Capitolo quattordici

Scendemmo nell’oscurità fumosa del piano inferiore della discoteca. Cercai di farmi avvolgere dal rumore, sperando di scacciare i pensieri che mi tormentavano.

Mi portai, con Blake, al centro della pista, nel bel mezzo di una folla che si dimenava al ritmo di un remix molto famoso di Rihanna. Mi fermai e mi girai verso di lui, ma lui mi bloccò. La sua mano forte mi prese per un fianco e mi tirò a sé finché i nostri corpi non si trovarono l’uno attaccato all’altro in modo perfetto. Il movimento fu così fluido e naturale, come se stessimo tornando nella posizione che doveva essere nostra per tutta la notte. Insieme.

In un attimo, il mio corpo era fuso con il suo. Tra le sue braccia ogni cosa sembrava al posto giusto. La base musicale martellante guidava i miei movimenti e iniziai a dondolare seguendo il ritmo che si riverberava nel mio corpo. I miei muscoli si rilassarono, e mi persi in quell’attimo, in Blake.

La folla era soffocante, ma non mi importava. Riuscivo a sentire soltanto le mani di Blake su di me. In sincronia con la canzone, mi strinsi forte a lui, avvertendo una frenesia selvaggia per quel contatto fisico che desideravo da giorni. Il pezzo andò sfumando verso la fine e ne iniziò un altro, che ci fece cambiare ritmo e avvicinare ancora. La sua erezione diventava sempre più imponente, e mi premeva sul sedere, chiedendo in silenzio ciò che entrambi volevamo. L’eccitazione si fece strada sulla mia pelle e tirai indietro la testa. Lui mi mise un braccio intorno alla vita e mi baciò il collo. Un bacio caldo, con la bocca socchiusa che mi fece girare la testa. Forse era l’effetto dell’alcol, ma più probabilmente di quella droga di nome Blake che stava prendendo il sopravvento.

Mi girò per farsi guardare negli occhi. Prima che iniziasse a parlare, lo presi per la giacca e lo tirai verso di me. Stampai le mie labbra sulle sue e lo baciai con una fame selvaggia. Lui ricambiò con tutta la passione possibile. Le nostre lingue giocherellavano mentre lo avvicinavo sempre più a me. Lui fece scivolare una mano sotto la stoffa attillata del mio vestito, strizzandomi il sedere e sfiorando delicatamente l’orlo delle mutandine. Gemetti nella sua bocca, dimenticandomi di me stessa e di tutto quello che c’era intorno a noi. Volevo saltargli addosso proprio lì, tra le centinaia di persone altrettanto accaldate, sudate ed eccitate.

Lui grugnì e poi si allontanò. La mancanza di contatto fisico fu brusca e mi lasciò come privata di qualcosa di fondamentale, ma il disagio di non essere attaccata a lui fu subito sostituito dalla consapevolezza di essere guidata fuori dalla pista da ballo, fino al piano di sotto, lontano dal caos che ci circondava.

Ci incamminammo finché il corridoio non si biforcò. A sinistra, un uomo alto e robusto controllava una porta. Blake si avvicinò e gli diede qualche bigliettone, così il buttafuori lo fece passare. Entrammo in quella che sembrava essere un’altra area vip privata. Una luce ambient illuminava la stanza, alquanto grande e deserta. Divani di pelle rosso scuro erano disposti lungo due pareti, su un’altra c’era un bar ricco di qualunque cosa potesse servire per fare festa.

«Dove siamo?».

Blake chiuse la porta dietro di noi e non perse tempo a spingermi contro di essa.

«Dove ti scoperò senza tregua».

Mi tirò su la gamba per appoggiarsela sull’anca e premette il suo corpo contro di me. Rimasi senza fiato appena me lo sentii sopra, mentre iniziava a toccarmi il clitoride sotto la stoffa delle mutandine, proprio come mi faceva impazzire.

Gli infilai una mano tra i capelli e gli feci abbassare la testa per baciarlo con passione. Le sue mani erano dappertutto, mi massaggiavano il seno sotto il tessuto attillato e fino, prima di liberarmelo dal top senza spalline. Tolsi di mezzo il vestito e lui mi prese un capezzolo in bocca, toccandomi l’altro seno con il palmo della mano. Un desiderio violento si risvegliò dentro di me, così potente che avrei fatto qualunque cosa con lui in quel momento, se non mi avesse frenato un dubbio fastidioso.

Un’ultima volta, pensai. Ma…

«Aspetta. Non possiamo farlo».

Blake appoggiò violentemente la mano contro la porta vicino a me. «Cristo, Erica. Cosa dobbiamo aspettare?».

Mi coprii con le mani, sentendomi improvvisamente nuda. La fame mescolata alla carica sessuale che irradiava mi spaventava. Lo avevo già visto eccitato prima, ma non così tanto.

«Ti voglio, Blake. Più di ogni altra cosa possa desiderare, ora e sempre. Ma non posso condividerti con qualcun’altra».

«Cosa?». Si passò le mani tra i capelli e si allontanò.

«Non so cosa ci sia tra te e Sophia, e non ho intenzione di dirti come devi vivere la tua vita. So che devi avere molte donne che ti girano intorno. Lo capisco, ma quello che io provo per te… Credo proprio che non possa farcela». Un colpo al cuore mi fece quasi trasalire.

Blake non era come gli altri uomini con cui ero stata. In realtà non era neanche lontanamente come loro, e stare con lui aveva stravolto del tutto la mia filosofia sul sesso e le relazioni sentimentali. Mi stavo innamorando davvero di lui, e l’idea di vederlo con Sophia, allora o in qualunque altro momento, era più di quanto potessi sopportare. L’infedeltà da parte di Blake mi avrebbe ridotta in frantumi.

«Credi che scopi con Sophia?».

Lo fissai. «Lei mi ha fatto capire di sì… e allora ho dato per scontato…».

Fece una smorfia, come se avesse assaggiato qualcosa di disgustoso. «Allora le parlerò. Ma devi sapere che non c’è assolutamente niente tra noi. Da anni ormai».

«Sì, Heath mi ha già raccontato questa storia», risposi per farlo tacere.

«Non è una storia. È la verità. Cosa diavolo devo fare perché tu mi creda?»

«Non lo so», risposi appoggiandomi alla porta e sperando che la mia coscienza potesse finalmente tacere e lasciare che le cose tra noi accadessero.

Blake si avvicinò, mi mise le mani sulle spalle e iniziò ad accarezzarmi le braccia con i pollici, facendomi rilassare.

«Erica…». Appoggiò la fronte sulla mia.

I nostri sguardi si incrociarono e il mio cuore si bloccò.

«Sono qui solo per te».

Mi baciò con passione e lentamente, esplorandomi a fondo con la lingua, finché non sentii le ginocchia cedere. Si allontanò e ci guardammo.

«Solo per te».

«Sei mio». Gli risposi con un filo di voce, inebriata dal suo profumo e dal suo sapore.

«Se smettessi di scappare da me per cinque maledettissimi minuti, te lo direi anch’io».

Sollevai il viso e lo baciai ancora, leccando e giocando con le sue labbra. Lui mi rispose con un brontolio, poi mi prese le gambe e le strinse intorno ai suoi fianchi.

«Adesso fammi vedere».

Annuii. Non sapevo dire se sarebbe stato fino a quel giorno, se sarebbe continuato l’indomani o un altro giorno ancora, ma nulla si sarebbe messo tra noi stanotte. Fece scivolare le sue mani sotto la gonna e, con un unico strattone, strappò il tessuto delicato delle mutandine. Le gettò da una parte, mi portò su uno dei lunghi divani di pelle e mi fece sdraiare. Si mise sopra di me, intrappolandomi con le braccia. Mi inarcai per avvicinarmi a lui, consapevole del fatto che tra non molto sarebbe entrato dentro di me, come avevo tanto desiderato da quando mi ero allontanata da lui alcuni giorni prima. Si spinse contro di me e iniziò a muoversi, a promessa di ciò che stava per accadere. Gli sbottonai velocemente la camicia e i miei capezzoli sfiorarono i soffici peli del suo petto.

Con le dita iniziò a toccare delicatamente le pieghe bagnate della mia carne, incurvandole per raggiungere il punto più sensibile dentro di me, mentre con il palmo della mano mi stimolava il clitoride duro dall’eccitazione. Ormai ero vicina al culmine del piacere. Allora rallentò e cominciò a scendere più in basso, baciandomi sull’interno coscia.

Cercai freneticamente di riportarlo su, ma senza riuscirci. «Per favore, Blake, non farmi aspettare».

«Voglio assaggiarti, piccola», mi rispose mentre si muoveva dentro e fuori con le dita.

Urlai, quasi fuori di testa per il desiderio. «Ti voglio dentro di me. Adesso!».

Avevo i nervi scoperti, e la promessa di una performance di sesso spietato spingeva al limite il mio desiderio. A quel punto, le sue dita mi lasciarono per sbottonarsi i pantaloni e abbassarli quanto bastava per liberare la sua erezione. Glielo presi, duro e lungo, tra le mani, esercitando movimenti leggeri e circolari sulla pelle calda e pregustando quello che avrebbe potuto fare per me; me lo portai sulle parti intime e lo guidai dentro di me. Lentamente e fino in fondo, mi penetrò completamente. La sensazione era lancinante e intensa.

Totalizzante.

Lottai contro un’ondata di emozioni che mi travolse al momento del contatto. Sentivo il petto pesante, il cuore sul punto di scoppiare. Cercando con tutte le forze di scacciare il pensiero di cosa significasse tutto quello, lo baciai freneticamente, le nostre lingue si aggrovigliarono in un concentrato di passione. Ne avevo bisogno. Avevo bisogno di te.

Mi spostai inquieta sotto di lui, presa dalla sensazione che mi provocava mentre sfregava dentro di me. Volevo possedere ed essere posseduta, e quello era l’unico modo che conoscevo per assicurarmi che non pensasse a nessun’altra, soltanto a me. «Scopami, Blake».

«Con piacere».

Spingeva dentro di me, forte e in profondità, ancora e ancora. Io raggiunsi subito il piacere con il suo nome che mi uscì dalle labbra e le lacrime che mi scendevano sul viso, mentre le vibrazioni si riverberavano contro il mio corpo. Cercai di scacciare quelle lacrime prima che potesse vederle, ma lui le intercettò con la bocca. Le tirò via con i suoi baci, un balsamo che curava il dolore della separazione dei giorni passati. Rallentò per qualche istante prima di cambiare posizione e aumentare la potenza delle sue spinte punitive. Mi aggrappai al precipizio di un altro orgasmo.

«Ancora», piagnucolai mandando la testa indietro, sopraffatta dalla sensazione spasmodica di volerne di più.

«Ancora?»

«Più forte».

All’improvviso si fermò facendomi trattenere il respiro. Mi rigirò sulla pancia e mi sollevò sulle ginocchia, dandomi delle sculacciate così forti da farmi urlare, lo stordimento del dolore mi riportò di nuovo alla realtà. Prima che riuscissi a protestare, spinse di nuovo dentro di me con una forza che mi tolse il fiato.

Poi si allontanò e si piegò su di me, lasciandomi vuota e dolorante. «Non scapperai più da me, Erica. Dico davvero». Aveva la voce roca e sentivo il suo respiro caldo sul collo.

«Blake, ti prego», mugugnai spingendo contro di lui.

«Promettimelo».

«Sì. Te lo prometto».

Si raddrizzò e mi sculacciò ancora sullo stesso punto, la sensazione della sua erezione che spingeva dentro di me senza pietà era potente. Si allontanò di nuovo, e di nuovo io mi spinsi contro di lui, la voglia di raggiungere l’orgasmo con lui dentro di me distruggeva le mie inibizioni. Lui ascoltò la mia preghiera e continuò a spingere forte, e quando mi sculacciò ancora, mi strinsi intorno a lui in maniera incontrollabile, mentre affondava tra le pareti della mia figa.

«Ancora», urlai.

Accelerò i movimenti, senza mai allontanarsi e mandandomi in frantumi a ogni sculacciata. Il mio corpo rabbrividiva, ogni muscolo si faceva teso contro la mia volontà mentre lui mi spingeva al limite. Mugugnai contro il divano, mi aggrappai con le unghie al tessuto costoso e venni urlando così forte da farmi sentire, probabilmente, anche dal buttafuori. Poi venne anche Blake, svuotandosi dentro di me con un brivido e sospirando. Il suo respiro mi accarezzava il collo mentre si accasciava su di me. Poi si rilassò, mi abbracciò all’altezza della vita e mi girò affinché potessimo guardarci, dandomi quindi un bacio delicato e sospirato.

«È stato diverso», mormorai senza forze e ubriaca delle sue sculacciate.

«Ti è piaciuto», commentò.

Io mugugnai e intrecciai le gambe intorno a lui.

Sorrise. «Per essere una ragazzina prepotente, sei una buona sottomessa».

Spalancai gli occhi. «Non mi descriverei proprio come una sottomessa».

Scoppiò a ridere. «Lo dici come se fosse una parolaccia».

«Per me lo è. Io non…».

«Aspetta, prima che inizi a parlare, permettimi soltanto una domanda. Vuoi che lo rifaccia ancora in futuro?».

Sbattei le palpebre, improvvisamente imbarazzata all’idea che stesse per farmelo ammettere. Essere sculacciata durante un impeto di eccitazione era ben diverso da un accordo preso in modo esplicito. «Non so. Forse».

«Bene, perché io voglio rifarlo». La sua espressione non lasciava dubbi sulla sua sincerità a tal proposito, considerando anche il tono di voce più forte che aveva usato. La mia pelle formicolava, di nuovo calda e in preda al desiderio.

Volevo litigare, volevo dirgli di andare a farsi fottere e sparire dalla circolazione, ma soltanto l’idea mi faceva eccitare.

«Mi stai facendo desiderare cose che non sono sicura di volere».

«A letto si possono avere fantasie diverse rispetto a quelle che si hanno nella vita di tutti i giorni. E ti prometto che non ti sculaccerò in pubblico». La sua espressione si fece più gentile e sorrise mentre si avvicinava di nuovo a me. «A meno che tu non sia proprio una ragazza cattiva». Mi prese un capezzolo turgido in bocca per poi stringerlo tra i denti.

Oh, lo adoravo. Mi contrassi alla sensazione e iniziai ad ansimare debolmente. «Sarò brava», gli promisi in preda al delirio.

Ridacchiò a bassa voce. «Ne dubito fortemente».

«Sono così cattiva?».

I suoi occhi si offuscarono, la linea delle labbra si fece più morbida su un viso che altrimenti incuteva timore. «Potresti abituarti all’idea che la punizione ti piaccia».

Blake mi succhiò forte il capezzolo ancora una volta e massaggiò l’altro con i polpastrelli, stuzzicando la pelle quanto bastava per darmi un dolore piacevole.

Rimasi senza fiato, ma lui non si fermò. «Come faccio a sapere se questa non è nient’altro che la prossima fase per dominare ogni aspetto della mia vita? Prima l’appartamento, adesso questo…». Respirai profondamente, capace appena di tenere insieme i miei pensieri.

«È un’ipotesi interessante, ma non credo proprio che lasceresti che la facessi franca, in tal caso». Si spostò più su, strofinando le labbra sulle mie clavicole. Mentre mi succhiava il collo continuava a massaggiarmi i capezzoli.

Mi chinai per posare un seno nel palmo della sua mano, e un sorriso carico di soddisfazione gli comparve sul viso mentre si allontanava e si alzava in piedi. Era ancora eccitato, era sorprendente quanto riuscisse a durare. Mi accigliai quando si infilò i pantaloni.

«Non mettere il muso. Voglio riportarti a casa», mi disse con la promessa di un secondo round negli occhi.

Meno di venti minuti dopo, stavamo entrando nel condominio. E in pochi secondi Blake era disteso sul copriletto rosso acceso della camera degli ospiti, esattamente dove l’avevo desiderato per giorni. Dopo la punizione che mi aveva inflitto poco prima, e dopo la breve conversazione sulla possibilità che diventassi la sua sottomessa, ancora bruciavo di desiderio per lui. Presa dalla frenesia, gli tolsi la camicia, quindi iniziai a leccare e mordicchiare la sua pelle fin verso i pantaloni, per poi sfilarglieli. Lui si mise a sedere e mi tolse il vestito. Nuda e carica di desiderio, feci scorrere le mani sul suo corpo bollente mentre lui ricopriva il mio torace di baci, venerandomi un centimetro alla volta. Il suo respiro delicato riscaldava la mia pelle supersensibile e mi ravvivava il desiderio.

«Erica, Dio, hai un corpo stupendo», sussurrò.

Potevo quasi gustare la sua brama, la determinazione a possedermi in qualunque modo. Le sue dita scivolarono dalle spalle ai polsi, tenendomeli uniti dietro la schiena con una mano.

Mi morsi il labbro e gemetti, godendo dei piccoli movimenti che mi permetteva di fare sfiorando la sua erezione, avanti e indietro sul clitoride, finché non iniziai a impazzire dal desiderio.

Lui aumentò la stretta sui miei polsi, e una paura irrazionale iniziò a farsi strada dentro di me. Ero ferma, con il seno che puntava spudoratamente su di lui. Il cuore mi batteva all’impazzata mentre combattevo contro un istinto che non mi avrebbe mai permesso di lasciar esercitare così tanto controllo da un uomo.

«Blake, non sono sicura», dissi con una voce mista di paura e desiderio mentre mi teneva legata.

Mi fece stare zitta con un bacio delicato. «Mi prenderò cura di te, piccola».

La sua voce non lasciava dubbi, e la sua espressione era calma e rassicurante, più controllata di quanto avessi potuto sperare in determinate circostanze. Lo guardai negli occhi e sentii una fitta al cuore al pensiero dei sentimenti che provavo verso di lui.

«Non ti farò mai del male». Mi accarezzò le labbra con il pollice.

Il mio corpo si fidava di Blake, con lui mi sentivo più sicura che mai, o più vulnerabile che mai.

La tensione dei muscoli, pronti a lottare, si sciolse.

Mi preparai ad affrontare qualunque cosa avesse intenzione di fare e lo baciai in risposta. Il mio cuore batteva forte, il desiderio prese il sopravvento sulla paura. Blake mi mise un braccio intorno ai fianchi, sollevandoli leggermente prima di unirci, e io scivolai delicatamente sulla sua erezione bollente. Mi prese un capezzolo indurito in bocca, titillando la punta con la lingua e i denti, come aveva fatto in discoteca. La doppia sensazione mi travolgeva, ma mi faceva anche sentire prigioniera. Non riuscivo a liberare l’energia che scorreva dentro di me toccandolo o accompagnando i movimenti. Al contrario, lui indugiava dentro di me, tenendomi prigioniera come una palla di fuoco che si spegne per mancanza di ossigeno, mentre aspetta di esplodere e infiammare tutto quello che la circonda.

Inarcò il bacino, spingendo dentro di me ancora e ancora, rendendo i miei movimenti superflui. Con un pollice mi disegnava dei cerchi sul clitoride, controllando ogni movimento con grande abilità, finché non mi avvicinai al limite. I miei muscoli si tendevano al tocco delle sue mani calde che mi piegavano alla sua volontà.

«Adesso riesci a sentire tutto, vero piccola?».

Appena pronunciò quelle parole, fui attraversata da un lampo di consapevolezza dei nostri corpi avvinghiati. La sua imponente erezione che roteava dentro di me, le sue dita che suonavano le note del mio desiderio come una canzone che conoscevano alla perfezione. Rabbrividii e iniziai a perdere il controllo.

«Sì… sento tutto in maniera fantastica».

«Avevi ragione, Erica. Sto per farti desiderare cose che non avresti mai immaginato di volere».

Lasciò il clitoride per afferrare di nuovo i fianchi, penetrandomi più in profondità. Mi sfuggì un grido sommesso mentre mi sentivo incollata a lui.

«Finirai per volere che ti tenga sotto per scoparti forte. Per esercitare un totale controllo sul tuo corpo».

«Blake, ti prego… oddio».

«Lo vuoi adesso, vero?»

«Sì. Adesso. Ti voglio completamente». Mi dimenavo con foga intorno a lui, le sue parole stimolavano la mia fame ancora di più.

Quindi mi liberò e mi rigirò sulla schiena, mettendosi su di me. Si avventò sul mio corpo con spinte potenti che ci fecero spostare sul letto e mi portarono dritta a un orgasmo da infarto che mi attraversò come un fulmine, come un lampo bianco e accecante. Pronunciai il suo nome singhiozzando e mi aggrappai con le dita alla sua schiena, tenendomi alle sue spalle mentre intorno a noi esplodeva il fuoco.

«Blake!».

«Sono tuo, Erica», disse con voce carica di desiderio mentre mi spingeva i fianchi contro il letto con la forza della sua ultima spinta ansimante.

Restammo sdraiati per parecchi minuti, avvinghiati l’uno all’altro, legati dall’esperienza appena vissuta, mentre le ondate di sollievo e beatitudine mi percorrevano il corpo.

Infilai le dita tra le ciocche bagnate dei suoi capelli mentre lui mi accarezzava il viso con i polpastrelli. I suoi occhi rimanevano ben piantati su di me, trafitti da una rovente intensità.

Non mi ero mai sentita tanto legata a un’altra persona, fisicamente ed emotivamente. Nessuno era mai riuscito a farmi sentire così. Così nuda, senza maschere.

Il vortice dei pensieri nella mia mente cominciò a rallentare appena iniziò a posarmi baci delicati sulle labbra gonfie e a sussurrarmi parole di adorazione all’orecchio finché non caddi addormentata tra le sue braccia.

Mi svegliai qualche ora dopo. Stava albeggiando e le braccia di Blake ancora mi tenevano stretta a lui, in previsione di un mio qualunque pensiero remoto di scappare da lui. Mi girai lentamente per guardarlo, ma appena mi mossi mi strinse un braccio alla vita. Aveva il viso rilassato e pacioso. Sorrisi. Mi trovavo esattamente dove volevo essere. Misi un braccio sul suo, tenendolo stretto a me mentre cercavo di riaddormentarmi.

All’improvviso, il telefono di Blake squillò dai suoi pantaloni appoggiati per terra. Dopo qualche squillo lui si rigirò e si alzò dal letto per rispondere.

«Cosa c’è che non va?», disse.

Strano modo per iniziare una conversazione.

«Dove sei?», aggiunse mentre reggeva il telefono con una spalla per raccogliere i vestiti dal pavimento. «Va bene, sarò lì tra dieci minuti».

Attaccò e finì di vestirsi, a quanto pare dimenticandosi della mia presenza.

«Che succede?», domandai.

Restò zitto per un istante e mi guardò con aria preoccupata. Cosa potrebbe mai essere successo per costringerlo a uscire così all’improvviso?

«Perdonami. Devo sistemare una faccenda. Non ci vorrà molto».

«Posso venire con te?»

«No, fai le valigie. Ti riaccompagnerò a Boston appena sarò di ritorno».

«Non posso andarmene. Ho un incontro di lavoro domani», dissi guardando l’orologio. «Oggi, in realtà».

«Con chi?»

«Ho un brunch con Isaac Perry».

«Rimandalo», mi ordinò senza esitazione. «Ti porterò via di qui».

«Blake, che diavolo succede?». Mi misi a braccia conserte con aria risoluta, anche se mi sentivo in imbarazzo a stare nuda davanti a lui quando lui non lo era.

Sospirò in preda allo sfinimento. «Non posso spiegarti adesso».

«Scordatelo. Io resto qui. Ci rivediamo a Boston quando sarà finito l’incontro di oggi». Mi misi alla ricerca della borsa, finita da qualche parte tra le lenzuola.

«Fidati di me, dobbiamo andare via di qui», disse lui. Le mascelle serrate gli davano un’espressione risoluta che conoscevo bene. «Ti spiegherò tutto al mio ritorno, promesso».

Cercai di valutare la sua espressione, sperando di riuscire a credergli. Accorciò le distanze tra noi e mi costrinse ad accettare la sua decisione dandomi un bacio che mi fece sperare di avere altri dieci minuti insieme.

«Torno subito», disse, poi uscì dalla porta.

Feci una doccia e preparai le valigie con cura; mi rimproverai per aver lasciato decidere a Blake di farmi rinviare l’incontro. Forse mi addormentai di nuovo mentre ero lì ad aspettarlo. Alcune ore dopo, era seduto vicino a me sul letto e mi smuoveva per farmi svegliare.

«È ora di andare, piccola», disse con voce calma e affabile.

«Va tutto bene?», domandai cercando di riprendere conoscenza.

«Andiamo, ne parliamo in macchina». Si alzò e prese le mie valigie. Io feci un inventario veloce di tutte le mie cose e lo seguii fuori dall’appartamento.

Dissi addio in silenzio alla città mentre ci allontanavamo verso nord, accorgendomi che non avevo avuto neanche occasione di salutare Alli.

L’avrei chiamata più tardi, dal momento che, data l’ora in cui erano rincasati, per loro doveva essere ancora notte fonda.

«Hai intenzione di farmi capire qualcosa?», gli chiesi finalmente.

Blake strinse le mani sul volante.

«Chi ti ha chiamato prima?»

«Alli».

Mi accigliai, domandandomi perché avesse il numero di Blake. La mia mente iniziò a considerare le diverse possibilità, ma non riuscii a trovarne una plausibile.

«E perché mai avrebbe chiamato te?»

«Sono sicuro che Alli non te ne abbia parlato, per ovvi motivi, ma Heath ha qualche problema di droga. Credevo fosse pulito, ma ci è ricaduto».

Mi si bloccò il respiro mentre assimilavo lo shock di una tale notizia. La mia mente iniziò a pensare velocemente e a collegare tutti i puntini. I conti iniziavano a tornare. Il suo aspetto stralunato dell’altra mattina, le notti sveglio fino a tardi e una diffidenza di sottofondo che non riuscivo a ignorare quando ero vicino a lui.

«Che genere di droghe?»

«Cocaina, soprattutto».

«Alli…», sussurrai coprendomi la bocca con mano tremante. Come faceva a stare con lui considerando la situazione? Era una faccenda seria. E se anche Alli avesse avuto a che fare con la droga, per colpa sua? Avrebbe spiegato la sua recente latitanza e la perdita di peso che, anche se minima, ero riuscita a notare.

«Alli non fa uso di droghe con lui», disse come se mi stesse leggendo nella mente.

Mi accigliai. «Come lo sai?»

«Le credo. Dopo aver avuto a che fare per tanti anni con Heath, il mio metro di valutazione delle bugie è diventato molto affidabile. Lei è pulita».

Annuii, sollevata e improvvisamente dispiaciuta per Blake.

Da quanto tempo si stava facendo carico di quella situazione, di risolvere i problemi di Heath?

«Cosa è successo stanotte?»

«È stato coinvolto in una rissa in discoteca. Hanno chiamato la polizia, e gli hanno trovato della droga. La solita vecchia storia».

«E adesso?»

«L’hanno trattenuto per la notte. Ho già sistemato tutto per la pratica della cauzione, poi devo portarlo in clinica così che possa evitare di nuovo il carcere».

Di nuovo? «Dove andrà?»

«Stavo pensando di portarlo fuori da New York. Cocaina, modelle e discoteche. A quanto pare non puoi avere l’una se non hai anche le altre due, e lui non riesce a stare lontano dalle discoteche».

Cercai di digerire tutte quelle informazioni, mettendo insieme i pezzi come se fosse un puzzle. Detestavo il fatto di essere stata tenuta all’oscuro per tanto tempo. Da quanto Alli era a conoscenza di tutto e me lo aveva nascosto? Prima Sophia, poi quello. In poche settimane c’erano già così tanti segreti tra noi. Magari non mi stava proprio mentendo, ma mi stava comunque nascondendo alcune verità, che era quasi la stessa cosa.

«È così che hai conosciuto Sophia?», domandai, esitando all’idea di tirarla in ballo, ma non potevo resistere.

Rimase zitto per un bel po’. «Me l’ha presentata Heath, sì».

Continuai a fissarlo mentre rifletteva se raccontarmi di più.

«Credo si possa dire che facesse parte del suo entourage, o che comunque lui faceva parte dell’entourage di lei. Non lo so. Abbiamo iniziato a vederci ogni tanto, finché lei non ha cominciato a frequentare Heath quando io ero fuori».

«È andata a letto con lui?»

«Nessuno dei due lo rivelerebbe mai. Non mi ero neanche accorto che entrambi avessero un problema, finché non mi è capitato di partecipare a una delle feste che organizzavano a casa. Erano tutti e due su di giri. Io ho deciso di non fare domande e presupporre il peggio».

«E allora cosa hai fatto?»

«Li ho mandati in clinica di riabilitazione. Li ho minacciati di togliergli tutto, finché non si sarebbero disintossicati. Quando Sophia ha finito il programma riabilitativo, ho rotto con lei. Non l’ha presa bene, ma siamo arrivati al compromesso che l’avrei aiutata a ricominciare».

«È per quello che hai deciso di investire nella sua agenzia?».

Assunse un’espressione sorpresa. Probabilmente avrebbe fatto di tutto per non farla ricadere nella droga, consapevole del fatto che la rottura della loro relazione l’avrebbe mandata in tilt. La amava?

«Sì, ma la nostra relazione finisce lì». Si distrasse un attimo dalla strada per osservarmi.

«Ti credo», commentai. Per quanto mi piacesse guardarlo negli occhi, in quel momento volevo che rimanesse concentrato sulla guida.

«Bene».

«Adesso Alli cosa farà?»

«Lei potrà rimanere in quella casa per tutto il tempo che le occorre, ovviamente».

«Ma la loro relazione? Voglio dire…». Non avevo mai visto Alli in quello stato, così innamorata. Ma potevo davvero appoggiare una relazione con Heath, se aveva tanti problemi? E anche seri. Fratello miliardario o no, aveva dei problemi, e il pensiero di vederla legata a lui era comunque sconcertante.

«Deve decidere lei, ma non voglio che tu venga coinvolta», disse Blake con tono risoluto.

Mi accigliai. «Cosa significa questo, esattamente?»

«Significa che non ti voglio vedere con Heath o con il suo gruppo di amici, finché non sarà pulito per un bel po’ di tempo. Lo stesso discorso vale per te e Alli».

«Mi stai dicendo che non posso vederla?». Al solo pensiero mi venne la pelle d’oca.

«Se Alli deciderà di restare con lui, è una sua scelta, ma non permetterò che stia vicina a te in alcun modo».

La rabbia gorgogliò fino alla superficie del mio ego; volevo esplodere, cercando una maniera di avere la meglio in quella discussione. Avevo bisogno di un caffè.

Mi spostai su un lato del sedile, allontanandomi il più possibile da lui.

«Colazione?», domandò.

Io mi misi a guardare fuori dal finestrino, rifiutandomi di rispondergli.

Dopo qualche minuto di tensione, uscì dall’autostrada e parcheggiò di fronte a una tavola calda. Spense l’auto, scese e venne verso il lato passeggero ad aprirmi la portiera.

Non appena uscii dall’abitacolo, mi imprigionò tra le sue braccia, facendomi appoggiare contro la macchina e portando i nostri corpi troppo vicini rispetto alla rabbia che provavo nei suoi confronti.

«Voglio che tu capisca», mi disse.

«Capire cosa? Che sei così malato da avere la necessità di controllare tutto e tutti intorno a te?»

«Hai mai conosciuto qualcuno che soffre di una dipendenza?».

Mi misi con le braccia conserte e guardai l’orizzonte con l’autostrada e le macchine che passavano veloci. Stava cercando di convincermi che controllare la mia vita fosse in qualche modo qualcosa di accettabile, lo sapevo. «No», ammisi.

«Bene. Non voglio che lo faccia adesso».

«Non puoi dirmi con chi vivere la mia vita. Avevi detto di non avere intenzione di dominarmi in questo senso».

«Non ho mai detto questo, e poi, qui la faccenda è diversa».

«Grandioso». Rabbrividii, raggelata all’idea che Blake, in fondo, volesse proprio quello, forse ne aveva addirittura bisogno. Controllarmi – un’aspettativa che sembrava radicarsi sempre più profondamente nella nostra relazione, ogni secondo di più.

«Erica, smettila».

«Di fare cosa? Non ho mai dovuto rendere conto a nessuno, e sono sicura che non lo farò con te. Quindi ficcati le tue idee di dominio in una pipa e fumale».

Cercai di allontanarmi da lui, però mi aveva intrappolata.

«Erica…».

«Piantala di ripetere “Erica”…».

Brontolò e si infilò una mano tra i capelli, concedendomi appena un minimo di spazio.

Lo fulminai con lo sguardo, ma quando incrociai i suoi occhi li vidi stanchi, carichi di emozione, che mi imploravano senza parole.

«Ci tengo a te. Mi sto innamorando di te, e farò qualunque cosa per proteggerti. Lo capisci?».

Sentii un tonfo al cuore. Merda. Merda. Merda. Le sue parole non avrebbero potuto colpirmi più forte. I palmi delle mani iniziarono a formicolare e a sudare. Me li strofinai nervosamente sui jeans mentre il silenzio tra noi si faceva tangibile.

«Heath ha distrutto la nostra famiglia con il suo problema. I miei genitori si domandano ogni giorno cosa possano aver sbagliato e io cerco di fare il possibile perché si rimetta in sesto, pregando che qualcosa funzioni prima che un giorno si uccida».

Riuscii a rilassarmi, grata che mi avesse parlato. Non ero in grado di interpretare le emozioni che stavo provando.

Avevo bisogno di un caffè, o di un sonnellino. Soprattutto avevo bisogno di essere da qualche altra parte, lontano dalla bolla di sesso scatenato e intensità emotiva di Blake.

Ne avevo davvero abbastanza di tutto quello. Scossi il capo, cercando di concentrarmi sulla discussione nella quale volevo avere la meglio. Mi aveva lanciato una palla a effetto, ma in qualche maniera dovevamo trovare un compromesso, anche se temevo che Blake non fosse abituato a negoziare molto quando non era con me. Feci un respiro profondo e gli appoggiai le mani sul petto. Il suo battito era accelerato, in sintonia con il mio.

«Blake, Alli è la mia migliore amica. Se deciderà di restare con Heath, io dovrò essere lì ad aiutarla, come ho intenzione di aiutare te».

Per una frazione di secondo assunse un’espressione confusa.

Poi cambiò e riprese un’aria più risoluta. «Non ho bisogno di aiuto, Erica. Sono abituato a far fronte a queste cose. Voglio soltanto che non ti venga fatto del male. Non riuscirei a sopportarlo».

La mia rabbia svanì per lasciare spazio a un desiderio di guarire quel dolore, di aiutarlo ad aggiustare le cose. «Ascoltami. Non puoi fare il padrone dell’universo e rifiutare l’aiuto delle persone che ti vogliono bene».

Blake mi prese le mani tra le sue e le strinse delicatamente.

«È stata una notte lunga. Parliamone più tardi… quando ci saremo ripresi un po’».

Sospirai e annuii, accettando il fatto che, per il momento, non eravamo riusciti a trovare un accordo.