COS’È UN POETA?
Sul «Gänsehäufel», un isolotto del Danubio, vide una giovanetta sconosciuta, molto alta e snella, capelli castani dorati sciolti sulle spalle, mani e piedi lunghi, sottili, un costume da bagno di seta giallo ocra sul corpo abbronzato come quello di una mulatta.
Egli non la poté mai, mai, mai più dimenticare.
In una troupe di acrobati giapponesi vide una bimbetta di cinque anni, carnagione gialla, nasino schiacciato, capelli neri come una parrucca. Un giocattolo vivente!
Egli non la poté mai, mai, mai più dimenticare.
Lesse di una meravigliosa tiratrice di scherma, di famiglia ricca e stimata, che a Venezia, senza motivo, all’età di diciannove anni, si era buttata dalla finestra della sua stanza al terzo piano ed era morta.
Egli non la poté mai, mai, mai più dimenticare.
Aveva una donna accanto a sé, proprio accanto a sé, vicinissima, giorno e notte.
Quella invece la poté dimenticare, dimenticare, dimenticare!
VARIÉTÉ
«Sei uomini straordinariamente forti e una ragazza sedicenne, dal viso splendidamente raggiante, la figura come quella di un nobile giovinetto. La lanciavano in aria come una palla di gomma, la riprendevano abilmente dopo innumerevoli evoluzioni sulle spalle erculee. Tuttavia si trepidava ogni volta per le sue membra fragili, delicate, indescrivibilmente commoventi. Lei aveva uno sguardo estatico, si lasciava volteggiare in aria e riprendere, e se per caso fosse stata scaraventata al suolo e uccisa, spezzata, schiacciata, non avrebbe emesso un lamento! Sarebbe morta con lo stesso sguardo estatico. Un conte pensò: “La sottrarrò ai suoi torturatori e al suicidio. La proteggerò, avrò cura di lei, la difenderò!”. Ma allora lei avrebbe subito perduto la sua espressione splendidamente raggiante e quel suo dolce, nobile, eroico sguardo, come di un guerriero che sul campo di battaglia è pronto in ogni momento ad affrontare la morte! Poiché ormai “vivere senza onore” non ha più senso! Oh, signorina, pensi a quel povero redattore di giornale a cui non fu concesso di pubblicare quel pezzo in cui diceva quanto avrebbe desiderato inginocchiarsi davanti a lei! E che invece dovette scrivere: “Un vero record di acrobatismo ci ha offerto la giovane figlia del direttore della troupe. Una fusione mirabile di forza e grazia – – –. Il pubblico, infatti, al termine dell’esibizione, l’ha ricompensata con fragorosi applausi!”. Oh, umanità, vergognati di avere ancora l’“animo di chi gode della corrida”, senza pietà e senza amore, vergogna! Signorina M., le sue membra nobili e delicate valgono di più delle urla entusiastiche di una folla senza cuore. Dio la protegga, tenerissima creatura, nella sua professione cosi densa di pericoli! E possa, alla fine, salvarla un conte!».
LETTO DELL’INFERMO
Stavo di nuovo per morire. Uno mi inviò un barattolo di vetro con piedino di vitello in gelatina, invece di mandarmi la sua giovane e bella amante che in ogni caso avrebbe potuto salvarmi prima dei piedini di vitello! Il barattolo aveva un tappo misterioso, inapribile. Perciò non aveva alcuna importanza che esso dovesse rimanere in ghiacciaia due ore prima dell’apertura. Un altro se ne venne tutto pieno di comprensione e discusse con me abbastanza minuziosamente se dovesse piantare o no la sua ragazza, dal momento che, come sapevo –. Parlammo a lungo della cosa e alla fine egli disse che si era accorto che non lo stavo a sentire. In conclusione aggiunse: «Hai dei forti dolori?! Strano che questi attacchi ritornino così spesso negli ultimi tempi. Comunque ci vedremo forse domani in trattoria. Lì potremo continuare il nostro discorso». Venne una signora alla quale comunicai che aveva le più belle orecchie e le più belle mani del mondo. Lei disse che anche nell’ora della morte restavo un poeta, un vero artista. Un altro venne e lasciò cadere la cenere della sigaretta sul mio comodino di bambù, accanto al grande, profondo portacenere. Uno mi portò via un libro, col pretesto che nelle mie condizioni non avrei comunque trovato la necessaria concentrazione per leggerlo. Uno disse che non dovevo lasciarmi andare, che dovevo farmi forza per vincere la malattia. Per carità, dove sarebbe andato a finire lui se ogni volta, per curarsi dei suoi malanni, si fosse messo a letto? Una giovane signora scrisse: «Stimato maestro, ho saputo che lei è gravemente ammalato. Posso pregarla di darmi un autografo?!». Quando fui guarito, qualcuno mi disse: «Allora, Peter, eterno scontento, questa volta te ne sarai accorto anche tu, hai visto da quanta simpatia e sincera amicizia sei circondato nei momenti difficili?!». Io guardai commosso dinanzi a me – ossia pensai: Criminali e imbecilli!
TESTI DI CARTOLINE ILLUSTRATE
Rococò
In quel tempo vivevano uomini che della vita non sapevano come è veramente e semplicemente!
Essi vivevano in un «finto paese di fiaba» – –.
Infatti, il «vero paese di fiaba» è il romanticismo di un campo di patate in una vera notte di luna! Finché i cuori infantili degli uomini non sono ancora maturi per il serio «romanticismo della natura stessa», essi vanno in cerca di «trastulli infantili»! Ma questi «traviati» almeno cercavano una strada, che infantilmente smarrirono. Di questo almeno dobbiamo dar loro atto!
A distanza di anni ci prende una inesprimibile gratitudine per la donna che «amammo di un amore infelice» – – –. Da borghesi di stretta osservanza ci trasformò infatti in poeti trasognati, ci dischiuse le profondità del nostro cuore, ci elevò ad «eroi della tragica interiorità»! Ci diede le nostre lacrime, bandì il vuoto sorriso! Sia dunque lodata e ringraziata!
La signorina Barbara von G.
«Nulla è venuto, nulla verrà per la mia anima – – –.
Ho aspettato, aspettato, oh, come ho aspettato –.
I giorni passeranno lentamente –.
E invano i miei capelli di seta biondo cenere ondeggiano intorno al mio pallido volto – – –».
Oltre i confini del cosmo volgesti pensosa lo sguardo;
mai fosti in apprensione per la casa!
Vita e sogno di vita – – – –
a un tratto tutto è finito – – –.
Oltre i confini del cosmo volgi ancora pensosa lo sguardo – – –!
Bufera di neve
Anima, come sei più bella, più profonda, dopo la bufera di neve – – –.
Anche tu la subisci, come la natura – – –.
E su entrambe aleggia ancora un’aria cupa, quando già le nubi si sono dissolte!
Qui c’è la pace – – – Qui piango tutte le mie lacrime, su ogni cosa. Qui si scioglie l’incommensurabile, inconcepibile dolore che brucia la mia anima. Guarda, qui non ci sono né uomini né case. Qui gocciola lenta la neve nelle pozzanghere – – –.
Qui lei cercò i primi boccioli e non li trovò. E io le dissi: «Queste umide macchie giallo verdi che la neve sciogliendosi discopre sono più belle dei fiori – – –». Allora lei guardò e comprese!
Fermati qui con la tua carissima amica e spia il suo viso – – –! Se lei prova le tue stesse sensazioni, allora puoi continuare tranquillo a percorrere con lei i campi della vita!
Cercavo una donna che amasse veramente la neve; e non la trovai! Le donne adoperano la neve soltanto per i loro sci! –
Hai visto il bosco dopo una pioggia torrenziale?!?
Tutto è fermo, luccica ed è più bello di prima – –.
Ebbene, o donna, anche tu hai bisogno di pioggia torrenziale!86
BOSCO D’INVERNO
Una bambina disse: «Non è vero, zio, che lì dietro c’è la strega cattiva che ruba i bambini?!». – «Certo» risposi; e mi scusai col bosco pacifico – – –. Certi uomini non vogliono la pace – – –. Cercano persino nel bosco la strega cattiva che ruba i bambini – – –. Altrimenti il bosco non avrebbe per loro alcun fascino!
Margherite nell’erba alta. Tutto fiorisce e respira pace! Ma per terra vivono e muoiono in silenzio centomila insetti. Solo l’uomo alza la voce e si lamenta del suo destino. Può egli mutarlo?! Sì. Egli può almeno piangere e gridare! E quando non ne fosse capace, amabilmente lo fanno per lui i poeti!
Parecchie donne non diverrebbero miserabili «fedifraghe» e «adultere» se solo fossero capaci di ristorare coi tesori della natura pacifica e misteriosa le loro anime logorate!
ALL’IMPERATRICE ELISABETTA D’AUSTRIA, REGINA D’UNGHERIA
Dove errasti senza posa, o donna trasognata?!?
«Lontano dalla menzogna!».
MANOVRE: TELEFONO DA CAMPO E BINOCOLO
«Lontano dalla mischia e tuttavia nel bel mezzo di essa! Proprio come i poeti!».
IL MIO LEITMOTIV DI VITA
«Non saltare mai un fosso, un ostacolo, se non si è proprio sicuri di arrivare dall’altra parte con grazia leggera!».
RIMEDI
Ho visto nella bacinella di cristallo di un fioraio due pesciolini rossi giapponesi, con enormi pinne trasparenti e occhi scuri e sporgenti; si muovevano con la grazia di moderne danzatrici, e tuttavia, riservati e tranquilli, nuotavano incontro al loro guardiano lungo la parete di vetro. Non riesco a capire come le ricche signore possano lasciarsi sfuggire questo tesoro della natura e non si procurino un piccolo branco di questi deliziosi animali. È vero che costano 16 corone ciascuno. Il fondo della bacinella dev’essere fatto di piccoli ciottoli che ogni due giorni bisogna tirar fuori e lavare in acqua calda. Come cibo ricevono soltanto la polvere «Piscidin» che viene sparsa sulla superficie dell’acqua. Si possono passare ore e ore dinanzi a questi splendidi, graziosissimi animali. Prestissimo apprendono a conoscerci e ad amarci. Molte donne potrebbero in questo modo essere salvate dai loro cattivi pensieri, dai cattivi istinti, e, soprattutto, dal loro pericoloso vuoto interiore e dalla noia. Andate, signore, e comprate dunque pesciolini rossi giapponesi!
GELOSIA
Lei era molto, molto malata. Il medico prescrisse mezzo litro di limonata calda, un panno di lana attorno al capo e lunghe sudate.
Ma lei era povera, e l’affittacamere presso cui abitava le poté dare soltanto una coperta leggera. Allora il poeta le inviò la sua coperta di flanella rosso verde che serviva anche a lui, e il suo amico, il barone, inviò una coperta di pelliccia di gatti selvatici da lui stesso abbattuti e della quale non aveva affatto bisogno.
Quando il poeta andò a farle visita, trovò la coperta di pelliccia a diretto contatto col suo corpo ardente, infuocato, mentre la coperta di flanella era appoggiata sull’altra. Le disse subito, abbastanza brutalmente, che considerava questo fatto un «tradimento», sia pure allo stadio iniziale.
Lei rispose: «Volevo poter carezzare continuamente la tua coperta con le mie tenere mani. Perciò l’ho messa sopra».
«Ipocrita! – – –» disse il poeta e se ne andò adirato.
Più tardi venne il medico e disse: «Signorina, le consiglierei di mettere sotto la coperta pesante di pelliccia e sopra la più leggera coperta di flanella; è più efficace!».
«No,» disse lei «questo non lo faccio». Quanto finalmente guarì, il medico disse di lei: «L’isteria di simili pazienti rende particolarmente difficoltoso il processo di guarigione. Devono imporre la loro ridicola e ostinata volontà persino nelle minuzie più insignificanti».
L’INFERMIERA ROSA SCHWEDA
Ho fatto molte esperienze e, com’è ovvio, ho molto sofferto nella mia professione d’infermiera. Ma la notte del 5 marzo come infermiera di Peter Altenberg è stata di tutte la più terribile e la più singolare. Il giorno prima avevo comprato e letto il suo libro Fogli illustrati della piccola vita.
E ora lo vedevo giacere lì, completamente abbandonato, divorato dalle sofferenze. Lo sentivo profondamente disperato per il suo declino. Il suo idealismo era crollato, rimanevano i ruderi. Io non compiangevo lui; ma i molti, moltissimi, ai quali sarebbero stati sottratti i frutti del suo spirito, e del suo grande cuore –.
Avevo la sensazione: «Cane, non puoi, non devi ancora crepare, hai ancora qualcosa da donare a noi poveretti, ci devi ancora illuminare, hai perfino il dovere di renderci migliori! Come fai ad andartene di soppiatto, o peccatore, senza aver prima espresso tutto per noi?!».
Così vergognosamente egoistici erano i miei pensieri su quel poveretto che si torceva dal dolore in quelle terribili, paurose ore della notte. Gli aggiustavo i cuscini, gli asciugavo il sudore della paura, ma mi sentivo profondamente amareggiata e irritata contro di lui! Lui, il soccorritore!
Chi, chi mai se non lui avrebbe dovuto conservarsi eternamente sano e vitale? E mentre pensavo alle opere di cui egli ci privava, assistevo di malavoglia uno sventurato malato che nei nostri riguardi non aveva il diritto di andarsene così alla chetichella e prima del tempo.
SERA D’ESTATE A GMUNDEN
Noi insoddisfatti delle azioni quotidiane, noi insaziabili dell’anima, volgiamo il nostro sguardo irrequieto, deluso ed errabondo alla sinfonia delle onde del lago, alla pace dei salici, alle piante acquatiche che si ergono sul fondo oscuro!
Volgiamo il nostro sguardo impassibile agli uomini con le loro minuscole tragedie e le loro enormi ridicolaggini; col tetro disprezzo non vogliamo avere niente a che fare e preferiamo che un mite sorriso sia la nostra corazza contro le loro miserie!
Ci piace osservare l’andatura di uomini nobili ed eleganti, la trama raffinata dei loro atteggiamenti, quella loro pacatezza così distinta! Un braccio sul bracciolo di una poltrona, una mano sull’impugnatura di un ombrello, sollevare il vestito quando piove, dolce, infantile gesto di una baccante durante un finale di quadriglia, impallidire in silenzio e in silenzio arrossire, l’odio muto e il muto amore e tutto l’andirivieni dell’esitante e pavida anima degli uomini – – questo, tutto questo vogliamo assorbire in noi ora per ora, a questo vogliamo attenerci!
Irrequieti, come spinti da Satana gli altri invece si affrettano verso mete destinate a deluderli, e la loro anima resta inutilizzata, si deteriora, avvizzisce, muore!
Ogni giorno porta una sera e nella baia presso il «Toscana-Garten» si ergono le canne, e i salici, e i noccioli che si chinano, e un uccello che s’invola, e antichi gradini di pietra che finiscono in ampi prati. Passano le nebbie, tu lasci cadere i remi, e nessuno, nessuno ti disturba!
RICORDO
Il parco del municipio profuma ora di nobili fiori e nobili arbusti. È fresco e ombroso. Ma allora era un prato grigio e sterminato, si camminava sugli stretti sentieri polverosi o pieni di fango. Un giorno sorse là una baracca di legno verde, il primo «panorama» ambulante di Vienna, detto «Der Rigi».87 C’era odore di lumini ad olio, io e il mio precettore sedevamo in prima fila su sgabelli di paglia. A1 suono di un organetto italiano ci sfilavano davanti il monte Rigi e tutti i laghi e le catene montuose. Poi a poco a poco si faceva buio e le finestre degli alberghi di montagna si illuminavano, mi piacevano quei nitidi profili con la luce che veniva da dentro. Partecipammo una volta al viaggio di prova del primo tram a cavalli, dallo Schottenring fino a Dornbach. Mi colpì che si scampanellasse di continuo, ciò che fino allora non succedeva nelle altre vetture. La gente riteneva che il tutto fosse piuttosto pericoloso e malcerto, e stentava a credere che un simile mezzo si sarebbe potuto affermare.
Le domeniche le trascorrevamo a Hietzing da «Domayer». Eravamo piacevolmente sorpresi dal fatto che nostro padre desse del tu al vetturino e indugiasse con lui in simpatici conversari. Ci sembrava un sovrano molto alla mano. Le mance erano enormi, quasi un idennizzo per il confidenziale tu.
Non c’è niente di più bello che tornare dalla campagna verso sera: si dorme come ghiri. Si maledice l’ora e il momento dell’arrivo, la carrozza è stata un letto stupendo. Ora bisogna salire le scale, spogliarsi, un lavoro indicibilmente fastidioso.
Le mele al forno avevano per noi una grande importanza. Il loro profumo si diffondeva per tutte le stanze. Ormai se n’è perduta l’usanza. Anche le castagne cotte a vapore, lucenti e dorate sul purè di cavoli verde scuro, erano una pietanza festiva che ora comincia ad estinguersi. Alla nuova generazione non importa nulla di tutto ciò.
Noi adoravamo i nostri precettori e le nostre governanti, e loro noi. I genitori avevano un ruolo secondario, più discreto, entravano in azione solo per avvenimenti eccezionali. Erano semplicemente il «tribunale supremo». Vivevamo «in un romantico idillio», perciò in seguito ci riuscì così difficile adattarci alla vita reale – – –.
AL PARCO PUBBLICO
Da bambini sedevamo tutte le sere coi nostri amati genitori nel Kursaal del parco pubblico. Ci portavano gelato e cialdoni, non avevamo pensieri. Ora sono anni che il babbo non compare più sulla soglia della sua confortevole stanza, e neanche la mamma esce dalla sua comoda bara. Io, ormai calvo e pieno di pensieri, me ne vado al parco pubblico, siedo sulla terrazza del Kursaal, allo stesso tavolo dove, spensierati, sedevamo un tempo coi nostri amati genitori. Ordino lo stesso gelato di quand’ero bambino, cioccolato e lamponi con molte cialde croccanti, freschissime dunque. Dinanzi a me, come allora, le aiuole, un po’ più variopinte, più originali. Vedo genitori coi loro bambini. Li rimproverano, alzano la voce. I nostri genitori non ci rimproveravano mai, non alzavano mai la voce. Forse era un male che non lo facessero, ma i loro prodotti li stimavano, avevano in noi una grande fiducia! Noi li abbiamo delusi; ma loro hanno accettato questo fatto come un destino, una fatalità. Non ci siamo mai accorti delle lacrime che hanno versato per noi – – –. Ed ora io, ormai calvo, pieno di pensieri, sto seduto di nuovo nel Kursaal del parco pubblico, sulla terrazza, allo stesso tavolo come un tempo coi miei amati genitori, e mangio come un tempo la stessa porzione di cioccolata e lamponi con molte cialde croccanti, freschissime dunque – – –. Le aiuole che vedo abbassando lo sguardo sono un po’ più variopinte, più originali. Ma per il resto nulla è mutato nel tempo trascorsco dal bambino sciocco all’uomo stanco! Vedo genitori che rimproverano i loro figli nel parco; i nostri genitori non ci rimproveravano mai; speravano che un giorno li avremmo ricompensati per la loro bontà; ma noi non l’abbiamo fatto. Abbiamo avuto una bella fanciullezza; così ci immergiamo nei ricordi, poiché non riusciamo a vivere del giorno presente. Abbiamo avuto genitori fin troppo miti, fiduciosi, rassegnati al proprio destino. È stata una maledizione e una benedizione! Ora possiamo riandare col pensiero a tempi passati paradisiaci – –. Non tutti coloro che hanno le tenebre dinanzi a sé possono ricordare con animo grato e pieno d’amore i tempi luminosi – – –.
UNA RELAZIONE VERAMENTE SINCERA
Lei sedeva presso una enorme finestra al pianterreno, che toccava quasi il suolo della polverosa, grigia, miserabile Dorfstrasse, e dalla mattina alla sera confezionava bluse con una bella e luccicante macchina da cucire. I suoi occhi avevano un’espressione disperata. Ma lei ne era del tutto ignara. Cuciva, cuciva, cuciva sempre. Era molto magra, inadatta per le tempeste del vivere che scuotono e spazzano via anime e corpi. Di sera mangiava la verdura fredda avanzata da mezzogiorno. Vedevo tutto ciò attraverso la enorme finestra al piano terra, e lei vedeva che io vedevo tutto.
Una sera se ne stava appoggiata al portone di casa. Disse: «Ho accettato un posto in una fabbrica di bluse nel quartiere di Mariahilf, non dovrò più lavorare privatamente in questa stanza solitaria».
Allora io pensai: «Dorfstrasse, Dorfstrasse, hai perduto il tuo fulgore, hai perduto la tua ricchezza!».
«Bisogna sempre cercare di migliorare la propria posizione, non è vero!?» disse lei. «A proposito, io l’ho vista sempre passare davanti alla mia finestra, tre volte al giorno. Sì, l’ho vista passare proprio tre volte al giorno. Ma a Mariahilf ci saranno quaranta ragazze e si potrà chiacchierare, e lavorare come in un formicaio – – –».
«Senta, signorina, io continuerò a passare tre volte al giorno davanti alla sua finestra, anche quando lei non sarà più lì davanti – – –».
«Davvero lo farà?!? Allora anch’io sarò contemporaneamente a casa, come prima ero nella mia patria – – –».
«Magari potrebbe lasciare vicino alla finestra la sua piccola e luccicante macchina da cucire con sopra una delle sue bluse iniziate – – –».
«Sì, certo, lo farò – – –».
È stata questa l’unica relazione sincera con un’anima femminile che ho avuto nel corso della mia movimentata esistenza – – –.
Dorfstrasse, grigia, polverosa Dorfstrasse, hai perduto ora il tuo fulgore, hai perduto la tua ricchezza – – –. Lei va ora a lavorare, a lavorare nel mondo – – –!
PRETESE DI UNA ROMANTICA
Se per te, presunto innamorato, ogni respiro della mia bocca fosse altrettanto inebriante come per il mio Peter,
se il mio modo di camminare, stare in piedi o seduta, e ogni linea del mio corpo ti potesse estasiare altrettanto,
se il timbro cupo della mia voce, dalla cassa armonica del palato,
potesse, come dice Peter, avere anche per te un suono dolcissimo,
e altrettanto inebriante come per lui fosse per te il fruscio delle mie sottovesti di seta;
se tu potessi così amorevolmente come lui immergere la testa nell’acqua del lavandino dove io mi sono lavata, per annegare, per così dire, in sacri flutti;
se tu giorno e notte mi considerassi come lui un essere soprannaturale, quale naturalmente non sono né mai potrei essere,
se tu potessi come lui trarre dalle mie miserie una creazione poetica trasfigurata che ti rendesse felice e dispensasse vita come la rugiada e il sole alle delicate piante – – –
chissà se allora non mi lascerei indurre a servirti come faccio con lui – – –.
Ma tu di tutto questo non sei capace, mai riuscirai a mettere insieme queste qualità!
Sono misteri che Dio tiene in serbo per cuori veramente pieni d’amore!!!
Riconoscere questo è la nostra unica, la nostra migliore protezione!
C’è sempre soltanto uno per il quale diventiamo fatali! Per gli altri siamo come limoni che vengono spremuti e la cui scorza vien gettata nella latrina!
CAMMINO DELLA VITA
Il vecchio e il giovane erano all’inizio enormemente gelosi uno dell’altro. Finché il vecchio scrisse alla ragazza una lettera chiarificatrice. C’era scritto fra l’altro: «II giovane è giovane. Perciò ha una vittoria momentanea. Ma il vecchio è vecchio. Perciò ha sempre un vantaggio, come che sia. Prima o poi si vedrà –». Lei non capì neanche una parola. Per questa ragione i due rivali si riconciliarono.
Col passare del tempo per il giovane lei divenne troppo semplice, troppo tranquilla. Il vecchio si riposava presso di lei dalle fatiche dei suoi viaggi intorno al mondo dell’anima. Il giovane l’amava fintanto che lei non c’era, il vecchio solo quando lei camminava al suo fianco come un bimbo smarrito. Egli pensava alle «carogne» alle quali aveva dedicato inutilmente per anni i suoi pensieri, la sua poesia, i suoi sogni, e che in verità non erano state altro, per tutta la vita, che stupide bambolette sfacciate e presuntuose.
Ma anche lui ben presto ne ebbe abbastanza di lei, sebbene l’amasse di un amore tenero e fraterno, la comprendesse a fondo, e la rispettasse. Il giovane continuava ogni tanto a celebrare delle orge con lei, per poi affermare che era la migliore di tutte. Il vecchio la fece entrare nel coro dell’operetta. Le cose cominciavano ad andare proprio bene. Ma senza motivo ritornava continuamente dal giovane, e al vecchio diceva con dolcezza: «Si ricorda quando mi ha regalato le pesche?!». Poi si mise a viaggiare su un’automobile di sua proprietà. Dimenticò completamente il giovane. Ma ogni volta che vedeva il vecchio diceva dolcemente: «Ciao, signore delle pesche!».
CAFFÈ DI NOTTE
Cos’è un caffè di notte?! Qualcosa di schietto. Finché hanno ancora un corpo delizioso, le ragazze vogliono fare la loro vita e non essere soggette a nessuno, non vogliono strofinare mastelli né pulire pitali di estranei. D’altra parte esse vogliono ubriacarsi per dimenticare che tutto questo non può durare a lungo, ad infinitum. Sono sempre esposte al pericolo, devono inebriarsi di qualcosa per affrontare con coraggio le battaglie della vita! Nessuno le tratta secondo i desideri del loro giovane cuore! Di conseguenza si vendicano come possono, ora in un modo ora nell’altro! Infidi, vili predatori sono soltanto gli uomini! Una a cui avevo manifestato nelle lettere la mia simpatia più profonda, la mia più schietta compassione, disse tuttavia: «Mi devi pagare in anticipo le venti corone – –! Purtroppo abbiamo imparato a non fidarci più neppure dei poeti con attitudini romantiche – – –!».
L’orchestrina femminile è un’oasi. Le ragazze sono tutte sposate, fidanzate, o comunque fedeli a qualcuno. La loro è una solida esistenza. Hanno imparato qualcosa che le fa progredire. Si sono inserite nell’organizzazione della vita. Sono davvero più felici così, non si espongono forse ad altri pericoli e delusioni?!? Due mondi confinanti, che si assomigliano nelle loro dure battaglie. Non c’è orchestrina femminile senza quelle etère, non ci sono etère senza quella orchestrina femminile! L’unico elemento di perfidia è rappresentato dagli uomini. Vorrebbero renderle tutte infelici, alimentare la propria vanità eternamente insoddisfatta con gli sguardi infelici di donne innamorate! Dell’orchestrina femminile e delle etère non gli importa niente, a loro basta riempire il loro rozzo vuoto interiore con un affettuoso, stupido cuore di donna – – –! Caffè di notte, piccolo miserabile mondo, immagine del grande, ancor più miserabile!
I NERVI
Avevo un amico, un uomo intelligentissimo. Ma i suoi nervi, oh, quelli non erano affatto intelligenti...
Una sera al caffè mi disse: «Peter, dovresti farmi un enorme piacere, un piacere da amico! Oggi mi sento di nuovo così vecchio, così spento... Ti prego, fra cinque minuti dimmi che oggi ho un aspetto particolarmente fresco e giovanile...».
Io presi l’orologio, lo posai sul tavolo e dissi dopo cinque minuti: «Dimmi un po’, che ti succede oggi? È un pezzo che non avevi un aspetto così giovanilmente fresco...!».
Si fece tutto rosso per la gioia, si entusiasmò e rispose: «Davvero? Sono proprio contento! Nessuno al mondo sa dire le cose che fanno piacere nel modo in cui le sai dire tu!».
DELLO SCRIVERE
Solo grazie a una lettera del mio vero e amabilissimo amico Fr. W. (il quale scrive con incredibile velocità su un’ottima macchina per scrivere), ho dovuto riconoscere, ed è stato un riconoscimento improvviso, dirompente, semplicissimo, che scrivere bene delle lettere non può che significare una cosa: scrivere come se il destinatario, durante la lettura, sentisse lo scrivente che parla con lui ad alta voce e animatamente standogli seduto vicino. Saper scrivere una lettera significa essere capaci di equilibrare del tutto questa discrepanza fra lo scrivente che tace e il parlante che si sente! Tutto il resto sono baggianate letterarie incoronate di alloro come una testa di porco! Temperamento, insolenze, stranezze, impertinenze, stupidaggini, tutto deve venir fuori risonando, risonare, risonare; altrimenti è una cosa predisposta, bugiarda, e perciò stucchevole! Istantanea epistolare!
Una volta venne da me un amico, l’orologiaio Josef T. Aveva accompagnato al cimitero la sua meravigliosa amante ventitreenne.
«Peter, lei mi conosce, mi aiuti! Scriva un epitaffio per la mia lapide commemorativa! Quando posso sperare che le sovvenga qualcosa di adeguato?!?».
«Subito» risposi in mezzo alla strada «o mai!».
Egli tirò fuori il suo taccuino.
Io scrissi:
«Ero l’orologiaio Josef T.,
Poi grazie a te fui in paradiso – – –.
E ora sono di nuovo l’orologiaio
Josef T. – – –».
Così rapidamente, così prontamente bisogna elargire la propria umanità; poiché più tardi la salsa diventa insipida! Per questo molte salse sono così insipide – – –.
VISITA A UN MALATO
Gli amici volevano presentare al poeta gravemente ammalato una bellezza a loro avviso del tutto eccezionale, una donna perfetta, un’artista di Monaco. Presero dunque un’automobile e andarono a trovarlo in clinica.
La signora era vestita con grande semplicità, tutta di nero. Aveva più o meno la figura dell’imperatrice Elisabetta, volto pallido, capelli biondo cenere, quasi grigio chiari.
L’infermiera volontaria del poeta salutò i visitatori davanti alla porta della stanza e gettò un fugace, strano sguardo alla meravigliosa collana di perle che la giovane signora forestiera portava al collo.
Al che uno degli amici del poeta disse: «Senta, signorina, il poeta è sempre in grandi difficoltà economiche. Se ora le vede addosso questa splendida collana, il suo sistema nervoso, già a pezzi, si irriterà ancor di più al pensiero che esistano artisti che vengono pagati tanto più di lui».
«Oh,» disse lei «crede davvero che questo potrebbe irritarlo? Allora me la tolgo». Armeggiò intorno al fermaglio d’oro, trattenne la collana nel cavo della mano destra – – –.
«Lei è una cara, fine persona!» disse uno degli amici. «È un gesto davvero discreto e di buon gusto aver riguardo di questo poeta semifolle. Sinceramente, ho voglia di baciarle le mani».
La signora si avvicinò per prima, con calma, al letto del poeta; si presentò, gli diede la sua meravigliosa mano destra che conteneva la collana di perle che fece scivolare nella mano di lui.
Al momento del commiato gli amici dissero: «Ora non c’è più pericolo. Può rimettersi la sua splendida collana di perle».
«Preferisco lasciarla nella borsa» rispose con calma la signora – – –.
RITORNO DALLA CAMPAGNA
Dunque è di nuovo autunno e i chioschi del Graben si riempiono verso sera di signore ben curate e abbronzate.
Ci sarebbero tante cose da raccontare, e invece si tace!
Si è di nuovo in questa prigione che si chiama «grande città».
Si sogna la luce e l’aria e l’acqua.
Finora si è stati diversi, migliori, più umani, in una parola «più mobili».
Ora si riprende il solito tran tran quotidiano.
Ci si sente invecchiare, diventare pigri, ci si aggrappa all’infelice parola «doveri»!
Non si riesce a mettere in ordine l’appartamento, e i domestici si licenziano.
«La signora era molto più buona con noi in campagna – – –».
Sì, è proprio così.
I camerieri dei chioschi salutano tutti i clienti come se avessero fatto chissà quali viaggi e superato chissà quanti pericoli – – –.
Finalmente raggiunto un porto sicuro, bevono il loro sciroppo di lampone al selz!
I declassati che non sono stati in villeggiatura si mescolano alla massa di coloro che rientrano come se nulla fosse successo – – –.
Affermano addirittura con ingenua spudoratezza che Vienna è piacevolissima quando tutti si trattengono «in campagna» – – –.
Raffinate signore dai volti abbronzati, non lasciatevi ingannare dallo sfarzo della grande città! Guardate negli specchi delle vostre stanze un tratto del vostro viso che luce e aria e acqua e libertà hanno modellato e che non c’era prima e scomparirà nel trambusto dell’inverno!
Commedia qui, commedia là, forse – – –.
Eppure all’aria aperta il teatro è più bello!
AUTUNNO SUL SEMMERING
Le ore si trascinano stanche. Ancora una volta è concesso alla mia tenacia di contemplare lo splendore autunnale del paradiso della mia infanzia (allora c’era solo l’albergo «Nedwall»)! Cespugli di ortiche e arbusti secchi marrone scuro. Una bimbetta in calzoncini di cuoio, con grosse trecce color ruggine in cui sono intrecciati nastri di seta rosso vivo, rappresenta ai miei occhi la «bellezza del mondo intero». I genitori, deliziati, la dicono cattiva e sfrenata. Come se Saharet, Ruth St. Denis, Grete Wiesenthal88 potessero essere cattive e sfrenate! Lo Schneeberg gronda di neve che si scioglie e la chiesetta di Santa Elisabetta si erge fra nuvole grigie. Un direttore va a cavallo, donne ammalate attraversano lentamente in carrozza il bosco di abeti rossicci. Genziana lilla dal gambo corto, e soffioni. Ma la mia «ora sacra» è dalle tre alle quattro. Dopo pranzo, infatti, l’americana gioca a carambola nel caffè col suo amico alto e snello. Lui la istruisce con paterna naturalezza, anche se lei ha avuto già tutto dal destino, grazia e agilità, membra di gazzella e mani di fata. Tutti i suoi movimenti sono perfetti. Questa è la mia «ora sacra», poiché vedo la perfezione umana. Allora dimentico che i sogni di Dio non si sono ancora realizzati – –.