PRÒDROMOS
1906
Un titolo immodesto. Nel titolo è celato quel che ho voluto. E nel contenuto ciò di cui non sono stato capace. Il presente lo biasimerà, pardon, lo deriderà. Ma il futuro resterà serio e pensoso. Un segnavia non è una meta. Ma un segna-via!
La maggior parte degli esseri umani raggiunge solo in rari momenti della vita il culmine del tono nervoso, delle energie vitali, della capacità emotiva che ad essi è possibile raggiungere. Quando si vestono per andare al primo ballo; quando sfiorano per la prima volta una mano amata; si va a teatro; domattina presto partiamo; lui viene, sta venendo; fidanzamento; denaro inaspettato; la morte di una persona amata. Allora diventano momentaneamente, nel loro intimo, degli artisti, creature esultanti, gementi, frementi di gioia e dolore, esseri che si struggono! Gli artisti invece toccano sempre quei culmini. Ogni cosa li fa fremere, esultare e gemere. Il destino del mondo riecheggia in loro, e chiunque si getti nel Danubio è il loro figlio assassinato! Cinquanta volte al massimo durante la tua esistenza, uomo fiacco e inerte, diventi un sensibile uomo-artista!
Quell’altro invece lo è perennemente, fino all’ora della sua morte, è un essere che esulta e geme, che si strugge per poi rinascere!
Giocavo in silenzio a domino con una fanciulla. Vedevo che impallidiva ogni volta che vinceva; ma riacquistava il colore quando perdeva e vincevo io. Giocavamo senza posta.
«Mizzi l’ha tradita con il signor von T – – – –» mi disse più tardi un menagramo con aria esultante.
«No» dissi io. «Impallidisce forse giocando a domino se lui perde e riacquista il colore se lui vince?! Allora!».
Pensare giustamente, sognare giustamente, significa anticipare nella maniera intellettuale e spirituale più comoda e lieve gli sviluppi che, in embrione, attendono con ansia difficili parti secolari. Colui che vede e sogna la pace dell’umanità, deve portarla nella propria organizzazione come possibilità latente! Nessuno crede veramente a qualcosa senza sentirla come realizzabile in qualche modo in se stesso! Solo da ciò egli attinge le proprie sognanti energie!
Chi crede davvero alla futura possibilità di volare, deve già sentire in sé inaudite, eccezionali elasticità. «Io volo quasi».
Essere scettico significa semplicemente non recare in sé alcun germe di futuri sviluppi!
A diciannove anni avevo una relazione con una giovane e stupenda «donna perduta». Ma sebbene, com’è ovvio, chiunque potesse averla per poche corone, tuttavia nessuno dei miei amici e conoscenti andò mai con lei. In questi ambienti si tutelano e si rispettano ancora i diritti dell’anima!
Estetica è dietetica! Bello è ciò che è sano.
Tutto il resto è eresia.
«Vado da lui, mi getto tra le sue braccia, ci vado immediatamente – – –» disse Anna al suo infelice amante.
«Va’ pure, Anna! Ma gli auguro di essere felice con te almeno tanto quanto lo sono io quando avvicino alle mie labbra il manico del tuo ombrello – – –».
Allora lei disse diventando pallida: «Non ci vado –».
IL TEMA DI TEDESCO
Il «tema di tedesco» del liceo è l’infelicità della vita che vien dopo.
È una «debolezza spirituale» poter godere l’essenziale e il pregevole di una cosa solo sotto forma di brodaglia del superfluo!
È la funesta capacità di macinare in un articolo una frase aurea, monumentale; di allungare uno schizzo e farne una novella come la cuoca con la pasta per lo strudel, di trasformare una scena pregnante in una insipida commedia!
È l’orrenda capacità di conversare per ore anziché tacere per ore e comunicare dolcemente in un minuto tutto l’essenziale!
La parsimonia, dice Bernhard Shaw, è la virtù delle virtù!
Fino al momento in cui lessi questa frase avrei esitato a propagare questa tesi come una mia peculiarissima cognizione che possiedo ormai da venticinque anni! Sono davvero felice di aver scoperto ora la stessa opinione in un autore al quale comunque si presterà più fede che a me!
La parsimonia è la virtù delle virtù!
A una natura d’artista bisogna credere con più amore che a qualsiasi altra, poiché proprio questa natura sente le perdite di energia vitale sotto l’aspetto psicologico, spirituale, fisico ed economico con più profondità e tragicità di quelle nature le cui forze di produzione sono orientate verso risultati di minor valore!
Un francese l’ha così splendidamente espresso: «Être artiste, c’est tout simple – – le minimum d’effort et le maximum d’effet!».
Sobrio e conciso!
Ma noi apprendiamo l’orrendo superfluo nel liceale «tema di tedesco»! Questo dono di Danae del bello stile, dell’armonia della lingua ci perseguita in tutte le nostre manifestazioni psicologiche e spirituali!
La brava donna di casa è la sola ad avere conservato la capacità di guardare con fastidio l’osso della bistecca!
Noi invece ci siamo abituati a pagare e a mandar giù allegramente assieme al digeribile nutrimento dello spirito una quantità di ossa indigeste e di altro ciarpame!
Superate il «tema di tedesco» del liceo, voi che siete stati consegnati alla vita come maturi!
Vi esoneriamo per sempre dalle introduzioni e dalle chiuse e da tutti i raffronti col Medioevo e col mondo antico!
Mira, pronto, fa’ centro!
Penso che il lettore aspetti da tempo un simile modo di esprimersi – – solo lo scrittore non ne ha ancora il coraggio! La parsimonia è la virtù delle virtù, dice Shaw.
ALCOOL
Sono un fanatico antialcolista, ma soltanto nel senso di Tolstoj: Se gli uomini vivranno un giorno in modo davvero sano, saggio, cosciente, se sapranno distinguere con certezza il bene dal male, allora, nella loro geniale sobrietà, potranno rinunciare all’alcool. L’alcool, gruccia del paralitico! L’alcool è il narcotico che non ci fa accorgere quanto ci allontaniamo, vegetando, dai nostri più profondi, ineluttabili ideali! Che non ci fa disperare anzitempo! L’alcool ci lascia il tempo – – – di decidere il suicidio! I soldi spesi in più del dovuto, la donna non amata né adorata e tuttavia stretta fra le braccia, l’ora rubata al necessario sonno, il cibo ingerito in quantità eccessiva, tutto, tutto ciò che non rappresenta il sacro necessario nell’economia dell’organismo naturale deve essere cancellato con l’alcool dalle nostre menti contrite! La malinconia per le nostre colpe, insipienze e debolezze dev’essere spazzata via da birra vino e acquavite! Se bevi un bicchiere di birra ti diventa indifferente la donna goduta senza amore, il denaro speso inutilmente e tutto il martirio dell’esistenza! La birra sconfigge, spazza via gli umori più tetri. È arrivata la bolletta dell’affitto o il conto del sarto. Ma al quarto boccale di Löwenbräu dico in faccia al padrone di casa le ingiurie più orribili, nel mio intimo naturalmente, scaravento giù dalle scale il sarto, sempre nel mio intimo. E persino l’amante si prende un calcio, nel mio intimo. La birra sconfigge ogni amore infelice.
L’alcool colma il terribile abisso fra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere! Che dovremmo diventare! Quando la scimmia si accorse che poteva diventare un uomo cominciò a sbronzarsi, per spazzar via il dolore del suo «Essere ancora scimmia». Quando l’uomo si accorse di poter diventare divino, cominciò a sbronzarsi, per spazzar via il dolore del suo «Essere ancora uomo». Date all’uomo l’attività – spirituale o materiale – che gli compete, la donna che gli compete, il cibo che gli compete, la tranquillità che gli compete – – – e senza accorgersi capirà che «ottima è l’acqua».81
L’alcool compensa le nostre insufficienze! Quanto più sufficienti siamo, secondo i piani di Dio, tanto meno abbiamo bisogno dell’alcool. L’alcool è il metro della malinconia dell’idealista. Bevendo spazzo via il non poter essere ancora divino!
NATURALISMO E ROMANTICISMO
Ci accorgiamo solo a poco a poco che il «fiore azzurro» dei romantici cresce realmente nei campi reali – – – la campanula, il fiordaliso, il nontiscordardimé eccetera, eccetera, e che questi fiori sono più belli, più graziosi, più trasognati e dolcemente misteriosi di quelli che allignano nel ridicolo humus del paese dei sogni – – –! Essere ancora capaci di scoprire l’«ideale» nel «reale» – – – questo soltanto significa essere veramente un romantico!
PRESIDENTE DELLA GIURIA
Accadde in una piccolissima città di provincia, io ero presidente della giuria. Tutti contadini. L’imputata era una madonna di diciassette anni. Aveva partorito nella stalla. Nel momento del dolore si era appoggiata alla parete della stalla. Il bambino, come lei disse, era caduto direttamente sul pavimento di pietra. Si era schiacciato il cranio. Nessuno le credette.
Il seduttore sedeva nella sala del tribunale.
Come ha da essere un seduttore – – – bello e brutale, perfido fino al midollo. Che gliene importava?! Non avrebbe lei forse –!?
I miei colleghi contadini mi dissero: «Già, caro signore, lo sappiamo bene. Siamo ignoranti, noi, ma queste cose le capiamo. È una donnaccia! Sono tutte uguali. E vorrebbe farci credere il contrario. È una canaglia!».
Allora, messo alle strette, dissi a quegli zoticoni: «Signori, per mesi ha cucito il corredino. Con zelo e diligenza ha cucito il corredino, signori. Il corredino – – – riflettano; per mesi – – –!».
La parola «corredino» è quasi come un purgante, ha un effetto blando e risolvente in caso di stipsi dell’anima.
Le teste contadine pensarono:
«Se ha davvero cucito il corredino fin da principio – – –?!?».
E così ebbe solo due anni, per omicidio colposo.
Il seduttore sedeva lì, bello e brutale, perfido fino al midollo. Che gliene importava?!? Non avrebbe lei forse – – –.
INDIVIDUALITÀ
Quando nel 1896 uscì il mio libro,82 si accese, fra le poche persone che ad esso si interessarono, una disputa sul problema se si dovesse porre l’accento su «Il mio modo di vedere» oppure su «Il mio modo di vedere»!?
Ebbene, la seconda accentuazione è l’unica che ritengo giusta.
Ché, per quanto una individualità si giustifichi o sembri giustificarsi in una maniera o nell’altra, essa può essere soltanto un primo momento che precorre una qualche evoluzione organica dell’umano in genere, la quale risiede comunque nell’ordine naturale della possibile evoluzione di tutti gli uomini!
Essere l’«Unico» non ha valore, è solo un brutto scherzo che il destino può giocare a un individuo.
Essere il «Primo» è tutto! Poiché il primo ha una missione, è una guida, è colui che sa, tutta l’umanità lo segue! Dio lo ha soltanto mandato avanti!
In tutti gli uomini si cela, profondamente nascosto, un tenero, triste ideale di poeti sognatori. Tutti gli uomini saranno un giorno esseri delicatissimi, teneri e affabili, e ameranno la natura, la donna e il bambino con l’attenzione e la tenerezza di un esaltato cuore di poeta.
Il poeta non è mai l’«Unico». In tal caso non varrebbe niente, sarebbe solo una bizzarria dell’anima! Egli è il «Primo». Il poeta sa e sente che gli altri lo seguono poiché portano, celati in sé, i germi della sua stessa anima!
Non si deve quindi intendere: «Il mio modo di vedere».
Bensì: «Il mio modo di vedere»!
Vera individualità significa essere prima da soli ciò che poi devono diventare tutti, tutti! Falsa individualità significa essere uno scherzo fortuito della natura, come un capriolo bianco o un vitello con due teste. A chi potrebbe mai servire?!? Starebbe bene soltanto in una galleria delle stranezze dell’umanità!
PORTA A PORTA
E io ti diedi la mia parola che non sarei entrato.
Allora tu, cedendo alle mie preghiere, lasciasti aperta la porta che comunicava con la mia stanza.
Fuori la strada ghiacciata del bosco era immersa nel chiarore lunare e la tempesta saliva cantando dal Mürztal verso la nera foresta di pini del Göstritz.
Io stavo in ascolto sdraiato sul letto.
Ero sdraiato e piangevo.
Di quando in quando, a lunghi intervalli, tu tossicchiavi. Forse per l’aria notturna di montagna, alla quale non eri abituata.
Con indicibile mestizia salutavo quel rumore delicato, unico segno della tua presenza.
La tempesta saliva cantando dal chiaro Mürztal verso la nera foresta di pini.
Ogni tanto tu tossicchiavi.
Io stavo in ascolto, sdraiato sul letto.
Ero sdraiato e piangevo.
Lentamente – trascorse – la notte.
Al mattino dicesti: «Perché non è venuto?!?».
«Se fossi venuto lei mi avrebbe ingiuriato, cacciato via – – –».
«Che importa?! Il suo desiderio sarebbe stato più forte del giuramento!».
IL TOPO
Andai ad abitare nella tranquilla cameretta al quinto piano di un vecchio e decoroso albergo cittadino, portando con me due paia di calzini e due enormi bottiglie di slìvoviz per ogni evenienza.
«Scusi,» disse il cameriere «devo mandare a prendere il bagaglio?!?».
«Non ne ho» risposi semplicemente.
E lui: «Desidera la luce elettrica?!».
«Ma certo».
«Costa cinquanta centesimi per notte. Ma può anche avere solo delle candele» disse il cameriere, date le circostanze.
«No, desidero la luce elettrica».
Verso mezzanotte sentii rumore di carta da parati graffiata e strappata. Poi arrivò un topo, si arrampicò sul lavabo e lo esplorò, fece varie evoluzioni, quindi riguadagnò il pavimento, poiché la porcellana non faceva al caso suo, anche se non aveva piani precisi e di vasta portata; comunque, date le circostanze, ritenne alla fine abbastanza propizia l’oscurità sotto il comò.
Al mattino dissi alla cameriera: «Senta, stanotte c’era un topo nella mia camera. Bella pulizia!».
«In questo albergo non ci sono topi, ci mancherebbe altro. E poi da dove dovrebbero venire i topi?! Comunque non permettiamo assolutamente che si dica di noi una cosa simile!».
Per conseguenza dissi al cameriere:
«La cameriera è una creatura insolente. Stanotte c’era un topo nella mia stanza».
«In questo albergo non ci sono topi. E poi da dove dovrebbero venire i topi?! Comunque non permettiamo assolutamente che si dica di noi una cosa simile!».
Quando entrai nella hall, il signor portiere, il signor sguattero, le altre due signorine cameriere e il signor direttore mi guardarono come uno che va ad abitare in un albergo con due paia di calzini, due bottiglie di slìvoviz e vede topi che non ci sono.
Inoltre, sul mio tavolo era aperto il mio libro Ciò che mi porta il giorno e una volta sorpresi la cameriera mentre lo leggeva.
In queste complicate circostanze la mia credibilità in fatto di topi risultava abbastanza scossa. In compenso mi ero conquistato almeno una certa aureola e nessuno litigava più con me, sorvolavano addirittura sulle mie piccole debolezze, chiudevano un occhio, si comportavano insomma in modo straordinariamente generoso, come se fossi un malato o comunque una persona che va trattata con particolare riguardo.
Il topo però ricompariva ogni notte, graffiava la carta da parati e spesso s’arrampicava sul lavabo.
Una sera comprai una trappola per topi completa di lardo, esibii lo strumento passando davanti al portiere, allo sguattero, al direttore, al cameriere, alle tre ragazze delle pulizie, e piazzai la trappola nella mia stanza. La mattina dopo il topo vi era caduto dentro.
Pensai allora di portar giù la trappola con grande nonchalance. La cosa avrebbe parlato da sé.
Ma per le scale mi venne in mente come si inaspriscono gli uomini quando gli si dimostra che hanno sbagliato, tanto più che un topo non dovrebbe trovarsi nella hall di un albergo dove di topi «non ce ne sono assolutamente»! Inoltre ciò avrebbe notevolmente scosso la mia aureola di uomo senza bagaglio, con due paia di calzini, due bottiglie di slìvoviz, un libro intitolato Ciò che mi porta il giorno, e che vede di notte topi inesistenti; anzi sarei subito precipitato nella imbarazzante categoria dell’ospite saccente e volgare. A seguito di tali riflessioni feci sparire il topo nel luogo più appropriato e rimisi la trappola vuota sul pavimento della mia cameretta.
Da quel momento in poi fui trattato con un riguardo ancora più affettuoso, per nessun motivo volevano irritarmi, erano cedevoli e solleciti con me come con un bambino ammalato. Quando finalmente me ne andai, tutti mi salutarono con simpatia e affetto, benché avessi come bagaglio soltanto due paia di calzini, due bottiglie vuote di slìvoviz e una trappola per topi!
ASCENSORE
Per me l’ascensore continua a essere un «Mistero».
Non sono così stupido da guastarmi il piacere della civiltà moderna con una facile assuefazione ai suoi benefici!
Continuo a sentire il misterioso superamento delle scale, il risparmio di energie per le articolazioni del mio ginocchio, per il mio cuore, per il mio tempo, ahimè! niente affatto prezioso, come un che di miracoloso.
La porta del mio ascensore si chiude lentamente da sé, cosa che certamente risulta fastidiosa per la gente che arriva con pacchetti o cestini, mentre per uno scrittore è piuttosto gradevole.
Non so a quale sorta di macchinario è appeso il mio ascensore. Apprendo solo a volte dal portiere che oggi qualcosa non funziona del tutto o che c’è l’elettricista. Non capisco tuttavia né quale catastrofe sia in atto né cosa sia un elettricista. Entrambe le cose sembrano comunque collegabili con l’eventualità di un pericolo mortale.
Orribile è trovarsi in ascensore con un estraneo. Ci si sente obbligati a far conversazione e si pensa spasmodicamente di piano in piano a qualcosa da dire. Un imbarazzo e una tensione come all’esame di maturità. Il viso assume un’espressione di rigida fissità. Alla fine si dice: «I miei rispetti!» col tono di chi ha stretto una amicizia per la vita.
Perciò, per evitare tutte queste seccature, non torno mai a casa prima delle sei del mattino. Quando l’ascensore non funziona ancora.
INGRANDIMENTO GROTTESCO
Oscar Wilde scrisse di uno scrittore assassino: «Spero che le emozioni che il signor D. ha provato mentre assassinava la moglie abbiano un effetto purificatore sul suo stile!».
AMORE DI POETA
Gmunden, mia patria per eccellenza a questo mondo, con quanto amore mi tratti, sempre offrendo e dispensando, e accettando nella tua tacita, pacifica bellezza le effusioni del mio cuore! Senza di me tu sei un morto paese di sogno, senza di te io sono un morto sognatore. Io evoco in te, tu evochi in me sognanti vitalità!
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Dio pensa nel genio, sogna nel poeta e dorme nella restante umanità.
*
Attraverso le «cartoline illustrate» arriva un po’ più di amicizia in questo mondo così duro e difficile da sopportare.
Su una cartolina illustrata lui può scrivere apertamente: «La ricordo!».
E lei rispondergli: «Saluti da B.».
Che felicità per lui!
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Si scrive perché un altro possa leggere.
Una scrittura poco chiara è perciò qualcosa di insensato.
«Lei ha una scrittura esageratamente chiara» mi disse una volta uno psicologo.
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Un aforisma è qualcosa che risparmia allo scrittore un saggio esplicativo, ma che, proprio per questo, provoca nel lettore il massimo shock.
*
«Quando mi sentii invecchiare, cominciai a eseguire per lui stupendi lavori di ricamo. Così mi dedicavo a lui con le mie forze attuali come, in modo diverso, ai tempi della mia fiorente giovinezza.
«Ho detto a quelle che sono venute dopo di me: “fate attenzione, quando coi vostri teneri piedi nudi calpestate il suo scendiletto. Poiché l’ho ricamato con le mie lacrime – – –”».
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Alcuni animali non sopportano la prigionia e, nonostante le «cure più assidue», muoiono.
Solo alcuni animali?!?
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Educare una persona significa poter trasformare le sue cose sessuali in faccende spirituali! La ri-trasformazione avviene poi da sé.
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Quando una donna continua a non accettare la corte di un uomo che da anni nutre per lei un desiderio sconfinato, lo fa soltanto perché non vuole deludere il suo nobile spasimante!
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La mia mamma mi disse: «Mi sono sposata a sedici anni e ho partorito cinque figli. Sono stata fedele a mio marito. A che pro ho ricevuto in sorte le mie due meravigliose mani e i miei due meravigliosi piedi?!? Per il mio compito sarebbero bastati esemplari più scadenti – – –».
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BORDELLO
«Prima di ritirarmi in camera col suo amico ricco, signor poeta, voglio ballare ancora per lei il suo amato Kake-Walk. È quanto di meglio io abbia da offrirle. Non lo invidi. Lui si prende soltanto i miseri resti – – –».
NOTTE D’ESTATE A VIENNA
Dopo le fatiche e le umiliazioni dei guadagni ottenuti con fiori e champagne nel «Giardino inglese», le ragazze, ormai libere signore, vengono al caffè per il proprio piacere, come trasformate all’istante in principesse da servizievoli schiave che erano. Nessuno può più pensare di loro: «Creature invadenti» o addirittura dire apertamente: «Per favore, non ci dia fastidio!».
Ormai trasformate in signore, dispensano i loro favori secondo umore e volontà. Dalle tre del mattino il Signor Karl suona il suo dolce, soave violino. Wally comincia a ballare, e così pure Steffi e Tertschi. Ognuna è perfetta a modo suo. Wally balla come un’anima malata e appassionata vorrebbe ballare fino allo stremo, per liberarsi. Spesso ha le lacrime agli occhi e sembra invocare aiuto. Steffi balla con selvaggia, meravigliosa, instancabile energia infantile. Tertschi balla come le dolci ragazze viennesi rappresentate nel bassorilievo del monumento a Strauss e Lanner nel parco municipale. Sembra una modella per i meravigliosi e delicati bassorilievi di Seifert. Soprattutto l’espressione del viso. Così trasognato per la gioia della danza.
Piene di sogni romantici e dolci chimere, di desideri irrealizzabili e soavità: sono fatte così. La grazia artistica si libera in queste ragazze al suono del Kake-Walk e della mazurca polacca. Si capisce che possano precipitare e sfracellarsi negli abissi con eroico amore della spensieratezza, senza un lamento, e tuttavia stupite del proprio destino.
Esiste qualcuno che vuole salvarle, proteggerle, assisterle?!?
Chi mai dimostra rispetto e riverenza per le loro qualità artistiche?!?
L’uomo è ottuso, torpido e inerte nella sua anima stanca e delusa.
Queste ragazze vanno in malora. Vanno in malora per le colpe che le peggiori di loro hanno commesso nei riguardi dell’uomo. E l’uomo si vendica – sulle migliori.
Inoltre al giorno d’oggi ognuno si vergogna di essere entusiasta, di uscire per un attimo dalla propria riservatezza, insomma di essere fuori di sé! Nella lotta per l’esistenza ognuno ha da qualche parte una meschina dignità da salvare, una posizione acquisita da tutelare! Tutti han da sacrificare a una menzogna la propria autenticità!
L’uomo trascura una sola cosa: la dignità del suo entusiasmo per gli altri! Nessuno ha il coraggio di intuire e scoprire in queste ragazze una profonda natura d’artista. Esse non sono ancora, appunto, «ditte affermate» come Cleo, Otero, Cavalieri, Paquerette.83 Non si ritiene opportuno impegnarsi per le ragazze dei fiori e dello champagne. Le si seduce e le si sfrutta, per poi buttarle via come gusci di gambero e scorze di limone. Vile, ipocrita genia degli uomini! Avete il coraggio di entusiasmarvi solo per le stelle pagate a dismisura? Perché? Solo perché un direttore di Variété le paga 6000 corone al mese? E questo, questo vi spinge, o teste vuote, a far debiti e a commettere delitti?
Alle tre del mattino Wally, Steffi, Tertschi si esibiscono gratis in modo indescrivibilmente commovente per gli spettatori che si trovano nel caffè.
Non c’è diva di cabaret che le possa eguagliare. Si vivono destini umani. Il silenzioso affanno dell’anima e subito dopo la stridente disperazione. Tutto è provocato dall’alcool e dalla musica. Reso libero nell’anima asservita!
Negli intervalli il dolce, tenero violino canta: Madrigal e Ouvres tes yeux bleus e Sul più bello bisogna dirsi addio.
Tertschi, hai gambe bellissime e delicate, e i più bei piedi del mondo, e la più dolce grazia viennese.
Wally, balli i dolori dell’anima e le sue pene.
Steffi, sei la regina della danza in sé, quando esulti con nobili movenze, solo allora diventi te stessa!
La mattina fra le tre e le cinque dispensate la vostra nobile natura artistica! Nel «Giardino inglese» eravate impiegate, commesse, schiave. Qui siete libere signore, così, senza desideri e senza secondi fini. Nobili, dolci, geniali ballerine! Vi ringrazio e vi benedico!
DAL DIARIO DI UNA DOLCE FANCIULLA DI VIENNA
Voglio tanto bene a Peter, quando non è qui. Gli voglio più bene che a chiunque altro. Ma appena è qui non lo sopporto più. È talmente faticoso per noi, come quando un pesce è costretto a respirare nell’aria!
È una strana sensazione.
Non si capisce come la pensa.
Ci vuol bene, non ci vuol bene?!?
Nelle lettere, è veramente l’incomparabile Peter, proprio lui in carne e ossa! Alle parole che scrive si crede alla cieca, ma non a quelle che dice – – –.
Il fatto è che solo quando scrive è il vero Peter! Dopo una sua lettera, pensando a lui ci si commuove! Ma appena viene, addio!
In una lettera chiede, per esempio, una giarrettiera lilla che ho portato a lungo.
Quando si leggono quelle parole appassionate si vorrebbe consegnargli subito la giarrettiera con gioia e felicità.
Ma quando viene di persona, gli si dice immediatamente: «No, la giarrettiera non la do a nessuno. Perché dovrei?! Del resto, che te ne fai?! È una stupidaggine. E poi, non mi va – – –».
«Non fa niente,» dice lui «pensavo che potessi rinunciarvi. Te ne avrei regalata una nuova, meravigliosa – – –».
«Non ho bisogno di una nuova giarrettiera. Preferisco tenermi quella vecchia – – –. Non farmi venire i nervi – – –».
È appena uscito che già lo si vorrebbe chiamare indietro, e regalargli la giarrettiera con immensa gioia.
Ma non lo si fa, non lo si richiama indietro, non gli si regala mai la giarrettiera. Piuttosto si pensa: «Trascorrerà delle ore tristi per colpa mia – – – povero, dolce Peter – – –».