12. La musica della salvezza

Il giorno dopo i prigionieri erano ancora nella gabbia. Gli scivoloni, stranamente silenziosi, agitavano minacciosamente i loro tentacoli verso chiunque si avvicinasse al recinto.

Lola non era ricomparsa, l'albero non aveva più parlato e le sue foglie stavano appassendo.

— Visto che siamo di nuovo nel loro maledetto zoo, potrebbero anche darci da mangiare — protestò debolmente Fargo. — Sto morendo di fame. Perché non ci portano più niente?

Nessuno rispose, perché nessuno lo sapeva.

Jeff se ne stava seduto in un angolo, addolorato dalla scomparsa di Lola, e osservava gli scivoloni che brulicavano intorno alla gabbia, dandosi il turno per andare nel fango a mangiare, senza mai lasciare la prigione incustodita.

"Bisogna assolutamente trovare il modo di uscire da questo pasticcio" si disse il ragazzo. "Qualcuno deve averlo trovato, perché nel futuro di Melodia la gabbia sarà vuota e noi saremo andati via con le nostre astronavi..."

Norby aveva recuperato la capacità di antigravitare, ma era ancora debole e, anche se il buco nel recinto era agibile, non sarebbe riuscito a portare nessuno fuori dalla gabbia.

Pera avrebbe voluto tentare di liberarli, ma tutti pensavano che fosse troppo piccola per riuscirvi.

— Pera, potresti cercare di portare Norby oltre il campo inibitorio? — propose Jeff. — Almeno, forse riuscirebbe a passare nell'iperspazio!

— Sarebbe inutile! — replicò Norby. — Non riuscirò ad andare nell'iperspazio, prima che la mia antigravità si sia ripristinata completamente.

"Che disastro!" pensò Jeff. Zargl, esausta, stava seduta con Norby e Pera sul tetto della gabbia.

— Se Norby riuscisse ad andare nell'iperspazio — disse — potrebbe andare a casa mia e far venire mia madre; lei sa fare fiammate molto più potenti della mia. O forse potrebbe portare qui uno dei miei robot jamyani...

— Norby non ne ha la forza, e anche se l'avesse non servirebbe a niente. Gli Scivoloni potrebbero mettere fuori combattimento anche un robot jamyano. Quanto a tua madre, lei potrebbe effettivamente bruciare un altro buco nella palizzata e spaventare gli Scivoloni; ma poi come faremmo a riprenderci le astronavi?

— E se Norby, quando si sarà ripreso, tornasse nel nostro Sistema Solare e avvertisse la federazione che l'ammiraglio è in pericolo? — suggerì Albany.

— No, per carità — mormorò Fargo. — Prima ancora di salvare l'ammiraglio, gli scienziati della federazione smonterebbero Norby per scoprire come ha fatto a portarci nell'iperspazio. Le facoltà di Norby devono restare segrete.

Jeff sbadigliò rumorosamente, mettendo in agitazione gli scivoloni più vicini.

— Cadetto — mormorò l'ammiraglio con voce rauca — se proprio devi sbadigliare, cerca di farlo musicalmente. Questi scivoloni sono così inviperiti per il loro albero, che alla minima provocazione potrebbero ucciderci.

In quel momento, come a confermare le parole di Yobo, un lungo pezzo di corteccia si staccò dall'albero con un sinistro scricchiolio, andando a cadere su un mucchio di foglie secche, e gli scivoloni sibilarono come un esercito di serpenti.

Erig stava seduta accanto a Einkan e lo guardava con aria protettiva. La sua treccia nera si era disfatta, ma lei non sembrava preoccuparsene.

— Mi chiedo come mai l'albero abbia fatto indigestione mangiando quell'animaletto, mentre ha accettato senza problemi la principessa.

— Capitano — domandò Jeff — quanto ci ha messo l'albero a diventare la principessa, dopo averla inghiottita?

— Un giorno.

— Un giorno! — esclamò Yobo. — Allora oggi comincerà a miagolare come Lola?

— Chi lo sa? — rispose l'izziana. — Forse l'aggiunta delle proteine di Lola ha provocato una mutazione nell'albero... Guardate, guardate, sta cambiando ancora!

Jeff guardò l'albero sacro, come se si aspettasse di sentirlo miagolare, ma invece vide aprirsi una grande fessura in cima al tronco, dove si trovava l'apertura che aveva inghiottito Lola e la principessa. La spaccatura si allungò fino a dividere il tronco in due parti, che però restarono unite, dilatandosi leggermente. I rami, ormai rinsecchiti, si accartocciarono, e tutte le foglie caddero a terra come se fosse arrivato l'inverno.

Gli scivoloni diventarono tutti gialli e presero a fischiare note che erano incredibilmente alte, e quando anche l'ultima foglia fu caduta si misero a ballonzolare come funghi impazziti, fischiando scale musicali che sembravano composte di almeno dodici note.

— Non è successo niente del genere, quando l'albero ha mangiato la principessa — mormorò l'izziano più anziano, e gli altri annuirono in silenzio.

Poi, mentre i prigionieri guardavano sempre più sbigottiti, l'albero ebbe un lungo fremito e il suo tronco spaccato si divise definitivamente in due, cadendo al suolo. Ognuna delle sue parti si restrinse alle estremità e ritrasse rami e radici, e alla fine si trasformarono entrambi in oggetti morbidi e piuttosto lunghi.

— Sembrano baccelli di piselli giganti — mormorò Yobo, che quando era affamato tendeva sempre a ragionare in termini di cibo.

— Immagino che adesso gli scivoloni pianteranno in terra i baccelli e ci useranno come concime — grugni Fargo. — La cosa non mi va per niente a genio: avevo altre cose in programma per il mio futuro!

— Oh, Jeff! — Albany soffocò un grido. — Forse il ramoscello che hai visto nel futuro proveniva dai baccelli e noi non eravamo nella gabbia perché eravamo stati ridotti in...

— No, no, luogotenente — cercò di confortarla Yobo, dandole un colpetto sulla mano. — Se così fosse, Jeff avrebbe visto le nostre navi e invece non c'erano più. Non dobbiamo farci prendere dal panico: in un modo o nell'altro ce ne andremo.

— Vorrei soltanto che quel vostro stupido animale non fosse mai saltato nell'albero — disse rabbiosamente Einkan.

— Lola voleva soltanto essere affettuosa — replicò Norby, dal tetto della gabbia — e questo è senz'altro più di quanto tu abbia mai fatto.

— È vero — mormorò Jeff. — L'albero l'aveva accarezzata e lei ha voluto saltargli in braccio: non poteva immaginare che là c'era la sua bocca.

— Poveri noi! — gemette l'izziano più giovane. — Stanno arrivando!

Gli scivoloni si diressero verso quelli che gli umani consideravano baccelli.

I prigionieri indietreggiarono e andarono a rifugiarsi nell'angolo più lontano della gabbia, guardando gli scivoloni che stavano tentando di sollevare i due baccelli con i loro piccoli tentacoli.

— Non possiamo lasciarglielo fare! — mormorò Jeff, ansiosamente. — Quei due baccelli sono tutto ciò che ci resta di... be', di un incrocio della principessa e di Lola. Non voglio che li piantino qui: dobbiamo riportarli a Izz.

— Ormai non ha più alcuna importanza — mormorò Einkan, tetramente. — Quando la regina scoprirà che sua figlia è diventata un albero che canta, o miagola, o magari tutt'e due le cose, ripristinerà un'antica usanza di Izz e ci farà friggere nell'olio bollente. Se gli scivoloni vogliono piantare quei piselli, facciano pure: per me non fa alcuna differenza.

— Io non sono d'accordo — dichiarò Jeff. — Norby! Pera! Cercate di entrare nella gabbia e di recuperare i baccelli.

— Lasciami prima provare la mia anti-C — esitò Norby.

Pera, senza pensarci su un attimo, si lanciò sugli scivoloni e si aprì un varco fra loro. Entrò nella gabbia come una argentea palla di cannone con una protuberanza da una parte e due file di tre occhi. Prese un baccello e, nonostante fosse molto pesante per lei, riuscì a portarlo sul tetto.

Norby, che non voleva essere da meno, fece per imitarla.

— Penso di potercela fare — disse, preparandosi a sfondare le file degli scivoloni!

— Aspetta! — lo trattenne Zargl. — Mi sono riposata abbastanza da riuscire a fare un paio di fiammate: saranno sufficienti per spaventare gli scivoloni, così non ti colpiranno.

Il robot, con la collaborazione della draghina, riusci a portare sul tetto l'altro baccello, ma gli scivoloni si ripresero subito dalla sorpresa, e per i prigionieri ormai non c'era più alcuna possibilità di riuscire a scappare.

— Devo cercare di spaventarli di nuovo? — chiese Zargl.

— No — rispose Yobo, la cui imponente pancia avrebbe offerto agli scivoloni un bersaglio troppo facile. — Dobbiamo trovare un modo più sicuro.

— Qualsiasi cosa si tenti di fare sarà più sicura che restare qui dentro — replicò Fargo. — Prima o poi gli scivoloni si renderanno conto che tutto quello che devono fare è stordirci con le vibrazioni, buttarci nel fango e gettarsi in massa contro Zargl, Norby e Pera, e poi potranno riprendersi indisturbati i loro piselli.

— No, non lo faranno! — gridò Norby. — Ormai i miei circuiti si sono calmati e mi sono tornate le forze. Aspettatemi: il tempo di espugnare l'Hopeful e tornerò a tirarvi fuori.

— Fa' attenzione — gli raccomandò Jeff. — Se gli scivoloni dovessero colpirti ancora un'altra volta ti metterebbero di nuovo fuori combattimento. Potrebbero addirittura distruggere la tua mente!

— Ba'! — fece Norby, con noncuranza, cominciando ad antigravitare. — Non ho più paura di niente. Farò vedere io a questi brutti mostriciattoli fangosi cosa sa fare un eroe!

— Norby, sii prudente! — gli disse Pera. Poi si rivolse a Jeff: — È meglio che io vada con lui.

Gli scivoloni agitarono inutilmente i loro tentacoli in direzione dei due piccoli robot, e il loro canto da lugubre si fece rabbioso.

— Ehi, sono qui! — li provocò Norby. — Provate a prendermi, se ne siete capaci!

Il robot si lanciò in picchiata fino a sfiorare le estremità delle loro teste a scopa, mentre Pera restava in quota, pronta a intervenire in aiuto del suo amico, se ve ne fosse stato bisogno.

— Norby, li stai facendo infuriare! — gridò Jeff. — Il loro canto probabilmente si sente in tutta l'isola e gli scivoloni di guardia all'astronave si staranno preparando a riceverti!

Norby non gli badò minimamente. Continuava a stuzzicare gli scivoloni avvicinandosi pericolosamente ai loro tentacoli e ritraendosi di scatto facendo sberleffi, per poi tornare nuovamente alla carica, disorientandoli. Come se questo non bastasse, si mise anche a cantare, stonato come sempre:

«Arriva Norby, l'eroe della Galassia,

il robot terrestre parte alla riscossa!

Non c'è nessuno che abbia il suo coraggio:

porterà in salvo tutto l'equipaggio!»

Il talento di compositore di Norby lasciava a desiderare almeno quanto la sua voce e, per l'eccitazione, il robot era diventato, se possibile, ancora più stonato del solito. Jeff lo implorò di smettere di prendere in giro gli scivoloni, ma ormai il robot era lanciato: più cantava, più si esaltava, e più si esaltava, più stonava.

Dopo un po' le burle musicali di Norby ebbero un effetto imprevisto: gli scivoloni si acquattarono a terra, afferrandosi le teste a scopa con i tentacoli, diventarono di un viola pallido e arricciarono i loro piedi a lumaca.

Improvvisamente, Jeff capì.

— Abbiamo un'altra arma! — gridò eccitato. — Gli Scivoloni non possono sopportare le stonature! Ce ne eravamo accorti fin dal primo giorno, ma nessuno vi ha pensato. Bravo, Norby, continua così!

— Cantare stonato va contro le mie naturali inclinazioni, considerato il mio assoluto senso musicale, ma quello che va fatto va fatto! — Fargo guardò i suoi compagni e negli occhi azzurri gli si accese una luce battagliera. — Diamoci sotto, gente: stonate a più non posso!

Fargo si fregò le mani, poi prese le bacchette, allungò le mani attraverso le sbarre e si mise a pestare all'impazzata sui timpani.

Gli scivoloni rabbrividirono e si ritrassero.

Il terrestre accordò a casaccio i suoi strumenti, in modo da peggiorare ulteriormente l'effetto, e attaccò il suo concerto per timpani impegnandosi allo spasimo per non azzeccare neppure una sola nota.

— Forza, Einkan, è il tuo momento! — gridò Albany. — Tu sei forse persino più bravo di Norby a cantare male!

Lo scienziato di corte si slanciò in quello che doveva essere il suo inno nazionale, anche se era difficile riconoscerlo.

Gli altri izziani si scambiarono uno sguardo d'intesa e imitarono con impegno le stecche di Einkan, ma ognuno in una tonalità diversa.

Intanto Zargl volava a spirale sopra gli scivoloni, cantando una versione incredibilmente accelerata delle ninnenanne izziane, che sono difficilissime da cantare anche normalmente. Di quando in quando riusciva a prodursi in qualche fiammata, seminando ancor più panico e disordine fra gli scivoloni.

— Ah, dolce mistero della vita! — gracchiò Albany, che poteva essere tutto ma non un soprano.

Ma peggio di tutti era Yobo, con la sua interpretazione in falsetto de I barcaioli del Volga che urlava negli orecchi degli scivoloni più vicini, costringendoli a una precipitosa ritirata.

Fargo, alla fine del suo concerto, si fermò qualche istante a riflettere.

— Ho in mente un pezzo magnifico — disse poi Fargo — però mi ci vorranno un basso e una voce femminile.

— Fargo, non metterti a fare l'artista! — lo rimproverò Albany. — Gli scivoloni dalla tua parte non mi sembrano eccessivamente sconvolti. Vuoi deciderti a fare qualche stecca come si deve?

— Va bene, mia cara, ma così rovinerò la mia splendida voce — replicò lui; poi riprese a cantare raucamente:

«Avanti, avanti, pattuglie spaziali!

Uomini coraggiosi e sinceri,

sfidate i pericoli,

inseguite gli stranieri...»

A questo punto Albany gli tirò addosso uno dei materassini di foglie e Fargo lanciò un urlo che fece scappare anche gli ultimi scivoloni rimasti a sorvegliare il buco della palizzata della gabbia.

Poi la coraggiosa poliziotta attaccò un brano tratto dai Pagliacci e il suo pessimo italiano aiutò in modo efficace la sua buona volontà: era decisamente inascoltabile! Jeff, dal canto suo, non incontrava grosse difficoltà a stonare: gli bastava cercare di cantare da tenore. Aveva scelto un brano che non gli era mai piaciuto, Alberi, di Kilmer, e l'emozione gli incrinò ancor più la voce quando arrivò alla strofa che diceva «credo che mai potrò vedere una principessa bella come un albero».

— Eccellente, eccellente! — tuonò l'ammiraglio. — Li abbiamo costretti a ritirarsi.

— Sì, ma siamo ancora circondati — gli fece notare il capitano Erig. — Sono troppo lontani per colpirci, ma ci chiudono la strada verso le astronavi, e non credo che riusciremo a cantare così ancora per molto.

— Vado a prendere l'Hopefull — gridò Norby. — Terrorizzerò gli scivoloni con la mia possente ed eroica voce!

— Vado con lui — disse Zargl — così sull'Hopeful potrò mangiare qualcosa. Allora vedrete che fiammate riuscirò a fare!

La draghina raggiunse Norby e i due volarono a fianco a fianco verso l'astronave.

— E la nostra astronave? — chiese Erig. — Pensate che la piccola Pera riuscirebbe a portare lo scienziato di corte alla Challenger? Alle guardie penserebbe lui: la sua voce è abbastanza orrenda da farle scappare. Cosi potrà riprogrammare il computer di bordo inserendovi le coordinate di Izz.

Einkan arrossi violentemente.

— Capitano — tossicchiò — devo confessarti che c'è un piccolo problema. Non soltanto il motore della Challenger è alieno, ma non ho la minima idea di come farlo funzionare. Tutte le mie conoscenze in merito non erano che... ehm!, una necessaria finzione. Quindi, devo rimettermi a te.

Stavolta fu il turno di Erig di arrossire.

— Credo di doverti confessare qualcosa anch'io, Einkan: neppure io so pilotare la Challenger. È stata la principessa a farla partire, toccando accidentalmente il quadro comandi, dopo di che noi tutti non abbiamo potuto fare altro che sederci ad aspettare. Come vedi, la mia è stata una truffa, esattamente come la tua.

I due izziani si guardarono negli occhi e si presero le mani.

— Einkan, impostore!

— Erig, imbrogliona!

Lo scienziato e il capitano si abbracciarono di slancio.

Improvvisamente risuonò la voce di Yobo, simile al ruggito di un leone:

— Mentre noi abbiamo smesso di cantare per assistere allo sbocciare di un idillio fra questi due truffatori, gli scivoloni hanno avuto il tempo di riprendersi! Sarà meglio che ci diamo da fare con le nostre stecche, finché Norby non sarà di ritorno con l'Hopeful.

— Un momento — disse improvvisamente Pera. — Io vado all'astronave. Forse nella mia memoria c'è qualche dato che mi permetterà di collegarmi al computer di bordo e di mettere in funzione il motore: in questo caso tornerò con la Challenger. Datemi le coordinate di Izz: vedrò se potrò inserirle nel sistema di navigazione.

— D'accordo, ma sbrigati — disse Fargo. — E ricordati di cantare peggio che puoi!

Jeff uscì fuori attraverso il buco nel recinto, prese le bacchette di Fargo e cominciò a percuotere selvaggiamente i timpani.

— Tutti a cantare, gente! — incitò gli altri. — Non una nota che sia meno che stonata!

Quando finalmente avvistarono l'Hopeful e la Challenger, i prigionieri erano quasi completamente senza voce.

Albany si arrampicò sul tetto della gabbia per fare segnali alle due astronavi.

I due robot izziani scesero dalla Challenger con la loro mini-anti-G, indifferenti al fatto che fosse stata Pera a ordinarglielo e non il capitano Erig. Prima portarono gli izziani sulla loro nave, poi i terrestri sull'Hopeful, e alla fine un baccello su ogni nave.

Jeff scosse la testa. Per lui era inconcepibile che dei robot forniti di mini-anti-G se ne stessero placidamente seduti nella loro astronave invece di andare in soccorso dei loro padroni, ma d'altra parte era tutto ciò che i robot izziani avrebbero potuto fare. Avevano ricevuto l'ordine di attendere, e avrebbero atteso fino a nuovo ordine, o fino al giorno del giudizio universale, a seconda di quello che sarebbe arrivato prima. Jeff era davvero felice che Norby e Pera non fossero come loro!

Prima di chiudere il portello dell'Hopeful, Jeff, che era stato l'ultimo a salire a bordo, indugiò un momento a guardare giù, attraverso le sbarre della gabbia.

L'albero sacro di Melodia giaceva a terra e sembrava che si stesse disintegrando. Poco più in là qualcosa brillava nella polvere: era la medaglia dell'ammiraglio Yobo.

"La medaglia! Me ne ero dimenticato!" esclamò tra sé il ragazzo. "Eppure l'avevo messa in tasca..."

Ma quando si mise la mano in tasca la medaglia non c'era più. Rabbrividendo, Jeff decise di lasciarla dov'era.

Norby era seduto al pannello dei comandi e parlava all'interfono con Pera, che si trovava invece sulla Challenger.

— Ce la farai a portare a casa gli izziani attraverso l'iperspazio, Pera?

— Penso di sì, Norby. Sembra che tu ed io abbiamo capacità simili, anche se non identiche. Io non posso andare nell'iperspazio senza una nave, come te, e tu non sai cantare bene come me.

— Non è affatto vero! — protestò lui. — Io canto benissimo.

— Certo Norby — rispose Pera, con molto tatto. Albany, seduta in un angolo accanto ai timpani di Fargo, cominciò a canticchiare sommessamente.

— Smettila di cantare, ti prego — la interruppe Fargo. — Ti amo tanto, Albany, ma ora come ora odio la musica.

— Davvero? E la gara di canto della federazione?

— Scordatene. Non parteciperei neppure se mi dessero un milione di crediti esentasse.

— Che piacere poter finalmente parlare liberamente! — Yobo fece udire la sua voce tonante. — In quanto alla gara, ormai sarebbe comunque troppo tardi. La mia proposta è di tornarcene dritti a casa. Non ho alcuna voglia di affrontare di nuovo la regina Tizz. Quella donna mi ricorda mia sorella maggiore: non è scura come lei né altrettanto attraente, ma il loro carattere è molto simile.

— Mi sembra un'ottima idea tornare a casa — approvò Albany. — Ho urgente bisogno di una doccia, di un po' di cibo vero e di un riposino. In più, mio padre sarà furibondo.

— È vero, e nessuno dovrebbe permettersi di turbare il sindaco di Manhattan — aggiunse Fargo. — Anch'io ne ho avuto abbastanza di Izz. Cosa ci importa della ricompensa? La loro abbondanza di oro potrebbe anche distruggere l'economia della federazione, e in tal caso dovrei lasciare il mio appartamento a Manhattan per andare a vivere in un cubicolo a Luna City, e la prospettiva mi sembra poco attraente.

— Anche secondo me è meglio che andiamo a casa — pure Norby fece sentire il suo parere.

— E che cosa dice la nostra valorosa draghina? — chiese Yobo.

— Io devo tornare sulla Terra per riprendere lo studio della vostra lingua — rispose Zargl.

— Be', e io non vengo neppure interpellato? — protestò Jeff. — Io non sono per niente d'accordo. Tanto per cominciare, guardate quello.

Il ragazzo indicò un oggetto vicino alla porta: un gigantesco baccello di piselli oro e argento. Albany lo guardò perplessa.

— Vuoi dire che, secondo te, non dovremmo portarlo sulla Terra e piantarlo là? Io credo che l'albero sacro a Central Park starebbe a meraviglia.

— Ma potrebbe essere Lola, almeno in parte — replicò Jeff. — Vorresti forse un albero miagolante, a Central Park? Non posso davvero abbandonare Lola a un simile destino!

— Ha ragione — osservò pensierosamente Fargo. — E poi, l'albero potrebbe essere in parte anche la principessa. In tal caso sarebbe nostro dovere riportarla a Izz: ne andrebbe del nostro onore.

Norby sollevò di scatto il suo coperchio e guardò gli altri con tutt'e quattro i suoi occhi, poi posò le mani sul pannello dei comandi.

— Adesso che ci penso — disse, collegandosi con il computer — non ho neanche detto addio a Pera! Quindi decido io: si torna a Izz!

La nave attraversò il campo magnetico di Melodia, poi scomparve nell'iperspazio, il "niente che è tutto".