2. Il pianeta Izz

Nella cabina di controllo dell'Hopeful, i terrestri ricominciarono ancora una volta, con scarso successo, lo stesso brano che stavano tentando di eseguire da quando si trovavano nell'iperspazio: «Sono un menestrello errante, canto canzoni e ballate...»

— Fargo — bofonchiò l'ammiraglio Yobo, posando il suo spartito e grattandosi la testa pelata — non credo proprio che Gilbert e Sullivan abbiano composto questa "aria" perché venga eseguita con l'accompagnamento dei soli timpani. Inoltre non siamo abbastanza concentrati, tesi come siamo a guardare Norby mentre tenta di raggiungere quel pianeta ma fallisce ogni volta.

— Non avrei mai immaginato che trovarsi nell'iperspazio fosse così noioso — commentò Albany, nascondendo uno sbadiglio. — Comincio ad essere davvero stanca di non vedere altro che questo strano grigiore sul visore.

— Forse sarei già riuscito a trovare il pianeta — dichiarò stizzosamente Norby — se mi aveste permesso di rilassare i miei circuiti emotivi lasciandomi cantare con voi.

— Non è possibile, Norby — replicò Fargo, accarezzando una bacchetta. — Sei troppo stonato: faresti prendere delle stecche anche a noi.

— Questo lo dici tu! Io invece trovo che la mia voce elettronica è estremamente gradevole. Ad ogni modo, con questo vostro quartetto e quell'orrendo concerto per timpani, hai veramente un bel coraggio a dire che io sono stonato!

Jeff si intromise precipitosamente, prima che Fargo potesse ribattere:

— Restiamo un po' in silenzio, mentre Norby fa un altro tentativo. Non dobbiamo dimenticare che questo balzo attraverso l'iperspazio è particolarmente difficile, perché le coordinate non sono che numeri presi dal banco-dati del computer di Jamya, e sono tutto quello che sappiamo del pianeta che dobbiamo raggiungere.

— C'è una cosa che mi preoccupa — Albany si scostò dal viso una ciocca di lunghi capelli biondi. — Non dovremmo discutere che cosa faremo se e quando arriveremo su quel pianeta? Sembra che nessuno di voi pensi ad altro che alla gara di canto, ma credo che la missione sia di gran lunga più importante.

— Ehm — tossicchiò l'ammiraglio, imbarazzato: aveva tanto predicato l'importanza della missione, ma alla fine si era lasciato coinvolgere anche lui nelle prove per la gara di canto.

— E cosa c'è da discutere? — si risenti Fargo, che detestava programmare le cose.

— Parecchio — rispose Albany. — Per esempio: è probabile che quelli che stiamo cercando siano convinti di essere i soli esseri umani dell'universo. A meno che gli Altri non abbiano raccontato loro la vera storia, essi crederanno certamente di aver avuto origine nel pianeta su cui vivono ora, e non sulla Terra. In questo caso potrebbero considerarci degli alieni ed esserci ostili. Non sarebbe meglio cercare di sapere qualcosa di più su di loro, prima di atterrare sul pianeta?

— Giusta osservazione, luogotenente — approvò Yobo. — Diremo a Norby di fermare l'Hopeful abbastanza lontano dal pianeta da passare inosservati, ma abbastanza vicino da poterci sintonizzare con i loro programmi radiofonici, sempre che la loro tecnologia sia a un livello sufficientemente avanzato.

— I draghi di Jamya hanno un buon livello tecnologico grazie agli insegnamenti degli Altri — osservò Jeff. — Probabilmente è così anche per questi terrestri trapiantati.

— Volete smetterla di parlare, voi? — Norby agitò nervosamente le braccia. — Rumore, rumore, rumore! Come posso concentrarmi se non mi lasciate in pace?

Tutti si fecero immediatamente silenziosi. Norby tornò a posare le mani sul pannello dei comandi e improvvisamente ebbe un fremito. l'Hopeful era uscita dall'iperspazio!

— Oh! — esclamò Yobo, soddisfatto.

— Ehi! — gridò Jeff. —. Guardate qui!

Tutti si voltarono a fissare il visore, sul cui schermo era apparsa l'immagine di un pianeta molto bello, avvolto da una bianca coltre di nuvole attraverso la quale si intravedevano ampie zone blu.

— Ve lo avevo detto che ci sarei riuscito! — la vocina metallica di Norby era trionfante.

— Non ne ho mai dubitato — gli assicurò Jeff. — Da quel che se ne scorge, questo pianeta sembra simile a Jamya: una gran massa di terra circondata da acqua e...

— Guardate! — esclamarono simultaneamente tutti gli altri.

— Case spaziali! — esclamò Jeff, stupito. — Ce ne sono tutt'intorno a noi!

I Terrestri già da parecchi anni usavano le case spaziali come colonie orbitali, ed era chiaro che anche gli esseri umani che risiedevano in quel pianeta ne disponevano.

— Ho captato un segnale alla radio... no, anzi, all'olo-TV — avverti Norby. — Dunque, questi terrestri sono tecnologicamente avanzati.

Tutti si girarono verso lo schermo dell'olo-TV, su cui era apparso un volto dalle fattezze chiaramente umane.

Jeff alzò l'audio e si udì una voce maschile che parlava una specie di jamyano, ma con uno strano accento e con molte parole che gli erano sconosciute. La sostanza del discorso, in una traduzione molto approssimativa, era questa:

— «Ed eccoci al consueto appuntamento con le ultime notizie. Re Fizzwell ha annunciato che, in segno di lutto per la tragica perdita della Challenger, la nave pioniera interstellare, questo pomeriggio non presenzierà all'apertura dei giochi stagionali di gwo-gwo con il lancio del primo gweig...»

— Che cosa ha addosso? — domandò Albany. — Sembrerebbe una camicia da notte.

L'annunciatore indossava uno strano abito luccicante che effettivamente ricordava una camicia da notte di foggia antiquata. I suoi capelli erano raccolti in treccioline e così la barba, trattenuta all'estremità da un fermaglio.

— Se dispongono di navi interstellari — commentò Yobo — questi nostri lontani parenti sono più avanzati di noi!

— L'annunciatore ha usato il termine "pioniera" — osservò Fargo. — I pionieri sono coloro che si recano in un posto per primi e, spesso, rimangono anche gli unici. Non darei una importanza eccessiva a quella loro nave, tanto più che, com'avete sentito, è andata perduta.

— Prova a cercare un altro notiziario — incitò l'ammiraglio.

— Ecco un altro bollettino — avverti Norby. Questa volta sullo schermo apparve il volto di una donna: il colore della pelle e il taglio degli occhi erano diversi da quelli del suo collega. Evidentemente gli Altri avevano avuto cura di prelevare esseri umani appartenenti a razze terrestri diverse.

— «Trasmettiamo per la prima volta l'ultimo messaggio pervenuto dall'astronave dispersa, la Challenger. Mentre ascoltate, potrete ammirare la principessa Rinda nel suo ritratto preferito...»

Sullo schermo, il viso dell'annunciatrice fu sostituito da quello di una splendida ragazza dalla folta chioma scarlatta. I suoi capelli non erano intrecciati, ma acconciati in morbidi boccoli rialzati sulla testa e sormontati da uno strano cappello cuneiforme, tanto ingioiellato da non lasciare dubbi sul fatto che fosse una corona. La sua scintillante camicia da notte era in parte nascosta da un fantastico mantello intessuto di pietre preziose. Il suo bel viso altero e aristocratico appariva un po' annebbiato, come se il pittore, ritraendolo, avesse avuto gli occhi colmi di lacrime reverenziali.

— «Saluti a tutti» — trillò una voce musicale da soprano. — «Qui è la principessa Rinda. Vi parlo da un pianeta appena scoperto, a cui ho dato il nome di "Melodia". Il capitano Erig vuole che vi dica che si tratta di un pianeta simile al nostro: questo significa che la sua atmosfera è respirabile, ma naturalmente non è bello come il nostro Izz, neppure lontanamente paragonabile. Il capitano dice che, secondo lei, le coordinate di questo pianeta sono state inserite incidentalmente nella memoria del computer di bordo: lo scienziato di corte vorrebbe essere così cortese da spiegarci come ciò possa essere accaduto? Come dici, capitano Erig?... Oh, certo: dimenticavo di dirvi che questo comunicato è stato lanciato attraverso un misterioso campo elettronico che ha trattenuto le immagini. È questo il motivo per cui potete udirmi, ma non vedermi. È un vero peccato, perché mi sarebbe piaciuto mostrarvi i nativi che, nonostante il loro aspetto bizzarro, sono molto ospitali e hanno mostrato di apprezzare la mia voce. Ancora un'informazione su Melodia: frutta e verdure sono commestibili. Penso che questa potrebbe diventare una buona località turistica per gli Izziani. È davvero emozionante essere stata la prima izziana a scoprire un nuovo pianeta. Ora devo salutarvi, perché noi tutti stiamo per recarci a un banchetto che i nativi hanno organizzato in nostro onore in una specie di cortile, intorno a un albero delizioso. Si terrà anche un concerto e immagino che sarò invitata a cantare. Il robot traduttore non riesce a decifrare il linguaggio dei nativi, ma questo non ha eccessiva importanza, perché riusciamo ugualmente a comunicare con loro, in qualche modo. Sì, capitano Erig, ho quasi finito. Pensiamo di ripartire per Izz tra qualche giorno. Ora devo proprio lasciarvi...»

A questo punto la trasmissione si interruppe bruscamente e sul video ricomparve l'annunciatrice:

— «In questo comunicato non c'è nulla che faccia pensare che la nostra principessa corra un reale pericolo, tranne l'accenno a uno strano campo elettronico che disattiva le normali forme di comunicazione. Inoltre la ricezione si è interrotta improvvisamente e sono ormai due settimane che non si hanno più notizie della Challenger. Questo ha messo in grande allarme la famiglia reale e lo scienziato di corte, Einkan, sta già lavorando alla costruzione di un'altra nave interstellare da inviare alla ricerca della Challenger. Tutto il pianeta di Izz e le sue colonie satelliti sono profondamente preoccupati per la nostra beneamata principessa. L'apertura dei giochi di gwo-gwo sarà preceduta da una contemplazione solenne dell'Infinito, accompagnata dall'inno nazionale izziano.»

Mentre risuonavano le prime note dell'inno nazionale, sullo schermo apparve il ritratto della principessa Rinda.

— È fantastica, non trovate? — commentò Fargo, con una espressione rapita.

— Non vedo che cosa ci trovi — replicò Albany, acidamente. — È bella, probabilmente ricca, indubbiamente viziata e assolutamente insopportabile. Inoltre trovo che il loro inno nazionale è di una bruttezza unica.

— Ricca, hai detto? — Fargo inarcò i sopraccigli, compiaciuto. — Questa è un'osservazione interessante. Dico: avete notato i suoi gioielli? Se riusciremo a riportarla su Izz, la famiglia reale come minimo ci coprirà d'oro!

— Gli scienziati della federazione avrebbero giusto bisogno di fondi per proseguire le ricerche sull'iperpropulsione — osservò Yobo, soprappensiero. — O forse potremmo addirittura chiedere agli Izziani di ricompensarci svelandoci il segreto dell'iperpropulsione, visto che loro lo conoscono già.

— Un momento — Norby richiamò l'attenzione dei suoi compagni sull'oloschermo, dove era apparso il volto di un altro annunciatore, che indossava una camicia da notte molto meno scintillante di quella dei colleghi che lo avevano preceduto. — Ascoltate.

— «Attenzione!» — stava trasmettendo l'izziano. — «Ci è appena stato comunicato che le nostre pattuglie spaziali hanno individuato un'astronave sconosciuta nell'orbita di Izz. Si pensa che questo fatto possa avere un qualche nesso con la sparizione della nostra principessa. Le unità delle pattuglie stanno ora agganciando l'astronave con le ancore gravitazionali...»

— Norby — esclamò Yobo — portaci subito nell'iperspazio!

— Troppo tardi — mormorò il robot. — Qualunque cosa siano queste ancore gravitazionali, esse hanno già preso il controllo dei nostri motori. Siamo attratti verso il pianeta. Vedete quei piccoli incrociatori, là davanti? Ci stanno trainando.

Fargo tornò ai suoi timpani e li accordò con cura, poi prese a canticchiare a mezza voce una versione piuttosto piacevole dell'inno nazionale izziano.

— Ti sembra questo il momento di metterti a suonare? — lo apostrofò Jeff. — Non sei neanche un pochino preoccupato?

— No, affatto — rispose il fratello. — Noi abbiamo l'arma vincente: la sola nave interstellare funzionante nelle vicinanze.

— Soltanto perché avete un robot in grado di convertirla all'iperpropulsione — fece notare Norby, con legittimo orgoglio.

— Ben detto, mio caro barilotto — Fargo gli rivolse un sorriso smagliante. — Ma questo loro non lo sanno, vero? Quindi, noi a quella gente abbiamo qualcosa da offrire, o meglio da vendere: una spedizione di soccorso che solo noi possiamo effettuare. Non sarà semplicemente un'avventura, ma anche un viaggio di affari!

Quando l'Hopeful fu atterrato sul pianeta, Jeff si chiese se l'ottimismo di Fargo fosse giustificato.

Il comitato delle accoglienze, se di questo si trattava, non sembrava affatto amichevole. Tutti i presenti indossavano delle lucenti camicie da notte, ma queste avevano un'aria rigidamente formale, come se fossero state delle uniformi. Anzi, probabilmente erano proprio uniformi.

— Devo aprire il portello? — chiese Norby, dopo un atterraggio piuttosto accidentato su quello che sembrava un campo di lavanda.

Si trovavano nella piazza di una città, circondata da strani edifici. All'estremità più lontana sorgeva una costruzione dall'aspetto bizzarro che, a giudicare dai pittoreschi giardini che la adornavano, doveva essere il palazzo reale.

— Certo che devi aprire il portello — disse Fargo — altrimenti come faremo a offrirci di salvare la bella principessa?

— Passi per la spedizione di soccorso — lo avverti Albany, in tono minaccioso — ma non pensare che dopo averla salvata te la porterai dietro!

— E la decisione di aprire il portello spetta a me — dichiarò Yobo. — Non dimentichiamo che a bordo l'ufficiale più alto in grado sono io.

— Stranieri, uscite immediatamente! — intimò una voce, in izziano, attraverso gli altoparlanti dell'Hopeful. — La vostra nave viene sequestrata dalla polizia planetaria. In nome della regina Tizz e del re Fizzwell, vi dichiaro in arresto.

— In arresto? Allora è affar mio — dichiarò Albany, lisciandosi l'uniforme. — Appena usciti di qui assumerò io il comando.

— Sissignore, luogotenente Jones, amor mio — disse Fargo. — Fa' pure, se ci tieni.

Jeff, che come al solito era l'unico a essere seriamente preoccupato della piega che stava prendendo la situazione, si chiese se gli izziani si sarebbero mostrati più cordiali se gli avessero cantato qualche brano del loro repertorio. Come si fa a fare amicizia con dei terrestri che non sanno neppure che esiste la Terra?

Preceduti da Albany, uscirono tutti dall'Hopeful e si misero sull'attenti davanti ai militari izziani.

— Guardate bene quel palazzo! — esclamò Fargo. — Non sembra dipinto d'oro?

— Non dipinto — puntualizzò Yobo. — Quelle sono lastre di metallo giallo e, se si tratta di oro...

— È oro — confermò Norby. — Gli scanner di bordo lo hanno già segnalato. Non lo avevo detto?

— No che non ce lo avevi detto! — grugnì Yobo piuttosto offeso.

— Spiacente, devo essermene dimenticato — si scusò Norby. — C'è molto oro in tutta la zona. Anche le fondine delle armi dei poliziotti sono d'oro.

— Armi? — soltanto allora Jeff si rese conto che quelle che fino ad allora gli erano sembrate cinture decorative erano in realtà custodie contenenti armi. Ogni poliziotto aveva anche un elmetto d'oro.

— Qui c'è da diventare ricchi! — Fargo era giubilante. — Se soltanto riuscissimo ad andarcene con qualcuno di quegli elmetti...

— Silenzio! — gridò una donna, in izziano. I capelli le spuntavano da sotto l'elmetto in sottili treccioline e i suoi modi autoritari dicevano chiaramente che era il capo della polizia planetaria. — Comunicare in codice è contro la legge, così come lo è il vostro modo di portare i capelli. Soltanto i personaggi di sangue reale hanno il privilegio di poter portare i capelli sciolti. E nessuno — aggiunse, guardando la testa lucente di Yobo con aperto disprezzo — ha il privilegio di raderseli.

Albany fece un passo avanti, si fermò battendo sonoramente i tacchi e fece il saluto militare.

— Salve — disse, in un jamyano appena passabile che somigliava all'izziano abbastanza da essere comprensibile. — Io sono un luogotenente delle forze armate di Manhattan. Io e i miei compagni siamo venuti per parlare ai vostri sovrani a proposito della principessa Rinda.

— Siete del pianeta Melodia? — la poliziotta izziana rimase sbalordita. — Nulla ci aveva lasciato supporre che voi foste izzoidi.

— Non siamo izzoidi — replicò Albany — e non veniamo da Melodia. Siamo izziani come voi, ma di un'altra tribù, una tribù izziana che vive su un altro pianeta da un'altra parte della galassia, molto lontano da qui.

— Questo è impossibile! — dichiarò il capo della polizia. — Noi siamo i soli izziani esistenti e voi vi siete resi colpevoli di ulteriori infrazioni alla legge: avete viaggiato nello spazio senza regolare licenza, avete tentato di ingannarmi presentandovi come izziani dai capelli sciolti e, come se non bastasse, avete trasportato generi di contrabbando.

— Di che generi di contrabbando state parlando? — chiese Albany, indignata.

— Di quel barilotto — la poliziotta izziana indicò Norby, che si era rifugiato fra le braccia di Jeff e aveva ritratto gambe e braccia nel corpo, come faceva sempre quando voleva nascondere la sua natura di robot. — Arrestateli!

Gli izziani, a quell'ordine, circondarono i terrestri e fecero scattare ai loro polsi le manette d'oro, ma non per questo meno sgradevoli.

— Arrestato io! — bofonchiò Yobo. — Ma che umiliazione!

— Fermi, fermi! — gridò in quel momento una voce concitata, proveniente dal palazzo. — In nome della regina Tizz, e anche del re Fizzwell, naturalmente, non arrestate quella gente!

L'izziano che aveva parlato si diresse dritto verso il capo della polizia, attraversando un'aiuola di fiori arancioni. Era molto alto e magro, con barba e capelli biondo chiari, intrecciati. Indossava una camicia da notte stranamente corta su cui risaltava un medaglione d'oro con incastonata una gemma rossa, e da sotto il vestito spuntavano dei pantaloni larghi e cascanti, infilati in un buffo paio di scarpe a punta. Era seguito da un robot dall'aspetto più umano dei normali robot da lavoro terrestri ma inespressivo.

— E questo chi sarebbe? — mormorò Fargo. — Il buffone di corte? E perché mai ha un robot?

— Non lo so — rispose Jeff, a mezza voce. — Ma hai notato che anche i giardinieri sono robot?

Il capo della polizia guardò con palese ostilità il nuovo venuto, che era poco più alto di lei.

— Hai un permesso scritto della regina, scienziato Einkan?

— Scienziato di corte Einkan — puntualizzò l'izziano con i pantaloni. — In un caso di emergenza come questo non ho bisogno di alcun permesso. Ho portato con me uno dei miei robot per scortare questi stranieri al palazzo.

— Senza un ordine scritto della regina non posso rilasciare questi pericolosi criminali.

— Sciocca! — sibilò tra i denti Einkan, — Questi sono chiaramente degli izziani, e sono venuti con una nave interstellare. La mia nuova nave a iperpropulsione non è ancora pronta, quindi abbiamo bisogno della loro, e anche di loro, per pilotarla. Ufficiale Luka, ti avverto che, ostacolando questa missione, stai mettendo in grave pericolo la vita della principessa. Sono certo che la regina ne sarà dispiaciuta.

L'ufficiale Luka sembrò molto colpita dal tono sinistro con cui Einkan aveva pronunciato l'ultima frase.

— E sia — si arrese. — Portali pure dalla regina, ma ricordati di farle presente che li ho rilasciati con molta riluttanza, in mancanza di un suo ordine scritto.

Einkan si avvicinò a Albany:

— Naturalmente, sei tu il capo.

— Naturalmente — confermò lei, trattenendo a stento un sogghigno.

— Permettimi di presentarmi. Sono Einkan, lo scienziato di corte. — L'izziano la prese per un braccio. — Vieni, ti accompagno dalla regina.

L'ufficiale Luka e i suoi uomini si fecero da parte, e i terrestri seguirono Einkan e Albany.

Fargo, decisamente seccato dal modo in cui Einkan tirava Albany verso di sé, si avvicinò per sentire i loro discorsi.

— Luka è una brava poliziotta — stava dicendo lo scienziato — ma proprio non andiamo d'accordo. Sono stato uno dei suoi primi mariti e non è stata davvero una esperienza positiva. Io ho un carattere troppo dominante per i suoi gusti. Tu sei veramente bella, mia cara. Come hai detto che ti chiami?

— Non l'ho detto. Sono Albany Jones. Luogotenente Albany Jones.

— Albany... che nome romantico! — sospirò Einkan. — Dimmi, mia cara Albany: tu disapprovi una forte tendenza al predominio, in un maschio?

Albany si liberò bruscamente dal braccio che Einkan le aveva fatto scivolare intorno alla vita.

— Quello che disapprovo sono i maschi che non rispondono alle mie domande. Tanto per cominciare, ditemi di quante navi interstellari disponete.

— Solo una, la Challenger che, ahimè!, la nostra adorata principessa ha voluto a tutti i costi inaugurare. Io ho inventato il sistema di iperpropulsione di cui è dotata la Challenger, ma non ho ancora potuto mettere insieme un altro dispositivo da montare su una seconda astronave. Come avrei potuto immaginare che la principessa e la Challenger non avrebbero fatto ritorno?

— Davvero? Allora vi sarà necessario prendere la nostra, per andare a cercare la principessa.

— Senza dubbio, sì.

— E credi che noi lo permetteremo? — intervenne Yobo, rabbiosamente.

Einkan si voltò a guardare l'ammiraglio, che era alto quanto lui, ma largo il doppio.

— Chi ti ha permesso di tagliarti i capelli?

— Cosa? — ruggì Yobo. — Credi che io mi sia rasato la testa?

— Chiaro. Altrimenti come si spiega il fatto che non hai un solo capello? — disse Einkan, costeggiando un'aiuola dalle tonalità del rosa.

— Ammiraglio — intervenne Jeff, in Basic terrestre — probabilmente questa gente discende da esseri umani a cui mancano i geni della calvizie.

— Tanto peggio per loro, cadetto. La calvizie è igienica e fa colpo.

— Certo, signore. — Jeff si rivolse al robot che camminava imperturbabile al suo fianco: — Tu aiuti lo scienziato di corte in laboratorio?

— Io faccio quel che mi si ordina.

— E che cosa ne pensi?

— Io non penso. Io servo.

— Lo hai aiutato a inventare il dispositivo per l'iperpropulsione?

— L'ho aiutato a installarlo.

— Però hai visto come lo costruiva, non è vero?

— Io non guardo. Io servo.

Jeff, esasperato, troncò la conversazione.

Il robot si diresse verso una porticina che si apriva di fianco all'ampia scalinata di marmo che conduceva all'ingresso del palazzo.

Einkan segui il robot, sempre stringendo il braccio di Albany.

— Un momento! — protestò Yobo. — Perché non passiamo dall'entrata principale? È questo il modo di trattare degli alti dignitari in visita?

— Stiamo andando nel mio laboratorio per un consulto sull'iperpropulsione — spiegò Einkan. — Naturalmente, mio meraviglioso luogotenente Jones, tu conosci perfettamente il funzionamento del motore a iperpropulsione.

— Mhum — mugugnò Albany, senza sbilanciarsi in alcun modo.

— Benissimo — riprese lo scienziato di corte. — Allora tu ed io terremo una breve conferenza privata, mentre loro aspettano qui. Poi tu ed io partiremo alla ricerca della principessa e loro resteranno qui.

— Questo non sarà proprio possibile — si affrettò a dire Albany. — Ognuno dei miei uomini è indispensabile per pilotare l'astronave.

Einkan sembrò piuttosto deluso.

— Ne sei certa? Che peccato!

— Einkan, razza d'idiota! — risuonò improvvisamente una voce.

I terrestri si guardarono intorno, ma non c'era nessuno, oltre a loro.

— Porta immediatamente quegli stranieri nella sala del trono — continuò la voce senza corpo — o ti spedirò dritto al Padiglione dei Colpevoli a fare un bagnetto di qualche giorno nella Pozza di Plurf!

— Sì, mia regina — sospirò Einkan.