11. Di nuovo nella gabbia

Norby guardò Jeff con espressione di rimprovero.

— Ma si può sapere che cos'hai? Da quando siamo arrivati non fai altro che gridare «ahi!». Neanche se ti avesse colpito uno scivolone!

— È che l'abbraccio di bentornato di Lola è piuttosto pungente — Jeff si liberò dagli artigli che il suo Cucciolo Onnivalente gli aveva infilato in un braccio e cercò di capire come mai si trovasse nel salotto del suo appartamento di Manhattan, invece che su Melodia.

Zargl, battendo le sue piccole ali coriacee, andò a spegnere l'olo-TV.

— Perché sei tornato senza il mio adorato Fargo? — la draghina si rivolse a Jeff. — E dove sono l'ammiraglio e il luogotenente Jones? E chi è questo nuovo robot?

— Questa è Pera. È un robot che gli Altri avevano lasciato a sorvegliare l'inizio di un nuovo sistema planetario. Ma è una storia lunga, Zargl.

— Ma, Jeff — le sottili scaglie verdi sulla fronte della draghina si corrugarono in un'espressione perplessa — come può essere una storia lunga, se siete partiti da qui appena poche ore fa?

— Norby! — gridò Jeff. — Abbiamo sbagliato di nuovo tempo! Anzi, lo hai sbagliato tu. Si può sapere perché mi hai riportato a casa?

Norby ritirò le braccia nel barile fino a mostrare solo le mani bifronti, in quello che doveva essere un atteggiamento di grande umiltà.

— Io non sono che un semplice, piccolo robot, Jeff, e sei tu quello che si suppone debba essere intelligente. Tu sei il mio padrone, voglio dire, il mio compagno, e il minimo che tu possa fare sarebbe l'essere molto intelligente.

— In questo momento non mi sento affatto intelligente — mugugnò Jeff. — Mi sento a pezzi e mi fanno male gli orecchi. In più ho fame e sono spaventato. Perché mi tiri fuori la storia dell'intelligenza, adesso?

— Zargl, portagli qualcosa da mangiare — disse Norby. — Bisogna capirlo: Jeff è un ragazzo in piena fase di crescita e pensa meglio con lo stomaco pieno. Jeff, devi pensare al motivo per cui io sono venuto qui.

— Se vuoi saperlo, penso che tu sia venuto qui perché avevi paura di tornare dove eri, perché hai rinunciato alla tua missione di soccorso, perché non ti importa nulla della principessa e perché hai paura di sua madre, che prima punisce e poi parla.

— Potrei sapere di che cosa state parlando? — Zargl porse a Jeff una ciotola di noccioline, poi gli si sedette accanto, allungando con cura la coda sul pavimento.

Norby si lanciò subito in un resoconto dei fatti piuttosto tendenzioso, in cui metteva in risalto la sua destrezza, la sua audacia e la sua genialità, mentre Pera, a mani giunte, lo ascoltava con quella che sembrava reverente attenzione. Jeff, invece, lo ascoltava distrattamente, più interessato alle noccioline che alle gesta del suo prode robot.

— È inutile che tu cerchi di farti passare per un eroe, Norby — commentò alla fine. — Non ti crederà nessuno: ti stai vantando di un'impresa che non hai ancora compiuto. E non mi hai ancora spiegato perché mi hai riportato a Manhattan.

— Speravo che fossi arrivato a capirlo da solo, Jeff.

Jeff ebbe una improvvisa intuizione: Norby non sapeva come e perché fosse tornato a casa, ma non voleva ammetterlo, quindi sperava che lui lo traesse d'impaccio con una valida giustificazione.

— Non avevi detto qualcosa a proposito dì cercare aiuto, Norby?

— È vero! — il robot ammiccò al ragazzo. — Abbiamo bisogno di un aiuto speciale.

— E naturalmente hai pensato a me! — esclamò Zargl, eccitata.

— No, Zargl — la contraddisse Jeff. — Tu non sei che un cucciolo di drago e sono certo che tua madre non approverebbe.

— Probabilmente no, se lo sapesse — replicò la draghina, compiaciuta — ma non lo sa, e io potrei esservi di grande aiuto.

— E come? — domandò Jeff, dubbioso.

Zargl ispirò a fondo, poi espirò con forza, sbuffando una lunga fiammata, e Pera fece un balzo all'indietro, mentre Lola uggiolava come un cane, nascosta sotto il divano.

— Visto? — riprese Zargl, soddisfatta. — Sarò anche piccola, ma posso bruciare facilmente qualsiasi gabbia.

— Ci sono! — gridò Norby. — Ecco spiegato il buco nella gabbia. Ho avuto ragione o no a venire qui?

Il robot si sollevò in aria e fece una spettacolare piroetta di gioia.

— Sono brava a lanciare fiamme, vero? — si vantò la draghina. — Persino troppo, secondo mia madre. Giusto l'altro giorno mi ha rimproverata per il mio comportamento primitivo, quando ho bruciacchiato l'orlo del mantello preferito della Grande Draghessa.

— Zargl è proprio quel che ci vuole — gongolò Norby. — È abbastanza piccola perché io possa includerla nel mio scudo protettivo con te e Pera: non potrei certo portarmi dietro un elefante! Inoltre, Zargl ha le ali e il collare anti-G, così potrà sottrarsi agli scivoloni, se non canterà bene.

— Come ti permetti? — si offese la draghina. — Io ho una voce meravigliosa!

— E va bene, Norby — si arrese Jeff. — Ammetto che sembra fattibile, ma non montarti la testa. Torniamo su Melodia, adesso, e pensiamo a tirar fuori gli altri dalla gabbia. Non so ancora come faremo con la principessa, ma vedremo di escogitare qualche cosa.

Il ragazzo si sistemò Norby sotto un braccio e Pera sotto l'altro, mentre Zargl gli si appollaiava sulla spalla.

— Pronti? — chiese Norby.

— Miaurr? — fece Lola, uscendo da sotto il divano.

— Lola! Me ne ero dimenticato — esclamò Jeff.

— Dovrà restare qui sola.

— L'alimentatore automatico è pieno di cibo e di acqua — disse Zargl. — Le basterà, se non staremo via troppo tempo. Sai, quella creatura mi ha colpito per il suo autocontrollo e la sua autosufficienza.

— Non ne sono affatto convinto — replicò Jeff — ma pazienza. Andiamo, ora. No, aspetta! Norby, andresti a prendermi i tappi per gli orecchi? Sono nel cassetto del mio comodino.

Quando Norby tornò a sistemarsi sotto il braccio di Jeff, Lola si avvicinò al gruppo con la coda dritta e una espressione offesa negli occhi. Era chiaro che voleva andare con loro e Jeff dovette scostarla con un piede.

— Miau! — miagolò Lola, lamentosamente.

Nel suo sforzo di commuovere Jeff, Lola somigliava più che mai a un gatto. I baffi le fremevano e gli occhi si ridussero a due sottili fessure verdi. Il Cucciolo Onnivalente adesso era un gatto in tutto e per tutto: un gatto che sentiva di essere sul punto di venire abbandonato.

— Andiamo — disse Norby.

— Groul — ringhiò Lola, agitando rabbiosamente la coda, prima di slanciarsi in avanti.

Un attimo prima di vedere il grigiore dell'iperspazio, Jeff sentì un corpo peloso piombargli addosso e due zampette che gli si avvinghiavano al petto.

Il capitano Erig guardò con aria perplessa Jeff e i suoi amici appollaiati sopra il tetto della gabbia.

— Devo dire che dopo essere stato via una intera settimana sei tornato in una ben strana compagnia! Un piccolo animale con la pelliccia verde, un piccolo animale con le scaglie verdi e un piccolo robot sferico con sei occhi: aggiungendo te e Norby, non rispondete proprio alla mia idea di una squadra di soccorso! Inoltre, io non trovo che il tuo piano sia soddisfacente.

— Nemmeno io — disse la principessa Rinda, scuotendo irosamente i rami.

— Davvero, Jeff — anche Fargo sembrava piuttosto stizzito — neppure io seguo il tuo ragionamento, ma forse il mio cervello è ancora annebbiato da ieri.

— Ieri? Che cosa è successo ieri?

— Gli scivoloni mi hanno costretto a cantare toccate e fughe per cinque ore filate.

Era notte, perciò i prigionieri potevano parlare ad alta voce senza timore; però l'alba cominciava già a tingere il cielo di una tenue luce argentea.

— Come minimo avresti dovuto portarci qualcosa di buono da mangiare — bofonchiò l'ammiraglio Yobo, che sembrava essere diventato un po' meno massiccio. — Scommetto che a casa ti sei abbuffato ignobilmente!

— Ho mangiato soltanto qualche nocciolina — replicò Jeff — e anche Lola ha saltato la sua cena. C'è un limite a quanto Norby possa portare! Non avevamo alcuna intenzione di portarci dietro anche Lola, ma lei mi è saltata addosso all'ultimo momento. Insomma, il povero Norby è arrivato assolutamente esausto.

— Già, ma chi si preoccupa di me? — frignò Norby. — Io non sono che un vecchio mulo da soma!

Intanto, Lola soffiava e ringhiava in sordina suscitando perplessità.

— Sembra che questo posto non le piaccia — osservò Albany.

— E a chi piace? — commentò Fargo. — Jeff, non potresti concentrarti e far trasformare Lola in una tigre preistorica mangia-scivoloni, o in qualcosa di utile?

— È difficile farla trasformare deliberatamente in qualcosa — gli ricordò Jeff, scuotendo la testa. — Generalmente si sintonizza con i tuoi desideri quando non stai pensando a lei: non è molto acuta, lo sai. E anche se mangiasse gli scivoloni, quanti potrebbe eliminarne prima di essere piena fino agli orecchi?

— Micio, micio! — Albany chiamò Lola, che subito le saltò in grembo. — La nostra gattina non vuol essere una tigre, vero?

— Be', almeno qualcosa di utile lo hai portato — disse Fargo, guardando la draghina. — Zargl, sbrigati a bruciare la gabbia, perché la mia voce di sicuro non reggerà ancora un giorno e ho i crampi alle braccia a forza di suonare i timpani attraverso le sbarre.

Gli strumenti di Fargo erano stati sistemati contro la palizzata, in modo che potesse raggiungerli, anche se a fatica.

— È stata una mia idea — disse l'albero sacro. — Pensavo che se avessi detto agli scivoloni di portare a Fargo i suoi timpani loro avrebbero aperto la gabbia, ma non lo hanno fatto. Tu, drago, stammi bene a sentire: se devi bruciare le sbarre, bada di farlo lontano dai miei rami.

Zargl volò nell'angolo della gabbia più distante dall'albero e cominciò a sbuffare fiamme.

— È stato quasi divertente — disse Yobo. — All'inizio gli scivoloni hanno provato a suonare i timpani loro stessi, ma ovviamente non ne erano capaci e ne è venuta fuori un'accozzaglia di suoni che li ha fatti inorridire: sono diventati di tutti i colori, poi hanno costretto il povero Fargo a suonare per ore e ore, per dimostrare che servono a far musica e non rumore.

— E intanto — aggiunse l'albero — io ho continuato a cantare senza posa per tenere di buon umore gli scivoloni, mentre questo eroico e bellissimo giovane rischiava la vita tra gli inimmaginabili pericoli dell'iperspazio cercando un modo per salvarci.

Jeff guardò sorpreso l'albero-principessa: almeno qualcuno dimostrava di apprezzarlo!

— Mi fa male dappertutto — si lamentò Einkan. — Detesto questo pianeta, e anche dover stare zitto tutto il giorno mentre voi cantate. Vi sarebbe stato proprio bene se vi avessi piantati in questo orribile posto!

— Cosa che avresti fatto senza esitazioni — replicò Albany, gelidamente — se non ti avessi tolto la tua arma.

— Sta sorgendo il sole — avverti Yobo. — Gli scivoloni stanno uscendo dal fango: li sento già cantare! Avresti dovuto arrivare prima, Norby. Zargl ci metterà troppo tempo a bruciare la gabbia... Naturalmente, sarebbe stato peggio se foste arrivati l'altro ieri: in questo caso le fiamme di Zargl sarebbero state del tutto inutili. È piovuto a dirotto e siamo rimasti a mollo tutto il giorno.

— Il legno è molto duro e massiccio ed è ancora un po' umido — disse Zargl, interrompendosi un attimo per riprendere fiato. — Si carbonizza, ma non prende fuoco. Comunque sto facendo qualche progresso.

Lola saltò giù dalle braccia di Albany e prese ad andare avanti e indietro come una belva in gabbia. I suoi denti erano più lunghi del solito e i suoi miagolii somigliavano vagamente a ruggiti.

— Per fortuna è vegetariana — osservò Albany — altrimenti sarebbe un bel guaio per lei. Non che i vegetali melodiani siano particolarmente nutrienti: comincio già a sentirmi troppo debole anche per cantare!

— Non dirlo neanche per scherzo! — esclamò Yobo. — Se smetti di cantare ti colpiranno con i loro tentacoli fino a paralizzarti, poi ti daranno in pasto all'albero sacro.

— No! — gridò la principessa, agitando i suoi rami. — Questo non deve assolutamente succedere! La sua personalità si mescolerebbe con la mia, e lei non è neppure nobile. Suo padre potrà anche essere, come lei dice, il Primo Cittadino di Manhattan, ma non è certamente di sangue blu come me. D'altra parte, io non sarei più me stessa... — L'albero agitò le fronde per qualche istante, poi riprese a parlare in tono più minaccioso: — Se inquinerete la mia regalità, mia madre escogiterà per voi nuove punizioni che non vi piaceranno affatto: lei è bravissima in questo genere di cose!

— Adesso che ci penso, caro cadetto — Yobo si rivolse a Jeff — avresti potuto portare almeno un'arma con te.

— Zargl è un'arma, ammiraglio, ma non vorrei che le chiedeste di bruciare gli scivoloni: in fin dei conti, non sono stati loro a invitarci su Melodia.

— Voi stranieri siete venuti qui volontariamente, ma noi Izziani no — il capitano Erig aggrottò la fronte. — Ho il sospetto che, quando Einkan ha trovato quella nave, le coordinate fossero inserite nel computer di bordo perché i proprietari sapessero dove non andare. È un vero peccato che la principessa Rinda abbia schiacciato per errore quel pulsante.

— Già, proprio un peccato — bofonchiò Fargo. — Forza, Zargl, sbrigati a bruciare quei pali: voglio andarmene da Melodia al più presto.

— Ah, si? Mi era sembrato di capire che, invece, solleticasse la tua passione per la musica — scherzò Jeff.

— Fratellino, credo che la mia passione per la musica si sia completamente esaurita.

— Qualcuno venga a spingere! — chiamò Zargl, indietreggiando. Era riuscita ad annerire un grosso tratto di recinzione, ma non aveva potuto bruciarlo del tutto.

— Ci penso io — dichiarò Yobo. L'ammiraglio fece da parte la draghina e si gettò contro la palizzata. Dopo poche, possenti spallate il legno semicarbonizzato cedette e, uno alla volta, i prigionieri uscirono dalla gabbia. Lola, uscendo per ultima, balzò tra le braccia di Jeff.

— Aspettate! — gridò l'albero. — Non potete andarvene senza di me: io sono la principessa ereditaria di Izz, e non potete lasciarmi qui.

— Ma, Altezza — obiettò Einkan — tu stessa hai detto che sradicando l'albero uccideremmo lui e te!

L'albero scoppiò in singhiozzi disperati e nello stesso istante arrivarono gli scivoloni, cantando rabbiosamente una marcia aggressiva.

— Correte alla nave! — gridò Yobo, tirando calci agli scivoloni più vicini. — Penseremo poi al modo di prendere l'albero senza farlo morire.

Ma ormai era troppo tardi: il sole era già alto e in pochi secondi gli scivoloni assalirono in forze i fuggiaschi, respingendoli dentro la gabbia.

— Adesso vi getteranno uno per uno nell'albero sacro! — la principessa stava ancora piangendo. — Diventeremo un orribile miscuglio!

— Perché mai dovrebbero farlo? — domandò Albany.

— Sono furiosi perché non siete buoni animali da giardino zoologico: avete cercato di fuggire, invece di starvene tranquilli a cantare dietro le sbarre.

L'albero agitò i rami e le sue foglie stormirono lugubremente.

— Di' un po' — si insospettì Jeff — non sarai mica stata tu ad avvertire gli scivoloni che stavamo scappando?

— No, lo giuro! Non mi importa niente che gli altri se ne vadano: mi basta che tu, Jeff, rimanga con me.

— Mi dispiace, principessa, ma non posso restare — Jeff era più a disagio che mai. — Dovrò tornare all'accademia...

— Ebbene, visto che io dovrò restare qui per sempre, uccidi tutti gli scivoloni e fa' trasferire qui l'accademia, così potrai restare con me.

Jeff si appoggiò con la schiena alle sbarre, guardando gli scivoloni che si avvicinavano marciando a ranghi serrati, chiudendo ogni via di fuga.

— Temo che anche questo sia impossibile, principessa — rispose. — Gli scivoloni si sono evoluti su Melodia: questo è il loro pianeta e non possiamo portarglielo via per i nostri scopi, nemmeno per rendere più piacevole la vita della principessa ereditaria di Izz nel suo albero. Dobbiamo andarcene e lasciare che gli scivoloni si sviluppino per proprio conto.

— Probabilmente finirò per dimenticare persino chi sono — Rinda pianse ancora più forte. — La principessa ereditaria di Izz non sarà nient'altro che un albero!

— Attento, Jeff! — Norby afferrò il suo amico e antigravitò appena in tempo per sottrarlo ai tentacoli di uno scivolone.

Zargl, che fino a quel momento era rimasta sul tetto della gabbia, si gettò in picchiata sugli scivoloni sbuffando fumo e fiamme, fino a costringerli a battere in ritirata.

— Brava, draghina! Avanti così! — la incitò Yobo. — Aprici un varco fino alla nave!

— Non posso — ansimò Zargl. — Non mi è rimasto abbastanza fuoco. Per riprendermi avrei bisogno di alcune ore di riposo e di un buon pasto sostanzioso.

Intanto, gli scivoloni avevano deciso di cambiare tattica: accovacciati sui loro piedi a lumaca, presero a cantare a piena voce in tono così acuto da produrre vibrazioni tali da stordire chiunque.

Jeff ebbe la sensazione che centinaia di spilli gli stessero penetrando nel cervello e si affrettò a mettersi i tappi negli orecchi.

Gli altri caddero a terra, premendosi le mani sulle tempie. Gli scivoloni si avvicinarono e li trascinarono di nuovo nella gabbia.

— Portami nell'Hopeful, Norby! — gridò Jeff.

Il robot azionò la sua mini-anti-G e si sollevò in aria, trascinando Jeff, e subito Pera accorse in suo aiuto, prendendo l'altra mano del ragazzo.

Poco dopo i tre stavano sorvolando l'Hopeful, ma quello che videro non era affatto incoraggiante: gli scivoloni piantonavano il portello d'ingresso e non c'era modo di entrarvi senza farsi colpire.

Norby e Jeff decisero di tentare ugualmente, mentre Pera sorvegliava la situazione dall'alto; ma l'unico risultato che ottennero fu di farsi sferzare dai tentacoli delle creature finché Jeff fu tutto un dolore dalla testa ai piedi e Norby cominciò a barcollare in modo preoccupante. Alla fine ai due non restò che correre via nell'unica direzione che gli scivoloni avevano lasciato sgombra, e che portava direttamente alla gabbia.

— Aziona l'antigravità, Norby — gridò Pera, dall'alto.

— Non ci riesco! — strillò il robot. — Le scosse elettriche dei tentacoli hanno sconvolto i miei microcircuiti.

— Allora cercherò di sollevarvi tutt'e due — si offri volenterosamente Pera.

— No, sei troppo piccola — rifiutò Jeff. — Prendi solo Norby.

Mentre Pera sollevava Norby, gli scivoloni circondarono Jeff e lo spinsero nella gabbia, chiudendo la porta alle sue spalle.

Altri scivoloni si erano già schierati contro il foro, chiudendolo con i loro corpi.

"Forse potremo ritentare stanotte" si disse Jeff, cercando di dimenticare il dolore. Poi si ricordò di quello che aveva detto la principessa: probabilmente prima di notte sarebbero stati dati tutti in pasto all'albero.

— Miao! — si lamentò Lola. Era evidente che non risentiva delle vibrazioni quanto gli esseri umani, ma pareva ugualmente infelice.

Jeff la prese in braccio e lei gli si rannicchiò contro il petto.

— Lola, non potresti trasformarti in qualcosa di utile? Prova a prendere la forma di uno scivolone: forse penseranno che io abbia dei poteri speciali e mi lasceranno andare.

— Miaooo — disse Lola, allungando un poco gli artigli e accorciando la coda.

— Non può esserci di nessun aiuto — commentò Norby dal tetto della gabbia, su cui si era rifugiato con Pera.

Zargl raggiunse i due robot e si sedette accanto a loro.

— Non riesco più a fare nemmeno una fiammella — si rammaricò la draghina. — Avrei bisogno di mangiare per recuperare energia, ma mentre gli altri cercavano di scappare Lola si è fatta fuori tutto il cibo. Devo andare a cercare qui intorno qualche vegetale commestibile.

— È meglio di no — disse Jeff. — Gli scivoloni potrebbero catturarti.

— La situazione è disperata, vero? — domandò la principessa, con un fremito delle foglie.

— No — mormorò Jeff — deve pur esserci una soluzione! Nel futuro ce ne saremo andati tutti e gli scivoloni avranno paura di noi.

Il ragazzo si rivolse al suo robot, cercando di parlare abbastanza chiaramente da farsi udire da lui, ma non dagli scivoloni:

— Norby, va' nel tempo!

— Ci ho già provato, ma non posso farlo: i miei microcircuiti sono troppo scossi.

— Allora, Pera, porta Norby oltre il campo inibitorio e aiutalo ad andare nell'iperspazio.

— È meglio di no, fino a quando non mi sarò calmato — disse Norby.

Gli scivoloni continuavano ad agitarsi intorno alla gabbia, coprendo con i loro corpi il pezzo di recinto bruciato.

— Ormai ho perso le speranze — sospirò la principessa. — Grazie per aver tentato di salvarmi, Jeff. Avrei tanto voluto tornare a casa per essere una persona migliore. Sono stata egoista e prepotente per tutta la vita, ma ti assicuro, ora vorrei provare a diventare come te.

— Continua a sperare, principessa. Forse Norby si riprenderà e allora lui e Pera riproveranno a impadronirsi di una delle nostre astronavi, così potranno spaventare gli scivoloni e abbattere la gabbia; poi troveremo senz'altro il modo per portarti via.

Gli scivoloni, ormai sicuri di aver ripreso il controllo della situazione, smisero di emettere le loro orribili vibrazioni.

I prigionieri si risvegliarono l'uno dopo l'altro, ancora un po' storditi.

— Oh, no! — gemette Albany, rendendosi conto che erano di nuovo tutti nella gabbia, eccetto Zargl e i due robot.

— Tutto quello che vorrei, in questo momento, sarebbe una cella insonorizzata — mugugnò Fargo.

La principessa allungò un ramo verso Jeff e gli solleticò la nuca, poi gli accarezzò una guancia, e il ragazzo, girandosi, si ritrovò a guardare un piccolo occhio azzurro che ammiccava dalla estremità di un ramoscello.

— Mi dispiace, principessa — mormorò.

— Non importa, Jeff — replicò lei, dolcemente. — Resterai sempre il mio eroe.

Il ramoscello si voltò a guardare Lola. Il cucciolo si alzò sulle zampe posteriori e diede un colpetto, proprio come fanno i gatti quando hanno voglia di giocare.

A quanto pareva, con lo stomaco pieno e gli scivoloni che cantavano tranquillamente, Lola aveva deciso che Melodia non era poi un brutto posto per un gatto vegetariano.

Il ramoscello grattò Lola dietro gli orecchi.

— Frrr! Frrr! — ronfò il cucciolo, strofinandosi contro.

— Oh, aiutami, ti prego! — sospirò la principessa con disperazione.

— Uaurrr! — sembrò rispondere Lola, poi balzò nel punto in cui il tronco dell'albero si divideva nei due rami principali e scomparve.

Jeff ebbe un terribile presentimento: Lola era sparita esattamente nel punto in cui si trovava la bocca dell'albero.

— Lola! — Jeff chiamò, ma inutilmente. — Lola! — gridò ancora più forte, senza preoccuparsi degli scivoloni.

Il cucciolo non rispose.

— Principessa!

Anche l'albero rimase in silenzio.

Nessuno scivolone accorse per punire Jeff di aver gridato. Anzi, nonostante fosse pieno giorno, smisero tutti di cantare.