Immagino che il signor Waddell vi abbia detto che secondo me Clyde Osgood non è stato ucciso dal toro: la mia dimostrazione si basava soprattutto sulla mancanza di sangue sulla fronte e sul muso della bestia. Ora, avrei bisogno per lo meno della pelle. I collegi di giurati di solito tengono molto conto delle prove materiali. E che cosa ne fa del toro quel veterinario? Lo porta via?”
“No. Una bestia morta di carbonchio non si porta via, e non si può scuoiare, non la si tocca nemmeno, perché è pericoloso. Non si può neanche seppellire perché i microbi vivono nel terreno per anni. Perciò gli uomini del veterinario stanno ammucchiando legna e fascine intorno alla carcassa, per bruciarla. E arderà tutta la notte, povero Caesar!”
“Ma come ha potuto prendere il carbonchio? A quanto ho sentito dire, voi avete consegnato il toro al signor Pratt venerdì scorso. Che abbia portato con sé i germi dal vostro allevamento?”
“Impossibile. I germi del carbonchio non ci mettono molto a uccidere. Si tratta piuttosto di sapere come è stato contagiato Caesarà Questa è appunto una delle cose che siamo venuti a discutere.” Poi Mac Millan si rivolse a Osgood e soggiunse, dopo una lieve esitazione: “Dite, non potremmo metterci a sedere? Io sono sfinito. Volevamo domandarvi qualche cosa…”.
“Venite sulla veranda” rispose brevemente Osgood.
Trattenni un sorriso. Perdinci, il duca non voleva proprio che uno “sporco zoticone” rimanesse sotto il suo tetto! Così ci avviammo tutti; io chiudevo la marcia. Bronson era scomparso.
Quando arrivai sulla veranda tutti erano seduti in gruppo sulle poltroncine di vimini; e Mac Millan diceva a Osgood: “Certo, tutti vogliamo che la cosa sia chiarita; io e Pratt siamo venuti qui appunto per questo. Verrà anche Waddell. Qualcuno ha avuto una certa idea, non importa chi, dopo che Caesar è stato trovato morto, e abbiamo pensato che fosse dovere di lealtà parlarvene subito. E se proprio volete che ve la dica, sono venuto io perché tutti gli altri avevano paura. E’ compito di Waddell, questo, o di Sam Lake, non mio, e toccherà a loro fare indagini se si decideranno ad agire; ma loro mi hanno pregato di venire prima per discuterne con voi. Pratt si era offerto di parlarvi personalmente; ma sapevamo che la sua presenza vi avrebbe irritato, e avrebbe potuto spingervi anche a un atto di violenza, sicché abbiamo finito col venire qui insieme, con le migliori intenzioni dei mondo. Lui può dirvi…”
“Vedete, Osgood, il fatto è…” cominciò Pratt; ma il duca lo interruppe irosamente: “Per voi sono il signor Osgood, capite?”
“Va bene: tenetevi il vostro ”signor“, attaccatelo al camino, se volete, e andate all’inferno.”
Osgood non prese nota dell’insolenza del suo nemico; e si rivolse di nuovo a Mac Millan.
“Insomma, di che cosa volevate discutere?”
“Della faccenda di Clyde, naturalmente. Certo vi addolorerete, vi infurierete; ma vi faccio notare che con tutto il dolore e con tutta la furia non faremo un passo avanti. Il fatto positivo e accertato, è che Clyde era nel recinto. Perché vi era entrato? Waddell, Sam Lake, il capitano Barrow della polizia, riconoscono che la ricostruzione di Nero Wolfe è possibile, ma è poco credibile, non fosse altro che per questo: se qualcuno ha fatto quel che ha detto Wolfe, chi può essere stato?”
“Dunque voi credete che l’assassino sia il toro?”
“Io non credo proprio nulla” rispose Mac Millan, stringendosi stancamente nelle spalle. “Cercate di non fraintendermi, Osgood. Vi ripeto che son venuto io perché gli altri, eccetto Pratt, avevano paura di voi, e dunque, mi limito a riferirvi quel che dicono Waddell e compagnia. Secondo loro, non si può credere che Clyde sia entrato nel recinto soprattutto perché non si riesce a trovare una ragione plausibile del suo gesto. Io stesso ho detto stamattina che non poteva essere entrato per portar via il toro, perché un’idea simile sarebbe venuta in mente soltanto ad un pazzo, e Clyde era perfettamente in sé. Infatti, oltre tutto, dove avrebbe nascosto Caesar? Un toro non si può nascondere in una botte, vero? Ma quando Caesar è stato trovato morto di carbonchio, il capitano Barrow ha fatto per primo un’ipotesi che… potrebbe spiegare perché Clyde è entrato nel recinto. Come ben sapete, il carbonchio può essere inoculato a una bestia o con iniezione sottocutanea, o mediante contatto con roba infetta, o per ingestione. Se a Caesar fosse stata data da mangiare ieri sera qualcosa infettata di carbonchio…”
Involontariamente mi protesi un po avanti, pronto ad alzarmi per intervenire. Osgood rimaneva come irrigidito, con gli occhi vitrei, in un accesso di furore freddo; pareva che da un momento all’altro dovesse scattare come una molla. Invece disse quietamente, per quanto in tono gelido: “Badate a quel che dite, Mac Millan! Badate, vi dico! Se volete insinuare che mio figlio ha contagiato volutamente di carbonchio il toro…”
“Io non insinuo nulla” interruppe ruvidamente Mac Millan. “Vi ho già detto più volte che vengo qui per conto di altri, non mio; e se ho accettato l’incarico, l’ho fatto soprattutto perché mi pareva giusto che foste avvertito da un amico. Secondo Waddell e Barrow siete stato voi a insistere perché si facesse un’inchiesta; e se durante lo svolgimento delle indagini, verrà fuori qualche circostanza spiacevole, sarete stato voi a volerlo. Ad ogni modo Waddell e soci saranno qui fra poco, perché vorrebbero stabilire dov’è stato Clyde nei giorni scorsi, per vedere se ha avuto modo di avvicinare qualche bestia contagiata di carbonchio, o di procurarsi…”
“Chiunque verrà qui con questa idea…” e Osgood a questo punto fu costretto a interrompersi un momento per vincere il tremito della voce “potrà andarsene via subito: è meglio per lui. E’… è un’infamia! E, per tutti i diavoli…”
“Signor Osgood” intervenne Wolfe aspramente “non vi avevo avvertito che le indagini in un caso simile comportano un’infinità di inconvenienti spiacevoli? Il signor Mac Millan ha perfettamente ragione: siete stato voi a volerlo.”
“Ma io non posso tollerare che…”
“Oh, sì, dovete tollerarlo! Anche la malevolenza, dovrete tollerare, sebbene io creda che in questo caso non vi sia questione di malevolenza. Non conosco il capitano Barrow, ma conosco il signor Waddell e mi par di vederlo, come un pesce affamato, abboccare a quest’esca, in piena innocenza. E’ stupefacente, dover constatare con quanta leggerezza il cervello di un uomo può non tener conto di quelli che chiameremo i fatti-base come in questo caso la circostanza, ampiamente dimostrata, che Clyde non è stato ucciso dal toro. Ma vi prego di ricordarvi quanto vi ho detto a proposito del signor Waddell, e cioè che avremmo avuto bisogno di lui. E’ una vera fortuna che venga qui, poiché in tal modo potremo ottenere le informazioni che ci abbisognano senza indugio; e se dovrete sottoporvi a domande che ritenete mostruose, ebbene, vi ci sottoporrete, perché è necessario. Quei signori rappresentano l’autorità costituita… Ma eccoli qui, se non sbaglio.”
Si sentiva infatti scricchiolare la ghiaia del viale, e subito dopo apparve un’automobile, che venne a fermarsi vicino alla veranda. Ne smontò per primo un funzionario con l’uniforme della polizia di Stato, un capitano di aspetto arcigno e inflessibile; poi Waddell, che cercava di apparire sempre lo stesso. Salirono insieme i gradini e vennero verso di noi.
Non potei assistere allo spettacolo del primo urto, perché Wolfe si alzò e si allontanò quietamente; e vedendo che aveva in mano il fazzoletto, il nostro solito segnale, mi alzai a mia volta e lo seguii. Il principale entrò in casa, e si fermò nella sala terrena, mi disse di aspettarlo là, e scomparve nella biblioteca. Ma pochi minuti dopo, e mentre mi domandavo perplesso il perché di quella straordinaria attività, il mio illustre superiore ritornò, con aria delusa. Mi guardò accigliato, e mormorò:
“Troppo rapidi per noi, Archie! E ci faranno anche fare la figura degli sciocchi, se pure la cosa non si risolverà in un fiasco completo. Ho parlato per telefono col signor Bennett ma ho fatto un buco nell’acqua. Avete portato una macchina fotografica da casa?”
“No.”
“Da questa volta in poi abbiatene sempre una. Intanto prendete una automobile qui e andate a casa Pratt: qualcuno l’avrà, là, una macchina fotografica: i nipoti, che so io, la signorina Rowan… Fatevela prestare, e prendete delle istantanee della carcassa del toro da tutti i punti possibili: dieci o dodici, anche di più. E presto, vi raccomando, prima che appicchino fuoco alla legna.”
La cosa mi pareva passabilmente pazzesca; tuttavia feci del mio meglio per accontentare il principale in quella sua improvvisa passione per la fotografia. Perché, tante istantanee? Se voleva dimostrare che la testa del toro non era insanguinata, perché fotografare la povera bestia da tutti i punti possibili? Insomma, non riuscii a capire quale fosse la sua intenzione; ma, naturalmente, ubbidii.
Poco dopo arrivavo a casa Pratt nell’automobile di Osgood; ma all’imbocco del viale un agente in divisa mi fermò. Me ne sbarazzai facilmente dicendo che mi mandava Waddell; poi guidai l’automobile davanti all’autorimessa, smontai, e mi diressi verso la porta principale. Ma ero ancora a mezza strada quando una voce chiamò: “Ehi, Escamillo!” Mi voltai e vidi Lily Rowan sdraiata in un’amaca sotto gli alberi. M’affrettai a raggiungerla e le dissi: “Brava, bambolina, cercavo proprio di voi. Vorrei chiedervi in prestito una macchina fotografica.”
“E non dovete chiedermi altro, mio dolce signore?” replicò lei.
“Via via, si tratta di una cosa seria e urgente. L’avete, o no, una macchina fotografica?”
“Ho capito: venite da casa Osgood. Immaginavo che foste là. E’ quella Nancy che…”
“Finitela, insomma: se vi dico che si tratta di una cosa seria! Devo fare alcune istantanee del toro prima che…”
“Quale toro?”
“Quale toro! Il toro: Caesar.”
“Santo Cielo, che strano lavoro è il vostro! Comunque ormai nessuno fotograferà mai più quella povera bestia. Hanno già acceso il fuoco.”
“Maledizione! Dove? Dove?”
“Laggiù dall’altra parte…”
Mi misi a correre, letteralmente. Sentii Lily gridare: “Aspettatemi, Escamillo! Vi accompagno!”; ma non mi voltai e non mi fermai. Nel passare vicino al fosso preparato per arrostire Caesar sentii l’odore della legna arsa, dietro il gruppo di betulle e in fondo al recinto vidi elevarsi una colonna di fumo.
Mentre mi avvicinavo rallentai il passo. C’erano là una ventina d’uomini, oltre quelli che attizzavano il fuoco; e mi unii a loro senza farmi notare. Una parte della palizzata era stata divelta, e noi rimanevamo accanto all’apertura. A quanto pareva, Caesar Hickory Grindon aveva avuto l’onore di un rogo di legna ben secca e in grande quantità; il fumo era altissimo e non si vedeva niente. Faceva un caldo d’inferno, anche a quella distanza. Quattro o cinque uomini in maniche di camicia, tutti sudati, gettavano continuamente altra legna sul fuoco. Fra gli spettatori, alcuni guardavano in silenzio, alcuni parlottavano fra loro. Poi sentii una voce al mio fianco: “Me l’immaginavo che sareste venuto qui.”
“Oh siete voi, Dave!” esclamai, voltandomi. “Perché pensavate che sarei venuto?”
“Nulla in particolare; ma mi sembrate uno di quei tipi che ci tengono a essere sempre presenti quando succede qualche cosa.” E Dave si accarezzò il naso. “Lo stesso odore come se si arrostisse il toro per mangiarlo, non vi pare?”
“Eh, lo credo bene!” Poi, dopo un momento di silenzio, Dave soggiunse in tono filosofico. “Vedete, uno spettacolo di questo genere fa pensare. Un campione come Caesar bruciato così, come una carogna infetta! E’ una vergogna, non vi sembra?”
“Certo.”
E con questo mi allontanai. Non c’era motivo infatti perché mi lasciassi arrostire anch’io e d’altra parte non ero dell’umore più adatto per ascoltare i commenti metafisici di Dave.
Un po più in là, vicino al cancello, rividi Lily Rowan, che, seduta sull’erba, si turava il naso. Ebbi per un momento la tentazione di fermarmi a dirle che non c’era bisogno di farmi notare quanto fosse femminile e delicata; ma tacqui, perché ero irritato con me stesso. Wolfe mi aveva mandato là con un incarico preciso; ma ero arrivato troppo tardi; e sapevo bene che il principale non mi aveva chiesto quelle istantanee per appiccicarle all’album dei ricordi.
“Aiutatemi a rialzarmi” fece Lily, stendendo le braccia.
Le presi le mani e la tirai su, con uno strattone energico tanto che mi cadde letteralmente fra le braccia. Naturalmente non approfittai della situazione, e mi limitai a domandare: “Posso usare il telefono del signor Pratt?”
“Perché no?” rispose Lily, e prendendomi a braccetto mi condusse verso la casa. La lasciai fare, sebbene quella forma di intimità non mi andasse troppo a genio, dato che ho una certa tendenza a non tollerare gli impacci fisici.
Caroline Pratt era sulla terrazza a leggere, e mi fermai un momento a salutarla. Jimmy non era in circolazione. Poi la mia compagna mi condusse al telefono in un angolo del salotto, e si sedette ad aspettare guardandomi con quel suo sorrisetto che le rialzava un angolo della bocca.
Chiamai il numero di Osgood e chiesi del signor Wolfe. Poco dopo udivo il suo familiare borbottio: “Archie? Pronto.”
“Pronto. Sapete che diavolo è successo? Che quando sono arrivato avevano già acceso il fuoco e adesso pare di essere all’inferno. Che cosa devo fare?”
“Maledizione! Che volete fare? Nulla. Ritornate.”
“Dal momento che sono qui, vi occorre altro?”
“No. Ritornate, vi dico, e mi aiuterete ad ammirare la stupidità umana.”
Riappesi il ricevitore, poi dissi a Lily: “State a sentire, bambolina: a che vi servirebbe raccontare in giro che ero venuto qui per prendere un’istantanea del toro?”
“A nulla, infatti” sorrise la donzella; e si alzò. “Fidatevi sempre di me, Escamillo.”