Intermezzo 3.
In Occidente, Aristotele detta la
linea
Aristotele fu un gigante. Per più di duemila anni le sue idee sul cosmo, i pianeti e le stelle tennero banco. Era l’autorità davanti alla quale ogni opinione si piegava – o era costretta a piegarsi –. Bisognò attendere le rivoluzioni di Copernico, Galileo e Keplero per ascoltare voci dissonanti e demolitrici del suo pensiero: le voci della scienza sperimentale moderna, in un misto innovativo di tecnologia e di metodo scientifico rivoluzionario. Ma non è che l’edificio aristotelico sia stato smantellato subito, repentinamente. Per molti versi, degli echi affiorano ancora oggi, sebbene relegati in ambiti che non hanno più niente a che vedere con la scienza.
Se pensiamo ad Aristotele, la prima cosa che ci viene in mente è il suo sistema del cosmo, basato su quattro elementi: un’idea non nuova, ma che egli sistematizza. L’universo per lui è composto da terra, acqua, aria, fuoco. La terra forma una sfera che è al centro dell’universo. Intorno c’è il luogo dell’acqua, poi dell’aria e infine, più in alto di tutto, il posto del fuoco. Al di là del fuoco ci sono i corpi celesti, talmente diafani e trasparenti che, nella loro purezza, sono invisibili. Eccoli: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno. Ancora un po’ più in là, le stelle fisse, così dette perché le loro posizioni sono immutabili all’interno dello scorrere eterno del tempo.
In questo sistema così perfetto e sincronico, che posto hanno le comete? Aristotele non le vede lontanissime ma poste all’interno del mondo sublunare, parte del caos che contraddistingue questo luogo, caduco e corruttibile, nel quale i quattro elementi si mescolano variamente e formano tutto quello che osserviamo intorno a noi. Dimensione ben diversa da quella oltre la Luna, lo spazio dell’etere, dei corpi celesti perfetti, che si muovono secondo un ritmo circolare e uniforme, senza principio né fine. Proprio a causa di questa diversità tra mondo sublunare e mondo translunare, tra una dimensione caotica e una immutabile e in eterno equilibrio le comete che apparivano e sparivano e seguivano orbite inconsuete dove si potevano collocare? Solo nella porzione di cosmo compreso tra la Terra e la Luna. Come scrive Aristotele nella Meteorologia esse non sono oggetti astronomici ma qualcosa che nasceva da esalazioni che, provenendo anche dalla Terra e spingendosi verso l’alto, si infiammavano, in una maniera analoga con quanto egli riteneva accadesse per le stelle cadenti, in modo particolare quando l’atmosfera era secca e arida e da essa potevano scaturire incendi e fiamme. Le comete, in poche parole, si potevano collegare ad eventi meteorologici, legare a venti e siccità, perché «esse si formano quando ha luogo una grande secrezione [...] in modo che è necessario che allora l’aria sia più secca e che per la grande quantità dell’esalazione calda l’umido evaporatosi si suddivida e si dissolva in maniera da non potersi poi facilmente condensarsi in acqua».
Queste di Aristotele rimasero le opinioni condivise per due millenni dalla scienza in Occidente. Erano di un valore talmente incommensurabile che nessuno si prese la briga di metterle in questione, se non qualcuno, come Zenone di Cizio, che riteneva le comete dei pianeti, seppur di vita effimera. Quindi, quasi per tutti, da Aristotele in poi, le comete non furono altro che cose passeggere, transitorie e mutevoli, non dissimili da una nuvola o da un soffio di vento, legate a fenomeni meteorologici o tellurici. Niente a che vedere col ritmo inalterabile, fisso e immodificabile, del cammino incessante ed eterno dei pianeti. Malgrado qualche voce dissonante, quanto detto da Aristotele si ritenne bastasse a spiegare tutto. E, sulla creazione aristotelica, fu costruito un edificio di tale portata da durare per un tempo inimmaginabile, considerato che anche la religione cristiana trovò nel suo impianto la base su cui edificare la propria concezione dell’universo. Dopotutto, le idee dell’Antico e del Nuovo Testamento, dove l’uomo era al centro dell’empireo, dimora di Dio, non stonavano assolutamente con quella di un universo centrato su una Terra mutevole corruttibile e circondata da un etere armonico, ordinato e incorruttibile. E allora, su questo connubio, si fondò un sistema che dettò legge finché non cominciò un’epoca nuova per la scienza, che fu anche un’epoca nuova per le comete.