Capitolo  XXV

Sheila li fece camminare più a lungo di quanto avrebbe fatto Mortimer se fosse dipeso da lui. Seguendo il corso serpeggiante del ruscello, costeggiarono case ed entrarono nella foresta. Dopo un bel po' di tempo incrociarono la strada sterrata.

«Ci passavano i camion che trasportavano il legname», li informò Sheila.

Mortimer pensava che si sarebbero fermate per trascorrere lì la notte, ma la ragazza si arrampicò lungo l'argine fino alla strada e riprese la marcia.

Alla fine fu Bill a parlare: «S-se ti vuoi fermare per me va b-bene. Non mi dispiacerebbe un bel fuoco». Non aveva un giaccone e stava tremando di freddo.

«Non ancora», rispose Sheila senza rallentare il passo.

Marciarono alla luce delle stelle e al pallido chiarore della luna. Passò un'altra ora. Bill avanzava ormai a testa bassa, la schiena piegata sotto il peso della sacca di generi alimentari sottratti alla dispensa del Joey's. Finalmente Sheila si fermò e si ritardò intorno, cercando di orientarsi, poi si immerse nella foresta. Mortimer si trovò a percorrere uno stretto sentiero.

Presto sbucarono in una radura, dove sorgeva una non ben identificabile struttura. Avvicinandosi, Mortimer capì che si trattava di una sorta di area da picnic.

Sheila disse a Bill: «Procurati la legna, se vuoi accendere il fuoco».

Bill lasciò cadere a terra la sacca e cominciò a raccogliere degli sterpi.

«Che posto è?», domandò Mortimer.

La ragazza riaccese la candela e la accostò a un cartello marrone con una scritta in giallo: TVA RISERVA NATURALE. AREA PICNIC E.

«Eravamo qui quando è accaduto il peggio», disse Sheila con voce fredda e inespressiva. «Un gruppo di Coccinelle. Kyle era il marito della nostra capo scout».

Mortimer fu lieto che fosse buio; non voleva che Sheila vedesse la sua espressione.

Bill scaricò a terra un fascio di legna accanto alla buca per il fuoco.

«Accendiamo questo c-cazzo di fuoco. Ho le palle con gelate».

 

Seduti in cerchio intorno al fuoco, mangiarono pezzi di pane integrale preso nella dispensa del Joey's. Nessuno aveva energia sufficiente per cucinare qualcosa. Sheila tirò fuori dal suo zaino un sottile sacco a pelo strettamente arrotolato. Lo distese a circa un metro dal fuoco e s'infilò dentro: la tela era rosa con disegni della Sirenetta.

Mortimer offrì la sua coperta leggera a Bill, che non aveva giaccone, e usò il borsone Nike come cuscino. Il fuoco attenuava il freddo pungente; persino Bill aveva smesso di tremare.

Nonostante lo sfinimento, nessuno di loro si addormentò subito. L'adrenalina scatenata dal pericolo che si erano lasciati alle spalle scorreva ancora nelle vene di Mortimer, e la mente continuava a rimuginare sugli stessi pensieri. Forse gli altri erano nelle sue stesse condizioni. Mortimer guardò i compagni di viaggio intorno al piccolo falò e scorse occhi aperti in cui si riflettevano le fiamme.

«Forse dovremmo contare le pecore», propose Mortimer.

«Mi farebbe solo venire voglia di carne di montone», replico Bill con uno sbadiglio.

«Come sei finita al Joey's di Cleveland, Sheila?».

La ragazza non rispose subito, quasi dovesse riflettere su come iniziare il racconto. Alla fine, disse: «Sono andata nel panico dopo la morte di Kyle. So che probabilmente suonerà stupido, ma dopo un po' ti abitui ad avere qualcuno che ti dice co sa devi fare, quando mangiare e quando dormire e, be', tutto il resto. In un primo momento, sono tornata alla caserma dei pompieri».

Sheila si tirò su a sedere e si avvolse nel sacco a pelo, fissando il fuoco. «Dopo aver trascorso una notte da sola, ho capito che non potevo semplicemente restare lì senza fare niente, se non altro perché le scorte di cibo sarebbero finite. Ma non è stato tanto per quello: sentivo di dovermi muovere, capisci? Non ci avevo realmente pensato fino a quel momento, non in modo razionale, non mi ero mai chiesta cosa pensavo o quali fossero i miei piani, perché non ne avevo. Non avevo alcun piano, se non la sensazione che dovevo muovermi. Ripensandoci, però, credo che sapessi che dipendeva tutto da me. Che potevo andarmene » restare, vivere o aspettare la morte e che dipendeva totalmente da me e da nessun altro. Il primo giorno ero spaventata e smarrita, non c'era nessuno a dirmi cosa fare, ma quando ho messo insieme le mie cose e ho lasciato la caserma, non riuscivo a spiegarmi come fossi riuscita a vivere in quel modo fino ad allora. Ho pensato di non aver vissuto, non effettivamente, almeno. Ero solo un oggetto che Kyle usava a suo piacimento. Quando lui è morto, io ho cominciato a vivere».

Mortimer si sollevò puntellandosi su un gomito. «Poi cos'è successo?».

Sheila distolse lo sguardo dal fuoco e incontrò gli occhi di Mortimer. «Cosa intendi?»

«Be', per finire al Joey's. Di colpo eri libera, ma poi sei finita a fare...». Non riuscì a dire "la puttana". «Sembra che tu sia passata dal servire un solo uomo al servire tutti quelli che varcavano la soglia del Joey's».

Sheila piegò la testa di lato e socchiuse gli occhi, come se stesse; cercando di capire un'anatra che di colpo aveva preso a esprimersi in francese.

«È diverso», disse. «Non capisci. Gli uomini percorrono chilometri per stare con me. Hanno bisogno di quel che io posso fare per loro. Kyle mi aveva convinta che ero io ad avere bisogno di lui. E non era così. Gli uomini vogliono me. Hanno bisogno di me».

«Non arrabbiarti», le disse Mortimer. «Non volevo offenderti»

«Non sono arrabbiata. Penso soltanto che tu non capisca. Se credi che stare al Joey's sia come stare con Kyle, se non vedi la differenza totale tra le due cose, allora non so come spiegartelo».

Anche Mortimer si tirò su a sedere, invitandola a calmarsi con timidi gesti. «Ascolta, so che è molto più sicuro stare al Joey's Ti trattano bene, ti danno da mangiare, ed è un milione di volte meglio del trattamento che ti riservava Kyle. Senza dubbio e una situazione migliore».

«Ancora non capisci». Adesso Sheila sembrava realmente contrariata, con una luce dura negli occhi che riflettevano il bagliore delle fiamme. «Conto qualcosa. Al Joey Armageddon's riconoscono i miei pregi. Mi hanno fatto capire che valgo. Per tutti quegli anni, Kyle non mi ha semplicemente violentata, mi ha privata della mia dignità. Mi ha derubata».

 

Alla fine, il sonno arrivò. Il mattino dopo Mortimer si sveglio al profumo di salsicce e caffè e pensò che avrebbe potuto piangere di gioia.

«'giorno». Sheila aveva acceso il fuoco e cotto le misteriose salsicce nel tegame che Mortimer aveva comprato il giorno prima. Non sembrava più arrabbiata. Il mattino era luminoso, gli uccellini cantavano. L'aria era dolce e fresca.

«Dov'è Bill?»

«Da qualche parte a cagare», rispose Sheila.

Giusto.

La ragazza gli indicò il fitto della foresta. «Se vai da quella parte troverai un limpido ruscello dove poterti lavare. Ho preso un po' d'acqua prima, ma l'ho usata per il caffè». Gli porse la sua tazza di latta.

Il metallo era bollente e Mortimer lo avvolse nel lembo della camicia per non scottarsi. L'aria fredda s'insinuò sotto la camicia e lo fece rabbrividire, ma non ci badò. Avvicinò il naso al caffè caldo: aveva un aroma maledettamente buono. «Grazie»

Sheila bucò le salsicce con una forchetta. «Fra poco arriva la colazione».

«Ok. Vado a lavarmi la faccia».

Si allontanò in cerca del ruscello, senza alcuna fretta. La foresta cominciava a rinverdirsi; ancora non si vedeva il sottobosco, ma gli aghi verdi stavano rinfoltendo i rami degli abeti. Era piacevole. Mortimer riuscì quasi a illudersi di essere in vacanza in campeggio. Proprio un bel posto; magari si poteva anche pescare in quel ruscello. Era da tanto tempo che non pescava con la lenza.

Ad Anne non era mai andata a genio la pesca, ma le piaceva fare escursioni a piedi e, in generale, ogni attività all'aria aperta, La loro ultima, vera vacanza insieme era stata a Las Vegas, e nessuno dei due si era divertito; avevano trascorso la maggior parte del tempo a rimpiangere di non essere andati a Yellowstone. Forse, se l'anno successivo fossero andati al parco, avrebbero salvato il loro rapporto. Forse sarebbe stato un nuovo inizio, la giusta direzione da seguire.

Non avevano mai avuto il tempo di farlo.

Mortimer arrivò al ruscello e si spruzzò l'acqua sulla faccia. Era gelida, ma anche così risultò piacevole lavarsi via le ultime tracce di sonno. E il caffè. Anche quello lo aveva svegliato bene, gli aveva scaldato lo stomaco.

Si sedette su un masso a osservare la corsa delle acque e a sorteggiare il caffè, provando una pacata felicità al pensiero che non tutto fosse andato distrutto al mondo. C'erano ancora mattinate limpide e tazze di caffè caldo.

Il grido di Sheila riecheggiò nella foresta. Mortimer lasciò caliere la tazza e si precipitò verso il campo.