6.

 

 

Quella mattina, dopo aver consultato la lista dei sospetti che abitavano nella shikumen compilata da Vecchio Liang, Yu iniziò la sua indagine nell'ufficio del comitato di quartiere. Sulla scrivania c'era una nuova cartella che conteneva informazioni su ciascun sospetto, probabilmente desunte dai documenti conservati dall'anziano poliziotto di quartiere. 

La prima persona della lista era Lanlan, la donna che aveva scoperto l'omicidio. Tecnicamente lei avrebbe avuto l'occasione e i mezzi per commettere il delitto, e secondo Vecchio Liang ne avrebbe avuto anche il movente.

Lanlan adorava far comunella con gli altri inquilini, era capace di entrare in confidenza con le persone dopo neppure tre minuti che le aveva conosciute. Ma con Yin aveva subito un vero smacco, perché lei aveva sempre respinto i suoi reiterati tentativi di approccio. Alla fine Lanlan rinunciò, dichiarando ai vicini con stizza: «È stato come premere la faccia calda contro il suo culo gelato. A quale scopo?»

Ma ciò non sarebbe stato sufficiente a provocare un'esplosione di violenza, in assenza di una miccia che potesse innescarla; cosa che, in una shikumen, accadeva molto spesso per i continui litigi sugli spazi in comune. A causa delle endemiche condizioni di sovraffollamento, ogni famiglia cercava disperatamente di accaparrarsi, "in maniera onesta", quanto più spazio possibile. Vecchio Liang aveva fatto un esempio: nella zona della cucina comune Yin aveva una stufa a carbone e un tavolino. Quello spazio era suo, avendolo ereditato dal precedente inquilino del tingzijian; e lei se l'era preso anche se non cucinava quasi mai. Come il suo predecessore teneva fuori dalla porta, sul pianerottolo, un piccolo fornello a benzina. E come tutti gli altri inquilini non avrebbe mai ceduto un solo centimetro dello spazio che le spettava di diritto. 

Una sera Lanlan rientrò a casa di fretta e inciampò sul fornello, su cui c'era un bollitore di acqua calda che finì per scottarle la caviglia. La colpa non era esattamente di Yin, perché quel fornello era lì da anni. Lanlan avrebbe dovuto accendere la luce, oppure salire le scale con minor precipitazione. In ogni caso incidenti come quelli potevano succedere, ma lei prese a imprecare come una furia davanti alla porta di Yin.

«Sei la stella della tigre bianca! Porti sfortuna a tutti quelli che ti stanno vicino. Ma il cielo ha occhi per vedere, e ti restituirà tutte le sfortune con gli interessi.»

Yin aveva capito il riferimento alla stella della tigre bianca, ma preferì evitare di uscire a rimbeccarla.

Il fatto di venire ignorata a quel modo, però, fece infuriare ancor di più Lanlan, che diede voce alle sue lamentele durante una riunione dei residenti. La sentirono in molti, e alcuni si stupirono dell'animosità dimostrata nei confronti di Yin. Ma tutto ciò, secondo Yu, non costituiva certo una motivazione per un omicidio. E poi quell'incidente era avvenuto un paio di anni prima.

Decise di passare al secondo nome della lista. Wan Qianshen era un operaio in pensione che abitava da solo nel solaio. Quella mattina Wan non si trovava nella shikumen. A quell'ora era sempre al Bund a praticare il tai chi. 

Il dossier di Vecchio Liang conteneva una breve biografia di Wan: aveva lavorato in un'acciaieria dedicandosi «alla costruzione della rivoluzione socialista» e durante la Rivoluzione Culturale entrò a far parte delle prestigiose Squadre di Propaganda del Pensiero di Mao Zedong. Alla fine degli anni Sessanta, quando gli studenti delle Guardie Rosse reclamavano a gran voce più potere, grazie alle Squadre di Propaganda il Presidente Mao riuscì a contenere i giovani ribelli imponendo nei college una nuova teoria rivoluzionaria. Secondo il pensiero di Mao gli studenti, essendo stati esposti alle idee borghesi occidentali, avevano bisogno di essere rieducati, e così vennero esortati a imparare dai lavoratori, che appartenevano al proletariato più rivoluzionario. A quei tempi far parte di una Squadra di Propaganda del Pensiero di Mao era un altissimo onore politico. Tutti gli studenti e i professori erano obbligati ad ascoltare le parole di Wan. Lui era un "compagno sempre politicamente corretto", un modello per tutti loro.

Naturalmente con la morte di Mao e la fine della Rivoluzione Culturale, nel 1976, tutto cambiò. Le Squadre di Propaganda abbandonarono i college universitari. Alla fine degli anni Settanta anche Wan se ne tornò al vicolo. In seguito andò in pensione come uno qualsiasi, e i suoi giorni di gloria continuarono a brillare soltanto nella sua memoria, come pezzi d'argenteria annerita.

In una società sempre più materialistica, Wan si accorse troppo tardi di non aver ricavato alcun beneficio da tutte le sue attività rivoluzionarie. Troppo impegnato e zelante per pensare a se stesso, era finito col ritrovarsi a vivere in un solaio. La sua pensione non riusciva a tenere il passo dell'inflazione e la fabbrica di stato in cui aveva lavorato riusciva a malapena a coprire l'assicurazione medica. E così Wan, incupito, si lamentava continuamente, come le ciminiere della sua acciaieria, della piega che stava prendendo il mondo. Poi il destino fece incrociare le strade di Yin e di Wan. Secondo un antico proverbio, il sentiero su cui si incrociano due nemici dev'essere davvero stretto. A loro capitò in quello stesso edificio, sull'angusta scala che tutti i giorni salivano e scendevano. 

Morte di un professore cinese conteneva alcune sgradevoli descrizioni delle Squadre di Propaganda. Wan lo venne a sapere e comprò una copia del romanzo. Offesissimo, scoprì che l'università descritta nel libro era proprio quella a cui era stato assegnato lui, anche se Yin non faceva nomi. Wan si infuriò e fece a pezzi il libro davanti alla sua porta. E Yin lo rimbeccò gridandogli dall'interno della stanza: «Se tu non fossi un ladro non dovresti essere così nervoso.» 

Allora Wan perse definitivamente le staffe e la insolentì: «Cagna schifosa! Pensi che la Cina sia un paese di intellettuali borghesi. Dovresti crepare, con quel cervello cocciuto di granito che ti ritrovi! Il cielo mi sia testimone: te la farò pagare.»

Questo diverbio venne sentito da parecchi inquilini, ma all'epoca nessuno gli diede peso più di tanto.

In un accesso di rabbia la gente poteva dire qualunque cosa e poi dimenticarsene. Ma non Wan, aveva sottolineato Vecchio Liang. Dopo quella volta non rivolse mai più la parola a Yin. La odiava profondamente, ed era un odio per il quale, per usare le parole di Wan, due persone non potevano condividere lo stesso pezzo di cielo.

Ma a rendere Wan ancora più sospetto era il suo alibi non confermato per il mattino del 7 febbraio. Aveva detto di essere stato al Bund per il tai chi, ma avrebbe potuto scendere le scale di nascosto, uccidere Yin e poi tornarsene alla sua stanza oppure andare al Bund, e senza essere notato. Sicuramente il denaro preso dai cassetti di Yin gli avrebbe fatto comodo, perché da parecchi mesi l'acciaieria non pagava più la pensione agli ex dipendenti.

 

Wan venne convocato in ufficio per essere interrogato da Yu.

Non dava l'idea di un uomo che aveva superato la sessantina. Aveva una corporatura media, e per la sua generazione poteva anche essere considerato alto. Indossava una giacca alla Mao di lana nera e pantaloni in tinta. In un film degli anni Sessanta uno come Wan sarebbe stato un dirigente di Partito di medio livello, con quel colletto abbottonato in alto e i capelli pettinati all'indietro. Doveva aver subito un lieve ictus, perché da una parte aveva le labbra lievemente piegate verso il basso, e ciò conferiva alla sua espressione un'aria di tensione interna.

Wan si rivelò più loquace di quanto avesse previsto Yu. Tenendo stretta in mano una tazza di tè caldo disse: «Questo mondo va alla rovescia, compagno agente Yu. Cosa diavolo sono questi luridi imprenditori? Capitalisti dal cuore e dalle mani nere, che guadagnano oscene quantità di denaro a spese della classe lavoratrice. Ecco perché le fabbriche statali stanno andando in malora. Che cosa è successo ai benefici del nostro sistema socialista? Le pensioni, l'assistenza medica gratuita: tutto finito. Se il Presidente Mao fosse ancora vivo, non avrebbe permesso che una cosa del genere potesse accadere alla nostra patria.»

Parole appassionate, in puro stile proletario, anche se non particolarmente in linea con le attuali direttive del Partito. Yu comprendeva la frustrazione del vecchio. Per anni la classe lavoratrice aveva goduto di parecchi privilegi politici, e se non altro aveva posseduto l'orgoglio di un'appartenenza sociale comune. Secondo la teoria di Mao, nella lotta di classe i lavoratori erano la componente più importante perché rappresentavano la punta di diamante dello spirito rivoluzionario. Adesso, però, la corrente era completamente cambiata.

«La nostra società sta attraversando un periodo di transizione, e certi fenomeni temporanei non possono essere evitati. Lei avrà sicuramente letto i documenti e i giornali di Partito, e non c'è bisogno che le spieghi le cose» disse Yu prima di arrivare al dunque. «Conoscerà anche lo scopo del nostro colloquio. Mi dica, compagno Wan, quali erano i suoi rapporti con Yin?»

«È morta. Non dovrei dire nulla contro di lei, ma se pensa che la mia opinione possa contare qualcosa per la sua indagine, le parlerò senza mezzi termini.»

«Dica pure, compagno Wan. Ci sarà di molto aiuto per la nostra indagine.»

«Quella apparteneva alle forze malvagie e nere che hanno tentato di riportare indietro la storia agli anni Venti e Trenta, agli anni sventurati in cui la Cina era oppressa dagli imperialisti e dai capitalisti, mentre gli intellettuali borghesi si disputavano le patetiche ossa gettate dai loro padroni. Nel suo libro, che lei avrà sicuramente letto, il popolo lavoratore viene descritto come una banda di pagliacci o di delinquenti, senza riconoscere il fatto fondamentale che siamo stati noi ad abbattere le Tre Grandi Montagne, l'imperialismo, il feudalesimo e il capitalismo, e che siamo stati noi a costruire una nuova Cina socialista.»

Yu capiva benissimo per quale motivo Wan fosse ancora più esacerbato di altri pensionati. Al college doveva aver tenuto parecchie conferenze politiche, con una grande familiarità per i termini politici popolari negli anni Settanta. Adesso, negli anni Novanta, le sue idee erano diventate obsolete.

«Anche Yin ha sofferto molto durante la Rivoluzione Culturale» osservò Yu.

«Chiunque può lagnarsi della Rivoluzione Culturale, ma non Yin Lige. Che cos'era? Una famigerata Guardia Rossa! Perché le Squadre di Propaganda vennero inviate nelle scuole? Per riparare i disastri combinati da quelli come lei.»

«Bene, ma il passato è passato» disse Yu. «Mi permetta di farle un'altra domanda, compagno Wan. Ultimamente aveva notato in lei qualcosa di insolito?»

«No, di lei non mi importava nulla.»

«E qualcosa di insolito nell'edificio?»

«Non che io mi ricordi. Io sono un vecchio pensionato. È compito del comitato di quartiere notare le cose.»

«Senta, lei non era a casa la mattina in cui Yin è stata assassinata, vero?»

«No, ero al Bund per il tai chi» disse Wan. «La fabbrica statale per cui lavoravo non può più permettersi di pagare la nostra assistenza sanitaria. Quindi non abbiamo scelta: siamo noi a doverci prendere cura di noi stessi.»

«Capisco. Il tai chi lo pratica assieme ad altre persone?»

«Oh, sì, con parecchia gente. Alcuni si esercitano con le spade, altri addirittura con i coltelli.»

«Ha i nomi e gli indirizzi di quelle persone?» aggiunse Yu. «È solo una formalità. Potrei aver bisogno di interrogarli per avere una conferma della sua presenza.»

«Compagno agente Yu» disse Wan, «alla mattina la gente sta al Bund venti o trenta minuti per il tai chi, ma poi ognuno se ne torna a casa propria. Non c'è bisogno di scambiarsi i nomi o gli indirizzi. Alcuni mi salutano con un cenno della testa ma non conoscono il mio nome, e io non conosco i loro. È così.»

Quello che aveva detto Wan sembrava avere un senso, ma Yu credette di cogliere una lieve esitazione nelle parole del vecchio. «Be', se domani riesce a individuarne qualcuno, la prego, mi faccia sapere, un paio di nomi mi bastano.»

«Sicuramente, se domani andrò al Bund. Compagno agente Yu, se non ha altre domande per me io avrei da fare.»

«Allora ne riparliamo.»

Yu si accese una sigaretta, tamburellò il dito sulla scrivania, spuntò dalla lista di Vecchio Liang il nome di Wan e passò a quello successivo. Dando un'occhiata alle informazioni sul signor Ren, che era il terzo sulla Usta, Yu fece per cancellare anche il suo nome, ma poi ci ripensò. Il signor Ren apparteneva alla classe dei "capitalisti". Prima del 1949 la shikumen apparteneva a suo padre, che nei primi anni Cinquanta venne giustiziato come controrivoluzionario, dopodiché la casa gli venne confiscata. Allora i Ren dovettero stiparsi in una stanzetta ricavata in fondo all'ala meridionale. Gli anni successivi furono per la famiglia un continuo susseguirsi di sventure e sospetti, in balia di un movimento politico dopo l'altro. Durante la Rivoluzione Culturale un gruppo di Guardie Rosse fece sfilare per il vicolo il signor Ren, con la testa china sotto il peso di una lavagna con sopra scritto «Abbasso il capitalista nero Ren!» Ma proprio come nel classico taoista del Tao Te Ching, quando la fortuna di un uomo tocca il fondo finalmente le cose cominciano a cambiare. 

Tutta la società venne coinvolta in una gigantesca riforma, e anche tra i residenti ci fu un rimescolamento di carte. Il figlio del signor Ren andò a studiare negli Stati Uniti e lì fondò una società high-tech. Recentemente, quando era venuto a trovare suo padre al vicolo del Giardino del Tesoro, si era offerto di comprargli un appartamento nel miglior quartiere della città, ma lui aveva rifiutato.

Secondo Vecchio Liang quella scelta di rimanere nella vecchia shikumen aveva qualcosa di sospetto. Forse il signor Ren aveva covato un risentimento segreto per tutto ciò che aveva patito in quegli anni. Come dice il proverbio, un gentiluomo può cercare la vendetta anche dopo dieci anni di attesa. E allora probabilmente stava cercando di mettere in difficoltà le autorità di Partito, agendo spinto da una rabbia a lungo repressa. 

Nel qual caso, Yin poteva essere considerata un bersaglio adatto. L'assassinio di una scrittrice dissidente avrebbe esercitato una pressione imbarazzante nei confronti del governo. Se il caso non fosse stato risolto, l'immagine delle autorità di Partito ne sarebbe uscita infangata. E oltretutto Yin era stata una Guardia Rossa. Da un punto di vista simbolico la sua morte sarebbe stata la giusta compensazione per tutte le sue disgrazie personali.

Così come Wan, il signor Ren aveva un alibi non confermato. Quella mattina era stato al Vecchio Ristorantino. Lì aveva fatto colazione mangiando spaghetti con parecchi altri avventori, disse, ma non poteva esibire la ricevuta relativa a quel mattino in particolare e neppure fornire l'indirizzo di qualche suo vicino di tavolo.

La teoria sostenuta da Vecchio Liang era decisamente intricata, e forse si ispirava al Porto, una delle opere rivoluzionarie pechinesi scritte nei primi anni Settanta, in cui un capitalista commetteva ogni possibile atto di sabotaggio spinto da un odio bruciante per la società socialista. Secondo Yu era decisamente improbabile che una simile motivazione potesse valere anche per la realtà degli anni Novanta. 

Decise di interrogare il signor Ren, ma per un motivo ben diverso. Nel materiale raccolto su di lui non si parlava di alcun tipo di contatti o di alterchi con Yin. E neppure nei rapporti con i vicini era stato notato qualcosa di anomalo. In quella casa il signor Ren era un estraneo, cosa che poteva fare di lui un testimone più obiettivo. Infatti quel "signor" prima del suo cognome era lì a indicare la sua posizione marginale nel contesto della shikumen. Durante gli anni della rivoluzione l'appellativo più comune per rivolgersi alle persone era "compagno", anche se negli ultimi anni "signor" era nuovamente tornato in auge. Evidentemente le precedenti connotazioni "nere" si erano trasmutate in un antiquato titolo onorifico. Le mode politiche cambiavano, ma la memoria delle persone era lunga. 

Il signor Ren era un uomo sulla settantina, e aveva un'aria davvero energica per quell'età. Indossava un abito di foggia occidentale con una cravatta di seta scarlatta, e assomigliava all'immagine del capitalista che veniva data nelle moderne opere pechinesi.

Yu constatò sorpreso che gli ricordava il padre di Peiqin, che aveva visto soltanto in una fotografia dalla cornice nera.

«Compagno agente Yu, io so perché ha voluto parlarmi» disse il signor Ren con un tono di voce da uomo istruito. «Il compagno Vecchio Liang me l'ha già accennato.»

«Il compagno Vecchio Liang è il poliziotto di questo quartiere da molti anni. Forse ha troppa dimestichezza con le parole del Presidente Mao sulla lotta di classe e quel genere di cose lì. Compagno Ren, io sono soltanto un poliziotto incaricato dell'indagine, e devo parlare con tutti gli inquilini del palazzo. Qualunque informazione lei possa darmi su Yin sarà di grande aiuto per la mia inchiesta. Apprezzo molto la sua collaborazione.»

«Immagino cosa le abbia detto Vecchio Liang» disse il signor Ren studiandolo da dietro le lenti degli occhiali. «In passato mi hanno messo al collo una lavagna con la scritta "capitalista nero", e Yin portava al braccio una fascia da Guardia Rossa. Quindi pensa che io per tutti questi anni abbia covato del risentimento. Ma è una sciocchezza, perché a mio modo di vedere tantissime cose non hanno più ragione di essere, e da molto tempo sono state portate via dal vento, il vento politico. Un uomo della mia età non può permettersi di vivere nel passato. Yin era una Guardia Rossa, ma come lei ce n'erano a milioni. E anche loro hanno sofferto, esattamente come lei. Non c'è motivo di prendersela solo con Yin.»

«Signor Ren, mi permetta di dirle una cosa. Capisco senz'altro il suo punto di vista. Anche il padre di mia moglie era un capitalista. In quegli anni hanno subito parecchie ingiustizie, sia lui che Yin» disse Yu. «Ma ciò non significa che mia moglie ancora oggi abbia del risentimento.»

«La ringrazio di queste sue parole, compagno agente Yu.»

«Ora però le faccio una domanda, la stessa domanda che ho per tutte le persone che abitano nella casa. Che impressione le aveva fatto Yin?»

«Temo di non saperle dire molto. Le nostre strade non si sono quasi mai incrociate, anche se vivevamo nella stessa shikumen.» 

«Mai incrociate?»

«In una shikumen, o uno si mischia con gli altri inquilini per tutto il tempo oppure non li vede quasi mai. Io ero talmente nero, da un punto di vista politico, che la gente mi evitava come la peste. Ma non li biasimo. Nessuno voleva passare dei guai. E adesso che non sono più nero, ormai mi sono abituato a starmene da solo» disse il signor Ren con un sorriso amaro. «Anche Yin se ne stava in disparte, per ragioni sue. Non dev'essere stato facile per una donna sola come lei, appena quarantenne, rinchiudersi in se stessa e nei ricordi come un mollusco nel suo guscio. Un guscio in cui non filtrava mai la luce.» 

«Come un mollusco nel suo guscio, è una definizione interessante.»

«Yin era diversa, perché si era nascosta nel guscio del suo passato. Più che un mollusco era una lumaca, perché quel guscio oltre che un nascondiglio era anche un peso insopportabile. Quasi tutti i vicini ce l'avevano con lei per via del suo riserbo.»

«Le è mai capitato di parlarle?»

«Io contro di lei non avevo nulla, però non deviavo certo dalla mia strada per fermarmi a parlarle. E Yin a sua volta non rivolgeva la parola a nessuno.» Dopo una pausa il signor Ren aggiunse: «Se c'è un'altra cosa che condividevamo è questa: nessuno di noi due cucinava spesso nella zona comune. Forse lei era troppo indaffarata a scrivere. E io, per parte mia, sono una specie di buongustaio frugale.»

«Un buongustaio frugale?» chiese Yu. «La prego, mi dica.»

«Be', all'inizio della Rivoluzione Culturale le Guardie Rosse mi hanno sottratto tutte le mie proprietà personali. Dev'essere accaduto anche alla famiglia di sua moglie. Qualche anno fa il governo mi ha offerto una sorta di risarcimento per le mie perdite. Non molto, perché la compensazione si basava sui valori all'epoca della confisca. I miei figli non hanno bisogno di quel denaro, e io non posso certo portarmelo nella tomba. Devo confessarle di avere un debole per il buon cibo, in particolare per i piatti della cucina povera di Shanghai. Per cui mi capita spesso di mangiar fuori. E poi, un vecchio come me non ce la fa ad accendere la stufa a carbone tutte le mattine.» 

«Anche mia moglie tutte le mattine accende il fuoco con le bricchette di carbone, so cosa intende dire. Però mi incuriosisce una cosa, signor Ren. Circa un anno fa avrebbe potuto trasferirsi, però ha detto di no a suo figlio che si era offerto di comprarle un nuovo appartamento in una zona residenziale per ricchi. Perché?»

«E perché dovrei trasferirmi? Ho abitato qui per tutta la vita, e tutto è permeato di ricordi, qui. Una foglia deve cadere là dove si trovano le sue radici. E le mie radici sono in questa casa.»

«Ma il nuovo condominio sarebbe molto più confortevole, con il riscaldamento, il bagno e tutte le altre comodità moderne.»

«Sto bene con quello che ho. Per un buongustaio frugale come me questa è una zona eccezionale, perché è vicina a parecchi meravigliosi ristoranti. A pochi passi di distanza. Forse è qualcosa che già le hanno detto, ma il mattino in cui venne assassinata Yin io mi trovavo in un locale specializzato in spaghetti, il Vecchio Ristorantino. Ci vado due o tre volte la settimana, assieme a un gruppo di clienti anziani come me. Certuni mangiano lì anche tutti i giorni. Il Vecchio Ristorantino è uno dei pochi locali statali rimasti che è riuscito a mantenere alta la qualità del cibo senza alzare i prezzi. Delizioso e a buon mercato. Dovrebbe andarci, davvero.»

«La ringrazio per il suggerimento, compagno Ren. Se le viene in mente qualcos'altro da dirmi a proposito di Yin, mi chiami pure.»

«Certo. Questo fine settimana, se ha tempo, vada ad assaggiare gli spaghetti.»

Mentre il vecchio usciva, Yu guardò l'orologio e pensò di telefonare all'ispettore capo Chen, un altro buongustaio, anche se non proprio frugale, ma Vecchio Liang si precipitò dentro l'ufficio. «Ha chiamato la sede centrale della Banca popolare di Shanghai. Yin Lige aveva una cassetta di sicurezza nella filiale del distretto di Huangpu.»

Poteva essere importante. Yu si dimenticò del pranzo e andò alla banca.