17.

 

 

Chen terminò la prima stesura della traduzione. Si stupì della propria velocità, per quanto il lavoro non fosse certo ultimato: prima di presentarlo avrebbe dovuto dedicargli altro tempo per rifinirlo e rivederlo.

Era stata una giornata proficua anche per l'indagine. Certo, la confessione di Wan era a dir poco sorprendente, ma sembrava comunque una soluzione plausibile e anche accettabile.

Tuttavia, Yu era ancora talmente dubbioso che Chen non provò neppure a confidargli le proprie riflessioni. Nell'atto della scrittura creativa, indipendentemente dalla sua eventuale pubblicazione, ci sono moltissime cose che agli occhi di un estraneo possono sembrare inspiegabili, e che hanno un senso soltanto per l'autore.

Alla fine degli anni Ottanta Chen aveva pubblicato libri di poesie che avevano suscitato interesse nei circoli letterari, ma improvvisamente, senza che nessuno avesse capito il motivo, iniziò a tradurre libri gialli. E tutto - o almeno in parte, a quanto ricordava lui - per colpa di un'anatra pechinese arrosto. Perché quel piatto costava più dei soldi che aveva in tasca alla fine di una cena meravigliosa, in compagnia di un'amica che apprezzò così tanto le sue poesie da ghermire il conto con le sue dita affusolate. Fu un'umiliante lezione sul denaro - il quale, come poi scoprì tramite la stessa amica, arrivava molto più rapidamente dalle traduzioni di gialli che dalle poesie. Ma qualche anno dopo, quando un'altra amica pubblicò un'intervista su di lui sul «Giornale di Wenhui», lei sostenne che traduceva per «ampliare gli orizzonti della sua competenza professionale».

Per cui, quelle misteriose abbreviazioni ai margini del manoscritto di Yang potevano voler dire qualunque cosa; per quel che ne sapeva Chen, C poteva stare per "cavoli". La qualità diseguale della scrittura di Yin notata da Peiqin poteva essere soltanto un altro dei misteri di una mente creativa. Chen non aveva mai scritto romanzi, ma immaginava che sulla misura lunga uno scrittore potesse anche non essere in grado di mantenere la stessa intensità indispensabile in una breve poesia. Chen non riusciva a spiegare perché a volte componeva una poesia sciatta dopo averne scritta una decente.

Quindi tutte queste ipotesi, compresa la propria teoria sull'assassino che si era nascosto per paura di essere riconosciuto, non erano altro che congetture prive di sostanza e in ultima analisi irrilevanti, visto che Wan aveva confessato di aver commesso il delitto. Per qualcun altro il suo movente poteva essere incomprensibile; ma era sufficiente che avesse senso per lui.

Chen aveva capito che fondamentalmente ci sono delle cose che un uomo può fare e altre che non può fare. E ciò poteva anche valere per il lavoro di poliziotto, e in particolare per quell'indagine.

Prese in considerazione l'idea di prendersi una pausa, quel pomeriggio, assieme a Nuvola Bianca. Poteva essere l'occasione per scoprire qualche altra cosa su Gu e sul progetto del New World.

Suggerì una cena in un locale di karaoke, diverso dal Dynasty, anche per dimostrarle che era sincero quando le aveva detto di apprezzare il suo modo di cantare. Sperò che Nuvola Bianca non dicesse di no a un invito del genere.

E la ragazza accettò, però suggerì un bar di lusso, il Ritorno dei Tempi d'Oro.

«È in via Henshan. Un locale di tendenza.»

«Magnifico» disse lui.

Forse non le andava di rievocare la sua professione di ragazza k. Quel nome però gli piacque: sottintendeva un'atmosfera nostalgica, come quella del New World.

Per andare al Ritorno dei Tempi d'Oro presero un taxi. Era un bar elegante, in una grande magione vittoriana che negli anni Trenta doveva essere stata una residenza privata. Molti personaggi famosi avevano abitato in case di stile europeo come quella.

Scelsero un tavolo vicino a un'alta porta-finestra che dava su un giardino ben curato, appena visibile alla luce del crepuscolo. Il locale, secondo Nuvola Bianca, era rinomato per la sua classica eleganza. Non riuscì a ricordare il nome dell'antica proprietaria della casa. «Era una celebre cortigiana che diventò la concubina di un pezzo grosso della Triade, che le comprò la casa.» Altro Nuvola Bianca non fu in grado di ricordare.

All'interno l'ambiente era un po' buio, illuminato appena dalle candele. Dopo un paio di minuti riuscì a distinguere un telefono nero di foggia antica, un grammofono con un altoparlante a forma di tromba su un tavolo d'angolo, una macchina da scrivere Underwood in un altro angolo e un pianoforte a coda con i tasti d'avorio: il tutto contribuiva a creare un'atmosfera d'epoca, così come i pannelli di legno di quercia scura, i quadri e i manifesti d'epoca sul muro e i garofani in un vaso di vetro molato, sistemato sulla mensola del camino.

«Forse avremmo dovuto venire di pomeriggio presto, con un clima più caldo, quando la luce è migliore» commentò lui. «Così avresti potuto apprezzare meglio i dettagli d'epoca. E l'illusione sarebbe stata ancora più intensa e convincente.»

Comunque, tutta l'ambientazione era stata allestita con abilità. Era come se la vita della città fosse proseguita ininterrotta dagli anni Trenta. Tutto il periodo comunista di Mao gli parve cancellato dal tovagliolino rosa in mano alla giovane cameriera, che indossava un qi scarlatto con profondi spacchi, attraverso i quali si intravedeva lampeggiare il bianco delle cosce. 

L'unica differenza rispetto alla scena di un vecchio film erano i clienti, che quella sera erano cinesi. Poi arrivò una coppia straniera di mezza età; i due si guardarono attorno e si diressero verso un tavolo d'angolo. La donna indossava un giaccone di cotone imbottito in stile cinese, con i bottoni ricamati. Era l'unica coppia occidentale presente, ma nessuno vi prestò attenzione più di tanto.

Dopo aver studiato il menu bilingue alla luce della candela, Chen ordinò un caffè e Nuvola Bianca un tè nero. Lei si fece portare anche una scodella di popcorn. Era ancora troppo presto per la cena. Chen non aveva fretta di decidere se mangiare lì o meno, anche perché nella zona c'erano parecchi eccellenti ristoranti cinesi. L'ispettore non si aspettava una cena in stile occidentale. D'altronde Nuvola Bianca era molto attenta alle ultime tendenze, e lui temeva di non fare la scelta giusta.

Con sua grande sorpresa il tè nero arrivò in un bicchiere alto assieme a una bustina della Lipton. I popcorn erano troppo dolci, e duri come gomma. Il caffè era buono, ma niente di che. Non fece obiezioni a proposito della bustina, solo che non gli sembrava autentico come un tè servito alla maniera cinese. E così cercò di ironizzare su quelle sue eccentricità antiquate. Questo era un moderno bar occidentale, non una sala da tè cinese tradizionale, e provava nostalgia per la sensazione delle tenere foglioline di tè sulla lingua. Bevve un altro sorso del caffè tiepido. 

«Gli americani mangiano popcorn quando se la spassano» disse lei riempiendosene la bocca con una manciata.

«Ho sentito che li mangiano quando sono al cinema» replicò Chen.

A sorprenderlo non era la bassa qualità del cibo che avevano ordinato, ma il fatto che nonostante ciò la gente ne fosse soddisfatta. Era come se l'atmosfera in sé potesse compensare qualsiasi altra carenza. Per la prima volta ebbe la sensazione che a Shanghai il progetto del New World avrebbe potuto funzionare. Indipendentemente dal fatto che i clienti del bar rappresentassero proprio quella classe media che aveva in mente Gu, il popolo cinese voleva scoprire nuovi modi di godersi la vita, «ad alto valore aggiunto», come recitava una frase letta nel testo di introduzione al marketing.

E a proposito di valore aggiunto, si chiese chi sarebbe stato in grado di definirlo. Dipendeva dai gusti individuali. Per esempio, la passione per i "piedi a forma di loto dorato" che per secoli aveva furoreggiato in Cina era una questione di moda. Nell'immaginazione di certi uomini i piedi deformati e avvolti nelle bende bianche si trasformavano in fiori di loto che sbocciavano nell'oscurità della notte. Se le persone decidevano di cercare i valori, in un modo o nell'altro li avrebbero trovati. Chen scarabocchiò alcune parole su un tovagliolino di carta, parole che probabilmente gli sarebbero servite per una poesia.

«A cosa sta pensando?»

«Prendevo solo appunti. Se non scrivo le idee che mi vengono, il giorno dopo va a finire che me le dimentico.»

«Mi parli del suo lavoro in polizia, ispettore capo Chen.» Nuvola Bianca sollevò la bustina del tè tenendola per l'etichetta di carta e poi la immerse fino a farle toccare il fondo nel bicchiere di vetro.

«L'agente Yu si sta occupando di un caso speciale che recentemente è stato assegnato alla mia squadra. Io sono in ferie, ma tutti i giorni discutiamo dei nuovi sviluppi.»

«Non intendo soltanto riguardo questa settimana.»

«Vale a dire?»

«Come ha fatto uno come lei a diventare poliziotto? Un fine studioso, un bravo traduttore, un poeta di prim'ordine, e che oltretutto sta svolgendo anche un grosso lavoro investigativo.»

«Nuvola Bianca, tu mi lusinghi. Io sono soltanto un poliziotto. Non sempre si può scegliere ciò che si vuol fare, non credi?»

Non intendeva quelle parole come un'allusione al suo lavoro nel locale di karaoke. Si pentì di aver parlato a quel modo. Ma quella domanda gliel'avevano fatta troppe volte, e la risposta gli era uscita quasi automaticamente.

La ragazza rimase in silenzio.

Allora Chen provò a dirottare il discorso su un argomento che gli stava più a cuore. «Forse la stessa cosa vale anche per il signor Gu. Quando era bambino probabilmente non pensava che crescendo sarebbe diventato un uomo d'affari milionario.»

Chen constatò deluso che la ragazza non sapeva molte cose su Gu. Tra di loro c'era soltanto un rapporto di affari, ma secondo lei come datore di lavoro non era male: non approfittava delle ragazze e non era taccagno, perlomeno non con lei. Per quel che riguardava gli agganci di Gu con il mondo delle Triadi, disse che non c'era niente di strano: un uomo d'affari aveva bisogno di protezione.

«Gu deve pur bruciare un po' d'incenso, cioè bruciare il suo denaro per gli dei della Triade, e lui è bravo in quel che fa. Adesso ha agganci quasi dappertutto, sia nel mondo legale che in quello illegale.» E aggiunse, con un sorriso malizioso: «Agganci con persone potenti come lei...»

Non era spiacevole sentirsi definire da lei come «potente», ma la interruppe. «Ma io non c'entro nulla. Però ti è mai capitato di incontrare qualcuno di veramente potente?»

«Sì, in un paio d'occasioni, e c'erano anche parecchie importanti figure del governo della città. Uno veniva anche da Pechino. Li ho riconosciuti dalle fotografie sui giornali. Vuole sapere i loro nomi? Posso scoprirlo.»

«Non importa, Nuvola Bianca.»

Una melodia vivace iniziò a diffondersi per il bar. Chen si guardò in giro ma non vide televisori per il karaoke. Poi si rammentò che negli anni Trenta il karaoke non esisteva.

«Mi spiace, ma oggi niente karaoke.»

«Be', non è che ami particolarmente cantare, ispettore capo Chen.»

Questa non se l'era aspettata. Forse anche Nuvola Bianca la pensava come lui, che preferiva non parlare del lavoro al di fuori della polizia.

Arrivò di nuovo la cameriera. Lui ordinò un bicchiere di vino bianco, e lei uno scotch doppio con ghiaccio.

Iniziò un'altra canzone. Era una vecchia melodia, ma snaturava l'effetto d'epoca: la cantante era una popstar americana che cantava una versione contemporanea. Tuttavia Nuvola Bianca l'apprezzò molto. Era rapita, e si teneva il viso tra le mani.

Qualcosa di morbido gli toccò il piede sotto il tavolo. Si era tolta le scarpe, e scandiva il ritmo con i piedi nudi, strusciandoli contro i suoi, incantata. Forse.

Stando seduti a un tavolo, a distanza così ravvicinata, Chen si rese conto della loro differenza d'età. E anche di tutte le altre differenze. Praticamente appartenevano a due diverse generazioni.

Per uno come lui, che aveva frequentato le scuole elementari negli anni Sessanta, un bar o un caffè rappresentavano la decadenza borghese, biasimata in tutti i libri di testo ufficiali. Chen forse era un'eccezione, perché aveva studiato l'inglese. Tuttavia, quando entrava in un bar era innanzitutto per bere una tazza di buon caffè, e occasionalmente, se aveva tempo, per trascorrere un paio d'ore a leggere un libro.

Nuvola Bianca, invece, non aveva studiato sui suoi libri di testo. Forse un locale come il Ritorno dei Tempi d'Oro simboleggiava un gusto raffinato, di un gradino superiore a quello della gente comune che beveva il tè con le foglioline nella tazza, incarnava la sensazione di far parte di un'élite sociale. Che apprezzasse veramente il sapore del tè con il filtro della Lipton o meno, non aveva grande importanza.

Una coppia di persone anziane si alzò dal tavolo. La musica era adatta per ballare. Iniziarono lentamente a muovere qualche passo nello spazio davanti al pianoforte a coda, una pista di legno grande abbastanza per contenere dieci o quindici persone. Chen si accorse che Nuvola Bianca lo guardava con uno sguardo carico di aspettativa. Stava per allungare il braccio quando lei gli toccò la mano, titubante. Aveva letto che il ballo poteva essere una scusa per tenere tra le braccia qualcuno che altrimenti sarebbe stato impossibile o sconveniente avvicinare a quel modo.

Perché no? Per una sera poteva essere divertente fare il signor Dollaroni con una ragazza, una piccola segretaria, e accarezzarle la mano sul tavolo. Non doveva essere l'ispettore capo Chen, l'uomo di Partito "politicamente corretto", a ogni ora del giorno. D'altra parte lui non era certo uno che se la passava male: aveva una posizione di potere, e aveva ricevuto un generoso anticipo per un progetto commerciale.

Tuttavia, non era proprio destino che quella fosse la serata dell'ispettore capo Chen al Ritorno dei Tempi d'Oro.

Suonò il cellulare. Era Zhuang, il professore incaricato con cui aveva parlato Nuvola Bianca. Chen gli aveva lasciato diversi messaggi, e adesso finalmente l'aveva richiamato.

«Sono contento che mi abbia telefonato» disse Chen. «Ho giusto una domanda per lei. Durante la sua conversazione con Nuvola Bianca a proposito di Yang, lei ha parlato del dottor Zivago. Yang stava leggendo il romanzo, oppure stava scrivendo un romanzo come quello, o magari scriveva poesie come il dottor Zivago?»

«Ho detto questo?»

«Certo che sì. Le parole esatte erano "leggeva e scriveva, assomigliava un po' al dottor Zivago, credo." Compagno Zhuang, non si preoccupi. Il caso non ha nulla a che vedere con lei, ma le sue informazioni possono aiutare il nostro lavoro.»

All'altro capo del telefono ci fu un breve silenzio.

Un giovanotto si avvicinò al loro tavolo e tese la mano verso Nuvola Bianca a mo' di invito. Lei scoccò un sorriso di scuse a Chen, che annuì per incoraggiarla. Zhuang proseguì con voce più sommessa. «Adesso che sia Yang che Yin sono morti, non credo che qualcuno possa passare dei guai.»

«No, certo, nessuno. La prego, mi dica.»

Ci fu un altro breve attimo di silenzio.

Chen sorseggiò il vino. Vicino al loro tavolo, Nuvola Bianca iniziò a muoversi aggraziata assieme al giovanotto, davanti al pianoforte. Una coppia perfetta: giovani, energici, ma forse ballavano con un ritmo troppo accentuato per un locale come quello.

Zhuang disse: «Conobbi Yang all'inizio degli anni Sessanta, durante il cosiddetto "movimento per l'istruzione socialista", non so se ha presente, appena prima della Rivoluzione Culturale. Le autorità scolastiche assegnarono sia Yang che me allo stesso gruppo di studio. All'epoca non avevamo fidanzate, ed entrambi eravamo sulla lista dei casi speciali destinati al lavaggio del cervello, sicché ci misero a dormire in isolamento temporaneo in una stanza destinata all'Istruzione intensiva". Yang diceva che non dormiva bene, ma una notte scoprii che sotto la trapunta scriveva cose su un taccuino. In inglese. Gli chiesi di cosa si trattasse. Lui mi disse che era la storia di un intellettuale, qualcosa di simile al Dottor Zivago.» 

«Lei vide quello che stava scrivendo?»

«Io non so l'inglese. E non avevo alcuna intenzione di leggerlo.»

«E perché, compagno Zhuang?»

«Yang disse che era la storia di un intellettuale, e che anche lui era un intellettuale. E quello fu tutto. Se le autorità scolastiche avessero indagato sulla faccenda, io potevo sostenere che si trattava del suo diario, o che perlomeno pensavo che lo fosse. Scrivere un diario non era un crimine, ma se io avessi letto il taccuino, e avessi visto che si trattava di un romanzo, il fatto stesso di non aver comunicato quell'informazione alle autorità avrebbe fatto di me un controrivoluzionario.»

«Sì, capisco: non ha voluto finire nei guai, e neppure che ci finisse lui. Yang le disse mai qualcos'altro?»

«È stato molto ingenuo a raccontarmi che stava scrivendo una storia. Fortunatamente io non avevo idea di chi o cosa fosse il dottor Zivago, forse un medico che Yang conosceva personalmente. "Zivago" suonava come un nome cinese. La traduzione in cinese non venne pubblicata fino alla metà degli anni Ottanta. E fu bollato, come lei saprà, come un attacco alla grande rivoluzione sovietica. In quegli anni un libro che vinceva il premio Nobel doveva essere controrivoluzionario.» 

«Lo so. Si dà il caso che conosca qualcuno che è andato in prigione, per colpa di una copia del Dottor Zivago. Lei è stato fortunato a non venire coinvolto» disse Chen. «Ha mai più parlato con Yang?» 

«No. Di lì a poco scoppiò la Rivoluzione Culturale. Eravamo tutti come idoli buddisti di creta, finiti in pezzi alla deriva in un fiume, e troppo disintegrati per preoccuparci anche degli altri. Per il cosiddetto crimine di aver ascoltato "The Voice of America" mi sbatterono in galera. Quando uscii, lui era già alla scuola di Partito. E là è morto.»

«Sa se ha continuato a scrivere durante la Rivoluzione Culturale?»

«No, ma ne dubito. È difficile immaginare qualcuno come lui che in quegli anni abbia scritto in inglese.»

«Be', Yang aveva avuto il permesso di tenere libri in inglese per via di una certa parola - scoreggia, se ben ricordo - nella traduzione di una poesia del Presidente Mao.»

«Ah, sì, l'avevo sentito.»

«Crede che ci sia stato qualcun altro che sapeva di questo manoscritto?»

«No, non credo. Se l'avesse detto a qualcuno per lui sarebbe stato un suicidio» disse Zhuang. «All'infuori di Yin, naturalmente.»

Quando terminò con Zhuang, Chen scribacchiò qualcos'altro su un altro tovagliolino. Per la cena aveva deciso: non c'era motivo di andare in un altro ristorante. Poteva starsene lì a pensare per i fatti suoi. E se Nuvola Bianca ballava standosene quasi sempre lontana dal tavolo, tanto di guadagnato.

Le abbreviazioni sul manoscritto delle traduzioni delle poesie cominciavano ad avere un senso. Se si trattava di un romanzo, come pensava Zhuang, quelle C potevano riferirsi ai "chapters", ai capitoli. Forse nel suo romanzo Yang aveva usato delle poesie e le aveva inserite in diversi passaggi del testo, un po' come nel Dottor Zivago. Quindi anche l'ipotesi di Peiqin sul plagio era plausibile. Le parti del romanzo di Yin che sembravano troppo ben scritte... Ma dov'era il manoscritto di questo romanzo? Chen non era nemmeno sicuro che fosse mai esistito veramente. 

Spesso Chen annotava i suoi pensieri su un taccuino, su un foglio di carta, o magari su un tovagliolino come quella sera, ma poi, per una ragione o per l'altra, non riusciva a sviluppare queste idee, e ciò che scriveva rimaneva in forma frammentaria.

Quindi anche Yang poteva aver annotato qualche idea in una notte insonne ai tempi del movimento per l'istruzione socialista, quando si trovava in quella stanza del dormitorio assieme a Zhuang. Comunque, Chen scrisse qualche altra parola sul tovagliolino e se lo mise in tasca. Poi alzò gli occhi. Nuvola Bianca sembrava spassarsela un mondo, al Ritorno dei Tempi d'Oro, si trovava a suo agio come un pesce nell'acqua. Nonostante quella nuova cultura della nostalgia non lo attirasse più di tanto, trovava assai piacevole trascorrere una serata in un posto così di tendenza, in compagnia di una ragazza carina. Lei era molto richiesta tra i giovanotti presenti, e i ripetuti balli le avevano fatto arrossare il viso. Continuavano a venire al loro tavolo come mosche attirate dallo sciroppo.

Chen si astenne dal ballare con Nuvola Bianca, e con un pizzico di autoironia si scoprì vagamente geloso. Era ovvio che una ragazza preferisse compagni di ballo della propria età; un boss temporaneo, per lei, era soltanto un lavoro.

Pensò ai versi di Yan Jidao, un poeta dell'undicesimo secolo:

 

Ero felicissima di bere assieme a te,

ballando incurante delle mie guance arrossate,

mentre la luna affondava

tra i salici, cantando

fino a quando non ero troppo stanca

persino per agitare un ventaglio che dispiega

un fiore di pesco.

 

Il punto di vista della poesia era espresso da una ragazza come Nuvola Bianca; poi pensò a un altro verso, di un poeta americano, che già aveva tradotto a mente: Non credo che canterà per me. 

Mentre Nuvola Bianca tornava al tavolo si fece portare il menu dalla cameriera. Non era un grande esperto di cucina occidentale, ma una bistecca ben cotta era qualcosa che non poteva certo ordinare in un ristorante cinese. Come antipasto lei prese delle cozze, poi dell'anatra francese arrosto. Chen cercò di incoraggiarla a scegliere i piatti più costosi, come caviale e champagne. Le persone agli altri tavoli facevano così, e lui si sentì in obbligo di fare altrettanto.

Ma lei lo sorprese ordinando una bottiglia di Dynasty, un vino di Tianjin decisamente a buon mercato. «Il Dynasty va bene. Non c'è bisogno di ordinare whisky invecchiati o champagne» disse lei mettendo da parte la lista dei vini.

La bistecca era tenera. La cameriera insistette che era di vero bue americano. Chen non sapeva quale fosse la differenza, tranne che per il prezzo. Le cozze avevano un'aria squisita, e alla luce della candela apparivano dorate: il mollusco era stato tirato fuori dal guscio, mescolato a formaggio e spezie e poi rimesso dentro. Nuvola Bianca le mangiò con la forchetta senza problemi.

«Buonissime» esclamò lei, prendendone un'altra e avvicinandogli la forchetta alla bocca per fargliela assaggiare.

Ma decisamente quella non era proprio la serata giusta, perché il cellulare di Chen ricominciò a trillare. Questa volta era Yu, che lo informava sugli ultimi sviluppi dell'indagine. Chen sorrise a Nuvola Bianca con aria di scuse.

«Ho appena ricevuto un nuovo rapporto dal dottor Xia. Nessuna delle impronte digitali rilevate nella stanza coincide con quelle di Wan. Il che mette ulteriormente in dubbio la sua confessione. Se non altro abbiamo la conferma che quando ci ha detto di aver rovistato nei cassetti ha raccontato una frottola.» 

«Sì, è un punto importante.»

«Ho cercato di discuterne con il segretario di Partito Li, ma lui ha detto che Wan potrebbe anche non ricordarsi tutto quello che ha fatto mentre commetteva un omicidio in un momento di rabbia. Visto che poi tutti hanno parlato di cassetti svuotati, anche Wan ha fatto la stessa cosa.»

«No, il segretario di Partito Li non può passarci sopra a questo modo.»

«Assolutamente no» disse Yu con un tono di voce sempre più frustrato. «Ma quando io l'ho incalzato, Li ha perso le staffe, e ha gridato: "Questo è un caso di enorme significato politico. Qualcuno ha già confessato, ma lei vuole continuare l'inchiesta all'infinito. E per cosa, compagno agente Yu?"»

«A Li interessa soltanto la politica.» Di solito era Chen che doveva avere a che fare con Li per i "casi politicamente significativi", e capiva benissimo la frustrazione di Yu.

«Se le considerazioni politiche hanno la precedenza su qualsiasi altra cosa, a che serve fare il poliziotto?» chiese Yu. «Capo, dove si trova? Mi pare di sentire della musica in sottofondo.»

«Sono con una collaboratrice, stiamo discutendo della mia traduzione.» In un certo senso era vero, pensò Chen. Si sentiva turbato, non per la domanda in sé, ma a causa di essa. «Non preoccuparti, agente Yu. Dimmi pure.»

Nuvola Bianca gli versò ancora del vino nel bicchiere, in silenzio.

«Poi, dopo il colloquio con il segretario di Partito Li, indovini un po' chi incontro proprio davanti alla centrale? Li Dong.»

«Ah, Li Dong.» Aveva lavorato nella squadra dei casi speciali, ma poi si era congedato dalla polizia per aprire un negozio di frutta privato. «E come sta?»

«Li Dong ha trasformato il suo negozio in una catena che fornisce frutta all'aeroporto e alla stazione ferroviaria di Shanghai. Ha sfruttato gli agganci che aveva nella polizia. E parla come se fosse un'altra persona. "Al giorno d'oggi, l'incasso di un mese dall'aeroporto è più di quanto prendevo in un anno in polizia. Compagno agente Yu, lavori ancora lì? E per che cosa?"»

«Che farabutto. Adesso che ha un po' di soldi, parla da riccone. Come può essere cambiato in questo modo? Se n'è andato dalla polizia un anno fa.»

Ma Chen sapeva che non era quella la risposta che andava cercando il suo subalterno. A quale scopo Yu stava lavorando così sodo? La risposta ufficiale era che il popolo lavorava per la sacra causa del comunismo. Certe volte c'era anche scritto sui giornali di Partito, ma tutti sapevano che si trattava di una barzelletta.

Anche l'ispettore capo Chen lavorava duramente, ma se non altro, poteva dire che lavorava per la propria posizione, per i privilegi che essa gli garantiva: l'appartamento, l'auto di servizio, le varie gratifiche - compreso quel progetto lautamente pagato dal signor Gu. Anche quello proveniva dalla sua posizione, non c'era dubbio.

In termini di darwinismo sociale, ciò che stava accadendo non era affatto sorprendente. In qualunque sistema sociale i più forti detengono il potere, che si tratti degli amministratori delegati capitalisti o dei dirigenti del Partito Comunista. In realtà aveva letto per la prima volta di questo argomento in Martin Eden, un romanzo americano tradotto da Yang. 

«La bistecca si raffredda» sussurrò Nuvola Bianca mentre gliene tagliava un pezzetto con il suo coltello per darglielo da mangiare.

La fermò con un cenno della mano.

Poteva anche dire che lui lavorava per una serata come quella, con una piccola segretaria al suo servizio.

«Yu, dove ti trovi?»

«A casa.»

«Ti richiamo tra cinque minuti.»

Quel mese la bolletta del telefono cellulare sarebbe stata astronomica. Il distretto di polizia gliel'avrebbe pagata, ma Chen non aveva più voglia di vedere le sopracciglia del contabile che si inarcavano, né di parlare più del dovuto al cospetto di Nuvola Bianca.

Aveva notato che il vecchio telefono all'angolo era ancora funzionante. Era l'apparecchio a pagamento del bar. La maggior parte dei clienti di quel locale possedeva il cellulare, e non si sarebbe mai sognata di usare quello.

Chen prese la cornetta e compose il numero di Yu.

«Ho riflettuto un po' sull'indagine» ricominciò Chen. La qualità della ricezione era ancora buona, nonostante l'usura del tempo. «In una shikumen come quella, con tutte le cianfrusaglie e i mobili sparpagliati in giro, una persona non avrebbe avuto troppe difficoltà a nascondersi aspettando l'occasione per sgattaiolare fuori, specialmente se la Donna dei Gamberetti si fosse temporaneamente assentata. Ma poi mi è venuta spontanea questa domanda: per quale motivo l'assassino avrebbe dovuto nascondersi, se era un estraneo?» 

«Bella domanda» disse Yu.

«Può essere che non temesse tanto di essere visto, quanto piuttosto di essere riconosciuto. Tenendo presente questo, ho chiamato l'ufficio archivi. Ho chiesto di controllare tutti i parenti di Yin, in particolar modo un certo nipote. Ma mi hanno detto le stesse cose che mi avevi riferito tu.» 

«Yin avrebbe potuto conoscere un ragazzo che lei chiamava "nipote", ma che non necessariamente doveva essere un suo famigliare.»

«Sì, è possibile. Ma avrebbe ospitato in casa propria per una settimana qualcuno che non era neppure suo parente?» chiese Chen. «Poi c'è la teoria di Peiqin. Adesso che mi sono letto qualche capitolo del romanzo, mi trovo d'accordo con lei: c'è la possibilità che abbia plagiato il lavoro di qualcun altro.»

«Peiqin legge troppo. Forse usa Yang come pietra di paragone per ogni libro» disse Yu. «Comunque non vedo proprio come possa avere a che fare con la nostra inchiesta.»

«Ho la sensazione che un collegamento ci sia. Tra parentesi, questa sera mi ha telefonato un ex collega di Yang. Secondo lui stava scrivendo un romanzo, prima di morire» disse lentamente Chen, con la sensazione che qualcosa gli stesse sfuggendo.

Chen notò che Nuvola Bianca aveva terminato un altro ballo ed era tornata al tavolo. La canzone era finita.

«Quindi Yang aveva scritto un romanzo?»

«Con certezza non lo sappiamo. Forse non l'aveva terminato» disse Chen, «però qualche capitolo potrebbe esserci. Comunque non abbiamo trovato manoscritti con un romanzo, neppure qualche pagina. Abbiamo soltanto quello delle poesie tradotte in inglese.»

«Esatto.»

«E infine, non riesco a capire per quale motivo la sicurezza interna non ci ha detto che Yin aveva richiesto il passaporto. Per quello che aveva scritto? Oppure per quel viaggio negli Stati Uniti? E poi, perché tenerci così all'oscuro di tutto?»

«Possiamo anche lavorare su queste piste, ma ne abbiamo il tempo, ispettore capo Chen? Il segretario di Partito Li ha indetto una conferenza stampa per l'inizio della settimana prossima. Come possiamo essere sicuri di trovare le risposte giuste in così pochi giorni?»

«Devo riuscire a prendere tempo. Yu, il caso è tuo, ma appartiene anche a tutta la squadra» disse Chen. «Tuttavia sarà difficile riuscire a bloccare Li, se abbiamo in mano soltanto le incongruenze della confessione di Wan. Per uno come Li, Wan è l'ideale, ma non necessariamente il colpevole deve essere Wan. L'assassino può essere chiunque, purché la soluzione sia rapida.» 

«Sì, dobbiamo fare qualche progresso. Se arrestiamo il vero colpevole non dobbiamo preoccuparci di Wan del segretario di Partito Li.» 

Chen riattaccò e tornò al suo tavolo.

«Nuvola Bianca, mi dispiace» disse, «a quanto pare non si riesce a stare un po' tranquilli.»

«Un uomo importante come lei non può certo sperare di trascorrere una serata tranquilla, però guardi che non c'è problema. Ho apprezzato molto il suo invito a uscire.»

«Il piacere è tutto mio. A parte le interruzioni, ho gradito molto la serata, e la tua compagnia.» Poi disse, voltandosi verso la cameriera che si stava avvicinando: «Un altro scotch doppio per la signorina.»

Non sapeva se fosse la scelta giusta per il dopo cena, però era quello che la ragazza aveva ordinato prima, e sulla lista dei vini sembrava costoso.

Era tardi. La gente iniziava ad andarsene, ma il locale si riempiva comunque di altri clienti. Apparve una nuova coppia di cameriere, forse quelle del nuovo turno. La notte era ancora giovane, li.

Nella mitologia degli anni Trenta, Shanghai veniva chiamata la Città senza Notte, dei neon rossi e del vino bianco, del denaro e dell'oro che sfavillavano inebrianti.

Quando disse a Nuvola Bianca che l'avrebbe riportata a casa in taxi, lei lo guardò per un attimo e gli rispose con voce bassa e rauca. Forse aveva bevuto troppo vino. «È troppo lontano da qui. Non possiamo tornare a casa sua? Tanto domani mattina devo venire comunque da lei. Posso dormire sul divano.»

«Nuvola Bianca, non ti preoccupare per i soldi del taxi» disse lui frettolosamente. «Mi rimborsa la centrale.»

Era fuori questione: non poteva rimanere da lui per la notte. Le braccia del comitato di quartiere non arrivavano fino ai nuovi condomini come il suo, ma la gente aveva comunque occhi per vedere. Le storie si diffondevano su e giù per l'ascensore, oltre che per le scale. L'ispettore capo Chen non poteva permettersi che circolassero sul suo conto certi pettegolezzi.

D'altra parte non si considerava certo come Liu Xiahui, un leggendario personaggio confuciano che pur avendo seduta in grembo una ragazza nuda era riuscito a trattenersi. Chen dubitava di riuscire a imitare Liu Xiahui con una piccola segretaria nel divano di casa.

Il tragitto fu lungo. Lei non parlò molto. Si chiese se Nuvola Bianca fosse dispiaciuta o addirittura delusa da quel rifiuto. A un certo punto, sul sedile posteriore del taxi, lei gli si appoggiò contro, come se fosse un po' ubriaca, ma poi si raddrizzò subito.

Fece accostare il taxi all'angolo della strada. «Stanno riaggiustando la via. Posso tornare a casa a piedi. Ci vogliono un paio di minuti.»

«Permettimi di accompagnarti. È tardi» disse Chen prima di rivolgersi al tassista. «Mi aspetti qui.»

Nonostante l'ora tarda, all'angolo bighellonavano ancora parecchi ragazzi, con le sigarette accese che brillavano tra le dita come lucciole. Uno addirittura si mise a fischiare, quando gli passarono davanti immersi nel freddo della notte. Imboccarono un lungo vicolo buio. In origine doveva essere stato un corridoio di passaggio tra due caseggiati, ma su entrambi i lati la gente aveva costruito baracche o tettoie provvisorie. Il governo cittadino non aveva fatto nulla, d'altra parte quella gente doveva pur avere un tetto sotto cui ripararsi. Quindi lo spazio si era ulteriormente ridotto, e adesso due persone affiancate ci passavano a malapena. La seguì in silenzio, zigzagando tra le stufe a carbone e le pile di cavoli conservati all'aperto. Che contrasto stridente con il Ritorno dei Tempi d'Oro.

Non a caso Nuvola Bianca studiava all'università Fudan e contemporaneamente lavorava sodo al Dynasty Club. Doveva farsi una vita diversa da quella dei suoi genitori, a qualunque costo.

Era facile dire che la povertà non poteva essere una scusa per ciò che la gente sceglieva di fare delle proprie vite. Non era semplice, per una ragazza, seguire le direttive del Partito e vivere un'esistenza frugale e all'insegna del duro lavoro.

Tant'è vero che pochissimi dirigenti di Partito, a quel che ne sapeva Chen, si uniformavano a quei principi.

La lasciò davanti a una baracca cadente e tornò verso il taxi. Un minuto dopo si voltò e la vide ancora davanti alla porta. Il tugurio aveva un'aria davvero misera, e il tetto si trovava a pochi centimetri dalla sua testa. Con sorpresa riuscì a distinguere, sistemato sopra i coppi, un piccolo vaso di fiori messo lì come decorazione.

Mentre il taxi usciva dal labirinto dei sobborghi, Chen si sentì addosso una strana sensazione, come se la città si fosse divisa in due metà completamente diverse. La prima città era quella delle vecchie shikumen, dei vicoli stretti e dei bassifondi come quello da cui si stava allontanando, dove la gente faceva ancora fatica a sbarcare il lunario; la seconda, invece, era formata dai locali di tendenza come quelli in via Henshan, dal nuovo condominio di lusso a Hongqiao, e dal futuro New World. 

Quando per la prima volta Gu gli aveva parlato del suo ambizioso progetto, Chen aveva quasi considerato il New World come una specie di mito, ma si sbagliava. Un mito non può sopravvivere se non ha radici nella realtà del presente.

Ma naturalmente esisteva anche una parte nascosta di quel mito, quella delle sofferenze delle persone che ne erano escluse; quella parte familiare all'ispettore capo Chen dai libri che aveva studiato alle scuole elementari. A quei tempi, lo splendore e la gloria erano rappresentati come qualcosa di decadente, di malvagio, realizzato sfruttando la classe lavoratrice. Allora si dava importanza a ciò che stava dietro alle ricchezze, e questo tipo di enfasi aveva giustificato la rivoluzione comunista. E anche a ragione, fino a un certo punto. A essere cambiato era il tipo di enfasi, che adesso veniva destinato alla facciata, allo splendore e alla gloria, un'enfasi che adesso giustificava il rovesciamento della rivoluzione comunista, anche se le autorità di Partito non l'avrebbero mai ammesso.

Chen era confuso. Nei libri di testo la storia era come una serie di palle colorate nelle mani di un giocoliere.

Se non era possibile trovare la verità nei libri di testo, allora dove bisognava guardare?

E lui, cosa poteva fare? Lui era soltanto un poliziotto. Un tempo queste domande lo avevano assillato. Ma aveva rinunciato a trovare una risposta.

Era stato un bravo poliziotto? si chiese l'ispettore capo Chen ripensando alla conversazione di quella sera con Zhuang.