FOGLI ILLUSTRATI
DELLA PICCOLA VITA
1909

 

TUTTO VA PER IL SUO VERSO
(Una scena di cinque minuti,
che dura in realtà un anno)

Dibattimento

 

Il presidente della Corte si alza:

«Il fabbricante Anton Romangshorn è condannato a dieci anni di reclusione per l’assassinio di sua moglie Sartypa!».

Il giovane tenente Zarsky che si trova fra il pubblico cade a terra svenuto.

 

 

Un anno prima

 

Accogliente sala da pranzo in rosso. Abat-jour rossa, tovaglia e tovaglioli con nastri di seta rossa, sulla tavola tulipani rossi in vasi dello stesso colore davanti ad ogni piatto.

 

 

Romangshorn: «Hai trasformato la sala da pranzo in una sinfonia in rosso, romantica Sartypa – – –».

Lei: «Mi avevi pregato di preparare qualcosa di particolare per il tuo nuovo amico. A esser sincera, sento la nostra dimora come profanata da una persona a me estranea. Tutte le stanze esprimono in modo così meravigliosamente schietto la nostra pace, le nostre ore armoniose – – –. Poi, all’improvviso, entra un estraneo e volge intorno i suoi occhi freddi e incomprensivi!».

R.: «Non ti avrei procurato questo fastidio. Ma non mi sono mai reso conto che due uomini in posizioni così diverse potessero avere una tale comunanza di sensibilità e opinioni come Zarsky ed io. Io sono fabbricante eppure un po’ romantico, lui è un romantico e tuttavia un militare serio».

Suona il campanello.

La cameriera annuncia il tenente Zarsky.

R.: «Il mio amico, tenente Zarsky – – – Sartypa!».

Z.: «Sono solo un soldato, ma nutro una profonda amicizia per suo marito».

Si siedono a tavola per la cena. La cameriera comincia a servire – – –.

Z.: «Una sinfonia in rosso, questa tavola – – –».

Lei: «Se dovesse trovarsi bene da noi, signor tenente, presto gliene preparerò una nel suo colore preferito! Ma qual è questo colore?».

Z.: «Il verde – – –».

Lei: «Bene, allora vuol dire che userò delle felci al posto dei fiori. Per la cena ho scelto filetti di sogliola à la Morny. Spero che sia, come per noi, fra le sue pietanze preferite...».

R.: «Non voglio fare complimenti al signor tenente, ma quando lo conoscerai più da vicina – –».

Lei: «Maria, riempia il bicchiere del signor tenente con il nostro famoso vino della Tenuta Romangshorn».

Il sipario cala mentre il tenente beve inchinandosi leggermente, rivolto verso Sartypa.

IL MARTIN PESCATORE

Il «martin pescatore» è stato fin dall’infanzia il mio uccello preferito.

Che contrasto fra questo «uccello delicato» e il «rigido freddo invernale»!

Sfavilla inoltre di riflessi verde azzurro come un colibrì nelle foreste tropicali! Il colibrì dell’inverno!

Il suo becco appuntito infilza pesciolini nell’acqua; come arpioni le balene!

Sta appollaiato per giorni interi in agguato su un ceppo presso lo stagno. All’improvviso schizza via, si tuffa, trafigge. Un assassino elegante.

Depreda interi stagni di carpe. Nessuno lo crederebbe capace di tanto. Sta appollaiato per giorni interi su un ceppo, sfavilla di un riflesso azzurro verde, il becco è una lancia, una spada, un pugnale, uno spillo letale!

Un «guerriero romantico» in corazza scintillante verde azzurra! Un eroe da favola della natura!

Lilly s’è fatta scavare uno stagno nella tenuta del nonno, l’ha fatto circondare di salici, ontani, noccioli, ulivastrelle. Ha fatto recintare il tutto da una sottile cancellata. E ci ha messo dentro un martin pescatore. Ora lo osserva per ore, mentre se ne sta appollaiato in attesa. Il signore dello stagno!

I complimenti degli uomini che vogliono impadronirsi della sua anima delicata le appaiono dunque insulsi e ridicoli!

Lei è impegnata, impegnata dall’azione della natura e dai suoi misteri – – –.

L’uomo le sembra al confronto meschino e ridicolo. Egli è soltanto un «goffo, brutale, sgraziato» martin pescatore. Anch’egli attende la preda per ore, per giorni interi! La trafigge e la ingoia. Ma non sono «sanguinerole senza valore» quelle che ingoia, distrugge! Sono «anime»!

MITZI DELLA TROUPE LAMINGSON

Ti vidi danzare in una «troupe danese».

Avevi quindici anni, eri alta, sottile, aristocratica!

Diventavi ogni giorno più pallida, più pallida – – –.

Bevevi champagne coi cavalieri e cantavi!

Lieder danesi; in realtà parlavi danese, ma era come se cantassi dei Lieder – – –.

Un bel giorno fosti sostituita da una nuova, rubiconda ragazza danese.

Mitzi della troupe Lamingson, sei ritornata nella tua patria danese?!?

Oppure sei morta a Vienna nella tua solitaria stanza d’albergo?!?

Una volta ti donai una rosa; sul momento avvampasti, le tue guance si accesero di rosso – – –.

Ma poi diventasti pallida, sempre più pallida!

Se sei ancora sulla terra, Mitzi, benedico la tua amata vita a me ignota – – –.

DOPO IL BALLO

(Una mamma presso il letto della figlia addormentata, stanca dopo il suo primo ballo. La toilette da ballo è sparsa disordinatamente nella stanza).

«Il suo primo ballo. Anch’io ho avuto una volta un primo ballo. Allora amavo fanaticamente la mia governante francese, Mademoiselle Riclée, il mio canarino (Tappage), e il primo precettore dei miei fratelli, il signor Königshofer. Vivevo in un mondo di sogni. La vita non era che il proseguimento delle mie letture infantili. Ma quando giunsi al mio primo ballo si abbatté su di me la vita seria, priva di poesia, e mi seppellì sotto il suo peso reale. Accadde in un attimo. Già il mio abito da ballo mi rendeva vanitosa e per la prima volta cominciai a credere di essere attraente. Fino allora avevo creduto di essere fatta per l’“amore”; ora invece giunsi alla conclusione, sbagliata ed erronea, di essere adatta a “essere amata”! In realtà cominciarono con ciò tutte le mie disgrazie. Non possiamo spiegarlo, è così e basta! Finché amiamo il bosco e gli alberi, tutto va bene. Ma appena ci aspettiamo che il bosco e gli alberi amino noi, tutto diventa triste, tutto si falsa. Ché, in ogni caso, mai il bosco riuscirà ad amare noi tanto quanto noi amiamo lui! Durante il mio primo ballo nacquero gelosia, invidia e sensualità. Il veleno era nell’aria. Era un narcotico che si aspirava per cessare di essere sincere e sognatrici come prima!

«Un giovane mi strinse a sé mentre ballavamo; un altro mi regalò tutti i suoi cotillons; uno sorseggiò dal bicchiere in cui avevo bevuto io; uno mi guardò con struggente malinconia; uno mi strinse la mano rapido e furtivo; uno mi portò una bibita; uno non disse e non fece proprio nulla, ma restò tutta la notte accanto a me; uno si mostrò esageratamente allegro; e uno mi aiutò a calzare le scarpe da neve come un umile schiavo. Quella sola notte mi rovinò e m’illuminò. Mi ritenni prezioso! Mi scontrai con la mistificazione e con la falsità del mondo! In quell’unica prima notte di danze perdetti per sempre la mia nobile fanciullezza!».

(Lunga pausa) – – –

«Creatura amatissima, figlioletta mia adorata, se ora dopo il tuo primo ballo ti strangolassi, ti renderei forse il migliore dei servigi!».

(Si alza, si china sulla dormiente).

(La fanciulla si sveglia, si solleva sul cuscino, parla nel sonno): «Signor barone, se continua a ballare così con me perderò la testa, e questo proprio non posso permettermelo; abbia pietà – – –».

La madre rimane inorridita – – –.

Poi si siede in una poltrona, nasconde la testa fra le mani, piange amaramente – – –.

Cala il sipario.

L’AMORE «INFELICE»

E quando sfioro la tua mano congedandomi al ristorante o per la strada?!?

Non celebro forse lì la mia prima notte di nozze con te, quasi fisiologicamente?!?

Pensa, forse c’è anche il tuo amante che sta lì a guardare e mi dice con un tono di lieve commiserazione: «Salve, pazzoide –».

E non bacio forse la palma della mia mano, che ha sfiorato dolcemente la tua per un attimo?!?

«L’istinto di conservazione dell’anima», questa immanente angoscia di essere distrutti, non ci dà forse quasi dei mezzi magici per salvarci dal disagio dell’anima?!?

E quando l’aiutiamo a infilarsi e a togliersi il paltò davanti a tutti, non sentiamo dei brividi di misteriose tenerezze che forse il fortunato non prova neanche quando è a letto con lei, poiché lì essa diventa una «femmina» uguale a quelle che son venute prima e a quelle che verranno o potrebbero venire dopo di lei! La specie trionfa sull’individuo!

Non è ciò una compensazione della nostra felicità-infelicità?!?

Potete rubarci le nostre prime notti di nozze, voi fortunati?! Noi le otteniamo di soppiatto – – –.

Le abbiamo persino nella «fantasia della donna» che non ci accetta! Non sogna forse a volte, come se ci accettasse!?

A volte, per capriccio o insolenza o curiosità?! Per fare la parte della dispensatrice di favori?!? O della megera?!?

Ciò che i nervi delle donne semisognano la notte quando sono semiaddormentate si libra al di sopra delle leggi morali! Nessuno può vietarlo!

Voi fortunati, portate mai di nascosto alle labbra il bordo del suo bicchiere, lo baciate con tenera destrezza, quando il tavolo è ormai libero dagli ospiti, nella sala da pranzo vuota?!?

Baciate le bucce dell’arancia che lei ha sbucciato?!?

Baciate i rebbi della forchetta consacrati dalle sue labbra?!?

Vi avvicinate di soppiatto, come cacciatori alla preda, per prendere e conservare gusci di noccioline e piccioli di uva dal suo amato piatto?!?

Date alla cameriera che vi ha sorpreso durante questa sacra operazione dieci corone perché la cosa sia passata sotto silenzio?!?

Avete bisogno di tali sotterfugi, voi fortunati – sventurati?!?

Una volta una giovane cameriera mi disse: «Io non accetto denaro, lo faccio volentieri, per la mia signora».

Un nulla diventa reliquia!

E il desiderio di sfiorare per caso il suo vestito diventa un fanatismo!

Il vestito diventa il simbolo del suo corpo!

La piega del vestito non aderente diventa la sua pelle!

Noi possiamo sfiorare il suo corpo nella piega del vestito non aderente. Noi!

Tocchiamo il suo vestito e riusciamo di nuovo a dormire, a dormire, da quel momento in poi, come se ciò fosse un sonnifero per i nervi distrutti!

Ci addormentiamo, come si addormenta un bimbo piangente al quale si è dato proprio quello di cui aveva bisogno – – –.

Sprofondiamo tranquilli in mondi migliori.

Poiché abbiamo toccato il suo vestito – – –.

Voi poveri fortunati, di quante mai cose avete bisogno per la vostra felicità?!?

Noi invece veniamo raggiunti per caso dal suo alito quando parla e questo basta a renderci beati – – –.

E pensare che tutte queste cose essi le definiscono il nostro «amore infelice»!

LA GOVERNANTE

Di tutte, tutte, lei era di gran lunga la migliore! Poiché non parlava mai e sopportava il suo destino di donna di servizio disprezzata da tutti! Mangiava ciò che le veniva offerto, non le chiedevano mai se il cibo le fosse gradito, se per caso non preferisse spinaci o patate?!? Quelle altre, quelle madame ‘ingrassate’ nel proprio egoismo e nella tacita vigliaccheria dei loro consorti, facevano storie per ogni pietanza che non andava loro a genio – – –. La governante era forse fatta di carne e sangue diversi, aveva forse meno diritto di amare una cosa e rifiutarne un’altra?! La deridevano perché le piacevano le sigarette fini, e però non aveva il diritto di fumarle a causa del suo stato sociale e delle sue condizioni economiche – – –.

Fuma le «Sport», o meglio ancora, non fumare affatto!

Credi di avere diritto ai divertimenti?! Mia cara, non superare i limiti che ti sono imposti dalla tua nullità! Le «signore» si attardavano a gustare gamberi, mentre la governante se ne stava seduta da parte in silenzio, in un tragico silenzio, avvilita per il pessimo trattamento che tutti le riservavano – – –.

Allora il poeta le offrì dieci sigarette En-A-Ala, formato grande – – –. Lei si sentì terribilmente imbarazzata per l’insolita attenzione. Tuttavia non pensò neanche per un attimo che con quel gesto egli intendesse farle «la corte», ma che volesse invece punire gli altri per la loro in-umanità! Poco dopo lei fu licenziata e gradualmente le signore smisero di frequentare quel poeta troppo «esaltato». Di tutta la vicenda restarono solo dieci sigarette En-A-Ala, formato grande, che la governante conservò con cura in un piccolo scrigno – – –.

MOSTRA D’ARTE A VIENNA NEL 1908

Sala 22, Gustav Klimt, il santuario dell’arte moderna.

Questi ritratti di donna assomigliano alle creazioni finali del più tenero romanticismo della natura stessa. Così come le sognano i poeti: creature delicate, dalle membra nobili, fragili per i loro teneri entusiasmi che mai si smorzano e mai si risolvono! Le mani, espressione di un’anima leggiadra, lieve e allegra come quella di un bambino, amabile e nobile al tempo stesso!

Sono tutte creature che si sottraggono alla pesantezza terrestre, quale che sia la loro posizione nella vita reale del giorno e dell’ora. Sono tutte principesse per mondi migliori e più delicati. Il pittore le ha viste così, non si è lasciato ingannare, le ha giustamente innalzate agli ideali che in esse cantavano e gemevano. Il pittore, ad esempio, vede l’airone rosso nelle paludi di canne del Tibisco in mille posizioni. Ma solo una volta lo osserva più pieno di slancio che mai, più raggiante che mai nel rosso bruno del suo incantevole piumaggio... e così lo dipinge!

Era proprio nell’attimo del raggio di sole al tramonto, oppure nel senso di benessere e di assoluta sicurezza di fronte al pericolo del falcone pellegrino... in ogni caso un attimo di estrinsecazione artistica del proprio valore, senza sbavature!

Sono questi gli attimi per l’artista! Così egli vede la donna! Mentre fissa l’enigma dell’esistenza, superba, invincibile e tuttavia già triste, tragicamente triste e ripiegata in se stessa! Solo la bellezza delle mani, una bellezza soprannaturale, trionfa sulla vita, sulle sue molteplici insidie e sui suoi molti veleni. Quelle mani dicono: «Rimarremo così fino al nostro settantesimo anno, e perciò nella matrona si vedrà ancora che siamo state create per destare l’entusiasmo dei pittori e dei poeti! Sono questi i nostri soli, infallibili vertici!».

Nr. 1 del catalogo. Tre età: La vecchia piange sulla distruzione del suo corpo. Ci ha rimesso l’aureola, a che le servono ormai l’anima profonda e le profonde conoscenze?! La giovane madre è stanca, ha ceduto la sua nobile forza al suo dolce bambino: è stanca, stanchissima sotto ogni aspetto.

Anche il bambino è stanco, dorme perché ancora non è capace di vivere, piegato, protetto fra le braccia della mamma. Nel quadro c’è tutto il tragico e il romantico dell’esistenza della donna, e insieme il nirvana, e lo sguardo nel vuoto – -.

Sei tu un vero, schiettissimo, tenerissimo amico della natura?! Bevi allora i quadri con lo sguardo: Giardino di contadini, bosco di faggi, rose, girasoli, papaveri in fiore! Il paesaggio è trattato qui come le donne: lo si è innalzato fino ai vertici del suo romanticismo! Gli si rende giustizia, lo si trasfigura, lo si rende visibile anche agli occhi opachi e tristi degli scettici! Gustav Klimt, misteriosa mescolanza di primordiale forza contadina e di romanticismo storico, tuo sia il premio!

COLLOQUIO COL PROPRIETARIO DI UNA TENUTA

«Tacchini, oh, i bianchi tacchini; qui i poveri tacchini vengono allevati e poi uccisi – – –». «No, non vengono né allevati né uccisi, e anzi muoiono perlopiù per eccesso di cibo – – –».

«Com’è possibile?!».

«Le piccole e delicate barbabietole da zucchero hanno un nemico tremendo: i curculioni color grigio topo. Ebbene, i tacchini li divorano con passione, e così li si lascia mangiare a crepapelle nei campi di barbabietole. È questo il compito della loro vita!».

«Lei ha un meraviglioso allevamento di polli cocincina!».

«No, non ce l’ho. Quando si ha una tenuta bisogna tenere dei gallinacei di razza, in modo che qualcuno possa rubarne le uova e ogni tanto al proprietario capiti in tavola un pollo che secondo la sua valutazione approssimativa doveva avere centocinquanta anni».

«E che ne è dei pollastri?!».

«Non lo so proprio. I proprietari non lo sanno mai. Sono i misteri della conduzione di un’azienda agricola!».

«Cosa si coltiva nel suo splendido orto?!».

«Tutti i tipi di ortaggi, primizie e così via – – –».

«Lei è davvero un uomo invidiabile – – –».

«Niente affatto. Di tutti quegli ortaggi io non vedo mai niente. Quando mi viene voglia di un tipo di verdura, o non ce n’è più perché è appena finita, oppure non è ancora la sua stagione. Non azzecco mai il momento giusto. La verdura che ci può fare?!».

«Di sera nella sua tenuta si vedono una quantità di fagiani. Come mai non li ammazza?!».

«Ho il diritto di abbatterli. Ma forse vengono dal bosco dei vicini. E sparargli addosso sarebbe scorretto – – –».

«Quando dunque può sparare ai suoi fagiani?!».

«Quando so con certezza che non appartengono al bosco dei vicini. Ma con certezza questo non si sa mai».

«Si rallegra della rigogliosa e splendida fioritura dei suoi alberi da frutto?!».

«Sì, ma i maggiolini divorano tutto. Naturalmente, quando poi li si scuote giù dall’albero, sono un buon concime per il terreno che produrrà nuovi ricchi germogli di alberi da frutto per i maggiolini dell’anno successivo».

«Qual è il frutto nella sua proprietà che richiede minori attenzioni?!?».

«Le bacche rosse o gialle dei cespugli che costeggiano la strada. Gli uccellini le mangiano e quando in volo fanno cadere per caso la cacca su uno dei miei campi, ho il vantaggio del concime – – –!».

«La conduzione di una tenuta come questa dev’essere molto interessante –».

«Certamente. Ogni giorno si aspetta che una qualche catastrofe annienti tutto il lavoro. Perlopiù la catastrofe arriva. E si ha la soddisfazione di essersela aspettata, come ogni previdente agricoltore. La natura non ci ha gabbato!».

«La prego, mi dica, a cosa serve questa fitta staccionata e questo pesante cancello?!».

«Non me lo chieda! Ci sono entrambi da sempre. Chi ce li ha messi avrà ben saputo perché lo faceva. La nostra colpa è averlo dimenticato – – –. Sono istituzioni che non si possono infrangere. L’amministratore dice: “Signore, ogni cosa ha il suo scopo. Lambiccarsi il cervello non serve a niente” – – –».

«Dunque in una tenuta non si danno errori?!».

«No, in una tenuta errori non se ne danno. Perché quel che vien bene è merito del direttore, e quel che vien male è colpa della natura imprevedibile e invincibile!».

TROUPE GREGORY

Uomini sono distesi supini su apposite poltrone di cuoio rosso senza sostegni e fan dondolare sui piedi graziosi fanciulli. Cosiddetti ‘antipodi’, con esseri viventi anziché con palle giganti, dadi, tavolini, paraventi. I corpi dei fanciulli sono elastici come caucciù, nulla può loro accadere, cedono ad ogni spinta; qualunque cosa si faccia con loro, restano intatti! I fanciulli sono fatti meglio delle bambine ed hanno un’espressione del viso più allegra e appassionata. «Lavorano» come nobili cani ammaestrati da un padrone gentile e comprensivo. Sono il contrario di «cani bastonati». Altrimenti non potrebbero avere quell’espressione così raggiante e appassionata! Tutto si può insegnare, inculcare, imporre con la forza a questi giovani artisti, ma il loro volto continua a esprimere la libera scelta della loro indomabile interiorità! Io gli artisti li guardo solo in viso. Qui trovo scritto se sono diventati artisti «per vocazione» o se a questo sono stati «costretti» per mille altri motivi! Ebbene, in questa Troupe Gregory c’è un fanciullo artista ‘per vocazione’. Un volto un po’ tagliente, nervoso e alquanto pallido sotto il trucco vermiglio. Anche questo s’intuisce. È un maestro senza aver imparato gran che. Non ha bisogno di esercitarsi. Ha dentro qualcosa che gli conferisce un’inaudita, speciale elasticità. Il suo slancio è molto più veemente di quello degli altri graziosi fanciulli. Vince in tutto, è interiormente superiore agli altri di molte lunghezze, sebbene tutti eseguano gli stessi esercizi. In lui si accumula una tensione elettrica, fa con naturalezza ciò che gli altri si «conquistano» con fatica. È un vero genio della ginnastica! Rende possibile l’impossibile con grazia leggera. Farebbe gli stessi esercizi «gratis» sui prati o nelle strade del villaggio, il «palcoscenico del varietà» non è niente di diverso per lui!

In un palco di proscenio, vicinissimo al palcoscenico, un signore sui cinquant’anni mormorava: «Non è più bello, più prezioso lui di tutte le donne che mi hanno distrutto?!? Domani gli manderò, in una busta anonima, un orologio Patek, Ginevra, verificato dall’osservatorio astronomico, garantito a trenta gradi sotto zero e novanta sopra zero, protetto da un rivestimento di rame contro gli influssi elettromagnetici, del valore di duemilacinquecento franchi, un oggetto che nessuno potrebbe mai regalargli! E poi lo racconterò a tutte le signore che conosco; e se qualcuna mi guarderà con un sorrisetto ironico le darò uno schiaffo!».

«GENTLEMAN»
Una «scena» di 5 minuti

L’attraente cameriera: «Gentile signore, sono disperata. Ho dato a Gentleman la sua razione di cibo prelibato come faccio ogni sera. Ora è in preda alle convulsioni. Non riesco a guardarlo. Che dirà la povera signora! Io non ne ho colpa!».

Il signore è seduto immobile, indifferente, fuma una sigaretta.

L’attraente cameriera: «Oh, la mia povera, amata, adorata padrona – – –!».

Poi dice: «Devo chiamare un veterinario – – –. Ma non so come fare. Ce n’è uno nelle vicinanze?! Ma esistono poi i veterinari?!?».

Il signore sta seduto immobile, fuma una sigaretta.

«Vado a vedere come sta – – –».

Esce.

Il signore fuma, immobile e indifferente.

L’attraente cameriera ritorna: «Gentleman è morto – – –. Oh, la mia povera, amata signora!».

Il signore rimane immobile, fuma le sue sigarette.

La cameriera esce.

Suona il campanello.

La signora rientra dal teatro.

«È stato meraviglioso! Sono estasiata. Come invidio gli alcolizzati! Essi possono crearsi queste situazioni interiori in ogni momento, dipende soltanto dal loro estro; noi dobbiamo attendere una rappresentazione dell’Oro del Reno, l’alcool della nostra anima – – –».

Pausa. Lei si toglie il soprabito, la cameriera l’aiuta.

«Perché Gentleman non mi è saltato incontro?! Dorme?!?».

La cameriera: «Sì, dorme – – –».

«In genere non dorme mai quando sono fuori casa; oppure si sveglia subito, appena mi sente tornare. Strano!».

Pausa.

«Perché fumi tranquillo le tue sigarette nella camera dove ancora devo mangiare?! Non hai mai fatto una cosa del genere –. È una mancanza di riguardo. Qualcosa è cambiato – – –».

«Sì, un cambiamento c’è stato! Mi sono liberato di un concorrente, di un avversario, di un disturbatore della mia pace – – –. Anch’io ho diritto a un po’ di pace, dal momento che sfacchino per te! Sarà strano, ma questo diritto ce l’ho. Ce l’ho!».

«Dov’è Gentleman?!?».

«Si è sentito male dopo aver gustato il suo prelibato cibo serale. Ha avuto dei crampi, poi si è abbattuto al suolo ed è morto bisbigliando il tuo nome con gli occhi che si spegnevano – – –!».

La donna si lascia cadere a terra, piegata in due.

Lui: «Hai proprio la forma di un verme calpestato! Così ero anch’io fino a poco tempo fa; ma ormai mi sono disteso e rinfrancato – – –».

Pausa.

Lei si alza lentamente.

Gli dice: «Che hai intenzione di fare ora con me?!».

«Cercherò, farò in modo di essere per te quel che è stato Gentleman!».

«Ma lui non ha mai visto tutto ciò che di brutto e imperfetto era in me! Nulla turbava il suo amore esaltato – – –. Io gli bastavo in tutto e per tutto!».

«Era proprio questo l’elemento delittuoso nel vostro rapporto apparentemente ideale. Lui non era capace di ‘odiare e disprezzare’; aveva sempre e in ogni occasione il fedele sguardo perdonatore del cane! Io però voglio esserti ancora più fedele di Gentleman, voglio esserti fedele solo quando lo meriti! L’amore esaltato per gli animali prova la incapacità ad avere rapporti nobili e sinceri con uomini non subordinati e servili, e dunque vigliacchi!».

Pausa.

Il signore si alza, si avvicina a lei, le prende la mano: «Ho sofferto molto, Anna – – –».

Lei rimane immobile.

Il signore rivolto alla cameriera, che ha assistito piangendo alla scena: «Vada domani dal famoso impagliatore di animali Hodek nella Mariannengasse 7. Lo preghi di venire da me – – –».

Cala il sipario.

PICCOLEZZE

È un pezzo che giudico gli uomini soltanto dai più minuti dettagli. Purtroppo non sono capace di attendere i «grandi eventi» della loro vita, gli eventi nei quali essi si «rivelano appieno. Devo poter cogliere queste «rivelazioni» già nei più piccoli avvenimenti! Ad esempio, nella scelta che lui o lei fanno del manico del bastone o dell’ombrello; nella cravatta, nella stoffa dell’abito, nel cappello, nel cane che lui o lei portano al guinzaglio, in mille semplici piccolezze, e, giù giù, o meglio su su, fino al gemello per i polsini! Poiché tutto è un saggio sull’uomo che ha scelto queste cose e le porta volentieri: In esse egli si rivela! «Ha scritto un buon libro, ma portava dei gemelli falsi rozzamente cesellati!». Con ciò è detto tutto. C’è qualcosa che non va nel «regno dell’anima»! Non è certo importante che una donna amata ci tradisca! Poiché il destino la punirà comunque e duramente con una profonda delusione! Rilevante è invece il suo primo sguardo civettuolo, quello che ha acceso il fuoco della passione. Posso competere senz’altro con chi mi ha tradito, ma non con chi ha lanciato da lontano uno sguardo concupiscente! Piccolezze che uccidono! L’appagamento lo si può sempre vincere, la speranza mai! Perciò nella vita mi attengo alle piccolezze, alle cravatte, ai manici degli ombrelli e dei bastoni, alle singole osservazioni, impercettibili gioielli, perle dell’anima che rotolano sotto il tavolo e nessuno ritrova più! Le cose importanti della vita non hanno alcun significato! Dell’umana esistenza esse non ci dicono, non ci annunciano nulla più di quanto già non sapessimo prima per conto nostro! Poiché quando il pericolo è grande funzionano in realtà tutte allo stesso modo! Le differenze significative sussistono solo nei dettagli! Ad esempio, quali fiori regaliamo all’amante! Oppure quale fibbia per la cintura le scegliamo fra tante! Quale pera proveniente dalla Francia, o pompelmo dall’America le portiamo a casa, quale mela canadese bruna e picchiettata scegliamo per lei fra mille; ciò dimostra legami molto più intensi che non le orge del cosiddetto amore! Estetica, comprensione e amore dovrebbero stringere una buona volta una triplice alleanza. Dovrebbe essere possibile far nascere dalle «piccolezze» una sinfonia dell’esistenza quotidiana! Non aspettate i grandi eventi! Anche il più piccolo avvenimento è un grande evento! Lo squittio del topo nella trappola è una terribile tragedia! Una volta uno mi disse: La cosa più terribile è un leprotto trascinato nella tana di una volpe. Le piccole volpi lo rosicchiano vivo giorno e notte coi loro aguzzi dentini! Sono queste le tragedie dell’esistenza!

Le piccolezze della vita sono per noi sostitutive dei «grandi eventi». In ciò sta il loro valore, purché lo si comprenda!

IL BASTONE DA PASSEGGIO

Ammetto che ho un vero fanatismo per i bastoni da passeggio particolarmente attraenti, forse addirittura il principio di un’imminente follia, nella quale i bei bastoni da passeggio rappresentano tutta la gioia che uno ha dalla vita. Il bosco, il lago, la primavera e l’inverno, la donna e l’arte, tutto è sotterrato, e ti rimane il bel bastone da passeggio come unica cosa che ti riempie la vita! Benché io non tema che la mia predilezione si sviluppi in me in forma così maligna, tuttavia, purtroppo, ogni sensazione favorita può crescere e organizzarsi nel nostro sistema nervoso fino a diventare un’‘idea fissa’. Ebbene, io i bastoni da passeggio dei negozi viennesi li conosco tutti, in ognuno posso indicare i miei preferiti che, stranamente, sono quelli che vengono venduti più raramente degli altri. Non si stupirà, signor Peter Altenberg, dati i suoi gusti stravaganti?! Una giovane signora mi regalò una volta uno di quei bastoni da passeggio da me ardentemente desiderati, che era rimasto nella vetrina del negozio per due anni di seguito. Era fatto di corno di antilocapra e canna da zucchero. Un oggetto veramente splendido, fabbricato a Vienna su un modello inglese che costava soltanto undici corone. Immediatamente la giovane donatrice mi cucì un fodero di pelle di renna per l’impugnatura con un bel filo di seta marrone.

Ma tutti al caffè e al ristorante dissero: «Cos’è successo al suo signor bastone?! Ha preso freddo per il cattivo tempo?!?».

E uno aggiunse: «Peter Altenberg, lei già si mette in mostra abbastanza. Eviti di darsi così tremendamente da fare per rendersi ridicolo. Tanto ci riesce lo stesso!».

Il mio bastone da passeggio veniva spesso buttato per terra. Una volta un signore mi disse: «Non mi guardi con quell’aria di rimprovero, crede che l’abbia fatto apposta?!?».

«No,» gli risposi «non lo credo; che motivo potrebbe avere infatti per far cadere apposta per terra il mio povero bastone?!».

«Vede, dunque, che basta ragionare un attimo» disse il signore e mi perdonò.

In seguito a questi spiacevoli avvenimenti, portai ogni settimana il mio amato bastone da passeggio nella piccola bottega dove era stato comperato e pregai che riparassero i danni pulendolo, lucidandolo e così via. Il commesso mi diceva con un tono ogni volta più amabile: «Torni fra due o tre giorni! La riparazione non costa nulla!». A poco a poco mi accorsi che mi prendeva per un «fissato del bastone» e che mai e poi mai gli era passato per la mente di mandarlo a riparare. Ogni volta mi diceva: «Il bastone è arrivato dalla ‘fabbrica’ proprio in questo istante. Sembra quasi che lei l’abbia indovinato!». Un giorno notai una piccola scalfittura.

«È rimasta questa piccola scalfittura» dissi timidamente.

«Già, ma è qualcosa che attiene alla struttura organica del tessuto cellulare del corno della capra, e neanche la nostra fabbrica può ottenere risultati migliori – – –».

Io pensai: Se vi foste messi con serietà a raschiarlo, a limarlo e a lucidarlo, della mia meravigliosa impugnatura di corno di antilocapra ormai non resterebbe più nulla. Quanto vi ringrazio per la vostra premurosa assennatezza: «Quello è un fissato del bastone! Bisogna compatirlo!».

LEITMOTIV PER UNA NOBILE SIGNORA

«Sii come sei!

più, né meno!

Ma sii così!

In tutto e per tutto – – –.

Vuoi forse tentare di sfuggire a te stessa?!

Invano!

Il tuo Dio in te non lo permetterebbe – – –.

E anche il tuo Satana in te trattiene la sua preda!

Segui piuttosto la tua stella,

Che forse già brillò per i tuoi avi, funesta o clemente – – –.

E dovessi anche precipitare nell’abisso,

Che sia almeno il tuo abisso quello in cui ti sfracelli!».

VIAGGIO IN AUTOMOBILE

Lei aveva tutto, eppure in fondo non aveva nulla.

Era stupendamente bella, cresciuta fra prati e boschi, ma poi fu vittima di un milionario di città!

Dante Alighieri si sarebbe tormentato per lei sette anni, e dalle sue grazie avrebbe tratto i suoi cupi, stanchi canti – – –.

Ma fu mal consigliata, come spesso accade.

Desiderava appunto ardentemente che la signorina Anna la invidiasse e la zia B. le desse la sua benedizione.

Così sacrificò la felicità della sua vita.

Nessuno l’aiutò e perciò precipitò nell’abisso dei piaceri – – –.

Dio abbassò il suo sguardo cosmico dolce e severo, e gli angeli intorno a lui piansero amaramente.

E una sera, in una folle corsa in automobile a 90 chilometri all’ora lungo un prato avvolto nella nebbia, fu sbalzata contro un vecchio albero e morì.

Prima di morire si guardò intorno, vide un paesaggio grigio verde umido e nebbioso, con tanti prati e boschi in lontananza. Non riconobbe più le persone intorno a lei. I signori che riportavano il cadavere in città andavano piano. Adesso, adesso avrebbero potuto correre a 120 chilometri all’ora, poiché ormai per la dolce signora non c’era più nulla da temere – – –. Eppure andavano quasi a passo d’uomo – – –.

MALEDIZIONE DELLA BELLEZZA

. Mademoiselle C., la stella del Théâtre des Nouveautés, per mesi non poté più recitare.

Fu a causa del quinto giovanotto che si era ucciso per colpa sua.

Si sentiva completamente innocente per questi assassinii da lei provocati.

Ma la fatalità del suo potere sugli altri cominciò a farsi sentire su di lei in maniera opprimente, lei, così nobile – – –. Eppure non faceva nulla, non voleva nulla, addirittura non si aspettava nulla, e tutti le offrivano la loro vita, ma lei non sapeva che farsene; soprattutto poi quelle terribili, vergognose illusioni che naturalmente aveva dovuto suscitare in coloro che credevano di non poter continuare a vivere senza di lei!

Lui, di certo, avrebbe cominciato a odiarla – – –.

Lei non capiva il suo potere sugli altri e non poteva farci nulla se cinque uomini nel fiore degli anni, forse addirittura uomini di valore, per colpa sua si erano rovinati.

Era di una immensa modestia nei riguardi di se stessa, e perfino quando era da sola nella sua stanza e si osservava allo specchio nuda, perfetta, non riusciva a capire come solo per questo una esistenza bella, piacevole, ricca, preziosa potesse essere schiacciata, distrutta – – –.

Così a poco a poco si rattristò per il potere pernicioso e il terribile effetto che esercitava su giovani molto simpatici, e qualcuno inoltre le fece dei rimproveri che lei non comprese affatto. Così si ritirò da una vita che senza motivo le procurava soltanto profondi dispiaceri – – –.