3

«Allora, quando avevate intenzione di dirmi che avevo un figlio?» Max sibilò le parole tra i denti, mentre la sua mente lavorava in modo frenetico.

Vedendo il bambino sulle scale gli era tornato con forza alla mente il quadro appeso nel salotto a Rossenhall, quello che ritraeva lui e Hugo da bambini. Lui aveva avuto circa quattro anni. Poi aveva visto gli occhi del piccolo, verdi come smeraldi, e il sospetto era divenuto certezza. Si chiese se lei avrebbe negato.

«No. Sì.» Ellen si portò una mano alla testa. «Sono successe talmente tante cose, questa sera, i miei pensieri erano nel caos.» Trasse un respiro, poi un altro, prima di aggiungere piano: «Se mi avete detto la verità, se siamo davvero sposati, allora Jamie è il vostro erede, Max». Con uno sforzo si costrinse a guardarlo. «Me lo porterete via?»

C'era puro terrore nei suoi occhi mentre formulava quella domanda. Se avesse davvero voluto punirla, si disse Max, ora aveva i mezzi per farlo, e nessuno l'avrebbe biasimato. Aveva ogni diritto di prendere il bambino. Perché esitare? Perché non portare a segno il colpo omicida? Quattro anni di sofferenze ripagate in un istante.

Non poteva farlo.

«Sta a voi» ribatté alla fine. «Il bambino deve stare nella mia casa. Voi siete sua madre. E mia moglie. Potete venire anche voi. Se scegliete di farlo.»

Lei chiuse gli occhi, il sollievo chiaramente visibile in ogni parte del corpo. «Grazie, Max. Ve ne sono davvero grata.»

«Non voglio i vostri ringraziamenti. Se non divorzio da voi è solo per il bene del bambino, non per il vostro.» Con un gesto esperto Max si gettò il mantello sulle spalle. «Discuteremo i dettagli domattina, ma il bambino raggiungerà la mia casa non appena potrò organizzare il viaggio. Con, o senza di voi.»

Max tornò al Granby Hotel, notando appena il vento gelido che frustava attraverso lo Stray, il parco e pascolo pubblico cittadino. Ellen aveva detto di avere la mente confusa, ma la sua confusione non era niente, rispetto alla tempesta che infuriava in lui. Scoprire che sua moglie viveva da vedova ad Harrogate era già abbastanza brutto, ma che lei intendesse nascondergli suo figlio era imperdonabile.

Non sapeva niente di Furnell, l'uomo che lei aveva preso per marito. Lo aveva sposato non appena tornata in Inghilterra e fatto passare il bambino per suo? Max rallentò il passo. La collera iniziale stava svanendo mentre si rendeva conto della delicatezza della situazione. Non c'era modo di evitare uno scandalo. La notizia che era sposato avrebbe sconvolto il ton. Sarebbe stato l'argomento di conversazione principale in ogni salotto del paese, anche se forse non con lo stesso furore di una causa di divorzio. E poi c'era Fred. Cosa avrebbe detto, il suo buon amico, quando avesse saputo di essere stato ingannato per quattro anni?

Si fermò e guardò in alto, verso le stelle, respirando piano. Cosa sapeva, davvero, di sua moglie? Sembrava fosse molto rispettata, ad Harrogate, ma le apparenze potevano ingannare. Era entrata e uscita dalla sua vita più velocemente di una tempesta nel deserto. Si erano sposati dopo appena due settimane dal loro primo incontro, e una quindicina di giorni più tardi lei se n'era andata. Forse lui avrebbe dovuto sforzarsi di più di cercarla, ma era stato riluttante a far sapere a tutti del matrimonio, o della fuga, così le sue domande erano sempre state fatte nel modo più vago. Al diavolo, avrebbe dovuto superare l'imbarazzo e mandare i suoi legali a scoprire che ne fosse stato di lei! Allora, forse, quel triste disastro sarebbe stato evitato.

Adesso doveva agire con cautela, se non voleva trovarsi in una situazione ancora peggiore.

Un'improvvisa folata di vento lo strappò alle sue meditazioni. Stava iniziando a piovere. Si avvolse nel mantello preso in prestito e iniziò a camminare. Fred e Georgie sembravano essere in buoni rapporti con Ellen. Nella mattinata sarebbe andato a trovarli per scoprire tutto ciò che poteva sulla vedova dorata. A quel punto, sarebbe stato più preparato ad agire.

Una notte insonne non portò alcun conforto a Max. Ritrovare sua moglie era stato un colpo, scoprire di avere anche un figlio – un erede – lo aveva quasi distrutto. Al mattino si era ormai riconciliato con l'idea di avere una famiglia, ma doveva stabilire il modo migliore di procedere.

Giunse alla casa affittata dagli Arncliffe in Low Harrogate e trovò i suoi amici ancora a colazione. Si sarebbe ritirato, ma Frederick lo richiamò.

«Vieni a sederti, Max. Abbiamo fatto troppe campagne insieme per far cerimonie. Almeno prendi una tazza di caffè con noi.»

«Sì, vi prego» aggiunse Georgie. «Forse, in vostra compagnia Fred si persuaderà a mangiare un po' di più, stamattina.»

Max sedette al tavolo, facendo vagare gli occhi sulla fila di piatti.

«Lo so, lo so» osservò l'amico in tono allegro. «C'è troppo da mangiare, qui, per Georgie e me, ma non posso evitarlo. Dai tempi di La Coruña mi è sempre piaciuto che la mia tavola abbondasse di cibo. Non che vada sprecato, quello che non mangiano i domestici è offerto ai poveri. Che cosa avremmo dato per vedere una simile colazione, quando stavamo marciando attraverso le montagne della Galizia, eh?»

«Ah, quelli erano tempi difficili» ammise Max.

«Non parliamone.» Georgie rabbrividì. «Non riesco a sopportare di pensare a quanto avete sofferto, braccati per tutta la Spagna dai francesi!»

«Amore mio, è la vita del soldato» le fece notare Frederick. Allungò la mano attraverso il tavolo e prese quella della moglie. «E il nostro Max, qui, mi ha riportato a casa in salvo, anche se con qualcosa in più.»

Max sapeva che si riferiva alla palla di moschetto alloggiata vicino al suo polmone, la ragione del suo cattivo stato di salute. «Mi aspettavo di trovarti alla Sulphur Well» affermò, cambiando argomento.

Ci fu una lieve, ma evidente pausa, poi Georgie spiegò: «Era troppo stanco per fare una camminata così lunga, stamattina».

«Niente di serio» si affrettò a dichiarare Fred, quando Max si accigliò. «Ho trottato troppo, ecco tutto.»

«Quando siamo tornati a casa, ieri notte, riusciva appena a salire le scale per andare a letto» riprese Georgie. «Stamattina non stava meglio, così ho chiamato il dottor Ingram. Ha promesso di passare più tardi.»

Il marito emise uno sbuffo di impazienza. «E lui ti dirà quello che già sappiamo, ossia che devo aspettarmi che le mie condizioni vadano su e giù.» Lanciò un'occhiata a Max. «Georgie biasima se stessa per avermi tenuto fuori fino a tardi, ieri notte, ma che diamine, non voglio starmene seduto a casa come un invalido, in attesa di morire.»

«Forse saresti potuto andare via un po' prima» suggerì Max.

«Quando tutti si stavano divertendo? Mai. Mi fa bene stare tra i miei amici. Ero particolarmente felice di vedere te ed Ellen Furnell andare così d'accordo. Formavate una splendida coppia, sulla pista da ballo. È splendida, non è vero? È la migliore amica di Georgie, sai.»

«Davvero?»

«I nostri figli sono quasi della stessa età, così abbiamo molto in comune» spiegò la moglie.

«Mi fa piacere, perché volevo proprio chiedervi di lei.»

«Perché?» Frederick sollevò lo sguardo del prosciutto che stava spingendo per il piatto. «Sei interessato alla bella Mrs. Furnell? Giuro che la prenderò molto male se abbandonerai mia sorella per la vedova dorata

Max non riuscì a ridere. Sapeva che il suo amico stava scherzando, ma le sue parole toccavano un punto dolente. Come poteva dirgli che era sposato, con la vedova dorata, e che lo era stato per quattro anni? Venne salvato dall'annuncio dell'arrivo del dottor Ingram.

«Così il vecchio segaossa è qui, vero?» Frederick si pulì la bocca e mise giù il tovagliolo. «Lo incontrerò nel salotto, non ha senso che salga di nuovo le scale.» Vedendo che l'amico accennava a congedarsi, lo fermò con un cenno. «No, no, resta qui, Max. Georgie tornerà a farti compagnia in un momento.»

Max osservò la donna affrettarsi ad aiutare il marito a mettersi in piedi. Notò quanto pesantemente lui si appoggiasse alla sua spalla, mentre uscivano con lentezza dalla stanza. Quando lei tornò, pochi minuti dopo, c'era una ruga di ansia sulla sua fronte.

«È divenuto ancora più debole» commentò Max di getto.

«Sì.» Lei sedette al tavolo e si versò un'altra tazza di caffè. Le sue mani tremavano leggermente, ma parlò con sufficiente calma. «La pallottola si è spostata. Non può respirare molto bene, adesso. Il dottor Ingram pensa che si sposterà di nuovo, e la prossima volta potrebbe essere... essere fatale.»

«Non c'è niente che si possa fare? Se è una questione di denaro...»

Lei scosse il capo. «Vi ringrazio, ma no, non aiuterebbe. Se riuscissimo a convincerlo a stare a letto e a non muoversi, questo potrebbe prolungargli la vita, ma lui dice che sarebbe la cosa peggiore. Sta diventando sempre più debole. Il dottor Ingram è convinto che non abbia davanti a sé più di poche settimane.» Frugò in una tasca alla ricerca del fazzoletto. «Quanto a me, sono rassegnata, ma odio pensare che la piccola Charlotte crescerà senza suo padre.»

«Oh, Georgie, mi dispiace così tanto!»

«Vostra Grazia è troppo gentile.»

«Solo Max» la corresse lui, mentre il dolore aggiungeva una punta di impazienza alla sua voce. «Sapete quanto odi le formalità.»

Lei emise una risatina lacrimosa. «Tenterò di ricordarlo. Volevo ringraziarvi per essere venuto ad Harrogate. La vostra compagnia ha rallegrato molto Fred. Lui non ve lo chiederà, ma so che vorrebbe che voi restaste qui fino... fino alla fine.» Si asciugò gli occhi e sorrise coraggiosamente. «È per questo che ero così contenta di avervi al ballo, ieri sera. Sembravate molto preso da Ellen Furnell, e speravo che lei potesse incoraggiarvi a prolungare la visita.»

Max si accigliò. «Se resto ad Harrogate, sarà per voi e Fred. Tuttavia voglio chiedervi di Mrs. Furnell.» Vide l'improvviso sollevarsi delle sue sopracciglia e aggiunse in fretta: «Per favore... non fatemi domande, Georgie, non ancora. Ditemi solo cosa sapete di lei».

«Non molto, in realtà. Era già qui da qualche anno, quando Fred e io arrivammo ad Harrogate. Entrammo quasi subito in confidenza, a causa dei bambini.» Georgie sorrise. «Mi piace molto, è stata così gentile con Fred e me. Oh, so che la chiamano la vedova dorata, un soprannome alquanto frivolo, ma è molto rispettata. È ammirata da tutti e dona con generosità per le buone cause.»

«Un modello di virtù, in poche parole.»

«Sembrate disapprovare, ma vi assicuro che non ho mai visto una traccia di artificio, o di cattiva educazione, in lei. Da quando ci siamo trasferiti qui, Ellen è sempre stata una buona amica, e solo il cielo sa se ne ho bisogno.»

«Sì, certo, vi chiedo perdono. Sapete niente di suo marito?»

«Era già vedova quando arrivò, credo, e il suo bambino è nato qui. È un po' più grande della mia Charlotte, compirà quattro anni in autunno.»

Il suo bambino. Il mio bambino. Qualcosa di poco familiare colpì Max nelle viscere, sorprendendolo per la sua violenza.

«Vostra Grazia? Va tutto bene?»

Max vide l'innocente interrogativo negli occhi di Georgie e capì che era tempo di dirle la verità.

Ellen rifiutò con un cenno i biscotti appena sfornati che Snow le stava offrendo. Aveva passato una notte insonne nel tentativo di trovare una soluzione agli orrori che la incalzavano. L'arrivo di Max aveva ribaltato il suo mondo. Avrebbe fatto esaminare di nuovo i registri militari dai suoi legali, ma in cuor suo non dubitava che ciò che le aveva detto fosse la verità, e che lui fosse infelice quanto lei della situazione.

Il rimorso la faceva soffrire. Se gli avesse creduto, adesso avrebbero potuto vivere felicemente insieme, ma ormai era troppo tardi. Lei aveva ucciso il suo amore, era una consapevolezza con cui doveva venire a patti. E doveva affrontare anche il futuro, che non appariva molto brillante, ma era pur vero che molte coppie si univano in matrimoni privi d'amore. Sarebbe sopravvissuta. Almeno non le avrebbe tolto Jamie... Quella doveva essere la sua consolazione.

Guardò l'orologio. Tra poco Max sarebbe arrivato e allora avrebbe conosciuto il proprio destino. Molto probabilmente lei e Jamie sarebbero stati condotti in una delle sue tenute, dove avrebbero vissuto reclusi, mentre veniva annunciata la sconvolgente notizia. Senza dubbio avrebbe causato un trambusto. A un certo punto sarebbe stata presentata a Corte come la nuova Duchessa di Rossenhall e avrebbe dovuto affrontare i commenti maliziosi e le chiacchiere. Conosceva abbastanza il mondo, però, da essere sicura che alla fine la sua storia sarebbe stata eclissata da un altro scandalo, e lei sarebbe riuscita ad andare avanti con la sua vita.

Ma quale vita? Max era stato il suo primo e unico amore. C'erano stati molti pretendenti, la maggior parte preoccupati solo della sua fortuna, ma nessuno di loro aveva toccato il suo cuore. Aveva sviluppato una corazza protettiva, finché non si era innamorata del maggiore Max Colnebrooke e aveva abbandonato tutte le difese. Aveva pensato che lui l'amasse per se stessa. Non gli aveva menzionato la sua immensa fortuna e, sebbene lui le avesse detto di essere il fratello minore di un duca, le loro rispettive origini erano parse poco importanti, un mondo a parte rispetto alla realtà del loro amore sotto il cielo del deserto.

Ellen aveva amato Max dal primo momento in cui lo aveva visto e lo aveva sposato senza pensarci due volte. Se il matrimonio era valido, allora tutto ciò che possedeva adesso apparteneva a suo marito. Anche suo figlio. Doveva far pace con il duca, per il bene di Jamie.

Udì il colpo del battente e con attenzione abbassò la tazza mezza piena di caffè. Era arrivato il momento. Snow aveva l'istruzione di accompagnare il duca nel salotto, e lei andò a raggiungerlo, fermandosi un momento fuori della porta per sistemare l'abito e trarre un profondo respiro.

Max era in piedi di fronte al caminetto. Stava fissando imbronciato il tappeto e, quando sollevò lo sguardo, la sua espressione non mutò. Le formalità e le buone maniere, tuttavia, dettavano come lei si dovesse comportare. Sprofondò in un inchino.

«Vostra Grazia.» Silenzio. «Non volete sedere?» Ellen prese posto su una poltrona e intrecciò le mani in grembo, tentando di apparire composta. «Devo dirvi quanto... rimpianga... l'equivoco che c'è stato tra noi.»

«Ah! Così lo chiamate? Inganno è più appropriato.»

Lei lo ignorò. «Voglio essere chiara con voi, Vostra Grazia. Dirvi la verità.»

«Davvero? Senza dubbio sarà una novità, per voi, madam

Ellen sussultò al suo sarcasmo. «Non vi ho mai mentito e non lo farò adesso» pronunciò con calma. «Non è mai esistito un Mr. Furnell. Non mi sono mai sposata. Quando ho scoperto di portare in grembo vostro... nostro figlio, ho deciso di fingermi vedova.»

Lui le guardò le mani. «E l'anello che vi ho comprato... l'avete gettato, venduto, forse?»

«No. È nella mia scatola dei gioielli.»

Ellen pensò al pesante anello d'oro che le aveva donato, inciso con caratteri arabi che lei non sapeva leggere, ma che le aveva detto significassero: Io ti amo.

Attraversando il Mediterraneo sulla fregata francese, aveva pensato più di una volta di gettarlo in mare, ma l'aveva tenuto, aggrappandosi alla speranza che quando fosse tornata in Inghilterra sarebbe riuscita a provare che lui non le aveva mentito, che era davvero l'uomo che sosteneva di essere. Una volta che le sue ricerche si erano concluse, e i suoi legali le avevano detto che il maggiore Max Colnebrooke non poteva essere stato in Egitto, quell'inverno, Ellen sapeva già di essere incinta e aveva messo da parte l'anello. Era l'unico dono che possedeva del padre di suo figlio. Guardò la semplice fede d'oro al proprio dito. «Ho pensato che questo fosse più adatto a una rispettabile vedova inglese.»

«Una vedova inglese molto ricca.»

Ellen sollevò gli occhi al suo volto, e lui proseguì.

«Sostenete di non avermi mai mentito, ma ammetterete di aver omesso di informarmi dell'estensione della vostra fortuna. L'ho scoperto solo quando ho iniziato a cercarvi in Inghilterra.»

«Tuttavia, pur con tutta la mia fortuna, non sono considerata una consorte adatta a un duca» osservò lei con amarezza.

«Un uomo vuole una moglie di cui fidarsi!»

Ellen sussultò. «Vi ho ferito profondamente, non è vero, Max?» domandò a bassa voce.

«Più di quanto possiate immaginare, madam

Lei chinò la testa e per un momento ci fu solo silenzio.

«E i vostri familiari?» volle sapere lui. «Anche loro sono complici di questo sotterfugio?»

«Solo la mia matrigna ne è al corrente, ma è legata al segreto.»

«È sposata a un Arrandale, quindi è abituata agli scandali e agli intrighi.»

La testa di Ellen scattò all'insù. «Dimenticate, milord, che fino a ieri pensavo che mi aveste imbrogliata, che il mio bambino fosse nato fuori del vincolo nuziale. Lady Phyllida comprese subito che avrei voluto rifarmi una vita. Quanto alla famiglia di mio padre, quando apprese della mia disgrazia, interruppe all'istante ogni rapporto con me.»

«Sì, ho mandato i miei uomini dai Tatham nel tentativo di trovarvi, ma invano. Certo, non sapevano che c'era il Duca di Rossenhall dietro quelle domande.»

«Non avrebbe fatto differenza. Io non ho mai detto loro dove trovarmi.»

«Ed è per questo che avete scelto Harrogate, per essere il più lontano possibile da chiunque conoscevate?»

«In parte. Ricorderete che stavo viaggiando con una compagna, Mrs. Ackroyd. Quando tornammo in Inghilterra, era ammalata. Il clima orientale aveva minato la sua salute, e le fu consigliato di passare le acque. Avevamo entrambe troppe conoscenze, a Bath e a Tonbridge Wells, così decidemmo di recarci ad Harrogate. Mettemmo su casa insieme e lei rimase con me per dodici, felici mesi.» Ellen terminò con un sospiro, desiderando che la sua cara amica fosse con lei, in quel momento. Aveva terribilmente bisogno di appoggio.

«Ricordo molto bene Mrs. Ackroyd» replicò il duca. «Era una donna intelligente ed educata. Vi prego di accettare le mie condoglianze per la vostra perdita, madam

«Cosa? Oh, no!» Anche in quella situazione, Ellen non riuscì a trattenere un sorriso. «Non è morta, vedete. Ha solo ripreso a viaggiare. Grecia e Turchia, questa volta.»

Vide le labbra del duca fremere. Dunque non aveva perduto del tutto il suo senso dell'umorismo. Le sue successive parole, tuttavia, la misero di nuovo in guardia.

«Vivete senza chaperon» osservò.

«Non ne ho bisogno.»

«No, sarebbe una sfortunata limitazione alla vostra libertà, vero?»

«Vivo con i miei domestici e mio figlio» ritorse lei, ruvida. «Se dovessi comportarmi in modo indecoroso l'intera città lo saprebbe nel giro di pochi giorni.» Ellen si alzò. «Ora, se è tutto quello che avevate da dire, vi prego di scusarmi. Senza alcun dubbio vorrete portarmi via da qui il prima possibile, e io ho molto da fare.»

«C'è un cambiamento nei piani.»

Ellen raggelò. Quell'uomo stava per prenderle Jamie. Aveva deciso di divorziare da lei, trascinare il suo nome davanti alla Corte, esporla al ridicolo e alla vergogna, prima di bandirla dalla vita di suo figlio per sempre.

«Non possiamo lasciare subito Harrogate» riprese lui.

Intontita dal sollievo, Ellen tornò ad affondare nella poltrona, mentre Max proseguiva. «È necessario che mi fermi qui ancora per alcune settimane. Voi continuerete a vivere in questa casa, e io starò al Granby. Saremo costretti a incontrarci, certo...»

«Aspettate» lo interruppe lei. «Non capisco. L'altra notte eravate impaziente di lasciare Harrogate.»

«Non avevo ancora riflettuto bene.» Lui andò alla finestra e fissò fuori. La sua robusta figura bloccava la luce e faceva cadere un'ombra sopra Ellen. «Frederick Arncliffe sta morendo» aggiunse poi. «Ho dato la mia parola che resterò qui fino alla fine.»

Lei annuì piano. «Lo capisco, Vostra Grazia, ma una volta che la nostra situazione sarà resa nota, la vita, qui, diventerà molto difficile.»

«La nostra situazione, come la chiamate, dovrà rimanere segreta.»

«Cosa?»

Lui girò sui tacchi. Con la luce alle spalle Ellen non poteva vedere la sua espressione, ma il tono della voce era duro e freddo come l'acciaio. «Dobbiamo fingere di essere semplici conoscenti» decretò lui.

«Pensate che possa incontrarvi in società come se niente fosse?»

«Potete, madam, e lo farete.»

«Non lo farò.» Adesso Ellen era in piedi. «La notizia del nostro matrimonio deve essere resa pubblica, è inevitabile. Sono pronta a subirne le conseguenze, a essere ridicolizzata sui giornali, ma pensate al putiferio che scoppierebbe, se si scoprisse che stiamo fingendo di essere degli estranei. Non resterò qui a farmi umiliare.»

«Non accadrà, se reciterete bene la vostra parte.»

«Siete davvero convinto che la verità possa essere nascosta? Una scivolata, una parola sbagliata, e i pettegolezzi inizieranno a infuriare. No, Vostra Grazia, dichiarate che siamo marito e moglie... bene, così sia. Dobbiamo dire la verità, costi quel che costi, ma non reciterò la vostra commedia.»

Lei si girò, ma in due passi lui attraversò la stanza e la afferrò, tirandola bruscamente indietro. «Non è un gioco, madam

Le parole erano poco più di un ringhio e mandarono un brivido lungo la schiena di Ellen. Era così vicino, torreggiante sopra di lei, e la consapevolezza crepitò tra di loro. Il sangue pulsò nelle sue vene, e lei sentì il potere di quell'uomo, la capacità che aveva di scacciare ogni pensiero coerente dalla sua testa. No. Non gli avrebbe permesso di dominarla di nuovo. Un estremo sforzo di volontà le permise di incontrare i suoi occhi. «Non vedo motivo per la segretezza» ribadì. «Sarebbe intollerabile vivere in una simile menzogna.»

«Sto cercando di proteggere un uomo morente!»

Max non aveva inteso arrivare a tanto, ma lei lo aveva spinto troppo in là. Vide i suoi occhi spalancarsi per la sorpresa e il fuoco combattivo nelle profondità azzurre fu rimpiazzato da un'espressione sconcertata... e da qualcosa di più morbido, che gli ricordò la calda, generosa donna che aveva conosciuto nel deserto.

Che pensava di aver conosciuto.

Bruscamente la lasciò andare e tornò accanto alla finestra, fissando fuori, attraverso lo Stray. La gente stava passeggiando, imbacuccata, combattendo contro il vento che sembrava non placarsi mai, nemmeno in estate.

«Cos'ha a che fare, questo, con Frederick Arncliffe?» domandò lei a bassa voce.

Max sapeva che se voleva il suo aiuto avrebbe dovuto dirle la verità. «Fred e io siamo amici fin dall'infanzia. Ci siamo arruolati insieme, abbiamo combattuto insieme. Eravamo nella Penisola, ci stavamo ritirando da La Coruña quando Fred fu colpito dalla pallottola di moschetto che è ancora nel suo polmone. Non ci fu tempo di trovare un chirurgo, così lo curai alla meglio e in qualche modo lo portammo su una della navi in partenza per l'Inghilterra. Dovevo fare di più, per lui. Fu colpa mia se venne colpito dalla pallottola.»

Con la mente ripercorse gli ultimi quattro anni della sua vita. Ogni momento, da quando Ellen lo aveva lasciato, era stato pieno di dolore, colpa e inevitabile dovere.

«Non capisco» mormorò lei. «Cosa ha a che fare, questo, con me?»

«Quando mio fratello morì, cadendo da cavallo, l'anno scorso, e io divenni duca, la mia famiglia e gli amici si gettarono con entusiasmo nel compito di trovarmi una moglie.» Max si girò a guardarla. «Non ho mai detto a nessuno del nostro matrimonio, capite. Il mio orgoglio non me lo permetteva. Mi sentivo un tale stupido ad aver sposato una donna di cui non sapevo niente e che mi aveva abbandonato per passare al nemico. Sopportai le loro allusioni e gli scherzi, il costante pararmi davanti giovani signore. Ignorai tutto ed educatamente, ma con fermezza, evitai di mostrare interesse per ogni donna. Poi Fred si mise in testa che la sua sorella minore Clare fosse la sposa ideale per me. Pensava fosse la soluzione perfetta, visto che sembravo così contrario al matrimonio. Le persone avrebbero smesso di cercare di trovarmi una moglie, e sua sorella e la madre vedova sarebbero state al sicuro, quando lui se ne fosse andato. Avrei dovuto rifiutare l'idea dal principio, ma ciò avrebbe significato dirgli la verità, e non riuscivo a costringermi a farlo. Come potevo spiegare al mio miglior amico, un uomo che mi è più vicino di quanto sia mai stato mio fratello, che mi ero sposato e non glielo avevo detto?» Vide la preoccupazione negli occhi di lei e si affrettò ad aggiungere: «Clare non ha mai rischiato di credere a questa sciocchezza, e neppure sua madre, o Georgie. Noi tutti pensammo che, essendo Fred così malato, fosse meglio non agitarlo. Con il passare del tempo, però, questa idea si è fissata sempre più nella sua mente. Gli ho promesso che mi sarei occupato di Clare e lo farò, anche se non come marito».

«Capisco che sia una situazione difficile» convenne Ellen. «Comunque, sono sicura che quando tutto sarà spiegato...»

«No.» Max scosse il capo. «Fred non dovrà mai sapere che sono sposato.»

Lei si morse il labbro. «Ho vissuto nella menzogna per quasi quattro anni, Vostra Grazia. Non voglio aggiungere altri inganni. Vi prego di lasciarmi portare via Jamie. Possiamo vivere in una delle vostre proprietà, mentre voi restate ad Harrogate. In questo modo non ci sarebbe bisogno di dir niente che possa agitare il vostro amico.»

«Pensate non abbia preso in considerazione una soluzione del genere?» ribatté Max, la voce colma di impazienza. «Non funzionerebbe. Sono andato dagli Arncliffe, stamattina, e ho appreso che voi e Georgie avete almeno tre impegni in comune, la prossima settimana. È la vostra migliore amica. Frederick si aspetterebbe che voi le diceste che state lasciando la città. Non è uno sciocco, ha già rimarcato quanto abbiamo danzato bene insieme, l'altra sera. Potrebbe arrivare ad avvicinarsi alla verità.»

Ellen emise uno sbuffo di impazienza. «È anche più probabile che lo faccia, se ci vedesse agire come estranei. Non sono un'attrice e non prenderò parte a questa ridicola farsa.» Attraversò la stanza e tirò la corda del campanello. «Jamie e io lasceremo Harrogate domani. Posso dire che affari urgenti mi hanno chiamato lontano. Cosa direte ai vostri amici, spetta a voi, ma lasciate che sia chiara. Non resterò qui.»

«Siete mia moglie, madam, e dovete fare come vi ordino.»

«Devo?»

Gli occhi azzurri si incatenarono a quelli di Max, e lui vide il caparbio sollevarsi di quel mento delicato e comprese che lo avrebbe sfidato.

Ellen continuò con voce dura: «Potete essere un duca, adesso, ma, a meno che non abbiate un certificato di matrimonio con voi, il magistrato avrebbe solo la vostra parola contro la mia, e la faccenda non si risolverebbe senza uno scontro caotico e molto pubblico, il che è esattamente ciò che volete evitare». I suoi occhi si spostarono alla porta, mentre il maggiordomo entrava. «Snow vi accompagnerà. Al momento non ho ancora idea di dove andrò, ma vi assicuro che vi terrò informato.»

Con il maggiordomo come testimone, Max fu incapace di replicare. La lasciò, senza più di un cenno di saluto, rendendosi conto che lei aveva vinto il primo incontro di quella che si preannunciava una lunga battaglia.

Ellen non si mosse, mentre lui lasciava la stanza. Rimase in piedi finché non udì il tonfo leggero della porta di ingresso. Soltanto allora si lasciò cadere sulla sedia più vicina. Stava tremando e avrebbe voluto scoppiare in lacrime, ma non c'era tempo di soccombere a simili debolezze. C'era troppo da fare. Una piccola voce ribelle le sussurrava che sarebbe potuta fuggire, mettere su casa per sé e Jamie in un'altra città, sotto un altro nome, ma non aveva dubbi che Max le avrebbe dato la caccia. Non per lei, ma per Jamie e, se lo avesse provocato troppo, avrebbe anche potuto toglierle il bambino.

Si alzò e scosse le gonne con mani che non erano del tutto ferme. Avrebbe portato Jamie in un posto in cui non erano conosciuti e lì avrebbe aspettato le istruzioni del duca.

Più di un'ora dopo si trovava nella stanza del mattino, intenta a scrivere un altro messaggio di scuse per essere costretta a cancellare un impegno, quando Snow annunciò la visita di Mrs. Arncliffe. Il suo cuore sprofondò, alla vista di Georgie. «Ve l'ha raccontato» pronunciò con voce atona.

«Sì, Vostra Grazia.»

«Ti prego, non chiamarmi così. Siamo amiche, o lo eravamo, fino a ora.» Ellen giunse le mani. «Devi pensare molto male di me, se Max ti ha raccontato come l'ho abbandonato.»

Non c'era altro che simpatia, negli occhi di Georgie, quando replicò: «Mi ha detto soltanto che c'era stato un equivoco».

«Davvero?» Ellen era sorpresa. «È vero, ma inizio a pensare che sia stato solo da parte mia.»

«Sono sicura che avessi le tue buone ragioni.»

«Lo pensavo, all'epoca.» Ellen trasse un profondo respiro. «Ero convinta che Max mi avesse imbrogliato... che lui fosse un impostore, e le nozze una messinscena. Così nascosi la mia disgrazia, assunsi un altro nome e venni qui per vivere tra voi come una vedova. È stato sbagliato da parte mia ingannarvi così, e ti chiedo perdono per averlo fatto.»

«Immagino avrei fatto lo stesso, al tuo posto.»

Ellen riuscì a fare un sorriso. «Non sai quanto sia felice di sentirtelo dire. Non vuoi sederti?»

«Grazie.»

Ellen fu contenta che l'amica scegliesse di sederle vicino, come aveva fatto sempre. Come se la loro amicizia fosse ancora intatta.

«Dovevo venire» riprese Georgie a bassa voce. «Max mi ha detto che stai progettando di andartene.»

«Penso di doverlo fare.» Ellen guardò verso il piccolo scrittoio. «Stavo per scriverti un messaggio, annullando la nostra passeggiata per questo pomeriggio. Sono sicura che capirai che c'è molto da fare.»

«Sono venuta a domandarti... a pregarti di non partire.» Gli occhi di Georgie, oscurati dalla tristezza, guizzarono sul volto di Ellen. «Non ho alcun diritto di chiedertelo, ma tu stessa hai detto che siamo amiche, ed è come amica che sono qui. Max è venuto a trovarmi, ad avvertirmi.» Sospirò. «Sai com'è Harrogate, Ellen. I tuoi balli con il duca sono già sulla bocca di tutti, in città. Se te ne andrai adesso, a pochi giorni dal tuo ritorno, è probabile che ci saranno speculazioni. La gente farà pettegolezzi, la somiglianza tra Jamie e il duca potrebbe essere notata... sarebbe impossibile tenere tutto nascosto a Fred e, se lui lo chiedesse a Max direttamente...» Si interruppe, mordendosi il labbro. «Fred ama il duca come un fratello. Sarebbe sconvolto nell'apprendere che gli ha nascosto un simile segreto.» Cercò il proprio fazzoletto. «Temo che la prenderebbe molto male.»

Ellen si allungò e le toccò il braccio. «Oh, mia cara...»

«È stato un errore lasciare che Fred credesse che Max avrebbe sposato Clare, ma, vedi, gli dava un tale conforto il pensiero che la sua sorellina si sarebbe sistemata quando lui non sarebbe stato più qui a badare a lei! Nessuno di noi pensava che ci fosse qualcosa di male ad assicurare la serenità a un uomo in fin di vita. E lui è in fin di vita, Ellen. Hai visto quanto era stanco e stremato, l'altra notte.» Georgie si asciugò una lacrima dalla guancia. «Oggi è venuto il dottor Ingram e ha detto che non durerà molto a lungo.»

«Mi dispiace tanto, Georgie, ma...»

«Per favore, Ellen, lascia che ti spieghi perché ti chiedo una cosa simile. Credimi, non lo faccio con leggerezza. Fred ti è molto affezionato e prenderebbe male la tua partenza. Si preoccupa per me, vedi, e dice molto spesso che è felice che io avrò al fianco un'amica come te ad aiutarmi ad affrontare i momenti bui che verranno. Inoltre Max teme che se Fred scoprisse che lo ha ingannato per tutti questi anni, ne avrebbe il cuore spezzato. Di certo la loro amicizia sarebbe rovinata, il che sarebbe triste, perché non c'è tempo per ricostruire la fiducia che è sempre esistita tra loro. E inoltre, se tu restassi qui come Mrs. Furnell e incontrassi il duca, Fred vedrebbe con i suoi occhi che Max e Clare non sono una coppia adatta. Non si aspetterebbe che il duca la sposasse, se il suo cuore fosse impegnato altrove.» Georgie si fermò un istante per riprendersi. «Ellen, so quanto te che Harrogate sarà scandalizzata quando la verità uscirà, e capisco che tu non voglia vivere nella menzogna» aggiunse poi, «ma... Sarebbe molto duro, per te, sostenere questa finzione soltanto un po' più a lungo?»

Ellen guardò negli imploranti occhi ansiosi fissi su di lei e sentì la determinazione indebolirsi. Abbassò lo sguardo sulle proprie mani unite, sulla semplice vera d'oro, il simbolo delle sue bugie.

«Molto bene» dichiarò alla fine. «Tu e Fred siete stati dei così buoni amici, per me, che non posso rifiutare.» Sollevò la testa. «Ti ho dato la mia parola che sarei stata qui, quando avresti avuto bisogno di me, non è vero? Ebbene, onorerò quella promessa.»

Poté quasi vedere il peso sollevarsi dalle spalle di Georgie. «Oh, Ellen, grazie! Temevo che potessi disprezzarmi, sapendo ciò che abbiamo fatto.»

«Disprezzarti?» Ellen scosse il capo. «Come posso biasimare te e il duca per aver tentato di non dispiacere a tuo marito, quando sono stata colpevole di un inganno molto maggiore? No, no, dobbiamo farlo per il bene di Frederick, lo capisco.» Si allungò a prendere le mani di Georgie nelle proprie. «Adesso va' a casa. Si sta facendo tardi. Penso che dovremmo comunque rinunciare alla passeggiata di questo pomeriggio, ma domattina devi mandare Charlotte a giocare con Jamie, come al solito.»

«Certo, e tu devi prendere il tè con me, domani pomeriggio, come facciamo ogni domenica.»

Quando entrambe si furono alzate, Georgie abbracciò l'amica. «Come potrò mai ringraziarti?»

«Restando mia buona amica» rispose Ellen ricambiando l'abbraccio. «Avrò bisogno del tuo appoggio. Inoltre, potresti riferire a Max la mia decisione?» Fece un sorriso mesto. «Confesso che il mio orgoglio si ribella all'idea di informarlo che ho cambiato idea.»