11

Durante la notte non piovve, ma l'alba giunse con una pesante minaccia di tempesta. Nuvole scure erano spezzate da intensi raggi di sole.

Ellen ordinò che le finestre della casa venissero aperte, spirava solo una pesante brezza che muoveva l'aria, ma era insufficiente a rinfrescare le stanze.

Mentre scendeva le scale, provò un senso di oppressione. L'orologio aveva appena battuto le dieci, e Max aveva mandato un messaggio per dire che l'avrebbe incontrata nell'ingresso per presentare a Jamie il suo pony. Ellen indossava il suo abito da equitazione, anche se non sapeva se suo marito avesse ancora intenzione di andare a cavalcare insieme a lei. Non che lo biasimasse, in ogni caso. La sera prima, quando lo aveva pregato di non voltargli le spalle, in realtà aveva voluto chiedergli di esserle amico. Poi, però, quando lui le aveva accarezzato la guancia con tanta tenerezza, prima di baciarla con passione, era stata incapace di evitare di rispondere come una donna dissoluta.

Era stato un errore, se ne rendeva conto, mostrare quanto lo desiderasse. Alla fine lui l'aveva respinta e si era allontanato, abbandonandola alla vergogna e all'umiliazione. Be', non gli avrebbe mai più lasciato vedere quanto il suo atteggiamento freddo la ferisse.

Quando scese la rampa finale di scale, udì delle voci e trovò Max già nell'ingresso, che parlava con Jamie, mentre Matty stava in disparte a osservare. Una stretta serrò il cuore di Ellen nel vedere padre e figlio insieme. Jamie teneva lo yacht giocattolo tra le braccia, dicendo che, se non poteva giocare con il tamburo, forse potevano andare al lago.

«Più tardi, se ci sarà il tempo» replicò Max recuperando con gentilezza lo yacht e mettendolo sulla consolle. «Adesso che tua madre è qui, andiamo a vedere cos'altro abbiamo per te.» Prese la mano del bambino nella propria e si raddrizzò, lanciando un'occhiata all'indirizzo di Ellen. «Siete pronta, ma'am

Educato, premuroso. Ellen vide il vecchio maggiordomo indugiare sulla porta. Il sorriso sul suo volto indicava che sapeva cosa era in attesa sul viale, ed era ansioso di vedere la reazione del bambino. Forzò la bocca a un sorriso, continuando con la farsa della famigliola felice. Perkins spalancò la porta, e tutti uscirono. Stevens era ai piedi delle scale, il piccolo pony in paziente attesa accanto a lui. La bocca di Jamie si spalancò. Il bambino sollevò lo sguardo su Max, il quale annuì.

«Sì, è per te.»

«Se gli toglierà dalla testa quel tamburo, sarà una benedizione» borbottò Matlock.

Max sollevò Jamie sulla sella, ed Ellen osservò, sorridendo, Stevens che sistemava le staffe.

«Posso cavalcare, adesso, mamma? Posso cavalcarlo... per piacere?»

«Lo porterò a fare la sua prima lezione, ma'am, e con molto piacere» annunciò Stevens. «A meno che, Vostra Grazia, non vogliate che vi accompagni?» Lanciò un'occhiata interrogativa al duca. «Mr. Grisham ha lasciato istruzioni che Jupiter e Belle siano sellati per voi e la duchessa, stamattina.»

«Cosa? Oh...» Max si accigliò e guardò Ellen, come se solo in quel momento avesse notato com'era vestita. «Forse Sua Grazia dovrebbe restare con il bambino, durante la sua prima lezione.»

Il cuore di Ellen sprofondò. Max aveva cambiato idea.

Stevens si affrettò a intervenire: «Non c'è bisogno che rimaniate, ma'am. Avrò cura del bambino, potete starne certa».

E Matlock, nel suo modo diretto, dichiarò che il bambino si sarebbe comportato molto meglio, senza la sua mamma ad agitarglisi attorno. Ellen si morse il labbro e guardò verso Max, che diede una lieve scrollata di spalle.

«Vogliamo andare, madam

Si diressero alle stalle. Fitte nuvole bianche stavano rotolando a occidente, invadendo l'azzurro del cielo.

«Potrebbe piovere» riprese Max seguendo il suo sguardo. «Se succede, torneremo indietro.»

«Potremmo non andare del tutto» ribatté lei, il mento sollevato per mascherare il cuore pesante.

«E dare una cattiva impressione alla servitù? No, adesso dobbiamo andare, madam

Anche se è l'ultima cosa che vorresti fare. Ellen mantenne la testa alta e il sorriso al suo posto. Dovevano almeno dare l'impressione di andare d'accordo.

Gli aiutanti di scuderia li stavano aspettando e, quando superarono l'entrata ad arco, lo stallone nero di Max e la nuova giumenta grigia erano già in attesa nella corte. Ellen istruì immediatamente lo stalliere di portare Belle accanto al gradino per montare. Era possibile che Max non volesse aiutarla a salire in sella.

La giumenta era vivace e, mentre trottavano lontano dalle scuderie, Ellen fu felice di doversi concentrare a controllarla, anziché preoccuparsi del silenzioso e imbronciato cavaliere al suo fianco. Una galoppata attraverso il parco le diede l'opportunità di provare i passi della giumenta. Disperse anche parte della tensione tra lei e Max.

Lei lo ringraziò per averle comprato una creatura così vivace, e lui rispose con un complimento sulla sua abilità di amazzone. Poi proseguirono parlando degli altri cavalli presenti nelle scuderie e dei fittavoli che dovevano andare a visitare quel giorno. Almeno in parte, l'armonia era stata ristabilita.

Finché ci manteniamo su argomenti impersonali, possiamo stare bene insieme, pensò Ellen. Avrebbe dovuto rallegrarsene, ma desiderava qualcosa di più.

Rimasero fuori per la maggior parte del giorno e, quando giunse il momento di tornare a casa, Max stava iniziando a capire perché Tony Grisham fosse così pieno di apprezzamenti per la nuova duchessa. I fittavoli che con lui erano stati rigidi per la soggezione e il rispetto, si aprivano, con Ellen, il cui stile rilassato e amichevole li metteva subito a loro agio. Lei sapeva cosa dire per indurli ad accantonare ogni diffidenza.

«Devo congratularmi con voi» affermò quindi con riluttante rispetto, mentre l'aiutava a salire in sella dopo l'ultima delle visite, in una fattoria particolarmente cadente ai limiti estremi della sua tenuta. «Tony ha tentato per mesi di persuadere il vecchio Martin a lasciarci riparare il suo tetto.»

«Il pover'uomo era chiaramente spaventato che questo improvviso interesse per la sua casa significasse che intendete cacciarlo via» spiegò lei. «Una volta rassicurato, al riguardo, è stato più che felice di accettare.»

«L'avete anche convinto ad accogliere il figlio più giovane di Tom Croft come aiutante di fattoria.»

«Non potete negare che Mr. Martin abbia un tesoro di conoscenze ed esperienze, e Tom aveva già detto a Mr. Grisham che il figlio minore non era interessato a seguire le orme paterne e a diventare un fabbro. Sembrava una soluzione ragionevole.»

«Molto ragionevole.» Max montò sul suo cavallo e prese in mano le redini. «Direi che vi state rendendo indispensabile.»

Ellen gli lanciò un'occhiata enigmatica. «Questa è la mia intenzione, Vostra Grazia.» E con ciò spronò la giumenta e galoppò via.

La tempesta incombente continuò a ritardare, benché, quando tornarono alle scuderie, il cielo stesse diventando sinistramente livido e il sole fosse del tutto oscurato da una pesante coltre di nuvole. Stevens li stava aspettando nella corte, ansioso di riferire della prima lezione di equitazione di Jamie. «Non ha mai dato segno di aver paura» raccontò a Ellen, che era smontata. «Che sia benedetto, non voleva neanche tornare in casa. Gli ho spiegato che non bisogna esagerare, che faremo un poco alla volta. Così lo rimetteremo in sella, domani, se siete d'accordo, ma'am

Ellen diede il proprio assenso ed entrò in casa con Max. Lui non accennò a prenderle il braccio, ma lei osò sperare che ci fosse un po' meno distanza, tra loro, e ne fu felice.

«Devo parlare con Tony» annunciò lui sfilandosi i guanti. «Poi sarà bene che mi levi di dosso la polvere e la sporcizia. Abbiamo fatto parecchie miglia, oggi, e importanti progressi, direi. Grazie per essere venuta con me.»

«È stato un piacere» mormorò Ellen, notando il tenue, ma evidente bagliore nei suoi occhi. Poteva essere solo gratitudine, o apprezzamento, ma la scaldò comunque. «Mi cambierò dopo aver visto Jamie.»

Perkins, che stava attraversando l'ingresso in quel momento, si fermò ed emise un colpetto di tosse. «Se mi permettete, ma'am, ho visto Eliza portare il giovane marchese in giardino. Con il suo tamburo» aggiunse.

Ellen rise. «Allora andrò a cercarli. La giornata è volata, è quasi ora di cena. Lo porterò di sopra, così mi racconterà cosa si prova a cavalcare un vero pony.»

Eliza era sulla terrazza a radunare una quantità di giocattoli, incluso il piccolo tamburo colorato. «È andato a prendere il suo cavallino giocattolo» rispose quando Ellen gli chiese dove fosse Jamie. Poi guardò oltre la duchessa, come si aspettasse di vedere il bambino arrivare.

«Sono appena venuta dal salotto e non l'ho visto» obiettò Ellen. «Suppongo si sia distratto e che stia giocando nella nursery. Andrò su.»

Quando raggiunse la nursery, Matlock scosse il capo. «Non è stato qui, ma'am. Non l'ho più visto da quando Eliza l'ha portato fuori a giocare. Controllerò nelle altre stanze, però, giusto nel caso sia andato in esplorazione. Però ama talmente stare fuori che non credo sia qui.»

«No, credo tu abbia ragione.» Ellen pensò alla casa, con tutte le sue porte e finestre spalancate, e si sentì fremere di ansia. «Andrò di sotto a cercarlo.»

L'oscurità che stava aumentando all'interno della casa rifletteva la sua preoccupazione, e un basso rombo di tuono aggiunse un senso di disagio. Max era sul pianerottolo a parlare con il suo valletto, e lei non esitò a interromperli. «Vostra Grazia, avete visto Jamie?»

«No» rispose lui. «Tu l'hai visto, Flynn?»

«No, Vostra Grazia, ma prima l'ho sentito. Giocava con il suo tamburo sul prato occidentale.»

Ellen annuì e continuò a scendere le scale. Jamie amava stare fuori, ed era là che l'avrebbe trovato! Lo sapeva.

«Devo preparare il vostro bagno, Vostra Grazia?»

Lei udì la domanda di Flynn echeggiare tra le pareti di pietra.

«Sì, sì, salirò immediatamente.»

Prima che lei raggiungesse l'ingresso, però, Max fu al suo fianco. «Cos'è successo?» volle sapere.

Avere qualcuno con cui condividere le preoccupazioni era una novità, per Ellen. Per un momento perse parte della propria sicurezza. «Jamie non si trova. No, no, non può essere niente di serio.» Si girò mentre la bambinaia arrivava, diretta alla nursery, con le braccia piene di giocattoli. «Non è tornato da te, Eliza?»

«No, ma'am. Non è con Mrs. Matlock?»

Ellen scosse il capo, sussultando mentre lo scoppio di un tuono risuonava attorno alla casa come una premonizione di sventura.

«Quando è stata l'ultima volta che l'hai visto?» chiese Max alla bambinaia.

«Be', è difficile da dire, Vostra Grazia, ma non è passato molto da quando è entrato in casa, non più di un'ora.»

«Un'ora!» Ellen strinse le mani insieme per impedir loro di tremare. «Potrebbe essere ovunque, ormai.»

«Va' di sopra a cercarlo, Eliza» ordinò Max. «Non solo nell'ala della nursery, ma nell'intero piano alto, capito?»

Mentre la domestica si allontanava svelta, lui impartì brevi istruzioni ai lacchè in attesa, poi toccò il braccio di Ellen. «Andiamo, i domestici controlleranno i terreni e le scuderie, mentre noi guarderemo qui attorno.»

Lei lo seguì. I tuoni si stavano facendo più forti e frequenti. Jamie non amava i tuoni, non sarebbe rimasto fuori sotto un temporale. Si aggrappò a quel pensiero, mentre controllavano lo studio, la libreria e l'anticamera, dove trovarono Tony che si stava dando da fare attorno a diversi scatoloni di carte. Lui abbandonò all'istante il suo compito per andare a controllare gli uffici e le sale nel sotterraneo.

Nella stanza del mattino trovarono Dorcas che sonnecchiava su una chaise-longue, un libro aperto in grembo e un piatto di dolci di marzapane al suo fianco.

«Dorcas, hai visto Jamie?» la interpellò Max.

La duchessa vedova si sollevò, raddrizzò la cuffietta e schioccò la lingua. «Non ho visto nessuno, stavo riposando» ribatté stizzosamente. «La mia stanza era così calda, la scorsa notte, che ho potuto a malapena chiudere occhio. Non so come abbiate l'energia di andare in giro a cavalcare, quando il tempo è così opprimente...»

«Non ha importanza, adesso» la interruppe Max. «Stiamo cercando Jamie.»

Lei sollevò una spalla. «Come potrei sapere dove si trova? Era fuori della mia finestra, prima, con quell'infernale tamburo.»

«Quando?» chiese Ellen, resistendo alla tentazione di scuotere sua cognata.

«Oh, non lo so, non ho guardato la pendola. Sono venuta qui per stendermi dopo pranzo, e lui ha iniziato a marciare avanti e indietro, battendo sul tamburo così forte che mi ha fatto venire il mal di testa. Gli ho detto di andarsene e di giocare in silenzio.»

«Allora dev'essere stato quando è andato di sopra» osservò Max mentre tornavano nell'ingresso. «Non preoccupatevi, lo troveremo presto. Forse è andato nelle scuderie a vedere il pony.» Emise un sibilo di frustrazione. «Ellen, mi dispiace se il mio regalo ha condotto a questo.»

«No, no, non potete biasimarvi per...» Lei si fermò, gli occhi fissi sulla consolle. «Lo yacht! L'abbiamo lasciato là quando siamo usciti, stamattina.»

Max abbaiò una domanda al maggiordomo, il quale scosse il capo. «No, Vostra Grazia, non ho dato istruzioni di rimuoverlo.»

Ellen stava già correndo. Volò attraverso il salotto e fuori, sulla terrazza, la via più diretta verso il lago. Max era di fianco a lei. Mentre scendevano i gradini, caddero le prime grosse gocce di pioggia e, nel tempo che impiegarono a raggiungere i prati che portavano al lago, ormai pioveva a dirotto, ed entrambi erano fradici fino alle ossa.

«Non dovrebbe essere fuori, con questo temporale» borbottò Max mentre raggiungevano il bordo dell'acqua e si fermavano, guardando a destra e sinistra.

Ellen non diede voce alle sue paure, ma iniziò a camminare lungo la riva. Si fermò, indicando. «Cos'è quello?»

La vela bianca della piccola barca era visibile tra i giunchi. Era a buoni sei piedi dalla riva, le corde galleggiavano sull'acqua come sottili serpenti, fuori della portata di chiunque.

«E se avesse tentato...?»

Il panico la sopraffece. Iniziò a correre freneticamente avanti e indietro lungo la riva, chiamando, scrutando tra i giunchi e fermandosi solo quando Max la prese per le spalle.

«Ellen, non è in acqua. Non c'è traccia di James, qui, e non c'è corrente che possa portarlo via. Non è qui. Fidati di me.»

Il controllo che per settimane lei aveva esercitato in modo così efficace su di sé lasciò il posto a un terrore irrazionale. Suo figlio era sparito. Il suo bambino. La sua unica ragione di vita, da quando Max non l'amava più.

«Devo continuare a cercare, devo!» Ellen cominciò a tremare in maniera incontrollabile. La stretta di Max aumentò, e lei scattò con la testa all'insù, gli occhi supplichevoli rivolti su di lui. «Lui è tutto ciò che ho, Max!»

«Lo troveremo, te lo prometto.»

La sua ferma sicurezza la calmò. Ellen trasse un altro respiro tremante, traendo forza dalla sua presenza. Si passò una mano sulla guancia, rimuovendo un misto di pioggia e lacrime. Doveva pensare a dove cercare ancora.

In quel momento si udì un grido. Tony Grisham stava correndo verso di loro, agitando freneticamente il braccio.

«Al sicuro!» Furono le prime parole che Ellen udì. «È al sicuro, Vostra Grazia.» Tony si fermò davanti a loro, il petto ansante, ma sorridendo anche mentre la pioggia gli incollava i capelli sulla testa. «Jamie è andato in direzione delle cucine, e la sguattera l'ha portato diritto nella nursery.» Vide Ellen guardare indietro verso il lago. «È venuto qui, ma'am, ma dice di aver lasciato cadere le corde al primo tuono. Stava per andare a recuperare lo yacht quando sembra che abbia visto una gallina fuggitiva, così l'ha riportata nei giardini delle cucine. Ecco perché non riuscivamo a vederlo. È così piccolo che era coperto dalle siepi.»

«Oh, grazie al cielo!» Le gambe di Ellen erano talmente deboli che lei pensò che sarebbe finita in terra se Max non l'avesse trattenuta. Si allungò a stringere la mano di Tony. «Grazie» pronunciò con fervore.

Max tenne il braccio attorno a Ellen e si affrettò con lei all'interno della casa. Sapeva che non avrebbe avuto pace finché non avesse visto con i propri occhi che il bambino era al sicuro, così la portò direttamente al piano superiore, lasciando una scia bagnata dietro di loro.

Jamie era a letto e già quasi mezzo addormentato, quando raggiunsero la nursery. Max sentì il petto stringersi alla vista del bambino infilato sotto le coperte, i riccioli biondi ancora leggermente umidi. Suo figlio.

Ellen cadde in ginocchio accanto al letto, soffocando un singhiozzo.

«È tutto a posto, ora, Miss Ellen» la rassicurò Matlock ruvidamente. La preoccupazione fece sì che tornò a rivolgersi alla sua padrona come se fosse ancora una giovinetta. «State sgocciolando sopra al bambino» la redarguì, «e non gli farà certo bene.»

«No. No, certo. Volevo essere sicura che fosse tutto a posto.» Ellen si allungò per deporre un bacio leggero sulla testolina di Jamie, prima di raddrizzarsi.

All'esterno i tuoni stavano ancora rombando, ma più soffocati, ora, in lontananza.

Ellen tentò di sorridere, ma a un tratto Max la vide impallidire. Ondeggiò, e sarebbe caduta se lui non fosse stato pronto ad afferrarla.

«Il trauma» decretò Matlock mentre lui sollevava Ellen tra le braccia. «Ha bisogno di asciugarsi e di stare al caldo. E il più in fretta possibile.»

«Provvederò che sia così.»

Max la portò fuori della nursery, tenendola stretta contro il petto. Anche nei suoi abiti zuppi, era leggerissima. Scese le scale e la portò nel suo spogliatoio. Flynn avrebbe già fatto preparare il bagno, e lui sapeva che immergerla nell'acqua calda sarebbe stato il modo più veloce di scacciare il gelo dal suo corpo. Lei si stava agitando, ma Max non fece alcun tentativo di metterla giù.

Il calore della stanza avvolse entrambi. Flynn aveva tirato le tende sulle finestre, chiudendo fuori il temporale e, come Max aveva sperato, un fuoco bruciava nel camino e le candele erano accese, spandendo un accogliente bagliore per la stanza.

Davanti al fuoco c'era la vasca, da cui si sollevava pigramente il vapore che profumava l'aria. Flynn arrivò dalla camera da letto e non poté nascondere la propria sorpresa nel vedere il padrone con la duchessa tra le braccia, ma Max non era in animo di dare spiegazioni e si limitò a ordinargli: «Lasciaci».

«Devo mandare la cameriera di Sua Grazia?» si informò Flynn.

«No. Ci penserò io.»

Il valletto uscì, chiudendo silenziosamente la porta dietro di sé. Ellen si agitò di nuovo, e Max abbassò lo sguardo su di lei. «Devi toglierti questo vestito bagnato» dichiarò, abbandonando ogni formalità. Poi, con gentilezza, la mise in piedi. Lei stava tremando troppo per far altro che restare immobile, mentre lui la liberava in fretta dei vestiti e la faceva entrare nella vasca. Anche la sua pelle stava iniziando a sentire il gelo della giacca e della camicia fradice, così se le sfilò e gettò più ciocchi nel già ardente fuoco del camino, prima di tornare a rivolgere la sua attenzione a Ellen.

Lei aveva smesso di tremare e giaceva distesa nell'acqua calda, gli occhi chiusi. Un tocco di colore era tornato sulle sue guance e, mentre lui si inginocchiava a fianco della vasca, aprì gli occhi. «Grazie» sussurrò.

Max avrebbe voluto tendersi verso di lei e baciarle l'angolo della bocca, sulla quale erano apparsi i primi tremuli segni di un sorriso, ma resistette. Invece si allungò e gentilmente le scostò una ciocca di capelli dalla guancia. «Ti senti meglio, adesso?»

«Mi sto scaldando.»

«Bene. Allora, se permetti, io finirò di asciugarmi.»

Ellen appoggiò la testa contro l'alto bordo della vasca. Il calore dell'acqua stava filtrando nelle sue membra, rilassandola. Non sentiva l'urgenza di far niente, a parte guardare Max. Lui le dava la schiena, così poteva osservarlo liberamente mentre si passava l'asciugamano sulle spalle, godendo del modo in cui la luce giocava con i suoi muscoli in movimento, creando ombre e accentuando le sue linee forti.

Quando Max si liberò dei pantaloni, Ellen si sentì meno rilassata. Lui si muoveva con una grazia sinuosa, che emanava potere. Un piccolo brivido di ansietà l'attraversò quando lo vide scomparire nella camera da letto, ma lui tornò quasi subito, avvolto in una esotica vestaglia. Il disappunto che provò perché non poteva più vedere il suo corpo nudo la fece sorridere.

Max scelse proprio quel momento per guardarla, e il calore l'avvolse, facendola avvampare. Se lui lo notò, non lo diede a vedere, ma sollevò un grande telo dalla rastrelliera presso il camino e si avvicinò alla vasca. «L'acqua starà diventando fredda. Vieni.»

Obbediente, Ellen si alzò. Mentre usciva dalla vasca, lui l'avvolse nel telo e nelle sue braccia, attirandola contro di sé. Lei chiuse gli occhi e lasciò che i ricordi fluissero mentre la stoffa spessa l'avvolgeva, confortevole contro la pelle.

«Non ho più sentito teli così morbidi dal giorno delle nozze» mormorò, allungandosi contro di lui. «Le donne locali mi fecero il bagno e mi vestirono per la cerimonia, ricordi?»

Bei ricordi di giorni bollenti, notti tiepide e lunghi, languidi momenti d'amore.

«Come potrei dimenticare?» Lui abbassò la testa per baciarle il collo, ed Ellen sentì il piacere crescere dentro di sé. Poi Max la lasciò andare con un sospiro. «Ho tentato con tutte le forze di resistere.»

Lei non si allontanò. «Perché dovresti?» sussurrò lasciando cadere il telo a terra. «Sono tua moglie.»

Un fuoco verde ardeva negli occhi di lui. Quando la sollevò tra le braccia, Ellen avrebbe voluto dirgli quanto lo amasse, ma lui aveva messo bene in chiaro che non avrebbe apprezzato. Lei temeva che una simile dichiarazione potesse allontanarlo di nuovo e non avrebbe sopportato che Max se ne andasse adesso, quando il suo corpo stava gridando dal desiderio.

Così gli allacciò le mani intorno al collo e seppellì la faccia nella sua spalla, mentre lui la portava verso il letto e la stendeva gentilmente sulle coperte. In un unico, fluido movimento Max si liberò della vestaglia e si allungò di fianco a lei. Puntellandosi su un gomito la guardò, divorandola con gli occhi. Quando abbassò la testa per deporle un bacio gentile su una spalla, lei emise un sospiro. La sua testa arretrò mentre Max faceva scorrere baci lungo la scapola, fermandosi al piccolo incavo alla base della gola.

Ellen chiuse gli occhi e immerse le dita tra i suoi capelli, saggiandone la serica morbidezza, respirando l'aroma della sua pelle umida e calda, l'odore legnoso di spezie che le eccitava i sensi. Affondò contro di lui, cercando con urgenza la sua bocca, e, quando alla fine le loro labbra si incontrarono, l'intero mondo esplose. Ellen si aggrappò a lui, toccando, accarezzando, godendo nella sensazione della pelle sulla pelle, mentre si univano in un groviglio di arti e in un frenetico amplesso che terminò troppo presto.

In un silenzio interrotto soltanto dai loro respiri ansanti, Ellen rotolò via da Max, su di un fianco. Gentilmente, ma con fermezza, lui si allungò e l'attirò a sé, accucciandosi contro la sua schiena e cullando un seno nella mano mentre le baciava il collo. Sorridendo, Ellen chiuse gli occhi e godette della deliziosa sensazione del corpo di Max avvolto attorno al proprio. Era come essere tornata a casa.

Ellen si era addormentata. A un certo punto Max doveva aver ordinato che portassero la cena su un vassoio, perché, quando si svegliò, lui la fece sedere e si imboccarono l'un l'altra con deliziose fettine di carne e frutti immersi in vini dolci. Era una magica, irreale esperienza. Stavano accoccolati sul letto sotto il bagliore delle candele di un singolo candeliere.

Parlarono appena, ed Ellen era consapevole che si trattava di una specie di tregua, ed era felice che almeno per un po' i problemi del passato fossero chiusi fuori da quella stanza.

Poi Max la spinse giù sul letto, e insieme caddero in un sonno profondo. Prima che l'ultima candela si fosse consumata, però, Ellen si agitò. Max era ancora avvolto attorno a lei, ma adesso stava premendo sul suo corpo, duro ed eccitato. La mano sul suo seno la stava accarezzando, il pollice circondava il capezzolo. Si mosse, inquieta, e l'altra mano di Max scivolò sopra il suo fianco. Ellen ansimò quando le dita raggiunsero il centro della sua femminilità e lui iniziò ad accarezzarla, piano dapprima, ma poi sempre più a fondo, più in fretta, finché lei non si dimenò contro di lui, gridando mentre la portava al limite dell'incoscienza. Il suo corpo stava tremando di anticipazione quando Max la fece rotolare sullo stomaco e la sollevò per i fianchi. Poi, in ginocchio dietro di lei sul letto, la penetrò, affondando in profondità nel suo centro. Strinse tra le mani i suoi seni dolenti, poi fece scorrere le dita sul suo stomaco e giù di nuovo tra le sue cosce per accarezzare quel punto tenero, finché lei non gemette dal piacere. Sapeva che Max avrebbe tenuto il desiderio sotto controllo finché non l'avesse portata all'apice. Soltanto allora si lasciò andare e, con un'esclamazione di trionfo, si seppellì in profondità dentro di lei.

Ricaddero sul letto appagati, esausti, e, mentre Max l'attirava contro di sé, lei udì il suo mormorio, morbido contro la pelle. «Mia moglie. La mia duchessa.»

Il mattino dopo, al risveglio, era sola.

Jupiter volò attraverso il parco. Max, curvo sul suo collo, lo spronava, spingendo il cavallo al limite. I cervi che pascolavano pacificamente sulla salita si dispersero spaventati mentre lo stallone nero e il suo cavaliere continuavano la loro corsa a testa bassa.

Cavalcarono verso il promontorio, dove il passo del cavallo rallentò nel salire la collina. Max aveva sperato che una galoppata di mattina presto avrebbe fatto svanire l'eccitazione che provava al pensiero di Ellen, rendendolo così in grado di ragionare lucidamente, ma non aveva funzionato. Non riusciva a dimenticare l'immagine di sua moglie che si alzava nuda dalla vasca, la sensazione di tenerla, fragile e indifesa, tra le sue braccia.

Aveva giurato che non sarebbe caduto di nuovo sotto la sua malia, ma il desiderio l'aveva sopraffatto, selvaggio come sempre. Per poche ore, la notte prima, aveva dimenticato il dolore, la collera e la colpa che l'avevano perseguitato tanto a lungo. Forse aveva torto a ritenerla responsabile di tutto. Forse non era troppo tardi per ricominciare, se solo fosse riuscito a fidarsi di lei. Se lei lo avesse amato.

Fece fermare Jupiter in cima alla collina. La tempesta del giorno precedente aveva reso l'aria più limpida, e le terre che gli appartenevano si stendevano sotto di lui. Rossenhall appariva serena, nel sole del mattino.

Era già sveglia, la sua duchessa? Giaceva ancora fra quelle lenzuola aggrovigliate pensando a ciò che avevano condiviso? No di certo. Non era così pazzo da credere che il suo primo pensiero da sveglia sarebbe stato per lui. Lei sarebbe andata direttamente nella nursery, per assicurarsi che Jamie stesse bene. Non poteva biasimarla, visto che era stato il primo posto in cui era andato, quel mattino.

Ripensò a come avesse osservato quel piccolo monello addormentato, al modo in cui il cuore gli si era stretto alla vista della sua testa arruffata, mentre Matlock lo rassicurava che il signorino non aveva subito danni dall'avventura del giorno prima.

Lui è tutto ciò che ho, Max.

Non poteva dimenticare le parole di Ellen. Avevano riecheggiato nella sua mente quando si era svegliato alle prime luci dell'alba, trovandola ancora addormentata tra le sue braccia. Era scivolato fuori dal letto sapendo che, se fosse rimasto, si sarebbe di nuovo abbandonato al desiderio che continuava a infuriare dentro di lui. Quella notte lei aveva voluto conforto, rassicurazione, ma ciò non significava che lo amasse. Si trattava semplicemente di desiderio, da parte di entrambi.

Fece girare Jupiter e riprese la strada da cui erano venuti, ma c'era l'insistente sospetto, nella sua mente, che non vi fosse niente di semplice nel suo desiderio per Ellen.