Può sempre darsi che la gente che m’invita a passare il fine settimana in campagna riesca a cavarsela per il rotto della cuffia. Il più delle volte, salta fuori qualche impegno improvviso che mi trattiene in città.
I fortunati dell’ultima settimana di aprile erano due sposini di Easthampton, che mi avevano prenotato da venerdì sera a lunedì mattina.
Ho già accennato agli sviluppi di venerdì e di sabato. Domenica, fui costretto a restare in casa per accorrere a un’eventuale chiamata di Fred, Saul e Orrie.
La domenica di Wolfe, invece, si svolge in modo completamente diverso. Theodore Horstmann, il balio delle orchidee, ha la giornata libera e va a trovare una sua sorella sposata nel Jersey, di conseguenza non ci sono le solite sessioni di due ore nella serra. Wolfe sale un paio di volte per dare un’occhiata alle sue beneamate pianticelle, ma senza tenere un orario fisso. In genere, alle dieci e mezzo è nello studio, per leggersi da cima a fondo la Cronaca della settimana del “Times”.
Quella domenica mattina, cominciai ad aspettare una telefonata di Noel Tedder fino dalle nove. Ero convinto che mi avrebbe chiamato per comunicarmi, da eroe a eroe, di aver rilasciato la sua Dichiarazione di Indipendenza. Ma alle dieci, quando accesi la radio per ascoltare le ultime notizie, non si era ancora fatto vivo. Così come non si erano fatti vivi i nostri tre pedinatori. Comunque, ben presto avrei saputo dove si trovava Saul Panzer.
Mentre spegnevo la radio, squillò il campanello. Andai ad aprire e mi trovai di fronte ad Andrew Frost. Questo significava che Saul era tanto vicino da potermi vedere. Spalancai l’uscio e augurai il buongiorno all’avvocato.
A questo punto voglio chiarire un particolare. Un buon scrittore cerca di evitare frasi come “il suo tono era gelido”, ma se voglio riferire con esattezza cronistica come rispose Frost al mio saluto, è proprio quello che devo proprio dire: “il suo tono era gelido”. Con ogni probabilità, la sua freddezza era dovuta al fatto che temeva di perdere la messa. Era vestito con un abito di flanella grigio scuro, soprabito dello stesso colore e cappello nero da almeno quaranta dollari. Lo feci accomodare, gli presi il cappello e il soprabito, lo guidai verso lo studio e chiamai la serra con il telefono interno. Mi arrivò la voce di Wolfe, e il solito “Sì?” irritato. Gli comunicai che c’era il signor Frost e che l’avevo ammesso all’interno del nostro nido. Mi rispose: – Dieci minuti – e riattaccò. Quando riferii a Frost, questi emise un piccolo suono freddo e mi lanciò un’occhiata ancora più fredda. Non mi sembrava che assomigliasse ad Abramo Lincoln come mi era sembrato mercoledì pomeriggio, ma forse questo dipendeva dal fatto che non avevo mai visto Lincoln tramutato in un iceberg.
Erano trascorsi quasi quindici minuti, quando ci: giunse il cigolio dell’ascensore. Un attimo dopo, entrò Wolfe, con un mazzo di Miltonia Roezli nella sinistra e il “Times” nella destra. Wolfe porta sempre il giornale nella serra, per evitare di dover passare dalla sua camera, scendendo. È un genio anche quando si tratta di risparmiare energie. Si fermò all’angolo della scrivania, davanti al visitatore, e disse: – Il signor Frost? Molto lieto. Vi aspettavo. – Poi mise i fiori nel vaso e il “Times” sul tavolo.
Frost affermò con voce ferma: – Non è vero che mi aspettavate.
– Vi ripeto che vi aspettavo – rispose Wolfe, lanciandogli un’occhiata di fuoco. – Vi ho invitato io. Ho detto al signor Purcell che il signor Vail era stato assassinato, sapendo che questo vi avrebbe condotto qui. Volevo parlare con tutte le persone che avevano partecipato alla riunione nella biblioteca di casa Tedder, mercoledì sera. Naturalmente, siete venuto per farmi le vostre rimostranze.
Un muscolo del collo dell’avvocato si contraeva spasmodicamente.
– Intendete affermare di aver inventato quella panzana al solo scopo di costringermi a venire da voi?
Wolfe sollevò gli angoli della bocca di un decimo di millimetro.
– Non ho inventato nessuna panzana: quello che ho detto è vero. Non vi ho costretto. Siete voi che vi sentite costretto da qualcosa. Se vi dispiace essere venuto, andate pure. Il signor Purcell vi ha spiegato come sono giunto alla conclusione che il signor Vail è stato assassinato?
– Sì. Secondo me, avete fatto semplicemente del sofismo. La polizia e il procuratore distrettuale non sono giunti a questa conclusione. È falsa, errata e diffamatoria. E perseguibile.
– Ah, sì? Il procuratore distrettuale ha per caso chiuso l’inchiesta?
– Ufficialmente, no.
– Anche se lo facesse, non sarebbe sufficiente per dimostrare che ho torto. Lui ha bisogno di prove capaci di convincere una giuria, io no. A me basta semplicemente...
– Avrete bisogno di prove anche voi, se insistete con questa forma di diffamazione, e sarete chiamato a risponderne.
– Dubito che mi capiterà di dover affrontare una simile contingenza. Avevo bisogno di un punto di partenza per poter portare a termine l’impegno che mi sono assunto e l’ho trovato, arrivando alla conclusione che il signor Vail è stato assassinato. Non ho...
– Non avete alcun impegno. Se intendete parlare di quella pazzesca faccenda con Noel Tedder, vi faccio presente che non sussiste più.
Wolfe voltò il capo. – Archie, quel foglio!
Mi avvicinai alla cassaforte, feci scattare la combinazione ed estrassi la pagina, che avevo riposto la sera precedente, prima di andare a letto.
Mentre mi dirigevo verso Wolfe, questi mi ordinò di consegnarla pure all’avvocato.
Frost la prese, la lesse da cima a fondo, poi si soffermò a studiarla parola per parola. Quando sollevò lo sguardo, Wolfe disse: – Non sono un legale, signor Frost, ma ho una certa conoscenza della validità dei contratti. Sono certo che quella lettera lega le mani sia alla signora Vail, sia al signor Tedder.
– Quando è stata firmata?
– Ieri sera.
– Non ha valore. Noel è stato costretto a firmarla con un raggiro.
Wolfe si voltò a guardarmi. – Archie?
– Niente raggiri – dissi a Frost. – Domandatelo a Noel. Né ha piene le tasche, e vuoi camminare con i propri piedi. Gli ho offerto tre bicchierini, ma vi assicuro che non era ubriaco. C’erano dei testimoni.
– Dove vi trovavate?
– Nel bar di Barney, sulla Settantottesima Strada. – Gli ero abbastanza vicino. Sgranai gli occhi scocciato.– Posso riaverlo, per piacere?
Frost lanciò un’ultima occhiata al biglietto, poi me lo porse. Andai alla cassaforte, lo riposi, chiusi lo sportello.
Wolfe stava dicendo: – Volevo farvi presente, avvocato, che non ho nessuna intenzione di divulgare la notizia che il signor Vail è stato assassinato, oppure le ragioni attraverso le quali sono giunto a questa conclusione. Sono stato costretto a parlarne al signor Tedder, per potergli spiegare da che parte intendevo aggirare il nostro problema comune, così come sono stato costretto a parlarne con il signor Purcell, perché volevo parlare con voi. Lui avrebbe riferito a sua sorella, la quale, a sua volta, l’avrebbe riferito a voi. Ho raggiunto lo scopo. In quanto all’assassino, non ho...
– Non esiste nessun assassino.
– Questo lo pensate voi... O meglio, di questo vi illudete voi. Comunque, per quanto riguarda l’assassino, non ho nessuna intenzione di creargli dei fastidi. Non mi considero la Nemesi.
– Perché volevate parlarmi?
– Quando so che una persona ha commesso un omicidio, e che questa persona fa parte di un gruppo, ho bisogno di conoscere personalmente tutti gli appartenenti a questo gruppo, per poterli studiare.
– Allora insistete! State forse dicendo che intendete identificare l’assassino in una delle persone che mercoledì sera erano nella biblioteca di casa Tedder?
– Sì, ma solo per soddisfazione personale, e con uno scopo privato.
Forse la mia spiegazione ha perso qualcosa, nel lungo giro che ha fatto attraverso il signor Purcell, la signora Vail e voi. Avendo dedotto che il signor Vail era stato assassinato, sono giunto a due conclusioni: che l’omicidio era conseguenza del rapimento e quindi l’assassino era coinvolto nel rapimento stesso, e che il colpevole sa dove si trova il denaro del riscatto. Ecco perché ho bisogno di identificare il colpevole, ed ecco, ancora, perché volevo conoscere tutti voi. La signora Vail, la conoscevo già. Intendo trovare quel denaro.
Frost stava scuotendo la testa, con le labbra contratte.
– Non riesco a crederci. Conosco la vostra reputazione, eppure non riesco ugualmente a crederci. Volevate vedermi perché pensavate che, guardandomi in faccia e sentendomi parlare, sareste riuscito a capire se sono un assassino e un rapitore. Assurdo!
– Questo procedimento può anche sembrare leggermente fuori del normale – concesse Wolfe – ma non mi baso solo sul mio acume. – Si voltò verso di me. – Archie, fate entrare Saul.
Questo dovrebbe bastare per dimostrarvi la sua opinione su Saul Panzer. Non disse: “Archie, guardate se riuscite a trovare Saul da qualche parte”. Frost era l’uomo che Saul doveva pedinare, quindi, dato che Frost era là, il nostro collaboratore doveva essere nelle vicinanze. Era anche la mia opinione, comunque. Andai alla porta, uscii sui gradini, scesi, feci un cenno verso Manhattan, poi un altro verso l’altra estremità della Trentacinquesima Strada. Un passante si voltò a guardare chi stavo invitando, non vide nessuno, scosse il capo, e continuò a camminare. Mi aspettavo di vedere sbucare Saul da una delle macchine posteggiate dall’altra parte della strada, invece apparve a una trentina di metri da me, sullo stesso marciapiede. Era rimasto nascosto in un androne. Giusto. Aveva pensato che Frost sarebbe andato da quella parte, per cercare un taxi che lo riportasse verso il centro. Mi raggiunse e domandò: – Si è accorto che lo seguivo?
– Sai benissimo che non è mai accaduta una cosa simile e che non potrà mai accadere. Sei desiderato. Abbiamo bisogno di te per tare una partita a poker senza il morto.
Salimmo i gradini, entrammo in casa, chiudemmo la porta e ci dirigemmo verso lo studio, Saul davanti, io dietro. Infilandosi in tasca il berretto, lui si avvicinò alla scrivania di Wolfe, senza degnare Frost di un’occhiata, e disse: – Sì?
Wolfe si rivolse a Frost: – Questo è il signor Saul Panzer. Sta svolgendo indagini su di voi fin da ieri mattina. – E a Saul: – Avete niente da aggiungere al rapporto telefonico di ieri sera?
Probabilmente, la sua telefonata era arrivata dopo che io ero uscito per andare dalla signora Vail.
– Solo un particolare, appreso da una fonte che ho incontrato dopo aver telefonato – rispose Saul. – Lo scorso autunno, il signore qui presente ha comprato parte di un edificio di dodici piani sulla Ottantatreesima Strada, angolo Park Avenue.
– Riassumete in breve quello che mi avete spiegato ieri sera nel vostro rapporto.
– È socio anziano dello studio McDowell, Frost, Hovey e Ulrich, situato a Broadway. Era presidente del Comitato degli Avvocati di New York in favore di Nixon. Due anni fa, ha regalato a suo figlio, come dono di nozze, una casa sulla Sessantottesima Strada. È direttore di almeno venti compagnie... Non credo che la lista in mio possesso sia completa. È stato per molti anni legale di Harold F. Tedder. Ha una casa a Long Island, vicino a Great Neck, con trenta stanze e undici acri di terreno. Nel Cinquantaquattro, il presidente Eisenhower...
– Basta così. – Wolfe si voltò in direzione di Frost – Come vedete, avvocato; io mi rendo conto che la mia perspicacia non è infallibile.
Naturalmente, alcune delle cose scoperte dal signor Panzer richiedono indagini più approfondite... Per esempio, la proprietà di Long Island è libera? O gravata da ipoteche?
Frost non era più gelido. Stava bollendo. – È incredibile! – sbottò.
Era prossimo a esplodere. – Avete pagato quest’uomo per raccogliere notizie su di me? Per esaminare la possibilità di una mia eventuale colpa come assassino e rapitore? Io?
Wolfe fece un cenno d’assenso. – Certamente. Siete avvocato di grande esperienza. Sapete benissimo che non posso escludere a priori nessuna delle persone presenti quella sera. Il signor Panzer è discreto ed estremamente competente. Sono sicuro che non...
Suonò il campanello. Mi alzai, andai a dare un’occhiata attraverso lo spioncino, tornai alla mia scrivania, scrissi “Cramer” su un foglietto del blocco per gli appunti, staccai il foglietto e lo porsi a Wolfe, Lui lo guardò, chiuse gli occhi, dopo tre secondi li aprì e si rivolse a Frost.
– L’ispettore Cramer, della Squadra Omicidi, è davanti alla nostra porta. Se preferite non...
Questa volta, Frost esplose davvero. Balzò in avanti, con gli occhi che lanciavano fiamme. – Maledizione! Siete stato voi a telefonargli!
– No! – dichiarò Wolfe. – È giunto inaspettatamente, e senza invito. Non so perché sia venuto. Si occupa solo di morti violente. Se ha sentito parlare della conclusione alla quale sono giunto circa la morte del signor Vail, non so né da chi, né quando ne ha sentito parlare. E comunque non dal signor Goodwin o da me. – Il campanello suonò di nuovo. – Volete che sappia che siete qui?
– Siete un bugiardo! È colpa vostra se...
– Basta! – Wolfe calò una manata sulla scrivania. – La situazione sta esattamente come ho detto. Archie, fate accomodare l’ispettore Cramer. Allora, avvocato, volete o non volete farvi trovare qui? Rispondete una volta per tutte: sì o no?
– No! – Frost si allontanò dalla poltroncina rossa, mentre Wolfe diceva a Saul di condurlo nella stanza centrale. Quando questi ebbe aperto la porta di comunicazione per far passare Frost, andai nell’atrio per fare entrare la legge. Dall’espressione del viso di Cramer, mi sarei aspettato che marciasse diretto verso lo studio, ma quando mi voltai, dopo aver chiuso la porta, me lo trovai davanti.
– Che cosa facevate con Noel Tedder, ieri sera? – domandò secco.
– Non mi mangiate la testa! – ribattei. – Preferisco dirvelo davanti a testimoni. Andiamo dal signor Wolfe. – Mi voltai verso lo studio, entrai, e comunicai al mio capo: – Vuole sapere che cosa facevo con Noel Tedder ieri sera. Non ha detto “per piacere”.
Cramer era al mio fianco. – Il giorno in cui dirò per piacere a voi – sbottò – significherà che sono impazzito. – Andò alla poltroncina rossa, si mise a sedere e appoggiò il cappello sul bracciolo.
– Penso che sia inutile ribattere – mormorò Wolfe. – È da tanto tempo che fate il poliziotto, e avete rivolto alla gente così tante domande impertinenti, ottenendo quasi sempre le risposte desiderate, che ormai è diventata un’abitudine comportarvi a questo modo. Avete ragioni per pretendere che il signor Goodwin esaurisca la vostra curiosità?
– Facciamo un patto – suggerii. – Voglio rivolgere a mia volta una domanda impertinente all’ispettore. Se siete convinti che la morte di Jimmy Vail sia accidentale, perché pedinate Noel Tedder?
– Non lo pediniamo affatto!
– Allora come fate a sapere che era con me?
– Un agente vi ha visto per caso in sua compagnia, e vi ha seguito.
– Cramer si rivolse a Wolfe. – L’altro ieri, vi siete rifiutato di dirmi dove eravate stati voi e Goodwin per ventiquattro ore. Avete affermato, tra l’altro, di non avere alcun impegno con la signora Vail e di essere senza clienti. L’avete ripetuto nella deposizione che avete firmato. Ma non l’avete ripetuto a Draper, dell’FBI, quando ve l’ha chiesto, ieri sera. La vostra risposta è stata evasiva. Questo non è da voi. Non mi è mai capitato di vedervi esitare davanti a una bugia. Ora non vorrete farmi credere che Goodwin era in compagnia di Noel Tedder per ragioni puramente sociali, non è vero?
– Non ve lo farò credere.
– Goodwin?
– Neanch’io.
– Allora che cosa facevate?
Wolfe scosse il capo. – Avete il diritto di pretendere delle risposte solo per domande riguardanti un crimine. Su quale crimine state svolgendo indagini?
– Tipico! Avrei dovuto aspettarmelo, da voi! Sto svolgendo indagini sulla possibilità che la morte di Jimmy Vail non sia stata accidentale.
– Allora non siete convinti di aver risolto il caso.
– No, non ne siamo convinti. Forse il procuratore distrettuale lo è, non lo so. Perché non glielo chiedete? Mi pare di avere il diritto di pretendere che Goodwin risponda alle mie domande. Anzi, posso pretenderlo anche da voi, se è per questo.
Il mio capo si appoggiò allo schienale della poltrona, spinse le labbra in fuori e prese a studiare il soffitto. Cramer tirò fuori un sigaro, se lo girò tra le dita, cosa alquanto stupida, visto che non l’avrebbe mai acceso, lo strinse tra l’indice e il pollice, lo studiò per un attimo, con gli occhi perplessi e alla fine se lo rimise in tasca. Evidentemente, aveva rivolto all’oggetto una domanda impertinente, e il sigaro si era rifiutato di rispondere.
Wolfe sollevò la testa dallo schienale e pronunciò: – Quel foglio, Archie.
Andai alla cassaforte, aprii lo sportello, presi il foglio e lo consegnai a Wolfe. Quest’ultimo lo posò sulla scrivania e guardò Cramer.
– Secondo voi, a volte io vi nascondo delle informazioni importanti per puro spirito di contraddizione. Non è vero. Non l’ho mai fatto. È capitato che io tenessi celati dei particolari per un certo periodo, ma solo quando mi servivano per uso personale, o quando non erano eccessivamente importanti. Oggi, siete stato ragionevolmente educato, anche se non affabile. Ho deciso quindi di mettervi al corrente di una cosa. – Prese il foglio. – Lo leggerò io. Non ve lo consegno, perché potreste affermare che servirà come prova, cosa assurda, e lo intaschereste.
Lesse ad alta voce, e alla fine concluse: – È firmato da Noel Tedder. Non è un documento olografo, perché è stato scritto dal signor Goodwin.
– Ho risposto evasivamente alle domande del signor Draper solo perché, se l’avessi messo al corrente del mio impegno con il signor Tedder, mi avrebbe tenuto in piedi tutta la notte, convinto che potessi sapere dov’è quel denaro. Non ho più la signora Vail come cliente, ma ho un impegno con il signor Noel Tedder.
– Già – la voce di Cramer uscì roca, tanto che l’ispettore fu costretto a schiarirsi la gola. Gli diventa sempre così, quando parla con Wolfe, come se le parole gli si appiccicassero sull’ugola. – A questo punto, deduco che, o sapete dov’è il denaro, oppure volete buttarmi fumo negli occhi.
Wolfe non rispose.
– La signora Vail è al corrente del vostro accordo con suo figlio? – domando Cramer.
– Sì.
– È per questo motivo che Goodwin e Tedder si sono visti, ieri sera?
– Sì.
– E di che altro hanno parlato? Wolfe si voltò verso di me: – Archie? Scossi il capo. – Di niente, ci siamo sfogati sulle nostre rispettive madri, ma questo non è pertinente.
– E così, la vostra domanda di prima ha ottenuto risposta – disse Wolfe a Cramer. – Sono sicuro che riferirete al signor Draper, ma a me basta che non venga a importunarmi, tanto più che non lo farei entrare. Gli abbiamo fornito tutte le informazioni in nostro possesso, per quanto riguarda il rapimento, senza alcuna riserva. Ho un’idea su dove si trova il denaro, ma è basata unicamente...
– Maledizione, lo ammettete, allora!
– Lo dichiaro, infatti. Lasciatemi finire. Ho un’idea su dove si trova il denaro, ma è basata unicamente su alcune mie deduzioni, non su informazioni e fatti precisi. Le mie deduzioni, comunque, non riguardano solo i soldi, ma anche il rapimento e la morte del signor Vail. Che cosa rispondereste se vi dicessi che sono convinto che il signor Vail è stato assassinato? E se aggiungessi inoltre che non solo credo di saperlo con sicurezza, ma anche che conosco il movente e il nome dell’assassino?
– Risponderei che cercate di fare colpo. Non sarebbe la prima volta.
«Vi conosco molto bene. Dio, se vi conosco! Quando scoprite qualcosa di solido, voi non dite che “credete di saperlo”, ma che “lo sapete”. Se siete in possesso di una prova atta a stabilire il movente e a identificare il colpevole, la voglio, la pretendo, e subito. Ne siete in possesso?»
– No.
– Allora vi lascerò alle vostre ipotetiche deduzioni. – Cramer prese il cappello. —Avete ragione: riferirò tutto a Draper. – Si alzò. – Ma se lui vi conoscesse quanto vi conosco io... Ah, lasciamo perdere, che è meglio! – Si voltò e marciò fuori dello studio.
Mi portai sulla soglia, attesi che si fosse chiuso la porta alle spalle, mi girai e chiesi a al mio capo: – Allora credete di sapere? O cercavate di far colpo su Cramer? Dove avete scovato l’idea?
– Chiamate Saul.
Non lo disse. L’ordinò. Andai ad aprire la porta di comunicazione con la stanza centrale e invitai il nostro collaboratore a entrare. Wolfe domandò: – Il signor Frost se n’è andato?
Saul annuì. – Ha aguzzato le orecchie, sperando di sentire quello che dicevate, ma dopo cinque minuti si è reso conto che non era possibile, per via delle pareti a prova di suono, e se n’è andato.
– Voglio Fred. Se il signor Purcell è in casa, Fred dovrebbe essere nelle vicinanze. Portatemelo al più presto. – Si voltò verso di me: – Archie, voglio anche il signor Tedder, e con lui Orrie. Al più presto. Non passate da Fritz perché venga a chiudere la porta. Ci penserò io.
– Devo tornare? – domandò Saul.
– Sì. Andate.
Andammo.