Capitolo sette

Mancavano soltanto pochi giorni alla chiusura degli alloggi, e io ero a corto di tempo e di opzioni per trovare un posto in cui vivere. Non riuscivo a credere a quanto fossi rimasta indietro, ma a quanto pareva la vita mi stava sfuggendo di mano, per cui decisi di contattare la sorella di Blake e sperare in una soluzione rapida.

Fiona Landon era bellissima. I capelli castano chiaro erano acconciati in un semplice caschetto molto alla moda. Giovane, professionale ed elegante, indossava un vestito blu scuro a pois quando ci incontrammo per iniziare la ricerca del mio primo appartamento.

I primi che mi mostrò corrispondevano esattamente alle mie esigenze: economici, piccoli e luminosi, ma tutti lontani dal trasporto pubblico. Mi resi conto presto che sarei dovuta scendere a qualche compromesso con le mie pretese, oppure avrei dovuto spendere di più.

Ci fermammo per un pranzo veloce in una caffetteria vicino ai giardini pubblici per fare il punto della situazione.

Dopo aver fatto alcune chiamate per le ultime visite, Fiona si sedette con me al tavolo. «Allora, come hai conosciuto Blake?».

Bevvi un sorso di limonata. Se soltanto avesse saputo!

«Sono in contatto con la Angelcom per un possibile investimento nella mia attività».

«Oh, ma è stupendo. Spero che vada bene».

«Anch’io».

«Blake è molto preso dai suoi investimenti. Ho visto alcune delle sue compagnie prendere letteralmente il volo».

Annuii e non le dissi che su di me aveva preferito “passare”. Be’, di sicuro aveva passato sul mio investimento. Fisicamente invece mi stava acquisendo con la determinazione che ci si aspetta dagli uomini d’affari rampanti.

«Che mi dici di te? Fai questo lavoro a tempo pieno?»

«Blake possiede diverse agenzie immobiliari, per cui sono molto occupata con le sue società, ma mi diletto anche con altri annunci in città».

«Immagino sia bello gestire tutti gli affari in famiglia».

«Certo. Blake ci tiene occupati con tutti i suoi progetti».

«Di recente ho conosciuto anche Heath», dissi restando sul vago per quanto riguarda i vari dettagli del viaggio a Las Vegas.

«Davvero?»

«È un tipo particolare», continuai, sperando di raccogliere altre informazioni sul fratello carismatico e su qualunque affare avesse con Blake, se non altro per il bene di Alli.

«Puoi dirlo forte. Non ho idea di come faccia Blake a relazionarsi con lui». Guardava verso di me con un’espressione che non faceva trasparire emozioni. «Tu hai fratelli?»

«No, sono figlia unica». Per anni ero stata praticamente da sola. Avevo cercato di immaginare molte volte come sarebbe stata la mia vita con un fratello, o anche due. Qualcuno con cui condividere il dolore dopo la morte di mia madre, o per far fronte insieme alle difficoltà della vita. La persona più vicina che avevo avuto era stata Elliot, ma come me, si era trasferito.

Fiona e io finimmo il pranzo, poi andammo a visitare l’ultimo appartamento della giornata, che mi assicurò essere il più vicino a quello che stavo cercando.

Si fermò davanti a una pittoresca costruzione in pietra arenaria sulla Commonwealth Avenue. La strada era completamente alberata, con marciapiedi ben curati e aree verdi che separavano i due lati della strada. Era un quartiere abitato da persone influenti, e mentre ammiravo il cambiamento di paesaggio rispetto ai quartieri poco attraenti che avevamo visitato fino a quel momento, mi preoccupai di quanto potesse essere fuori budget una sistemazione del genere.

Titubante, la seguii mentre saliva diverse rampe di scale. Entrammo in un appartamento luminoso e ampio con due camere da letto.

«Accidenti».

«Questo è stato messo sul mercato ora», disse Fiona.

Gli elettrodomestici erano nuovi, le pareti tinteggiate di fresco e il pavimento in parquet scuro era impeccabile.

«Questo è perfetto, Fiona, ma dubito di potermi permettere una sistemazione del genere».

«Il proprietario lo affitta al giusto prezzo all’inquilino giusto. È oltre il tuo budget, ma è un grande affare, dovevo mostrartelo». Mi porse il foglio in cui era riportata la cifra richiesta, ben al di là del mio budget, ma la valeva tutta.

Feci un respiro profondo e iniziai a calcolare.

«Potresti sempre trovare qualcuno con cui dividere l’affitto, dato che ci sono due camere da letto. Non resterà sul mercato a lungo, Erica, quindi se pensi che potrebbe fare al caso tuo, bisognerebbe chiamare adesso».

Avrei avuto un appartamento con finestre sulla baia, una vasca da bagno e una camera da letto in più da dividere con chi mi pareva. Avevo volato alto fino ad ora, e allora perché fermarmi proprio adesso?

«Dove devo firmare?»

 

Misi gli ultimi vestiti che rimanevano nell’armadio in un sacco nero della spazzatura e lo appoggiai vicino agli altri. Per tutto il giorno, Alli e io ci eravamo parlate a malapena, a eccezione delle contrattazione su chi dovesse tenere le cose comprate insieme. Era come la fine di una relazione, e quasi allo stesso modo, gli ultimi fili che tenevano insieme i miei nervi già provati si stavano spezzando. Quando finimmo di fare i bagagli, ci sedemmo entrambe sul materasso spoglio del letto, con le molle che cigolavano sotto di noi. Quel dettaglio non mi sarebbe mancato.

«Hai più sentito Heath?», domandai, ansiosa di spezzare il silenzio e la tensione tra di noi.

Alzò lo sguardo e annuì. Grandioso, mi stava riservando un trattamento di silenzio.

«E?»

«E, cosa?», sbottò. «Non credo ti interessi, Erica».

«Ascolta, mi dispiace. Mi hai beccata in un brutto momento, e io…». Una lacrima mi rigò la guancia e mi affrettai ad asciugarla. «Speravo tanto che non te ne saresti andata, ma voglio che tu sappia che capisco perché lo fai. Io…».

D’improvviso mi abbracciò forte.

«Voglio che tu sia felice, e so che lo sarai», sussurrai.

Si scostò e mi prese il viso tra le mani. «Sei la mia migliore amica, Erica. Trecento chilometri non cambieranno questo fatto. E non ci credo nemmeno per un secondo che non riuscirai a cavartela nella tua impresa senza di me. È la tua creatura. Non c’è nulla che ti trattiene ora».

«Ne parli come se fosse facile».

«Sei stata tu a rendere tutto semplice dal primo giorno. Non ho idea di come abbiamo fatto ad arrivare dove siamo arrivate, so soltanto che nessuno ce l’avrebbe fatta senza la tua guida».

Volevo crederle, ma ora che se ne stava andando davvero, il peso delle responsabilità mi stava schiacciando. Per fortuna avevo molto più tempo a disposizione ora, ma iniziavo a dubitare di voler rimanere a Boston mentre tutti quelli a cui volevo bene se ne andavano.

Il giorno seguente, di mattina presto, incontrai Fiona all’ingresso del nuovo appartamento. Aveva il solito aspetto impeccabile in un prendisole colorato.

«Congratulazioni!». Mi sorrise e mi diede un abbraccio veloce.

«Grazie per avermi trovato un appartamento così bello», le dissi.

«A disposizione».

Quando vide il SUV dal quale ero uscita, il suo sorriso svanì. Brad scese dall’auto e si mise accanto a me sul marciapiede. Era l’amico di un amico, e non lo conoscevo molto bene, ma era carino con me e, com’era evidente, passava molto del suo tempo in palestra, per cui mi sembrava la persona adatta a portare il mio divano su per le scale nel nuovo palazzo. In effetti, fu bravissimo e non fece neanche un graffio ai muri salendo.

Fiona appariva nervosa quando mi diede le chiavi. Appena aprii la porta, Brad entrò e si diresse verso quella che sarebbe stata la mia camera da letto. Prima che riuscissi a seguirlo, sentii qualcuno scendere le scale.

Oh, un vicino!, pensai emozionata, finché il maledetto Blake Landon non girò l’angolo e mi rivolse un sorriso che mi fece sciogliere.

«Cosa ci fai qui?». Il tono della mia voce rivelava un panico eccessivo. Erano trascorsi tre giorni durante i quali finalmente avevo pensato di essermi liberata di lui per sempre, ma allo stesso tempo mi ero chiesta come avessi potuto lasciarmi sfuggire il miglior sesso della mia vita.

«Io vivo qui».

Mi voltai a guardare Fiona, che abbassò gli occhi, rivelando così che era tutto programmato fin dall’inizio.

«Mi dispiace», mugugnò prima di girarsi per andare via.

«Tu vivi qui». Non era una domanda, ma una conferma del peggior scenario che potessi immaginare.

«Be’, in realtà, l’edificio è mio. Ma sì, vivo qui».

Incrociai le braccia e iniziai a battere un piede a terra, nervosa. Come potevo esprimere al meglio la mia ira nei confronti di quell’uomo terribilmente sexy che non riusciva a stare fuori dalla mia vita?

«Sembri arrabbiata. Cosa posso fare per te?».

Ebbe la decenza di guardarmi un po’ esitante, mossa saggia visto che iniziavo a considerare la violenza fisica un’opzione per farmi valere. Le parole erano fatica sprecata con lui.

«Tanto per cominciare, potresti finirla di interferire nella mia fottutissima vita, Blake!». Gli puntai il dito contro i pettorali duri come la roccia. «Cosa cazzo ti fa credere che piombare qui all’improvviso e sistemarmi al piano di sotto sia una cosa normale?»

«Per essere una studentessa di Harvard, devo dire che sei parecchio sboccata».

«Ma non dire stronzate, Blake».

«Avevi davvero intenzione di vivere in uno di quegli appartamenti pidocchiosi?»

«Stai tralasciando la questione principale».

Esasperata, entrai nell’appartamento e sbattei la porta alle mie spalle. Lui mi seguì e si trovò faccia a faccia con Brad, il quale sembrava a dir poco stupito. Blake era più magro e meno muscoloso di lui, ma era più alto. Blake strinse gli occhi e serrò i pugni lungo i fianchi.

«Ehm, ehilà?». Brad sembrava a disagio.

Presi il portafoglio dalla borsetta e tirai fuori i cinquanta dollari che gli dovevo. «Grazie molte, Brad. Va bene così. Il resto della roba puoi lasciarla all’ingresso, la sistemerò io più tardi».

«Sei sicura?»

«Sì», rispondemmo io e Blake all’unisono.

Nella lotta per decidere chi dovesse portare su i bagagli, Blake mi disse di avere la cena pronta nel suo appartamento. Io ero affamata e stressata, quindi, seppur con riluttanza, accettai.

Una volta entrati in casa sua, superammo il corridoio verso un open space con gli elettrodomestici su misura nell’angolo a destra e il soggiorno sulla sinistra. L’appartamento era proprio come me lo aspettavo: luminoso e moderno, con divani color crema in microfibra, mobili in legno scuro e pareti con decorazioni azzurro oceano. Pensai che qualcun altro, probabilmente una donna, lo avesse aiutato ad arredarlo.

La cosa che mi sorprese di più, soprattutto dopo aver fatto un giro nella sua Tesla supertecnologica, era la totale assenza di apparecchi elettronici, ma forse gli impianti erano così innovativi da essere perfettamente camuffati nella stanza.

«Nessun apparecchio o aggeggio tecnologico?», domandai.

«Veramente no. Se dovessi averne necessità, vado in ufficio».

«Questo mi sorprende».

«Perché?»

«Be’, immagino che tu possa benissimo organizzare una conferenza dallo schermo touch screen della macchina, quindi non avrei mai creduto che casa tua fosse diversa».

«Sono stato davanti agli schermi per quindici anni. Spesso mi è successo di avere le idee migliori proprio quando non mi collegavo da tanto tempo».

«Immagino», commentai, pensando che io non sarei mai stata capace di guarire dalla mia ossessione per la tecnologia. Dovevo sentirmi sempre connessa, per qualunque evenienza. Il pensiero di essere isolati per più di un’ora, soprattutto per uno con incarichi importanti come Blake, mi pareva impossibile.

«Vino?».

Aveva fatto molto caldo, ed ero esausta. Non desideravo altro che finire la giornata con un bicchiere di vino bianco fresco, ma poteva esserci anche il rischio che accettare mi avrebbe fatta finire nella camera da letto di Blake – un luogo che avrei voluto evitare a ogni costo, soprattutto considerando le nuove circostanze. Ora che eravamo vicini, grazie al contratto d’affitto di un anno che avevo appena firmato, dovevo innalzare nuove barriere.

«Acqua», risposi. «Allora, cosa c’è per cena? Posso aiutarti a preparare?»

«Ehm…». Esitò, poi aprì un cassetto e tirò fuori una pila di menu da asporto. «Scegli pure. Ti raccomando vivamente il cibo thailandese del locale in fondo alla strada. La migliore cucina thailandese che potrai mai assaggiare».

Scossi la testa, leggermente sorpresa che si fosse tanto sforzato per invitarmi a cena senza avere un piano ben congeniato. Mi sembrava una cosa insolita da parte sua. Era sempre una spanna avanti a me, una caratteristica che non avrei mai più sottovalutato.

«Fammi indovinare. Non sai cucinare?»

«So fare molte cose, ma non cucinare, no».

«Hai mai provato?»

«Veramente no». Fece spallucce.

«Va bene, dove si trova il supermercato più vicino?».

Sgranò gli occhi. «A un paio di isolati».

«Okay, io ho il frigo vuoto e immagino anche tu. Che ne dici se andiamo a comprare qualcosa? Così ti faccio vedere come si prepara un pasto come si deve per la prossima volta che inviterai una ragazza a casa tua».

Rimase un istante in silenzio. Non riuscivo a capire se fosse infastidito oppure stesse riflettendo sulla mia proposta. Al di là di questo, con me aveva passato il segno troppe volte. Mi rifiutavo di camminare sulle uova con Blake, miliardario o no.

«Va bene, andiamo», disse alla fine.

Era completamente fuori dal suo elemento naturale al supermercato. Gli chiesi cosa gli piacesse e cosa no, poi presi tutti gli ingredienti per preparare una delle mie specialità: linguine alle vongole, uno dei primi piatti che mia madre mi aveva insegnato.

Nel mio appartamento non avevo ancora né pentole né padelle, così decisi di preparare la pasta nella cucina superattrezzata di Blake, e lui si mise accanto a me. Ero fuori allenamento, ma piano piano ritrovai lo smalto. Dopo quattro anni di vita in comune in una cucina ridotta all’essenziale, avevo quasi dimenticato come si lavorava in una vera cucina, e quella di Blake non mancava proprio di nulla.

«Hai intenzione di restare senza far nulla, oppure vuoi aiutarmi?», domandai un po’ seria un po’ scherzando.

Si mise di fianco a me davanti al piano di lavoro, e io gli impartii la prima lezione.

«Ecco, taglia questa a dadini», gli dissi dandogli una cipolla. Lo osservai con la coda dell’occhio, facendo finta di non notare che si strofinava di continuo gli occhi.

 

Mi sentivo come a casa mentre gli illustravo il procedimento della ricetta a mo’ di lezione di cucina. Sebbene fosse rimasto in silenzio, Blake era un allievo attento. Anche troppo attento, a volte – lo beccai a guardarmi il sedere mentre cercavo uno scolapasta nella dispensa. Approfittai della mia posizione di vantaggio per insegnargli alcune regole fondamentali sulla preparazione della pasta, come ad esempio capire quando è cotta al dente e la differenza tra il parmigiano grattugiato fresco e il parmigiano confezionato. Finito di cucinare, preparai i piatti e Blake li portò in sala da pranzo. Ci accomodammo al massiccio tavolo di legno in stile casa colonica, un oggetto bellissimo e costoso. Dovevo ammettere che iniziavo ad abituarmi alle cose belle quando ero con Blake.

Iniziammo a mangiare e per un po’ restammo in silenzio.

«Mi piace». Annuì mentre arrotolava la pasta con la forchetta.

«Grazie. La buona notizia è che quella avanzata che mangerai al prossimo pasto sarà ancora più buona».

«Come è possibile che gli avanzi siano più buoni di questo?»

«La pasta assorbe il succo delle vongole. È qualcosa di divino».

Mugugnò un verso di affermazione mentre mandava giù un altro boccone.

Sorrisi felice, forse mi sentivo anche un po’ più forte.

«È tutto pronto per l’incontro con Max?», mi domandò. Il suo piatto era quasi vuoto, mentre io avevo mandato giù appena qualche forchettata.

«Non proprio. Sono stata impegnata con il trasloco, quindi ho tracciato soltanto i punti generali. Ho intenzione di rifinire i dettagli durante la settimana».

«Vorrà saperne di più sulle statistiche di conversione».

«Va bene», annuii cercando di memorizzare al massimo le informazioni.

«Poi avrai bisogno di una ripartizione specifica delle spese, e di un piano su come pensi di investire i fondi che otterrai. Con Alli fuori dai giochi e il cambiamento delle tue esigenze al momento, dovrai iniziare a pensare a come sarà il nuovo assetto finanziario una volta ottenuti i fondi».

«Va bene, grazie».

«Hai qualche statistica sugli investimenti finanziari? Cosa sta funzionando e cosa no?»

«Ehm, una specie», risposi. «Ho dei quadri analitici, ma non me ne sono occupata molto ultimamente».

Si sporse verso di me, appoggiando i gomiti sul tavolo. «Cosa farai domani?»

«A quanto pare, farò i compiti che mi hai dato».

«Perché non vieni un po’ in ufficio da me, così potrò aiutarti a buttare giù qualche idea. Otterrai i fondi in meno tempo se risponderai subito a tutte le domande. Altrimenti continuerà a fissare nuovi incontri. Ci sono soltanto alcune domande a cui dovrai rispondere per raggiungere un accordo, ma dovrai sapere ogni dettaglio per fornire risposte esaurienti».

Se ci fosse stato qualcuno in grado di guidarmi in questo processo, Blake sarebbe stata la persona giusta. Rispondere di no sarebbe stato sconveniente, o addirittura da sciocchi. Tuttavia ero titubante se coinvolgerlo ancora una volta nei miei affari, non che mi avesse dato scelta.

«Non potrebbe essere un conflitto di interessi?», domandai cercando di pensare a ogni motivo legittimo per rifiutare il suo aiuto. Detestavo avere bisogno di lui adesso.

«No, Erica. Te l’ho già detto, non investirò nel tuo progetto».

«Apprezzo l’offerta, Blake. Davvero, ma non voglio coinvolgerti».

«Non mi coinvolgerai. Il mio ufficio è dall’altra parte della torre dell’orologio». Tirò fuori il suo biglietto da visita. «Ci vediamo lì dopo pranzo, così potremmo buttare giù qualcosa». Prese il suo piatto vuoto e andò in cucina.

«Quando è stata l’ultima volta che hai mangiato?», domandai appena tornò con un altro piatto colmo e una bottiglia ghiacciata di birra artigianale.

«Come cuoco faccio schifo». Sorrise e bevve un sorso di birra dalla bottiglia. «Cosa c’è sul menu di domani sera? Fammi sapere che rifornisco la cucina».

Alzai lo sguardo al soffitto. «Non credevo che avrei dovuto sovvenzionare il canone d’affitto con un servizio in cucina».

«Stavo pensando che sarei stato lieto di farti vivere qui senza pagare l’affitto se mi preparassi da mangiare come stasera».

«Allettante», dissi scherzando, anche se mi rifiutavo di considerare tale accordo. Blake aveva ovviamente fatto di tutto affinché prendessi in affitto un appartamento nel suo edificio, così da potermi incontrare più facilmente. Che gli rendessi tutto più semplice fornendogli un accordo in cucina non lo avevo considerato. Forse sarei riuscita a tenerlo lontano dalla camera da letto con il cibo, ma avevo un’idea migliore.