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Mentre attraversavamo a gran velocità l'Île d'Orléans, raccontai a Ryan il mio colloquio con Claudine e quello con Obeline.

«Allegra come situazione.» Sembrava impressionato. «Il marito traffica con i filmetti sporchi. La sorella ha fatto del bondage.»

«A sentire Obeline, ogni mio sospetto è infondato, David è del tutto innocente e, al contrario, ha aiutato alcune di quelle ragazze. Ricordi la nostra conversazione con Kelly Sicard?»

«E secondo lei, allora, chi è il colpevole?»

«Un ex dipendente di suo suocero.»

«Chi?»

«Non conosce o non ha voluto rivelare il nome. Dice che David lo ha licenziato. Il fatto è che qualcuno ha ucciso delle ragazze e l'unico collegamento che abbiamo è Bastarache: non possiamo ignorarlo.»

Ryan svoltò su una rampa. Una breve discesa, una decelerazione, poi l'Impala balzò in avanti: eravamo sulla 20. Smisi di parlare e lasciai che si concentrasse sulla strada.

Mentre l'auto divorava l'asfalto, la mia mente vagò tra gli eventi delle ultime ventiquattro ore. David Bastarache. Kelly Sicard. Claudine Cloquet. Quel cadavere fradicio e rigonfio che era Claire Brideau.

Harry. Oggi era mercoledì. Non la vedevo da domenica sera. Non avevo sue notizie da quando aveva chiamato il mio cellulare lunedì mattina.

Le immagini si susseguivano a catena, come auto in coda a passo d'uomo. Evangeline legata. Una ragazza su una panchetta. Claudine, tragedia vivente. L'adolescente di razza mista recuperata dal Lac des Deux Montagnes.

Forse Evangeline lavorava ancora nell'industria del porno? Poteva essere quello il segreto che sua sorella faceva di tutto per non rivelare?

Spezzoni di dialoghi risuonavano all'infinito nella mia testa. La Sicard che parlava dell'anonimo Pierre. Scopata da un tale in perizoma con dei mocassini indiani infilati ai piedi. Il commento di Bastarache. Ero alle prese con l'algebra quando questa qui faceva la principessa indiana.

Ennesimo colpetto sulla spalla da parte del mio Es.

Bastarache sapeva che il video della ragazza seduta aveva qualche anno. Le riprese erano state fatte in casa sua. Doveva essere coinvolto. Oppure non lo era? Quanti anni aveva allora? Qual era il suo ruolo negli affari di famiglia?

L'Es continuò a battermi imperterrito sulla spalla.

Il cervello umano è strabiliante. Sostanze chimiche. Elettricità. Liquidi. Citoplasma. Mettici il giusto cablaggio e funziona. Nessuno sa veramente come.

Ma a volte le parti del cervello si comportano come enti governativi: serrano i ranghi per preservare le loro conoscenze particolari. Encefalo. Cervelletto. Lobo frontale. Corteccia motoria. Talvolta ci vuole un catalizzatore per indurli ad aprirsi.

Negli ultimi giorni, i miei neuroni avevano ingoiato, ma non completamente digerito, un'intera dispensa di dati. Improvvisamente, però, qualcosa si mosse. I miei centri inferiori contattarono quelli superiori. Perché? L'acchiappasogni di Claudine Cloquet.

«E se Obeline stesse dicendo la verità?» Domandai raddrizzandomi sul sedile. «E se il nostro pervertito fosse il tizio che lavorava per il padre di Bastarache?»

«Come no.»

«Quando Harry e io eravamo a Tracadie, Obeline nominò un ex dipendente del suocero. Disse che suo marito l'aveva licenziato e che la separazione non era stata amichevole.»

Ryan non commentò.

«Questo ex dipendente aveva progettato la capanna sudatoria in seguito convertita in gazebo. Andava pazzo per l'arte indigena. Panchette intagliate. Totem.» Feci una pausa enfatica. «Kelly Sicard ha detto che Pierre le fece mettere dei mocassini indiani. E qual è stato il commento di Bastarache, quando gli hai mostrato la foto della ragazza sulla panchetta?»

«Che giocava a fare la principessa indiana.» Capiva dove volevo arrivare.

«Non c'era niente in quell'immagine a suggerire un tema nativo americano. E i film che la Sicard ha elencato? Pensa ai titoli.»

«Porcahontas. Succhiami il totem. Figlio di puttana.»

«Claudine ha un acchiappasogni. Mi ha detto di averlo ricevuto dall'uomo con cui viveva prima che Obeline la portasse con sé. E se l'"agente cinematografico" amico di Cormier, questo Pierre, fosse lo stesso tizio licenziato da Bastarache? Lo stesso che aveva con sé Claudine?»

Ryan stritolò il volante. «Allora Bastarache come entra nel quadro?»

«Non ne sono sicura.» Cominciai a buttare lì qualche idea senza rifletterci veramente. «David è un ragazzino. Vede girare filmetti porno in casa sua. Non lo sopporta e giura di porre fine alla cosa nel momento stesso in cui il suo vecchio tirerà le cuoia.»

Ryan ci rimuginò su.

«Claudine come lo chiamava quel verme?»

«Non ha saputo dirmi il nome. O non ha voluto.» Gli raccontai del gioco «finire le parole». «Per lei le parole si dividono in piatte e storte. A quelle piatte aggiunge una "o", a quelle storte no. Non è una cosa logica. Sono solo l'aspetto della sua peculiare mappatura cognitiva. Ha detto soltanto che il tizio era cattivo: "mal-o".»

Gli occhi di Ryan si assottigliarono meditabondi. Poi aggiunse un'altra voce alla mia lista di «e se».

«E se "mal" fosse una parola storta? Una che non si può finire?»

«Allora non puoi aggiungerci una "o".»

«Esattamente.»

Vidi dove voleva arrivare. «E se invece fosse un nome? Malo.» Le mie cellule nervose si eccitarono. «Pierre Malo.»

Ryan stava già prendendo il cellulare. Gli sentii chiedere a qualcuno di lanciarsi in una ricerca.

Viaggiammo in direzione ovest, immersi in un mare di auto. Guardai i tubi di scappamento, la luce del sole sui bagagliai e sui tetti. Masticai una pellicina.

Avevamo lasciato Quebec City da un'ora quando il suo telefono squillò di nuovo.

«Ryan.»

Pausa.

«Où?» Dove?

Pausa.

«Merda!»

Ci fu un'ultima interruzione, più breve, poi Ryan chiuse il telefono e lo buttò sul cruscotto.

«Che cosa è successo?» domandai.

«Hanno perso Bastarache.»

«Come?»

«Il bastardo si è fermato in una zona di ristoro. È entrato nel ristorante e non è più uscito.»

«Ha abbandonato la Mercedes?»

Annuì. «Qualcuno è andato a prenderlo oppure ha chiesto un passaggio.»

Condivisi il sentimento di Ryan. «Merda.»

Qualche minuto dopo fu la volta del mio telefono.

Avevo dormito meno di sette ore negli ultimi due giorni. Andavo avanti a brevi sonnellini e pura adrenalina. Ciò che accadde fu colpa mia.

Guardando il nome del chiamante, provai un improvviso sollievo. Seguito da un moto di rabbia.

Spinta da quest'ultimo, premetti il tasto di ricezione senza dire niente.

«Ci sei, sorellona?»

«Sì.» Gelida.

«Sei irritata.» Harry, campionessa mondiale di eufemismo. «So che cosa stai per dire.»

«Dove diavolo eri finita?»

«Sissignora. Proprio questo. Posso spiegare.»

«Non disturbarti.»

«Volevo farti una sorpresa.»

Quante volte avevo sentito queste parole?

Il cellulare di Ryan squillò di nuovo. Rispose.

«Chi è?» chiese Harry.

«Che vuoi?»

«Prima che tu impazzisca di rabbia, lascia che ti dica che cosa ho scoperto.»

«Perché non mi dici dove sei stata?»

«Toronto. Ho parlato con Flan O'Connor. Ho ottenuto qualche informazione interessante.»

«Hai da scrivere?» domandò Ryan, in quel momento, senza staccare il telefono dall'orecchio.

Dissi a Harry di aspettare.

«Dove sei?» mi chiese, mentre appoggiavo il cellulare sul cruscotto.

Tirai fuori carta e penna dalla borsa.

«13 Rustique.»

Annotai l'indirizzo che Ryan ripeteva.

Mentre finivo, la voce di Harry ronzava dal mio cellulare. La ignorai.

«Pierrefonds, poi Cherrier. A sinistra circa un chilometro e mezzo dopo la Montée de l'Eglise.» Ryan mi interrogò con lo sguardo. Rilessi le indicazioni ad alta voce.

«Sotto i campi da golf e la riserva naturale. Ho preso nota.» Chiuse la comunicazione.

«Pierre Malo vive fuori Montréal?» domandai, scrivendo l'ultima parte delle coordinate.

Ryan annuì.

«Santo cielo. Sarà il posto descritto da Kelly Sicard.»

«Probabile.»

«Ricordi con che tono Bastarache ci ha urlato di guardare dietro casa nostra?»

«L'avevo interpretato come un modo per dirci "'fanculo".»

«A sentire Obeline, Malo e suo marito avevano un qualche tipo di accordo d'affari. Ha detto che avevano bisogno l'uno dell'altro. Credi che Bastarache potrebbe incontrarsi con Malo?»

«Era diretto a Montréal.»

Rilessi le indicazioni.

«Quale riserva naturale?»

«Bois de l'Île-Bizard.»

Sentii chiudersi la gola.

«La rampa!»

«Che cosa?» Ryan cambiò corsia per sorpassare una Mini Cooper.

«L'analisi delle diatomee della Suskind ha messo in relazione il corpo del Lac des Deux Montagnes con la rampa per le barche del Bois de l'Île-Bizard.»

«Sei sicura?»

«Sì!»

«Quella rampa è praticamente dietro la casa di Malo.» I muscoli della mascella di Ryan si contrassero, poi si rilassarono.

Un pensiero terribile. «Se Malo è in qualche modo arrivato a Phoebe Quincy tramite Cormier, come già era accaduto per Kelly Sicard, potrebbe tenerla laggiù.»

Un fischio acuto provenne dal mio cellulare.

Avevo dimenticato che Harry era sempre in linea.

«Ehi!»

Presi il telefono. «Devo andare ora.»

«Davvero avete capito chi ha portato via la ragazzina?» Sembrava eccitata almeno quanto me.

«Non posso parlare adesso.»

«Senti, so che sei arrabbiata. Sono stata imprudente. Lascia che faccia qualcosa per farmi perdonare.»

«Ora chiudo, Harry.»

«Voglio aiutarvi. Per favore, aspetta... ci sono! Posso andare là e tenere d'occhio la casa...»

«No!» Emisi uno strillo più forte di quel che avrei voluto. O forse no.

«Non farò niente.»

«Assolutamente no.»

Ryan mi lanciava sguardi interrogativi.

«Non sono stupida, Tempe. Non andrò a suonare il campanello di questo Malo. Lo terrò solo d'occhio finché tu e Mister Meraviglia non atterrate.»

«Harry, ascoltami.» Mi obbligai a mantenere un tono calmo. «Non avvicinarti nemmeno a quella casa. Quell'uomo è pericoloso. Non è uno con cui scherzare.»

«Sarai fiera di me, sorellona.»

Un secondo dopo aveva interrotto la comunicazione.

«Santa Madre di Dio!» Premetti il tasto di redial.

«Che c'è?» chiese Ryan.

«Harry ha intenzione di piazzarsi a sorvegliare la casa di Malo.»

«Fermala.»

Il cellulare di mia sorella squillò più volte, poi si attivò la segreteria.

«Non risponde. Dio, Ryan. Se le cose stanno veramente come crediamo, quel tipo è un mostro. Ucciderà Harry senza batter ciglio.»

«Chiamala ancora.»

Lo feci. Segreteria.

«Non troverà mai la casa.»

«Ha il GPS sul telefonino.»

Gli occhi di Ryan incontrarono i miei.

«Passami quel LED dietro il mio sedile.»

Slacciando la cintura, mi girai e raccolsi un lampeggiatore portatile.

«Aggancialo al tuo parasole.»

Assicurai il dispositivo con le apposite strisce di velcro.

«Inserisci il cavo nell'accendisigari.»

Eseguii.

Ryan azionò gli abbaglianti.

«Abbassa l'aletta e spingi quell'interruttore.»

Lo feci. Il LED cominciò a emettere una luce rossa lampeggiante.

Ryan accese la sirena e schiacciò il pedale a tavoletta.