12
Era nel letto del duca.
Ellen si stirò languidamente, consapevole della sensazione di benessere che ancora l'avvolgeva. Doveva essere cauta, non sarebbe stato saggio aspettarsi troppo da quello che era successo. Si erano reciprocamente dati conforto – non era stato altro – e lei non doveva sperare in una qualche miracolosa riconciliazione. Tuttavia, la sottile fiammella della speranza non si lasciava estinguere.
Si alzò e si guardò attorno. La stanza era carica di orpelli quanto la sua, ma in tonalità più scure, con colori mascolini che la rendevano ancor più opprimente. Passò alcuni momenti persa in un piacevole sogno a occhi aperti su come avrebbe potuto ridecorarla, ma presto lasciò perdere. Max non l'avrebbe mai consentito.
Gli occhi le caddero sulla vestaglia vistosamente colorata ai piedi del letto. La vestaglia di Max. L'aveva lasciata là di proposito, perché lei avesse qualcosa da indossare, quando si fosse diretta alla propria stanza? Un pensiero premuroso.
Vi scivolò dentro, rabbrividendo un po' alla sensazione fredda della seta sulla pelle nuda. Era troppo lunga e si ammassava sul pavimento attorno ai suoi piedi, ma almeno la copriva completamente. Una rapida occhiata nello spogliatoio le mostrò che tutto era come l'avevano lasciato la notte precedente, la vasca ancora piena d'acqua e i vestiti sparsi sul pavimento. Sorrise. Senza dubbio Max aveva dato istruzioni che nessuno la disturbasse, e il suo impeccabile valletto aveva obbedito.
Ancora sorridendo, controllò che la vestaglia fosse annodata, poi scivolò fuori degli appartamenti del duca per tornare nei suoi, composta come... be', come una duchessa.
Al ritorno dalla cavalcata Max si chiuse nell'ufficio con Tony per il resto della giornata, impegnato nell'amministrazione della tenuta. Stava cercando di evitare Ellen, lo sapeva, ma non poteva farne a meno. Aveva bisogno di tempo per ricostruire le difese contro il suo fascino.
Tuttavia, a mano a mano che l'ora della cena si avvicinava, non riusciva a reprimere un fremito di anticipazione. Era ansioso di vedere di nuovo la sua duchessa.
Sua cognata era sola, quando entrò nel salotto. Voleva discutere del comportamento di Jamie del giorno prima. Non si trattava di una discussione, si rese conto, quanto di una filippica, mentre ascoltava la lunga lezione che Dorcas gli impartì sul modo di gestire una famiglia.
«Non ho mai approvato la decisione di spostare quella domestica dalla lavanderia alla nursery» dichiarò. «Sapevo che non ne sarebbe venuto niente di buono e, dopo questo incidente, spero che la licenzierai, Maximilian.»
«State parlando di Eliza.» Ellen entrò proprio in quel momento. «Le ho parlato stamattina. La povera ragazza è terribilmente dispiaciuta di aver perso di vista Jamie. Confido che non accadrà di nuovo. Anche a Jamie è stato detto che non deve mai uscire da casa, se non accompagnato.»
«La gestione della casa è territorio della duchessa» affermò Max.
Ellen gli lanciò un'occhiata piena di gratitudine. «Sono sicura che Eliza abbia imparato la lezione e che sarà una bambinaia migliore, in futuro.»
Matlock arrivò in quel momento con il piccolo marchese e l'argomento venne abbandonato. Jamie era di buonumore, si era divertito alla sua seconda lezione di equitazione ed era ansioso di parlarne con loro.
Dopo mezz'ora la duchessa vedova dichiarò che le stava venendo il mal di testa e, poiché Matlock non era ancora tornata a riprendere Jamie, Ellen lo riportò nella nursery.
Dorcas attese che la porta si fosse richiusa, prima di aprire bocca. «Sei troppo tollerante, Maximilian» sbottò. «Questa è casa tua. Spetta a te decidere se la bambinaia va, o resta.»
«Come ti ho spiegato, Dorcas, è una faccenda che riguarda la duchessa.»
«Duchessa!» La vedova emise una risatina rabbiosa. «I Colnebrooke possono far risalire la loro genealogia a Guglielmo il Conquistatore. E invece, cos'è, lei, se non una... la marmocchia di un mercante?»
«È mia moglie, madam, nonché la madre di mio figlio.»
«È una consorte adeguata? Se davvero tenesse a te, ti avrebbe tenuto nascosta l'esistenza del bambino? Oh, non tentare di negarlo, Maximilian. Ti conosco... So che se avessi saputo di tuo figlio lo avresti portato qui immediatamente.»
«Terrai per te le tue opinioni. Mi hai capito, Dorcas?»
La donna serrò le labbra, in preda all'irritazione, ma alla fine chinò la testa. «Naturalmente, se è quello che vuoi.»
«Lo è. Se venissi a scoprire che hai parlato in questi termini di mia moglie con qualcuno, non esiterei a manifestarti la mia contrarietà. Mi sono spiegato?»
«Quella donna ti ha stregato, con la sua bellezza.»
«Forse.»
Incontrollati, i ricordi della notte appena trascorsa gli tornarono alla mente, e non poté evitare che un sorriso gli salisse alle labbra. La duchessa vedova se ne accorse e i suoi occhi saettarono, rabbiosi.
«Ti sta coprendo di ridicolo, Maximilian!» La sua voce era stridula. «Ti ha lasciato una volta, cosa le impedirà di farlo di nuovo? Nessuno può prevedere come lavorano le menti contorte delle classi inferiori.»
Max si accigliò. «Stai dicendo delle sciocchezze.»
«Io? Tuo fratello sapeva cosa fosse dovuto al suo rango, non si sarebbe mai sposato al di sotto del proprio livello, come hai fatto tu! E come suo erede avresti dovuto chiedergli il permesso, prima di sposarti. Se solo gli avessi scritto, se avessi chiesto il suo consiglio, prima di gettarti via con una... nessuno, questa disastrosa mésalliance non sarebbe avvenuta!»
L'invettiva si interruppe bruscamente, mentre Dorcas fissava oltre le spalle di Max. Lui si girò e vide che Ellen era tornata nella stanza.
Ellen si costrinse a spostarsi dalla soglia. Dorcas la fissò con un'espressione di sfida mista a mortificazione, quando si rese conto che le sue parole erano state ascoltate. Max era accigliato, e lei si chiese se avrebbe contraddetto la cognata, ma fu il breve silenzio che seguì a risponderle. Anche lui, allora, era del parere che il loro matrimonio fosse una disastrosa mésalliance.
Ellen sollevò il mento. «Eliza era nella nursery, ansiosa di rimediare all'errore di ieri» annunciò. «Ho lasciato Jamie con lei e Matlock, e ho promesso di passare più tardi a dargli il bacio della buonanotte.»
Max fece un passo verso di lei. «Ellen...»
Lei si girò di lato, decisa a non ascoltarlo. Il momento di debolezza era passato, era tornata a essere se stessa. Nel pieno controllo di sé. «Perkins ha avvertito che la cena è pronta» disse, muovendosi verso la porta. «Vogliamo andare?»
Durante la cena sorrise e conversò come se non avesse udito i commenti di Dorcas, e nessuno vi fece cenno. La duchessa vedova fu rigida ma educata e, quando il pasto finì, si ritirò subito. Ellen andò nella nursery, dove Jamie stava dormendo tranquillamente. Dopo poche parole con Matlock scivolò via, chiedendosi se dovesse tornare in salotto e attendere Max, ma alla fine decise di ritirarsi.
I ricordi della notte precedente tornarono, facendo dolere il suo corpo dal desiderio, ma c'erano poche speranze che Max venisse nella sua stanza. Comunque tenne la candela accesa e il libro aperto davanti a sé, sebbene leggesse a malapena una parola ogni venti. Dopo un'ora rinunciò e si dispose a dormire. L'oscurità premeva attorno a lei, vibrante e carica di aspettative. Ellen si rese conto di essere in attesa, in ascolto, e alla fine lo udì. Il passo fermo di Max nel corridoio. Lo udì bloccarsi fuori della sua porta. Strinse le mani ai fianchi. Avrebbe bussato? Sarebbe entrato? Dopo quelle che le parvero ore lui si allontanò, i suoi passi rapidi svanirono nella notte, e lei udì in distanza il rumore della sua porta che si chiudeva.
Le giornate successive trascorsero secondo un copione che Ellen conosceva già. Suo marito passava la maggior parte del tempo nella tenuta con Tony e tornava solo per la colazione e la cena, durante la quale lui ed Ellen tenevano educate conversazioni su argomenti impersonali. A ogni domanda riguardante la tenuta, rispondeva cortesemente, ma consigliava Ellen di chiedere lumi a Tony Grisham.
«Pensavo che poteste cavalcare con me, Vostra Grazia» disse lei una sera, dopo una di quelle cene. Erano nel salotto, e lei stava fissando il glorioso tramonto fuori della finestra. «Domani dovrebbe essere una bella giornata. Ho un altro vestito da portare a Mrs. Phelps, e pensavo che potessimo andare a trovare Mr. Martin per vedere come procede la riparazione del tetto. E poi mi farebbe piacere mostrarvi com'è migliorata Belle.»
Lui non replicò, ed Ellen aggiunse piano: «Non l'avete più vista in azione dalla prima cavalcata, più di due settimane fa».
Dorcas schioccò la lingua. «Mia cara Ellen, dovete rendervi conto che il duca ha faccende più importanti di cui occuparsi che cavalcare con voi. Vostro figlio e questa casa dovrebbero essere sufficienti a riempirvi le giornate.»
«Jamie è la mia prima preoccupazione, ovviamente» ritorse Ellen. «Tuttavia, sapete bene, madam, che Mrs. Greenwood è una governante di livello talmente superiore che mi resta ben poco da fare, in casa. Vorrei imparare di più su Rossenhall e sulla tenuta.»
«Allora l'amministratore è proprio la persona ideale per spiegarvi tutto ciò che desiderate sapere» insistette Dorcas, aggiungendo, con una nota di critica nella voce: «Il duca è troppo occupato per indulgere in gite piacevoli».
«Non stavo suggerendo di cavalcare per puro divertimento» obiettò Ellen. «Tuttavia, più ne saprò di questa terra e dei piani futuri, più potrò essere di aiuto. Allora il duca sarebbe meno occupato.»
I suoi occhi si posarono su Max, che sentì la fronte aggrottarsi mentre si sforzava di ignorare l'attrazione che vibrava loro. Sapeva che si stava comportando in modo ingiusto. Lei stava tentando di fare ammenda per il passato aiutandolo a gestire Rossenhall, e forse ci sarebbe riuscita, se ogni volta che la vedeva lui non avesse desiderato altro che trascinarla a letto. Bastò quel pensiero a suscitargli un'ondata di desiderio. Voleva perdersi di nuovo in lei, dimenticare il passato, ma come poteva farlo? Che diritto aveva di essere felice? Alla fine dichiarò: «Sono occupato, nei prossimi giorni, ma Tony verrà con voi, se volete».
Vide il guizzo di disappunto nei suoi occhi prima che le fitte ciglia calassero, velando i suoi pensieri.. Ellen cambiò argomento e discusse con Dorcas delle difficoltà delle famiglie del luogo. Ascoltando la loro conversazione, Max ammise con se stesso che, anche se era arrivata a Rossenhall da poco, la moglie conosceva la sua gente molto meglio della cognata.
Il giorno seguente, il lungo orologio a cassa stava battendo le quattro quando Max entrò nella biblioteca, apparentemente per cercare un libro con cui trascorrere il tempo prima di cena. Prese posto accanto alla finestra, in modo da poter vedere Ellen, quando fosse tornata. Stevens gli aveva detto che la duchessa aveva preso Belle, con un aiuto stalliere come compagnia.
Che il diavolo se lo portasse, perché non era andato con lei? Avrebbero cavalcato verso i boschi, oltre i sette acri di campi, e lui le avrebbe parlato della sua idea di vendere il legname, e poi si sarebbero divertiti a galoppare fino al promontorio. Invece aveva trascorso un pomeriggio improduttivo esaminando i conti, incapace di trarne qualsiasi conclusione, perché la sua mente continuava a vagare intorno a Ellen, chiedendosi dove fosse e cosa stesse facendo.
Un movimento al limite del parco catturò il suo sguardo, e allora la vide. Ellen arrivava al piccolo galoppo verso le scuderie, lo stalliere che la seguiva a rispettosa distanza. Santo cielo, com'era bella, con le gonne azzurre del vestito che si gonfiavano attorno alla giumenta grigia!
Max si sforzò di distogliersi da quella vista attraente. Si stava solo torturando, e a che scopo? Era deciso a mantenere le distanze, perciò doveva imparare a ignorarla, andare avanti con i propri affari e lasciare che lei facesse lo stesso con i suoi. Tuttavia, mentre esaminava le mensole, estraendo un volume dopo l'altro e rimettendolo a posto, era in allerta, in attesa del momento in cui avrebbe sentito i suoi passi attraversare l'ingresso.
Non poté evitare il battito più affrettato del suo cuore, quando la sentì parlare al maggiordomo. Estrasse un altro volume dalla mensola e lo scorse, immaginando che lei si stesse dirigendo verso le scale, sollevando le gonne e rivelando le delicate caviglie, mentre correva rapida su per i gradini per andare a cambiarsi per la cena. Anche lui doveva cambiarsi, ma avrebbe aspettato finché lei non fosse stata nella sua stanza, non voleva incontrarla sulle scale, non mentre il desiderio gli stava incendiando il sangue.
«Perkins mi ha detto che ti avrei trovato qui.»
Al suono della sua voce Max chiuse il libro di scatto. Con deliberata lentezza lo rimise al suo posto. Ellen era entrata e stava con la schiena contro la porta chiusa, un timido sorriso sulle labbra.
L'abito da equitazione è dell'esatto colore dei tuoi occhi, lo sai?
Lui si schiarì la gola. «Volevi vedermi?»
«Sì, se hai un momento per me. So che sei molto occupato.»
«Certo.»
Lui intrecciò le mani dietro la schiena per impedirsi di allungarle verso di lei. Con un cenno di gratitudine Ellen si inoltrò nella stanza. «Ho fatto visita a Mrs. Arncliffe e a Georgie, sulla via di casa. Mr. Grisham era lì, prendeva il tè con la famiglia.» Lei ridacchiò, un suono ricco e caldo che fece contrarre qualcosa nel petto di Max. «Lui e Georgie apparivano molto agitati, quando sono entrata.»
Max la guardò, apprezzando la grazia con cui si muoveva. Ellen accennò verso di lui, chiaramente richiedendo una sua replica.
«Agitati?» Lui tentò di concentrarsi. «Perché mai avrebbero dovuto esserlo?»
«Non lo so» rispose lei. «Dalla loro conversazione credo di aver capito che si sono incontrati di frequente. Forse temono che tu non approveresti la loro amicizia.»
«Niente affatto» negò lui, sorpreso. «Anzi, sarei felice se diventassero buoni amici.»
«E forse qualcosa di più» suggerì lei. «So che è molto presto, ma avresti da ridire se a un certo punto loro dovessero decidere di sposarsi?»
«No, niente affatto.»
Il suo sorriso illuminò la stanza. «Bene, ne sono molto felice, perché penso che sarebbe un'eccellente soluzione. Comunque non la promuoverei, se tu non fossi favorevole.»
«Promuoverla? Stai combinando matrimoni, Ellen?»
«Oh, no! Georgie era così devota a Frederick che so che non c'è niente di più distante dalla sua mente che l'idea di sposarsi di nuovo, ma penso che si diano reciprocamente conforto. E anche Mrs. Arncliffe è della stessa opinione. Mi piacerebbe che potessero venire tutti al ballo d'estate, ma sarebbe sconveniente, visto che Frederick è morto da poco. Non importa, inviterò Georgie e sua suocera a unirsi a noi per la cena, e Mr. Grisham potrà scortarle a casa prima dell'inizio del ballo. E ci saranno altre occasioni in cui potranno incontrarsi qui da noi, specialmente se avrò la certezza di non andare contro il tuo volere...» Ellen sollevò il capo, mentre l'orologio batteva le ore. «Santo cielo, di già? Devo volare, o farò tardi per la cena.»
«Hai un vero talento per favorire la felicità di chiunque» affermò lui, incapace di trattenere un sorriso.
Ellen arrossì, scosse il capo e uscì. Il sorriso di Max sbiadì non appena si ritrovò da solo.
Eccetto la mia.
Con il ballo di agosto che si avvicinava, Ellen si ritrovò più impegnata che mai, il che l'aiutava a tenere i pensieri lontani dalla perdurante freddezza che esisteva fra lei e il duca.
C'era stato un soddisfacente numero di risposte ai suoi inviti, inclusa una che le era particolarmente gradita. Una settimana prima del ballo la nuova duchessa accolse il suo primo ospite a Rossenhall.
Ellen arrivò sulla porta proprio mentre la polverosa vettura in affitto si fermava e si affrettò giù per i gradini per lanciarsi tra le braccia della piccola figura che ne sbarcava. «Oh, Mrs. Ackroyd, sono così felice di vedervi!»
Mrs. Ackroyd era piccola, con una massa di disordinati riccioli neri e scuri occhi da uccellino che vedevano ogni cosa. Era rimasta vedova in giovane età, erede di una vasta proprietà, ma senza denaro per gestirla. Invece di venderla, aveva deciso di aprire la sua casa e farne un'accademia per giovani signore, prendendo le figlie di famiglie molto ricche e impartendo loro un'educazione che – sperava ? le avrebbe preparate per il mondo.
Ellen sapeva che la sua non era la dignitosa accoglienza che ci si aspettava da una duchessa, ma Mrs. Ackroyd non fece commenti. Restituì l'abbraccio con calore e accompagnò Ellen in casa, lasciando la cameriera a sorvegliare il trasporto di numerosi bauli e borse.
«Siete arrivata direttamente da Portsmouth? Quanto ci avete messo? Vorreste riposarvi e cambiarvi d'abito, prima che parliamo?»
Mentre attraversavano l'ingresso, Ellen la subissò di domande, finché la sua ospite non si fermò e sollevò le mani in un gesto di resa. «Mia cara, devi darmi il tempo per respirare! Non sono affatto stanca, e prenderei molto volentieri un bicchiere di vino con te. Poi potrò rispondere al resto delle tue domande in modo civile.»
Ellen rise e chiese scusa. «Andiamo, allora. Perkins ci porterà un decanter di chiaretto. È sempre stato il vostro vino preferito, se ben ricordo.»
Con un'occhiata per assicurarsi che il maggiordomo avesse capito cosa gli veniva richiesto, Ellen guidò la sua ospite alla stanza del mattino. «Adesso» esordì quando furono sedute con i bicchieri di vino in mano e un piatto di biscottini tra di loro, «raccontatemi prima di tutto quanto a lungo resterete in Inghilterra. Potrete trattenervi qui quanto volete.»
«Ti ringrazio, ma posso fermarmi solo per poche settimane, temo. Partirò di nuovo per i miei viaggi a settembre.»
«E non avete avuto ricadute della febbre che vi colpì quando tornammo a casa dall'Egitto?»
«No, per fortuna. Le acque di Harrogate sono state provvidenziale.»
Ellen sorrise. «Penso che dobbiate essere grata alla vostra costituzione di ferro, piuttosto. Dove andrete, dopo?»
Un malizioso scintillio illuminò gli occhi neri. «La prima tappa è la Turchia.»
«State andando da Lady Hester Stanhope» dedusse Ellen, ridendo. «Sapevo che non sareste stata capace di resistere, quando mi avete informato che vi aveva scritto.»
«Era una tentazione troppo forte.» Mrs. Ackroyd assaggiò il suo vino, annuendo con approvazione prima di continuare. «E poi andrò ad Alessandria a rinnovare la mia conoscenza con Monsieur Drovetti. Ho pensato di dirtelo subito, Ellen, così non dovremo accennarvi più.»
«Vi ringrazio. Avete ragione a pensare che Max non vorrebbe sentirne parlare.»
« Il duca si è molto arrabbiato perché abbiamo lasciato l'Egitto sotto la protezione francese?» domandò la donna nel suo modo diretto.
«Max ha ogni diritto di essere irritato, perché non ho seguito il suo consiglio.»
«Monsieur Drovetti ci ha messe in salvo, no? Il duca dovrebbe esserne felice.»
Ellen agitò una mano. «Purtroppo non la vede proprio così...» Si interruppe mentre la porta si apriva e Max faceva il suo ingresso nella stanza.
«Ho sentito che la nostra ospite è arrivata» esordì inchinandosi sulla mano di Mrs. Ackroyd. «Come state, ma'am? Spero che abbiate fatto un buon viaggio.»
«Molto buono, Vostra Grazia. Sono arrivata direttamente da Portsmouth e ho passato solo una notte in una locanda.»
«Ellen mi ha detto che siete stata in Grecia.» Max prese una sedia, perfettamente a proprio agio mentre interrogava l'ospite sui suoi viaggi. Ellen li osservò, in attesa di qualche commento che avrebbe rinfocolato l'astio del passato, ma sembrava che la sua vecchia insegnante e suo marito fossero decisi a mantenere l'armonia, nel loro primo incontro dopo quattro anni.
Fu soltanto quando mostrò alla sua cara amica la graziosa camera degli ospiti che il temuto argomento venne affrontato. Non appena rimasero sole nella stanza, Mrs. Ackroyd fissò su di lei i luminosi occhi scuri. «Quando ti ho lasciato ad Harrogate eri convinta che il tuo matrimonio fosse una truffa» considerò. «È evidente che non è così, o Jamie non sarebbe l'erede di un ducato.»
«Si è scoperto che fu un equivoco.» Ellen si era preparata da tempo a quella spiegazione e parlò con disinvoltura. «Ci siamo incontrati ad Harrogate, e abbiamo risolto le nostre divergenze.»
«Non sarà stato facile.»
«Già, ma adesso è tutto passato.»
«Quindi preferiresti che non ti facessi altre domande, al riguardo.»
Ellen sapeva di stare arrossendo, sotto lo sguardo diretto di Mrs. Ackroyd. «Vi sarei grata se non ne accennaste di nuovo, sì.»
«Molto bene, mia cara, se è ciò che vuoi. Basta che tu sia felice.»
«Certo.» Elle annuì. «Bene, manca poco più di un'ora alla cena, e sono certa che la vostra cameriera sarà ansiosa di liberarvi da quegli abiti da viaggio, quindi vi lascio. Tornerò più tardi per accompagnarvi alla sala da pranzo. Poi incontrerete la cognata di Max, la duchessa vedova di Rossenhall.»
Stava fuggendo, lo sapeva, e si sentiva a disagio. Non aveva mai nascosto niente, prima di allora, a Mrs. Ackroyd, che era stata quasi come una madre per lei, ma se la sua vecchia insegnante avesse preso le sue parti contro Max, avrebbe riattizzato vecchi risentimenti, e lei era decisa a evitarlo.
L'incontro tra Dorcas e Mrs. Ackroyd andò bene quanto ci si poteva aspettare tra una vedova indolente e incline alla cattiva salute e un'altra talmente piena di inestinguibile energia da trovare difficile stare seduta.
«Mi rallegro che siate qui per sostenere la duchessa» dichiarò Dorcas con regale calma. «Il ballo d'estate sarà la prima, vera prova del loro matrimonio.»
«Davvero?» Mrs. Ackroyd inarcò un sopracciglio. «Quindi sarà una grande occasione.»
Dorcas fece un risolino sprezzate. «Be', non proprio grande. Alcuni dei miei amici di Londra sono stati persuasi a onorare l'evento. Comunque, potete star certa che tutti saranno molto attenti a controllare come si comporterà la nuova duchessa.»
«Sono sicura che sarà impeccabile» replicò Mrs. Ackroyd. «È stata educata molto bene.»
La risata di Max gli attirò uno sguardo severo. «E voi sarete al suo fianco, Vostra Grazia?» domandò la donna.
«Ovviamente.»
C'era un tocco di alterigia, nella sua voce, ma l'ospite di Ellen non ne fu affatto intimidita e continuò: «Ve lo chiedo perché non sempre siete stato presente per sostenere vostra moglie».
Il significato di quelle parole era fin troppo chiaro. Ellen vide Max irrigidirsi e si alzò in fretta dalla sedia. «È ora di cena. Vostra Grazia, se volete scortare la duchessa vedova, io vi seguirò con la mia vecchia amica.»
Ellen fu felice che nient'altro rovinasse la serata. Mrs. Ackroyd si assunse il compito di intrattenere Dorcas e ci riuscì molto bene. L'anziana signora aveva ottime relazioni, e presto le due donne scoprirono di avere diverse conoscenze in comune, la cui reputazione poterono fare allegramente a pezzi per tutta la serata.
Quando le signore si ritirarono nel salotto, Ellen le lasciò ai loro pettegolezzi e andò in terrazza. Il cielo della sera si stava scurendo in fretta, lasciando intravvedere le prime, pallide stelle.
« Domani promette di essere un'altra bella giornata.»
Ellen sussultò al suono della voce profonda di Max alle sue spalle. «Mi auguro che lo sia» replicò sorridendo. «Voglio portare la nostra ospite a fare una passeggiata in carrozza, e sarebbe molto più bello poterlo fare con il mantice abbassato.»
«Sono sorpreso che vada così d'accordo con mia cognata.»
«Mrs. Ackroyd ha la capacità di andare d'accordo con chiunque. È in grado di adattare la conversazione alla compagnia con cui si trova.»
«E la vedova di mio fratello non ama niente quanto i pettegolezzi e gli scandali.»
Ellen non replicò. Max le stava accanto e, se respirava profondamente, poteva sentire una debole traccia del suo profumo nell'aria, una scia calda di spezie che le faceva battere il cuore più in fretta e riportava ricordi di giorni ? e notti ? passati insieme sotto il cielo d'oriente. Ellen avrebbe voluto avvicinarsi per inalare più a fondo.
«A proposito di scandalo» riprese Max, «cosa sa la signora della nostra... riunione?»
La calda sensazione di benessere che l'aveva avvolta svanì, ed Ellen rispose, cautamente: «Soltanto che mi hai trovata ad Harrogate».
«Le hai detto che ero venuto a cercarti?»
«L'ho sottinteso» rispose lei. «Ho pensato che fosse meglio che credesse a quello, piuttosto che sapere la verità.» Guardò fuori, nell'oscurità, tentando di reprimere un sospiro. «Che avresti divorziato da me, se non fosse stato per Jamie.»
Max le prese il braccio e la fece girare verso di sé. «E non è forse vero che sei qui solo per il bambino?» le domandò con asprezza.
Le sue dita affondarono nella carne di Ellen. Avrebbe voluto negarlo, allungarsi verso di lui e cancellare con i baci la rabbia e la sofferenza dal suo volto, ma temeva che l'avrebbe respinta.
La sua sicurezza, la certezza di poter riuscire in ogni cosa, l'abbandonavano, quando stava con Max. Nessun altro l'aveva mai fatta sentire così vulnerabile, così impotente, ma non aveva intenzione di ammetterlo. Si tirò indietro, liberando gentilmente il braccio. «Dovremmo rientrare.»
«Ellen.»
Al suono del suo nome si bloccò, in attesa che lui continuasse.
«Riguardo al ballo» riprese lui. «Sarò là, al tuo fianco. So bene qual è il mio dovere.»
Non voglio che tu lo faccia per dovere!
Le parole urlarono nella sua testa, ma lei non le avrebbe pronunciate, poiché sapeva che il dovere era tutto quello che li teneva insieme.
Silenziosamente, inclinò il capo e rientrò in salotto.