SCHEGGE

Io non ho neanche un «apostolo». Poiché frequento dei bravi (?!) borghesi. Con guardiani di porci o di mucche ne avrei di sicuro. Ho sbagliato mestiere, le mie prediche le faccio a gente che non può né vuole imparare nulla.

 

 

Non sapersi difendere?! Ma noi sappiamo pensare e ghigliottinare nel nostro intimo! Più d’uno è sfuggito forse a Danton, Marat, Robespierre. A me non è sfuggito nessuno.

 

 

Religione delle religioni: L’altruismo! Per gli ebrei l’altruismo si estende alla moglie, al figlio, alla figlia, alla zia, alla cugina. Per i cristiani dovrebbe estendersi alla – – – umanità.

 

 

Per sposarsi bisogna essere abbagliati a un punto tale da non sapere del futuro nulla di più di un animale.

DEDICA A KARL KRAUS SUL MIO LIBRO «RACCOLTO»

Due tipi in gamba come noi dovrebbero procedere assieme, come Danton e Robespierre, con la ghigliottina del – –. Dello spirito, penserai tu naturalmente! No, poiché lo spirito è purtroppo sempre mite, comprensivo, compassionevole e conciliante. No. Con la ghigliottina dell’odio e del disprezzo. È quel che ci vuole per la massa!

MATTINA DI DOMENICA

Sono seduto nel piccolo, grazioso caffè del mio albergo. È una mattina di primavera, fresca e piacevole, anche se il cielo è coperto di nuvole grigie. Vicino a me siede una signora con una ragazzina di nove anni: biondissima, dolce, delicata, la bambina ha i gomiti puntati sul tavolino e appoggia la testa ora su una mano ora sull’altra. Un capitano mio amico è seduto accanto a loro e non dice una parola. Poi viene al mio tavolo. «Triste, dolce, delicata creaturina!» dico io. «Se solo lei sapesse quel che so io di lei! Suo padre è capitano, venne a casa ferito, fu curato notte e giorno dalla mamma e dalla bambina che si davano il cambio. Poco dopo fu richiamato in guerra. Quando si congedò da loro per la seconda volta, la bambina gli afferrò la palma della mano e all’improvviso e con forza la girò da sinistra verso destra con tutt’e due le manine. Il padre gettò un grido, si liberò e disse: “È questo il tuo modo di dirmi addio, piccola?!”. Più tardi lei confessò alla madre di aver voluto slogare la mano dell’amato papà perché potesse restare con loro e non venisse ucciso!».

Nessuno se la prenderà con me se da allora quando mi compare davanti quella bambina la saluto come se fosse una santa.

COSE FISIOLOGICHE

Sapete voi, sempliciotti dell’esistenza, che conoscete soltanto la rima: cuore – dolore, amore – ardore, sapete dove ha propriamente sede il desiderio?!?

Proprio sotto la fossetta epigastrica! Là, dove termina il muscolo pettorale! Là, là avverti la struggente, spossante malinconia del desiderio, là senti la «paura del cuore»! Ma anche la traspirazione della tua pelle si altera a partire da quel punto! Le pene del tuo desiderio, tenera signora, passano nella camicetta, negli abiti! Amore infelice, desiderio, gelosia producano un odore della pelle come di mele in cassetti ammuffiti, come freschezza di vita repressa, stipata in anguste cantine!

Da giorni ormai, con profonda commozione, avverto, o donna, il mutato odore della tua amata pelle! Come depressione che diventa odore! Un odore delicato e stantio. Come malattia dell’anima che si consuma in sospiri! Come l’odore della camera d’ospedale di un bimbo amato! Come l’odore di pregiate mele canadesi riposte in angusti cassetti ammuffiti! Avverto, o dolce, tenera creatura, l’odore del tuo desiderio che si deteriora, e frena e sotterra la vitalità! Ma tu dici: «Non ho nulla, no, davvero, non ho nulla!». Chi è dunque quel fortunato per il quale la tua cara pelle si strugge in odore di muffa?!? Io aspiro nella tua dolce vicinanza il sacro odore dell’angoscia segreta dell’anima, e il profumo del tuo nobile abito, altrimenti delicato e soave, si trasforma ora in odore di tristezza!

Avverto l’infallibile, greve desiderio della tua pelle!

Cos’è mai una parola, uno sguardo, o magari una concessione?!?

Possono essere stati d’animo e gioco e impertinenze!

L’odore della pelle è invece involontario.

Qui comincia la verità, separata dagli intrighi dell’esistenza cosciente! Qui l’amore parla la sua vera lingua!

Lei odorava di desiderio! Dunque era vero!

Con chi mi tradisci?!?

BALLATA VIENNESE
Franz Schubert

Quando si è grassi e tondi,

e si hanno le gambe corte,

quando si ha un collo corto,

e anche il fiato è corto,

quando la testa è grossa e ricciuta,

e le mani corte e grasse, allora

non valgono con le dolci, dolci, dolci fanciulle,

né il Re degli elfi o La trota o La posta

o Tu sei la pace o Il viandante! E neanche Sul mare!

Con grasse allodole non si dorme volentieri!

Esse servono soltanto per il grazioso giorno che si desta!

Povero, povero Franzerl!

SCHUBERT

Sul mio letto c’è la riproduzione di un disegno a carboncino di Gustav Klimt: Schubert che canta con tre ragazze viennesi accompagnandosi al pianoforte a lume di candela. Sotto ho scritto: «Uno dei miei dèi! Gli uomini si crearono gli dèi per dare vita in qualche modo ai loro ideali nascosti e irrealizzabili!».

Leggo spesso dei passi della biografia di Schubert scritta da Niggli; in effetti il libro vuole presentare la vita di Schubert, non ciò che di essa pensa Niggli!

Ma innumerevoli volte ho letto quel passo a pagina 37. Schubert era maestro di musica delle giovanissime contessine Marie e Karoline nella tenuta del conte Esterhazy a Zelesz. Egli s’innamorò di Karoline. Nacquero così le sue composizioni per pianoforte a quattro mani. La contessina non venne mai a sapere della profonda inclinazione di Schubert per lei. Solo una volta, quando lei gli chiese piccata come mai lui non le avesse ancora dedicato nessuna delle sue composizioni, Schubert rispose: «Perché avrei dovuto farlo?! Tutto ciò che scrivo è comunque dedicato a lei!».

Come se un cuore si aprisse nella sua pienezza, nella sua pena, e si chiudesse di nuovo per sempre – – –. Perciò apro spesso la pagina 37 della biografia di Schubert scritta da Niggli.

SCENA SUL TRAM ALLE DIECI DI SERA
BADEN-VIENNA

Io dissi sottovoce alla mia tenera, stanca amica: «Perché mai dobbiamo star fermi così a lungo in questo “angolo sperduto”, dove non sale e non scende nessuno?!».

Lei rispose sottovoce: «Ci sarà certo un motivo, Peterl! Non agitarti!».

All’improvviso il vecchio signore rosso e grasso accanto a Paula spalancò la porta: «Ehi lei, conduttore, perché non partiamo, per Dio santissimo?!».

«Perché dobbiamo ancora aspettare!».

«Chi dobbiamo aspettare, cosa?! Che lei abbia finito di parlare col signor capo stazione?!».

«Le proibisco di fare simili osservazioni, sono io il conduttore del tram e lei è solo un passeggero!».

«Cosa vuol dire solo un passeggero, sono uno che non sopporta il torto, se lo ricordi, deficiente!».

«Signori, avete sentito tutti, mi ha chiamato deficiente!».

«Ma guarda un po’, ora non è più neanche permesso informarsi perché una vettura sta ferma tanto tempo?!».

Paula mi disse sottovoce: «Peterl, non agitarti per questa scenata, tanto non succederà nulla!».

Io risposi: «È chiaro, le parole ‘liberano’! Solo chi tace, può eventualmente colpire!».

I MIEI IDEALI

Gli adagi delle sonate per violino di Beethoven.

La voce e il sorriso di Klara e di Franzi Panhans.

Tulipani screziati.

Franz Schubert.

Asparagi, spinaci, patate novelle, budino di riso, biscotti salati.

Knut Hamsun.

L’intelligenza, l’anima di Paula Sch.

La penna blu marca «Kuhn 201».

La salsa Ketchup.

La mia cameretta Nr. 33: Wien I, Dorotheergasse, Grabenhotel.

L’aspetto esteriore di A.M.

Il lago di Gmunden, Wolfgang-See.

Il bagno termale a Vöslau.

La ferrovia a cremagliera dello Schneeberg.

Cacio fresco del Mondsee appena messo nel vaso.

Sogliola, lucioperca, giovane luccio, coregoni.

Denaro.

Gianna Klausecker, tredicenne.

LA VISITA

Egli era ospite di una villa di campagna insieme con la sua giovane amica. Perse la testa per la figlioletta decenne della padrona di casa. La signora disse: «Sì, le mie due figliole son venute su molto bene!». Egli pensò: «Soprattutto Eva!». In seguito la signora regalò alla giovane amica uno scialle di seta antico ricamato a mano. Il giorno dopo egli mandò a Eva un ginepro nano giapponese da piantare in giardino. La signora rispose: «La ringrazio molto a nome delle mie due ragazze per il graziosissimo alberello!». Già, prediligerne una in così tenera età, è una cosa che da noi non si usa!

Quando Eva compì diciassette anni le fecero la corte una quantità di insulsi cicisbei. Allora lei pensò: No, no, no! Sono immune! Sette anni fa in giardino un poeta mi ha sussurrato all’orecchio: «Dolce, amabilissima creatura!». Poi ha mandato un alberello di ginepro nano, a noi due sorelle, si capisce, in realtà però esso era destinato a me, a me! Alla povera mamma non potevo dirlo ch’era solo per me, ma a papà strizzai l’occhio, lui arrossì per via del nostro segreto e mi capì!».

LETTERA DELL’EDITORE

Lei vuole intitolare il suo nuovo libro Sammelsurium 1914 [Guazzabuglio 1914]?! Mio caro Peter, non bisogna farsi più piccoli di quel che si è! Se già lei considera il suo libro un «guazzabuglio», cosa ne penserà la massa dei lettori?! Lasciamo dunque il titolo Fechsung [Raccolto]. È vero che nessuno sa di cosa si tratta, ma forse proprio per questo qualcuno sarà preso da curiosità e finirà con l’abboccare. E non necessariamente saranno sempre e soltanto carpe.

Molto amichevolmente, il Suo sempre devoto

S. Fischer

PAESAGGIO

Sedevamo bevendo tè giallo oro, caldo, profumato. Il tè dissipava la fresca umidità della sera d’aprile. Guardavamo fuori in silenzio lo splendore della pianura. Il vento del bosco veniva dalle montagne e dalle colline, e dal mondo che nell’imbrunire si riposava! O effimero Uomo, il vento del bosco verrà dalla collina e dalle montagne, in eterno – –.

Mai, Paula, ti vidi così gaia e raggiante come allora, al sicuro sul petto dell’amico, e tuttavia immersa nel tutto!

Un treno fischiò in lontananza; un cane abbaiò come se l’avessero abbandonato, escluso; da qualche parte persone sconosciute risero troppo forte – – –. Mai mi fosti più vicina che in quell’ora, Paula! Perché?! Nessuno lo scoprirà mai – – –.

COME MUOIONO I GENI

Caro Karl Kraus! non sottovaluto alcuni dei mali che la sua penna combatte. Essi però sono tutti tangibili, riconoscibili nelle singole persone che li rappresentano, e l’ignaro viandante è già messo in guardia.

Ma consideriamo una volta la società, alla quale va tutto il suo odio, là dove essa manifesta la sua forza tremenda in un’opera di quotidiana distruzione, là dove essa non corrompe valori materiali e spirituali, ma sottrae alla comunità ciò che essa ha di migliore, più profondo, più indispensabile: l’uomo geniale, perfetto, questa eccezione di tutte le eccezioni in terra, essere messo al mondo per strappare gli altri esseri dalla miserie della vita quotidiana e mostrare loro, finalmente, nella sua ultima compiutezza, un inattuato piano di Dio!

Pensi un po’ se uomini malvagi, egoisti, avessero assassinato Beethoven a ventitré anni, lo avessero ridotto a brandelli fisicamente e moralmente, lo avessero distrutto... Ma a lui fu concesso di vivere, per il bene dell’umanità, perché come uomo riuscì a proteggere da danni la propria sacra organizzazione. Lei sa che fa parte della mia concezione della vita, derisa come patologica stravaganza dall’«uomo normale», equiparare in maniera assoluta la genialità spirituale dell’uomo con la genialità estetica della donna, e porre sullo stesso piano gli effetti di questa e di quella sulla schiera di coloro che sono condannati a vegetare nell’inadeguatezza. Come l’umanità tutta di fronte al genio spirituale si organizza per così dire in inauditi sentimenti materni, tenerezze e attenzioni, così essa ha gli stessi doveri di tenera e materna assistenza nei riguardi di quella creatura simile a Dio che è la «donna bella e leggiadra»!

Ciò che scrivo è un epitaffio e un atto d’accusa.

La più bella, la più geniale, la più dolce, la più candida delle donne, mandata come un dono del destino in questo mondo dolente delle imperfezioni, è morta. La luce di grazia e di dolce umanità che da lei emanava non è stata tutelata – o lo è stata troppo tardi – da mani fedeli, tenere, fraterne, paterne; l’artiglio satanico e turpe di infami avventurieri ha potuto trascinare lei, luminosa, negli abissi oscuri. Dato il labile equilibrio della sua personalità artistica, lei avrebbe avuto bisogno più che mai, ogni giorno e ogni momento, di migliaia e migliaia di soccorritori e consiglieri disinteressati! E invece, una simile sprovveduta e inconsapevole creatura, eternamente serena e spensierata persino sull’orlo degli abissi, ha trovato – degli assassini, gente che lei stessa ha prezzolato con la sua funesta ricchezza! Essi vigilano attentamente, vigilano sul proprio interesse, fino in fondo coscienti delle loro abiette voglie, mentre lei, la candida, incustodita, inconsapevole creatura diventa vittima.

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Possibile che in questi attimi tremendi da nessuno venga una parola paterna, né un gesto amichevole? Possibile che non esista un saggio che levi la sua voce ammonitrice, né un uomo buono che porti via la tramortita sulle sue forti braccia di salvatore?!

Tutti gli artisti, tutti gli uomini nobili dovrebbero portare il lutto per un simile assassinio.

Le forze distruttrici della gaia Vienna avevano ormai compiuto la loro opera, e il nobile artista all’estero non riuscì più a guidare un talento verso le vette sulle quali l’attendeva la personificazione di una Adelheid, di una Rahel, di una Katharina...

Lei è morta a ventitré anni, lontano dalla città che non l’ha mai apprezzata come artista e l’ha invece degradata a grazioso oggetto di curiosità per persone indegne di posare il loro sguardo su una simile creatura. E la città che non l’ha mai né capita né apprezzata, per lei, carissima a tutti gli artisti, non ha saputo far altro, come elogio funebre, se non un gretto calcolo dei gioielli che, presumibilmente, aveva «collezionato», dunque raggranellato. Ebbene, la notizia dei gioielli era inventata di sana pianta, e adattata a un modo di vivere che non era né poteva essere il suo, un modo di vivere lontanissimo da quell’indole soave, creata non per collezionare, ma per perdere!

Che cosa strana, o mondo abbagliato e sviato! Tutto ciò che è nobile, eccezionale, lo custodisci in genere con mille artifici e precauzioni: ti preoccupi trepidante dell’estinzione dei bisonti nel bosco lituano, di cavalli e di cani, e della sopravvivenza della loro razza. Solo per questa creatura delicata e fragile, per questa «donna genialmente bella», la terra non ha alcuna cura! Che si consumi, che sia distrutta, che muoia!

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Caro Karl, le ho consegnato questo epitaffio e atto di accusa perché lei solo – nei primi quaderni della «Fackel» – ha riconosciuto che questa creatura nobile, limpida e candida è qualcosa di più che la «delizia degli occhi per un pubblico abituale di viveurs».

Lei è morta in bellezza – e cioè nella completa indifferenza di coloro che avevano partecipato al suo assassinio.

Annie Kalmar,93 riposa in pace!

Peter Altenberg

Vienna, giugno 1901.

I NERVI

Puoi comandare ai tuoi nervi?!

A questa «entità inconscia», «geniale», al di fuori di te, che governa in te?!

Tu hai la tua intelligenza, hai la tua anima,

ma i tuoi nervi, vedi, questa elettricità del mondo intero in miniatura,

che è in te,

quelli non li hai!

Perciò non puoi dire, che sia tu uomo o donna:

Io amo!

Sai tu, se i tuoi nervi sono d’accordo?!

Forse sono molto adirati per questo, irritati, e ti dicono in segreto: «Abbiamo scelto per te una donna del tutto diversa, un uomo del tutto diverso! Ubbidisci!».

LO SPIRITO DELLA FAMIGLIA

«Dimmi, per piacere, che scopo ha tutto questo?!». «È un’amicizia quella?! Pardon, allora preferisco non averne, di amicizie!». «Se fossi in te tornerei a casa ancora più tardi!?». «Da un estremo all’altro!». «Belle soddisfazioni ci date, devo proprio dirlo!». «Come va? Compatibilmente con le circostanze!». «Se lo dice il medico, è così e basta!». «Sì, sul suo conto non c’è nulla da ridire, eppure – –». «Questo Kraus dev’essere un uomo amareggiato!».

«Quel Peter, quel Peter, finisce davvero col passare la misura!». «È proprio necessario che lei si occupi sempre e soltanto di se stesso, non le pare che il mondo abbia altri problemi!?». «Preferisco vedere un lavoro pregevole con attori scadenti, piuttosto che un cattivo lavoro recitato da un Girardi!94». «Non si sa mai, è meglio sapere dove si trova Costarica!». «O tutto o niente!». «Mia moglie è certo la migliore delle mogli, ma – –». «Mia figlia preferirei non darla proprio a nessuno!» «Non è quel che si dice una bellezza, ma è una ragazza brava e diligente!». «A tutto c’è un limite!». «Di me non si può certo dire che sono un meschino, ma – –». «Fra dissoluto e volgare c’è ancora, vi prego, una piccola differenza!». «Bisogna dunque passar sopra a tutto?!». «Me lo ricordo ancora ai tempi in cui era lui a salutarmi per primo!».

IL VASO

«Signorina Paula, com’è stato dunque, il suo amico dice di aver pensato a quale dei suoi vasi di creta preferiti poteva eventualmente rinunciare, e poi di averlo regalato a lei?! Secondo me avrebbe dovuto regalarle proprio quello al quale era particolarmente affezionato!?».

«Mi dica, signore, qual è la sua professione?!».

«Impiegato!».

«Allora lei può rischiare qualcosa di simile senza pregiudicare la sua professione. Il mio amico è un “poeta”, deve lavorare per l’umanità, e la perdita di uno dei suoi vasi preferiti potrebbe sensibilmente disturbare il suo lavoro!».

«Lei difende ancora questo crasso egoismo?!».

«Sì, è un egoismo che torna utile a migliaia di persone!».

FOGLIO DI DIARIO DI P. SCH.

Mio padre è morto a S. all’età di quarantun anni. Io avevo tredici anni.

Ho ereditato i suoi nervi malati.

Sono felice che la mia anima malata e indescrivibilmente sensibile sia la sua eredità, della quale soffro.

Sono la continuatrice di colui che non è più!

Mia madre dice: «Era un uomo buono!».

Ma, guarda, io lo porto in me con lacrime ignare!

Non dico nulla di lui, poiché lo conoscevo appena!

Ma tutto ciò che sono e soffro

parla di lui!

Egli era malato, e io sono malata,

mia madre è sanissima.

Allora mi rifugiai presso il poeta,

che per la sua stessa missione è anch’egli malato

in tutto e per tutto!

L’ANIMA INFANTILE

Portò a teatro la sua dolce, deliziosa bambina di quattro anni per vedere Biancaneve. Era molto preoccupata a causa dell’agitazione psichica del delicato organismo infantile. Quando apprese che nel bosco non sarebbe stata uccisa Biancaneve, ma solo un capriolo in vece sua, si sentì molto sollevata. Allora la bimba di quattro anni disse: «Oh no, se proprio non posso vedere quando ammazzano Biancaneve, il capriolo almeno lo ammazzeranno davvero davanti a noi?!». E al momento in cui la malvagia matrigna doveva ballare con le pantofole roventi, disse: «Finiranno di nuovo col raccontarcelo soltanto!».