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Quando Dinah Utley arrivò, alle tre e cinque, con cinque minuti di ritardo, Nero Wolfe era seduto alla sua scrivania con in mano un libro.

Buio a mezzogiorno, di Arthur Koestler. Ci eravamo messi a tavola più tardi del solito, perché Wolfe aveva dato ordine a Fritz di non alzare la fiamma sotto il tegame del capriolo finché non gliel’avesse detto lui.

Inoltre, era l’una passata, quando avevo smesso di tentare di convincere il “Post” e il “WorldTelegram” ad accettare l’inserzione. Niente da fare. Lon Cohen, invece, non aveva fatto obiezioni. Sapeva che prima o poi gli avrei fornito qualche notizia in esclusiva per sdebitarmi del favore. Comunque, con gli altri due giornali avevo sistemato le cose per l’edizione dell’indomani. Gli strilloni avrebbero invaso le strade alle undici, e se il signor Knapp avesse visto l’annuncio dopo aver riscosso il denaro, ma prima di aver ucciso Jimmy Vail, avrebbe anche potuto cambiare idea.

La nostra cliente era uscita per andare in banca, subito dopo che Lon Cohen mi aveva promesso di pubblicare l’inserzione nelle ultime due edizioni. Durane ! “ te le telefonate, Wolfe era rimasto al mio fianco, ma non per ascoltare quello che dicevo: aveva in mano il messaggio del signor Knapp ad Althea Vail, e continuava a spostare la mia macchina da scrivere, e a studiarne i tasti, per poi riportare gli occhi sulla lettera, e poi di nuovo sui tasti. Era andato avanti così fino a quando era entrato Fritz per annunciare che il pranzo era pronto. A questo punto, non avevo più potuto fare domande, con il capriolo posato in mezzo alla tavola, accanto a una coppa piena di salsa piccante, a base di olive tritate. Wolfe aveva deciso già da tempo che mentre mangiavamo non dovevamo parlare di lavoro, perciò avevo aspettato finché non avevamo lasciato la sala da pranzo e non eravamo tornati nello studio, prima di chiedergli quello che mi stava a cuore. – Quella lettera è stata battuta su una macchina da scrivere Underwood, ma non sulla mia, se è questo che volevate appurare. La a è leggermente fuori squadra. E poi, non è stata scritta da un dattilografo provetto come me. La battuta è molto ineguale.

Si calò a sedere e prese Buio a mezzogiorno. Quando ha in corso qualche lettura, tiene il libro che lo interessa sempre allo stesso posto: a destra dei portacarte, davanti al vaso di orchidee. Quel giorno, le orchidee erano Miltonia Vexittaria. Come al solito, Wolfe le aveva portate personalmente dalla serra, quando era sceso alle undici di mattina. – Mhhh... – mugolò. – Stavo solo controllando un’ipotesi.

– Scoperto qualcosa?

– Sì. – Aprì il libro e fece roteare la poltrona girevole, in modo da voltarmi il suo ettaro di schiena. Se volevo una congettura, dovevo inventarmene una. Di lì a dieci minuti sarebbe dovuta arrivare una visitatrice; quindi, convinto com’è sempre stato che i libri siano i migliori digestivi del mondo, perché occupano la mente ma lasciano in pace lo stomaco, Wolfe voleva approfittare del poco tempo che gli restava.

Quando, un quarto d’ora più tardi, dopo aver passato la maggior parte del tempo a studiare i tasti della mia macchina da scrivere e la lettera, andai ad aprire la porta e tornai con la visitatrice, Wolfe restò con gli occhi fissi sul libro finché non ebbi fatto le presentazioni e, sistemata la donna nella poltroncina rossa, non fui tornato alla mia scrivania.

Solo allora, lui inserì il segnalibro tra le pagine, chiuse il volume, lo posò davanti al vaso d’orchidee, guardò la ragazza e disse: – Siete una segretaria efficiente, signorina Utley?

Lei spalancò gli occhi, e sorrise. Se aveva pianto in compagnia della sua padrona, non ne aveva conservato le tracce. In un primo momento, l’avevo giudicata sulla trentina, ma ora pensai che poteva avere anche un paio d’anni in meno.

– Cerco solamente di guadagnarmi lo stipendio, signor Wolfe – rispose.

Era fredda... occhi freddi, sorriso freddo, voce fredda. Spesso mi vien voglia di sottoporre certi tipi di ragazze fredde a un po’ di calore, per vedere come reagiscono. Ne esistono alcune, però, che sono evidentemente refrattarie a qualunque tipo di riscaldamento. Dinah Utley era di queste.

Non che ci fosse niente da ridire sul suo viso e sulla sua figura. Anzi. La si poteva definire una bellezza.

Wolfe la studiò con gli occhi socchiusi.—Senza dubbio – stava dicendo. – Come sapete, la signora Vail vi ha chiamata da questo studio.

Ho sentito che vi ha ordinato di non riferirmi che cosa le ha detto il signor Knapp al telefono, ma certo vi renderete conto che la signora Vail ha i nervi scossi. Quindi, voi potete senz’altro decidere con più obiettività se non sia il caso di raccontarmi tutto.

– No. – Sempre molto fredda. – Sono alle sue dipendenze.

– Allora cercherò di non insistere. Aprite sempre la posta della signora?

– Sì.

– Tutte le lettere che arrivano?

– Sì

– Quante buste sono arrivate, ieri mattina?

– Non le ho contate. Una ventina.

– La busta che conteneva il messaggio del signor Knapp, l’avete aperta per prima, o solo in seguito?

Era una tattica vecchia come il mondo quella di chiedere i particolari di un’azione di poco conto nel tentativo di creare confusione nell’interrogato. La donna sorrise. – m genere, suddivido la posta, lasciando fuori circolari e pubblicità. Ieri, c’erano quattro... no, tre lettere, che ho aperto una dopo l’altra. La busta con il messaggio del rapitore era la terza.

– L’avete mostrata subito alla signora Vail?

– Certo. Gliel’ho portata in camera.

– Eravate presente, domenica sera, quando ha telefonato in campagna per chiedere di suo marito?

– No. Ero in casa, ma a letto.

– Sa dirmi a che ora è arrivata, la telefonata del signor Knapp?

– Alle quattro e otto. Sapevo che poteva essere importante, perciò ho preso nota dell’ora esatta.

– Avete ascoltato la conversazione?

– Sì. La signora Vail mi aveva incaricata di trascriverla, cosa che ho fatto.

– Allora conoscete la stenografia?

– Naturalmente.

– Siete diplomata?

– Sì

– Scrivete a macchina con due dita, o con quattro? Sorrise. – Con dieci. Avanti, signor Wolfe, non vi pare sciocco tutto questo? Pensate che servirà a riportare il signor Vail a casa sano e salvo?

– No. Ma potrebbe essere utile a me. Sono sicuro che volete stare vicino alla signora Vail, in questo mo mento, e che lei vuoi stare con voi, quindi non vi tratterrò a lungo. Ormai sarebbe inutile chiedervi particolari sulla voce e sul modo di esprimersi dell’uomo; anche se mi forniste qualche nuovo elemento, sarebbe troppo tardi. L’annuncio è già in via di pubblicazione. Vi prego di permettere al signor Goodwin di prender vi le impronte digitali. Archie?

Dinah spalancò gli occhi. – Le impronte digitali? E perché?

– Non per far tornare il signor Vail sano e salvo. Potrebbero essere utili in seguito. Esiste una lontana possibilità che il signor Knapp, o un complico, abbiano lasciato inavvertitamente un’impronta sulla lettera. Vi risulta che l’abbia toccata qualcun altro, oltre a voi e alla signora Vail?

– No.

– Allora l’abbiamo toccata in quattro: voi, la signora Vail, il signor Goodwin e io. Il signor Goodwin è un esperto, in fatto di impronte. Anche se il signor Vail dovesse tornare sano e salvo, sarei lieto di appurare se sulla lettera esistono altre impronte, oltre alle nostre. Avete obiezioni?

– No, neanche per sogno. Perché dovrei averne?

– Archie?

Avevo aperto il cassetto della scrivania e stavo tirando fuori il necessario: l’inchiostro, il cuscinetto e la carta. Ormai sapevo qual era la congettura che Wolfe aveva tentato di controllare, studiando i tasti della mia macchina da scrivere e la lettera del signor Knapp; di conseguenza, sapevo anche perché dovevo prendere le impronte di Dinah Utley. Non sarebbe stato necessario, quindi, scrivere il nome sul foglio, ma lo feci ugualmente. Dinah si alzò e venne alla scrivania. Cominciai con la destra.

Aveva belle mani, lisce, curate, con lunghe dita sottili. Niente anelli. Poi toccò alla sinistra. Quando ebbi preso le impronte del pollice, dell’indice, e del medio, attaccai con l’anulare e il mignolo. A quel punto chiesi con voce volutamente distratta: – Che cosa vi siete fatta? Una scottatura?

– No, me li sono chiusi in un cassetto.

– Cercherò di andarci piano.

– Non vi preoccupate. Non sento quasi più niente. È accaduto parecchi giorni fa.

Feci piano ugualmente. Era inutile farla soffrire, dato che le impronte digitali non ci servivano a niente. Mentre si puliva le dita con il solvente e con un tovagliolino di carta, domandò a Wolfe: – Non potete credere veramente che il rapitore sia tanto stupido da aver lasciato le impronte sulla lettera,.

– Infatti – rispose Wolfe. – Non credo affatto che sia stupido.Potrebbe essere distratto, però. Un’altra cosa, signorina Utley: voglio che vi rendiate conto che per me il fattore più importante di tutto il problema è la salvezza del signor Vail, e che farò di tutto perché questa salvezza venga garantita. Archie, mostratele una copia dell’inserzione.

Frugai nel cassetto della scrivania e finalmente tirai fuori il foglio richiesto. Wolfe aspettò che la ragazza avesse finito di leggerlo, prima di dire: – Apparirà sulla “Gazette” di questo stesso pomeriggio e su altri due giornali domani mattina. Se il rapitore dovesse vederla, e soprattutto se ha sentito parlare di me, l’inserzione potrebbe sortire un certo effetto. Come potete capire, mi impegno pubblicamente a portare a fondo le indagini, nel caso che il rapitore dovesse uccidere il signor Vail. Non importa quanto ci metterò a scovarlo. Un mese, un anno, dieci anni? Una cosa è certa, però: quell’uomo non avrà scampo. Peccato che né voi né io possiamo parlargli, in modo da fargli intendere chiaramente come stanno le cose.

– Già, peccato. – Ancora perfettamente fredda. Mi restituì la copia dell’inserzione. – Può anche darsi, però, che il rapitore non vi consideri pericoloso. – Si voltò per andare, ma dopo qualche passo si fermò e voltò la testa. – Potrebbe addirittura pensare che la polizia è più in gamba di quanto non lo siate voi. – Dopodiché se ne andò. Con un balzo mi portai davanti a lei, la precedetti lungo l’atrio e aprii la porta. Non mi aspettavo né ringraziamenti né saluti.

Infatti, non ne ottenni.

Tornai nello studio, e mi fermai davanti alla scrivania di Wolfe. – E così, la lettera è stata dattiloscritta da quella ragazza.

Lui annuì con un cenno della testa. – Naturalmente questo non...

– Scusatemi, ma parlo io adesso. Quando avete guardato la lettera, la prima cosa che avete notato è che chiunque l’avesse scritta aveva una battuta irregolare. Più tardi, mentre stavo telefonando, l’avete studiata una seconda volta, tenendo d’occhio nel frattempo i tasti della mia macchina, e vi siete reso conto che le lettere battute con un tocco più leggero erano tutte a sinistra della tastiera. All’estrema sinistra, badate bene. A questo punto, non vi è restato che dedurre quanto segue: la persona che aveva battuto la lettera usava tutte e dieci le dita, non solo due o quattro, e che per qualche ragione...

– E che probabilmente...

– Riscusatemi, ma parlo ancora io. E che per qualche ragione, l’anulare e il mignolo della sinistra non avevano battuto sui tasti con la stessa forza delle altre dita. Come avete visto, dopo pranzo, mentre leggevate, ho studiato anch’io la lettera, rapportandola alla tastiera, e allora...

– Non vi ho visto. Leggevo. – Permettetemi di non crederci. Non vi sfugge niente, anche se spesso vi piace fingere di essere distratto. Certo, che mi avete visto. Poi è arrivata la ragazza e mi avete preceduto di nuovo. Dovrei sentirmi un verme. Eravate più lontano di me da lei, eppure vi siete accorto che l’anulare e il mignolo della sua mano sinistra erano leggermente scoloriti e gonfi. Naturalmente, quando mi avete ordinato di prenderle le impronte digitali, me ne sono accorto anch’io. E dimenticate che ho detto che dovrei sentirmi un verme, perché sono stato io a scoprire come e quando si era fatta male a quelle dita. Qualche obiezione?

– No. Comunque, tenete presente che si tratta di una congettura, non di un fatto appurato.

– Non direi. Sono pronto a scommettere, cinquanta contro uno, che non può trattarsi di una coincidenza. Una ragazza, ottima dattilografa, si ferisce due dita proprio nei giorni in cui Un’altra persona, dell’identico ambiente, si ferisce le stesse due dita. Neanche per sogno. Comunque, le avete fatto leggere l’inserzione, sottolineandone l’importanza, perché sperate che possa mettersi in contatto con il signor Knapp. Perché l’avete lasciata andare via?

– L’alternativa era evidente – borbottò Wolfe secco. – Se non l’avessi lasciata andare, mi avrebbe creato delle difficoltà. Ne siete convinto?

– Sì. È un tipetto deciso.

– E se il signor Vail è già morto, cosa che potrebbe benissimo darsi, sarebbe stato un errore farle capire che sospettavamo di lei. Se il signor Vail è vivo, ancora peggio. Avremmo potuto irritarla. Trattenerla come ostaggio, basandoci su un semplice sospetto, per quanto giustificato, e comunicare al signor Knapp che eravamo disposti a fare uno scambio con il signor Vail, poi sarebbe stato un ottimo colpo, ma come avremmo fatto a metterci in contatto con il signor Knapp? È troppo tardi per far pubblicare Un’altra inserzione sui giornali. Avete qualche suggerimento?

– Sì. Vado dalla signora Vail con una scusa qualsiasi, e faccio in modo di scrivere qualcosa sulla macchina usata da Dinah. Può anche darsi che l’oggetto incriminato sia da qualche altra parte, ma se il campione che porterò qui corrisponderà alla lettera minatoria, almeno questo lato della faccenda sarà chiarito.

Scosse il capo. – No. Siete ingegnoso, a volte perfino troppo, ma per quanto possiate agire con astuzia, la signorina Utley sospetterebbe ugualmente qualcosa. Inoltre, tanto per ripetere una sua domanda, pensate forse che tutto questo servirebbe a riportare a casa il signor Vail sano e salvo? No! – Guardò l’orologio. Di lì a dieci minuti sarebbe partito per il suo incontro pomeridiano con le orchidee. Aveva giusto il tempo per leggere un paio di pagine. Allungò la mano, prese il libro e lo aprì.

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