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Quando Georgie se ne fu andata, Ellen strappò la pila di messaggi che aveva scritto. Non erano più necessari, ora che aveva deciso di restare. Si chiese come Max avrebbe preso la novità e come lei avrebbe reagito, la prossima volta che si sarebbero incontrati.
La notte del ballo aveva fatto tutto il possibile per non svenire, quando l'aveva visto, e quella mattina non era stato più facile. Quando lo aveva ritenuto un mascalzone la collera l'aveva aiutata a mantenere la compostezza, ma comprendere che le stava dicendo la verità l'aveva riempita di rimorso e di vergogna per aver dubitato di lui.
Inoltre, c'era il fatto che le era apparso anche più attraente di quando si erano incontrati la prima volta. Il modo in cui il suo battito accelerava alla vista di Max era la prova che l'attrazione esisteva ancora.
Si asciugò una lacrima che era rotolata sulla guancia.
«Be', è troppo tardi per questo, adesso» dichiarò alla stanza vuota. «Hai avuto la tua possibilità e hai combinato un disastro.»
Il passato non poteva essere cambiato, quindi non serviva a niente preoccuparsene. Ellen raddrizzò le spalle e lanciò un'occhiata all'orologio. C'era ancora tempo per portare Jamie a prendere un po' d'aria prima di pranzo. Ordinò la carrozza, poi andò al piano di sopra per cambiarsi d'abito, mentre Matlock prendeva il cappotto di Jamie.
«Sarei più contenta se tiraste fuori il mantice invece di sedere in una carrozza aperta» obiettò la donna. «Quel vento è tagliente, anche se siamo alla fine di maggio. E dovreste prendere un mattone caldo per i piedi.»
«Sciocchezze, Mattie, è solo un po' di brezza fresca» replicò Ellen. «Non ci farà alcun male, se siamo ben coperti.»
Jamie amava andare nelle carrozze aperte e, mentre procedevano lungo lo Stray, lei gli indicò vari animali che vi pascolavano, prima di dirigersi verso Low Harrogate. Le strade erano affollate, a quell'ora del giorno, quando molti dei visitatori facevano una passeggiata a piedi o in carrozza prima di cena. Da parte sua Ellen avrebbe preferito andare fuori Harrogate, ma la rumorosa confusione del traffico divertiva suo figlio.
Non si erano allontanati molto, quando vide la familiare figura di Max camminare lungo la via. Lui individuò la vettura e sollevò il bastone per attirare la loro attenzione. Il primo impulso di Ellen fu di fingere di non averlo visto, ma si rimproverò subito per quel pensiero codardo e ordinò al conducente di fermare la carrozza.
«Stavo venendo a trovarvi» l'apostrofò Max.
Consapevole che Jamie stava ascoltando, così come la gente che li circondava e i lacchè sul retro della carrozza, Ellen rispose in tono vivace. «Come vedete, stiamo facendo una passeggiata e dopo pranzo sono impegnata per un tè con Lady Bilbrough. Forse potreste venire domani.»
«Grazie, ma penso che mi unirò a voi adesso.» Lui lanciò un'occhiata a Jamie. «Dopotutto, prima farò conoscenza con questo giovanotto meglio sarà.»
Lei lo osservò inorridita mentre apriva lo sportello. «Non c'è posto» protestò disperatamente.
«Sciocchezze, ci sarà un mucchio di posto se vostro figlio acconsentirà a sedere sulle mie ginocchia» ribatté lui, poi si rivolse al bambino. «Che ne dici, piccolo? Potrai vedere meglio, se sarai un po' più in alto.»
Ellen era sempre stata orgogliosa del fatto che Jamie fosse un bambino così amichevole e sicuro, ma in quel momento si ritrovò a rimpiangere la sua natura socievole, che gli permise di salire in grembo a Max come se lo conoscesse da sempre.
Questo è mio figlio.
Le parole risuonarono nella mente di Max, mentre aiutava il bambino a salire sulle sue ginocchia. L'aveva saputo dal primo momento in cui aveva posato gli occhi su di lui e si era sentito stranamente sollevato quando Ellen gli aveva detto di non essersi mai risposata. Non aveva tentato di rimpiazzarlo, nella propria vita, o in quella del loro figlio.
Il loro figlio. Il suo cuore si sollevò. Quel bambino non sarebbe rimasto confinato nella nursery com'era successo a lui. Non aveva intenzione di essere una figura fredda e distante come suo padre, ma qualcuno con cui il bambino potesse parlare, confidarsi. «Bene, ma'am, penso che dovreste presentarci» pronunciò, mentre la vettura si metteva in moto.
La vide stringere gli occhi. Max sapeva che era sconcertata per il modo in cui il bambino si era subito adattato a lui e non poté negare un sentimento di trionfo. Ignobile, forse, ma molto soddisfacente.
«Posso presentarvi mio figlio James, Vostra Grazia? James, questo è il Duca di Rossenhall.»
«Duca» ripeté il piccolo.
«Giusto.» Max sorrise, sorpreso dall'orgoglio che sentiva per il piccolo individuo seduto sulle sue ginocchia. Lanciò uno sguardo a Ellen e disse piano: «Volevo ringraziarvi per aver acconsentito a restare».
Lei stava seduta molto diritta e fissava risolutamente avanti a sé. Rispose, gelida: «Mr. e Mrs. Arncliffe sono miei amici. Lo faccio per il loro bene».
«Mrs. Arncliffe è la mamma di Lottie» lo informò Jamie. «Lottie è mia amica.»
«Davvero?» Max sorrise. «Be', il papà di Lottie è anche mio amico. Ci conosciamo da un sacco di tempo. Siamo stati soldati insieme.»
Jamie lo fissò con il suo sguardo fermo. «Anch'io voglio essere un soldato, quando sarò grande. Voglio indossare una giubba rossa e battere il tamburo.»
«Davvero? Forse potrei comprarti un tamburo giocattolo per far pratica.»
«Non finché non vivremo in una casa più grande. Ne serve una con pareti molto spesse.»
Max rise all'intervento di Ellen. «Forse avete ragione.» Esitò. «La mia presenza vi sta infastidendo, ma'am?»
«Niente affatto» mentì lei educatamente. «Cosa volevate dirmi, Vostra Grazia?»
«Niente di particolare, al momento.»
Lei si risentì. «Pensavo voleste parlarmi. Vedendoci, tutti penseranno che io... che voi...»
Max non poté evitare di provocarla. «Concluderanno che sono... affascinato dalla vostra radiosità, ma'am.»
Ellen gli lanciò un'occhiataccia. Max capì che era sul punto di fare una replica rovente, ma, quando lei aprì la bocca, il piccolo James si intromise. «Cosa significa affascinato, mamma?»
«Penso faresti meglio a chiederlo al duca, è stato lui a usare quel termine.»
«Strega.» Lui articolò la parola sopra la testa del bambino e ricevette un falso sorriso in risposta. «Bene, fammi pensare. Affascinato significa innamorato, affezionato.» Udì la risata ironica di Ellen e aggiunse, brusco: «Non che sia questo il caso, certo». Vide che il bambino appariva confuso e sentì l'impulso di spiegare. «Le persone penseranno che trovo tua madre molto bella.»
«Mamma è molto bella» affermò Jamie.
Il buonumore di Max stava evaporando in fretta. Anche lui un tempo era stato dello stesso parere, prima di conoscere il vero carattere di quella donna. «Nell'aspetto, indubbiamente» affermò. «Tuttavia, a volte un bell'aspetto può essere ingannevole.»
Ellen strinse con fermezza il labbro inferiore tra i denti. Le avrebbe lanciato per sempre frecciate simili e in momenti in cui, come adesso, non era in grado di difendersi? Ordinò al cocchiere di dirigersi al Granby, poi si girò per rivolgersi a Jamie. «È tempo che andiamo a casa, amore mio. Lasceremo il duca al suo albergo.»
La sua voce aveva un tono di sfida, ma Max non sollevò obiezioni. Parlò allegramente con Jamie finché non si fermarono fuori del Granby Hotel, poi fece scendere il bambino dalle sue ginocchia e saltò giù dalla vettura.
«Sono molto felice di aver fatto la tua conoscenza, James. Spero che ci incontreremo di nuovo, molto presto.»
«Sì, per piacere. E mi porterete un tamburo, duca?»
Max si allungò ad arruffargli i capelli. «Non ancora, ma un giorno lo farò, te lo prometto.» Poi, con un breve accenno di saluto a Ellen, girò sui tacchi e se ne andò.
Lei sprofondò contro lo schienale, mentre la carrozza si rimetteva in movimento. Il fascino che ricordava dal loro primo incontro in Egitto era ancora molto evidente, ma era stato rivolto a Jamie, sortendo ottimi effetti. Ne era felice, perché voleva che Max andasse d'accordo con suo figlio, ma il suo atteggiamento cordiale metteva ancor più in evidenza la gelida formalità che il duca riservava a lei.
Attirò Jamie più vicino, abbracciandolo con forza. Il bambino rise e si divincolò nella sua stretta.
«Perché fai così, mamma?»
«Perché sei stato davvero un bravo ragazzo.»
Era stata così assorbita dalla presenza di Max nella sua carrozza che non rivolse un pensiero alle conseguenze, finché non incontrò il generale Dingwall, in chiesa, il mattino seguente, e lui la interrogò sulla sua nuova conquista.
«Nessuno di noi avrà più una possibilità, ora che abbiamo un duca in città» commentò con una risatina.
Ellen rise e fece lo stesso con altri conoscenti che menzionarono di aver visto il Duca di Rossenhall nella sua vettura. Si rese conto che almeno due matrone con figlie in età da marito non le rivolsero che un freddo cenno di saluto.
«Tutti sono convinti che stia mirando a conquistare Max» confidò a Georgie quando si recò a casa sua a prendere il tè.
La sua amica si limitò a ridere. «E perché no? È un duca, quindi, agli occhi di tutti, si tratta di una grande conquista.»
Ellen sospirò. «Sembra che il mondo intero fosse sulle strade di High e Low Harrogate, ieri, e abbia visto quando l'ho fatto salire in carrozza. Non che avessi molta scelta» aggiunse amaramente. «È salito senza chiedere il permesso.»
«Per lui era un'eccellente opportunità di conoscere Jamie.»
«Sì, sembra che si siano piaciuti subito. Max era sorpreso dalla sua disinvoltura.»
«Max piace molto anche a Charlotte» dichiarò Georgie. Fece una pausa, poi aggiunse, con cautela: «Penso che sarà un bravo padre».
Ellen agitò una mano per liquidare l'argomento. Non voleva neppure pensarci, al momento. «Raccontami di Frederick» disse invece. «Come sta?»
Il volto di Georgie si rannuvolò all'istante. «Dice di sentirsi bene, ma solo camminare fino alla Sulphur Well, questa mattina, lo ha stremato.»
«Dunque adesso sta riposando?»
Georgie scosse il capo. «Volevo che lo facesse, invece era deciso ad andare con Max a far visita a un vecchio amico a Knaresborough.»
«Oh, ti chiedo scusa se il mio arrivo ti ha impedito di andare con loro. Avresti dovuto dirmelo, avremmo rimandato il nostro incontro.»
«No, no, sono andati a trovare un altro compagno dell'esercito, e io sono molto felice di lasciarli ai loro discorsi militareschi. Rievocheranno vecchie battaglie e ricordi dei giorni di guerra. Preferisco di gran lunga stare qui a prendere il tè con te. Ogni tanto è bene che Fred si allontani un po' da me. La sua mente è attiva come sempre e si sente molto bene finché può star seduto e non far niente. Gli piace osservare e ascoltare, ma ora il più piccolo sforzo lo stanca.»
Ellen vide la tristezza adombrare il volto dell'amica, tuttavia la sua espressione parve rianimarsi quando le chiese se avrebbe partecipato al ballo al Dragon, la sera successiva. «Le lingue si agiteranno anche di più se abbandonerai le tue abitudini» la mise in guardia. «Fred vorrebbe partecipare, ma dobbiamo aspettare fino a domani per vedere come si sente.»
«Sai se il duca andrà?» domandò Ellen, tirando oziosamente un filo nella sua gonna.
«Ha detto che lo avrebbe fatto.»
«Mandami un messaggio, domani, per farmi sapere i vostri programmi. Verrò, se ci sarete anche voi.» Ellen si guardò attorno per essere sicura che la porta fosse chiusa. «Non amo esibirmi ai ricevimenti e non vedo motivo di giocare a questa farsa, se Frederick non sarà presente.»
«Certo che no, mia cara. Porterò Charlotte a Paradise Row, domani, per giocare con Jamie, e per allora dovrei essere in grado di darti una risposta.»
«Grazie.» Ellen si morse il labbro, poi aggiunse, impulsivamente: «Sono contenta che tu conosca la verità, Georgie. È un sollievo poterne parlare con qualcuno».
«Potresti parlarne con Max.»
Ellen rabbrividì. «Non penso proprio.»
«È ovvio che vi sentiate un po' a disagio, in compagnia l'uno dell'altra, ma passerà, con il tempo. Se può esserti di consolazione, Ellen, non mi sono mai accorta che lui abbia mai guardato un'altra donna. È questo il motivo per cui Fred pensava che fosse contrario al matrimonio.» Georgie le toccò il braccio. «Il duca porterà Fred a casa, tra poco, e si fermerà per cena, vorresti unirti a noi?»
«Preferirei non vederlo affatto.» Ellen udì il brusio di voci maschili nell'ingresso e si affrettò ad alzarsi. «Devo andare» annunciò.
In quel momento i due gentiluomini entrarono nella stanza, Frederick pesantemente appoggiato al braccio del duca. Ellen provò un insolito senso di disagio quando Max le rivolse un cenno. Le sue guance avvamparono e il cuore iniziò a battere più velocemente. Non sapeva dove guardare. Neppure da ragazza si era mai sentita così a disagio in presenza di un uomo. Rivolse a tutti un rapido saluto.
«Forse il duca vorrà scortarti a casa» suggerì Georgie, mentre guidava suo marito verso una sedia.
Ellen lanciò alla sua amica un'occhiata sdegnata. «Non ce n'è bisogno, te lo assicuro. Comunque, la carrozza è andata via e scortarmi a piedi farebbe tardare Sua Grazia alla vostra cena.»
«Oh, possiamo facilmente posticipare di un'ora» replicò l'amica. «Non è così, Fred?»
«Cosa? Oh, sì, così avrò più tempo per riprendermi. Mi sento maledettamente debole, sapete, Mrs. Furnell.»
Ellen si rese conto che la sua amica aveva ragione. La mente di Frederick era davvero acuta come sempre, perché le aveva efficacemente reso impossibile rifiutare la scorta di Max. Un'occhiata in direzione del duca non le rivelò alcunché. Non poteva capire, da quell'atteggiamento imperscrutabile, né dal suo tono educato, se fosse compiaciuto o meno di quella prospettiva.
«Sarei onorato di accompagnarvi a casa, ma'am.»
«Allora è tutto sistemato.» Simile a un gatto che avesse appena leccato la crema, Georgie baciò Ellen sulla guancia. «Addio, mia cara amica. Lottie e io verremo a trovarti domani.»
«Ho la netta impressione che siamo stati manovrati» dichiarò Max, mentre scortava Ellen fuori dalla casa.
«Spero non pensiate sia stata io a volerlo» ritorse lei, in collera. «È già stato abbastanza spiacevole che vi abbiano visto nella mia carrozza, ieri. Tremo all'idea di come si agiteranno le lingue, adesso!»
«Non tornerò indietro, se è quello che intendete» ribatté lui. «Non posso approvare che mia moglie vada in giro per la città senza neppure una cameriera ad assisterla.»
«Oh, andiamo, Vostra Grazia, questo atteggiamento è molto fuori moda! Molte vedove e donne sposate camminano per la città senza accompagnamento.»
«Nessuna di loro, però, è così pericolosamente bella.»
Ellen mancò un passo, aveva l'impressione che tutta l'aria le fosse stata risucchiata dai polmoni. Non c'era niente di gentile, nel tono di Max, al contrario, non l'aveva mai sentito così irascibile, ma le sue parole colpirono un nervo scoperto e fecero affiorare un ricordo.
Venne trasportata in un tempo e in un luogo distanti: l'Egitto e una notte particolarmente stellata.
Avevano cenato con i loro ospiti mamelucchi prima che Max la conducesse fuori, in apparenza per godere di un po' di aria fresca, ma in realtà per prenderla tra le braccia e baciarla. Anche adesso il ricordo del suo profondo bacio indagatore la faceva tremare. Quando il bacio era finito, lei si era sentita momentaneamente abbandonata, anche se le braccia di Max avevano continuato a tenerla stretta, tanto da farle sentire il battito del suo cuore attraverso la abayeh, la lunga tunica ampia che indossava. Max le aveva sollevato il mento per mostrarle le stelle, poi aveva cominciato a baciarla.
«Hai una bellezza pericolosa, amore mio» aveva mormorato tra i baci. «Potresti condurre un uomo alla pazzia.» Infine le sue labbra esploratrici le avevano trovato la bocca ed Ellen aveva ricambiato, mentre le ossa di lei si liquefacevano e il calore le si annidava in profondità.
«Sposami, Ellen» le aveva sussurrato contro la pelle. «Sposami qui, adesso.»
Lei aveva dovuto aggrapparsi a lui, sapendo che era una cosa folle, incosciente, ma non le importava. Lui aveva continuato a coprirle la faccia e il collo di baci, mentre la sua morbida voce seduttiva fluiva come miele.
«I miei uomini sono accampati a meno di venti miglia da qui. C'è un cappellano dell'esercito, con loro. Potrebbe sposarci. Che ne dici?»
La sua bocca aveva catturato di nuovo quella di lei, e i sensi acuiti di Ellen avevano vorticato per il puro piacere del momento. Aveva assaggiato il vino e le spezie calde, nel suo bacio, aveva respirato l'oscuro aroma di spezie della sua pelle e, quando si era allontanato per esigere una risposta, lei, ormai catturata dalla follia notturna, aveva sussurrato: «Sì, Max. Sì, ti sposerò».
La visione di quella notte incantata svanì. Invece di un bollente vento del deserto, ruvido di sabbia e profumato di spezie, Ellen sentì sulla faccia la brezza carica di pioggia di un'estate inglese, e insieme a quella arrivò l'odore più prosaico di mucche dai campi vicini.
Di fianco a lei Max emise un basso ringhio. «E qui c'è un altro dei vostri ammiratori in arrivo.»
Ellen aveva già visto la figura corpulenta di Mr. Rudby avvicinarsi sul sentiero opposto. Sperò che potessero passare inosservati, ma il gentiluomo stava già attraversando la strada, agitando il bastone per fermare un pesante carro tirato da buoi. Pochi istanti dopo era di fronte a loro con un sorriso raggiante, mentre si toglieva il cappello e si affrettava in un inchino.
Furono costretti a fermarsi. Poiché Max fu particolarmente poco comunicativo, toccò a Ellen rispondere all'amichevole approccio di Mr. Rudby, ammettendo che il ballo dell'ultimo venerdì era stato divertente e che sarebbe stato difficile che quello che si sarebbe tenuto al Dragon riuscisse a stargli alla pari.
«Se sarete presente, Mrs. Furnell, non potrà essere che un successo.» Mr. Rudby le sorrise con calore. «Forse, ma'am, dovrei cogliere questa opportunità per riservarmi le prime due danze. Mi sono sentito dannatamente triste quando il generale Dingwall mi ha preceduto, venerdì.» I suoi occhi scintillanti si spostarono da Ellen al duca. «Se non siete già impegnata, beninteso.»
«È già impegnata» abbaiò Max.
Ellen si inalberò. «In effetti non ho ancora deciso se parteciperò.»
Max sorrise e replicò in tono mellifluo: «Tuttavia, se lo farete, avete già promesso due balli a me, non è così?».
La collera percorse Ellen come una corrente. Sollevò il mento e lanciò un'occhiataccia al duca.
Mr. Rudby rise. «Ah, temo che dovrò ritirarmi dalla lista» commentò allegramente. «Anche se solo temporaneamente» aggiunse, rivolgendosi a Max. «Permettete che vi avverta, Vostra Grazia, che Mrs. Furnell è la regina della nostra piccola comunità e che ha un esercito di ammiratori pronto a dare battaglia per contendersi i suoi favori.»
«Ne sono consapevole» replicò Max. «Tuttavia confido di prevalere. Vedete, ho un distinto vantaggio sui miei rivali.»
Mr. Rudby parve stupito alla sorridente replica del duca, ma si riprese in fretta e fece un'altra risata. «Bene, bene, vedremo.» Si toccò il cappello. «Non vi tratterrò più a lungo sotto questo vento gelido. Per quanto, se mi permettete di dirlo, Mrs. Furnell, abbia aggiunto brillantezza ai vostri occhi. Non siete d'accordo, Vostra Grazia?»
«Davvero?» Max lanciò un'occhiata indifferente verso di lei. «Non l'avevo notato. Buongiorno a voi, signore.»
Così congedato, Mr. Rudby se ne andò per la propria strada. Max offrì di nuovo il braccio a Ellen, ma lei lo ignorò risolutamente e si avviò a un passo vivace, la figura aggraziata rigida per l'indignazione. Lui attese, sapendo che non sarebbe rimasta in silenzio a lungo.
«Siete stato molto incivile con il povero Mr. Rudby!» proruppe infatti lei.
Max si strinse nelle spalle. «Si considera un rivale.»
«E perché non dovrebbe? Siete così pieno di voi da pensare che vi basti entrare in una stanza perché tutti gli altri uomini vi lascino il passo?»
«Che cosa vi ha irritato, davvero?» reagì lui. «Il fatto che abbia liquidato il vostro ammiratore, o che abbia rifiutato di avallare i suoi esagerati complimenti?»
«I complimenti non significano niente, per me. Soprattutto i vostri.»
Parlando, Ellen costrinse le sue labbra a un sorriso per salutare un conoscente di passaggio. Quindi un'altra coppia si fermò per conversare. Max li riconobbe – anche loro avevano partecipato al ballo al Granby – e annuì nella loro direzione, poi attese impaziente mentre Ellen scambiava piacevolezze.
«Siete amica di tutti, in questa dannata città?» borbottò, mentre si rimettevano in cammino.
«Della gran parte degli abitanti, certamente, che è il motivo per cui obietto alla vostra possessività.»
«Cerchiamo di essere chiari» ringhiò lui. «Non permetterò che civettiate con tutti.»
«Io non civetto.» Ellen fece una pausa. «E ora smettetela con quell'aria truce. Tutti penseranno che siete geloso.»
«Ah, che idea insensata!»
Davvero ridicola, pensò Max. Non era mai stato un tipo geloso. Neppure in quei lontani giorni, quando aveva creduto di essere disperatamente innamorato di Ellen Tatham.
Ricordò le prime due settimane che avevano passato insieme nel deserto. Il figlio di uno dei bey mamelucchi era stato molto affascinato da Ellen e aveva fatto del proprio meglio per corteggiarla con doni e promesse di ricchezze. Se avesse dovuto essere geloso di qualcuno, pensò Max, lo sarebbe stato di quell'attraente demonio, invece non gli aveva ispirato un momento di disagio. Perché era stato convinto che anche Ellen fosse innamorata di lui.
La udì sospirare.
«Per favore, non discutiamo» lo pregò lei. «Questa farsa non è facile, per me. La vostra presenza nella mia vettura, ieri, non è passata inosservata. Sono stata interrogata in proposito, in chiesa, stamattina, e il fatto che ora mi scortiate per le strade aggiungerà combustibile alle fiamme dei pettegolezzi.»
«Non è niente rispetto a ciò che diranno quando si scoprirà che siete mia moglie. Le fiamme diventeranno un inferno.»
«Ma io non sarò qui a sentirne il calore.»
C'era qualcosa, nella sua voce, che Max non aveva mai avvertito, prima, una nota di sconfitta che lo turbò. Quella non era la ridente, temeraria giovane che aveva conosciuto. Niente l'aveva spaventata, allora, neppure trovarsi in una terra straniera circondata da tribù in guerra. Per quasi quattro anni lui aveva pensato solo alla propria perdita senza mai considerare che anche Ellen, forse, stava soffrendo. Era stato furioso per il suo tradimento e aveva immaginato che lei vivesse un'esistenza felice e indifferente, da qualche parte, probabilmente sotto la protezione di un ricco amante. Adesso sapeva che non era così, che lei aveva davvero creduto di essere stata ingannata.
E aveva ogni ragione di pensarlo, aggiunse fra sé. A quel tempo, tutte le prove lo indicavano.
Respinse quel fastidioso senso di empatia. Poteva ammettere che lei avesse qualche motivo di essere amareggiata, ma non le avrebbe permesso di dominarlo di nuovo.
«Concordo che discutere non aiuti» concesse. «Tuttavia è necessario che trascorriamo del tempo insieme. Spero che potremo riuscirci senza farci a brandelli ogni volta che ci incontriamo.»
«Me lo auguro anch'io» mormorò Ellen, ma sembrava dubbiosa.
Avevano raggiunto Paradise Row, la strada era affollata di vetture e il marciapiede pieno di pedoni che si godevano una passeggiata serale. Poche iarde dopo raggiunsero casa di Ellen. La porta si aprì all'istante, come se i domestici fossero stati ad attenderla. Max riconobbe, sebbene malvolentieri, che era tenuta in considerazione dal suo personale, come dalle sue conoscenze.
Ellen aveva recuperato il contegno e pronunciò, con un freddo atteggiamento amichevole: «Non vi inviterò a entrare, Vostra Grazia, perché so che siete ansioso di tornare dai vostri amici».
Max era ben consapevole che molti occhi li stavano osservando, compresi quelli all'apparenza indifferenti del maggiordomo, e sollevò la mano di Ellen alle labbra. Non avrebbe lasciato loro alcun dubbio che stava facendo della vedova dorata l'oggetto delle proprie attenzioni.