Intermezzo 4.
Una voce fuori dal coro
Seneca: uno dei personaggi più intriganti del primo impero romano. Vissuto tra il 4 e 65 d.C., fu tante cose insieme: filosofo, precettore di Nerone, ambiguo nella sua doppia veste di uomo di cultura e di pragmatico consigliere politico dell’imperatore, drammaturgo e finissimo scrittore, stoico fino alla morte, quando si suicidò per ordine dell’imperatore. Pochi sanno che fu anche un profondo conoscitore di cosa fosse la natura. Con delle idee spesso dissonanti rispetto alla massa degli scienziati che seguivano pedissequamente le opinioni di Aristotele, idee sorprendenti e modernissime. Soprattutto per quanto riguardò proprio le comete. Le espresse nelle sue Naturales quaestiones, scritte poco prima della morte. Una piccola enciclopedia dedicata ai fenomeni naturali: il fuoco, l’acqua, le nuvole, il vento, le piene del Nilo sono fra i tanti argomenti trattati. Con un ultimo capitolo dedicato alle comete.
In che maniera ragiona Seneca? Con un approccio davvero moderno. Appare come svincolato da ogni forma di dogmatismo e si mostra, nelle sue argomentazioni, sempre libero, spinto da una forte venatura critica. Suo tratto peculiare è che considera la scienza non come una raccolta di dottrine immutabili, bensì come un insieme di conoscenze che si sviluppano continuamente, per cui il sapere non è mai fissato una volta per tutte, ma cresce esponenzialmente di epoca in epoca, con un progresso nel sapere evidente (sebbene egli sia convinto che più si va avanti più si sa, è vero, ma nessuna epoca saprà mai tutto!). Così, anche per ciò che nel suo tempo non comprende, è convinto che ci sarà un momento in cui, prima o poi, delle risposte a questioni apparentemente insondabili arriveranno. Dice così pure a proposito delle comete: «Verrà il giorno in cui i nostri posteri si meraviglieranno che noi abbiamo ignorato realtà così evidenti. Per quanto riguarda questi cinque pianeti, che ci costringono ad occuparci di loro e sollecitano la nostra curiosità presentandosi ora in un luogo ora in un altro, da poco abbiamo cominciato a conoscere come sorgono al mattino e alla sera, dove si fermano, quando si spostano in avanti sulle loro direttrici, perché ritornano indietro [...] Un giorno o l’altro verrà qualcuno in grado di dimostrare in quali regioni del cielo si svolga il corso delle comete, perché vaghino discostandosi tanto dagli altri astri, quali ne siano le dimensioni e la natura. Accontentiamoci di ciò che abbiamo finora scoperto: anche i posteri rechino un loro contributo alla verità».
La fiducia nel futuro e nelle sorprese che arrecherà alla conoscenza è straordinaria. Davvero commovente. La sua ipotesi sulle comete si può riassumere così: mettete da parte quello che ha pensato Aristotele e considerate che siano qualcosa di diametralmente diverso. Non un fuoco che si accende all’improvviso, frutto del caos, non un fenomeno atmosferico, ma un’opera eterna della natura, instabile e continuamente dinamica. Insomma, per Seneca le comete rientrano nella categoria dei pianeti – come aveva già sostenuto Apollonio di Midio –; seguono delle leggi fisiche precise, sebbene ancora non individuabili; e, pur non avendo una forma sferica come le stelle fisse perché hanno una coda, si distingue al loro interno un corpo tondeggiante, che lascia pensare ad un pianeta o ad un astro. E a chi gli fa notare che se fossero pianeti si muoverebbero in maniera regolare, risponde: «Chi impone ai pianeti una sola strada?»; e aggiunge: «Credete che in questo immenso e splendido universo, tra le innumerevoli stelle che ornano la notte in vario modo senza mai lasciare una minima parte vuota e inattiva, solo cinque astri abbiano il diritto di muoversi liberamente e che tutti gli altri restino là, come una folla fissa ed immobile?». E se il loro percorso non è noto come quello dei pianeti ciò accade perché appaiono raramente e non sono mai state osservate bene e a lungo: «Verrà un’epoca in cui uno studio attento e prolungato per secoli illuminerà su questi fenomeni della natura», sulle loro orbite, le masse, le consistenze e gli equilibri. Il lascito di Seneca è, in conclusione, unico nel suo genere: studiate a fondo le comete e infine le capirete.