CAPITOLO V

 

Quinto e sesto sigilli

 

 

Quando il quinto sigillo fu aperto, udii un rumore indistinto di voci agitate, di gemiti profondo, dolorosi.

Poco a poco, mi appari una moltitudine i cui abiti erano intrisi di sangue.

Queste acclamavano e si lamentavano: “Fino a quando, o Sovrano, non giudicherai e vendicherai del nostro sangue?”

“Vogliamo vendetta! Vogliamo che paghino per il nostro sangue. Abbiamo già aspettato molto tempo… Vogliamo vendetta o Potente!”

Chi sono queste persone? Perché sarà che vogliono vendetta? – Pensai. Una voce che non sapevo se usciva da dentro di me o se veniva da un essere invisibile, mi fece capire: “Sono quelle persone che non ebbero giustizia sulla terra. La giustizia terrena non ha potuto risarcirle dalle violenze subite. Sono quelle torturate, violentate, uccisi da perversi o da quelli che in possesso del potere e della forza, dettavano le loro leggi, abusando dalla autorità molte volte concessa dal popolo povero e indifeso, lo stesso che poi, diventa delle vittime.

Molti di coloro che si lamentavano, erano persone che furono sacrificate per adorare un Dio, o perché furono stati fedeli, diffondendo le verità del Grand’Ammiraglio. Soffrirono torture, persecuzioni, al posto di ottenere giustizia.

-                Fino a quando, Grand’Ammiraglio, Super Potente, aspetterai per vendicare il nostro sangue? Fino a quando?…

-                Calmatevi, calmatevi! E’ ancora presto. Aspettate un po’. Ancora dovranno arrivare tante altre vittime delle ingiustizie, dopo di che, tutti i perversi avranno la “sakham”, cioè, la paga meritata, la sentenza giusta, nel momento opportuno. Fidatevi di me, vi prego!…

A questo punto, sentivo già la mente stanca, tanto era lo sforzo di comprendere cose tanto lontane dalla mia realtà e dalla mia capacità di intendere; sapevo che mancavano ancora due sigilli e questo mi lasciava ansioso, ero reso apprensivo dall’attesa di sapere ciò che sarebbe accaduto all’umanità.

Mi infusi coraggio e aspettai l’apertura del sesto sigillo. “Che cosa sarà che vogliono questi esseri strani e potenti dai poveri mortali dalla terra?” Pensai con indicibile pena,

Fu in quel momento che mi ricordai delle cose che a volte Basty mi diceva al riguardo della fine del mondo. Cose terribili sarebbero accadute quando il mondo sarebbe stato vicino alla sua fine.

-                “Smettila, Basty! Lo sai che queste storie sono fatte per ingannare i bambini; ti stai compromettendo con questo tipo di superstizioni!…” Rispondevo ogni volta che cercava di coinvolgermi con le sue stupidaggini.

Attento, Abdi! Non scherzare su queste cose, poiché la fine di chi schernisce colui che tutto ha creato e ha il potere e il diritto di distruggere tutto di nuovo, è terribilmente angustiante…

Prese un libro nero che non spostava mai dal suo comodino e lesse per me alcuni passi che ora mi tornano alla mente e mi lasciano pieno di timore: “Interamente, cancellerò tutto sulla faccia della terra, dice l’Onnipotente, strapperò gli uomini e gli animali, consumerò gli uccelli del cielo e i pesci del mare, i peccatori e gli empi; e cancellerò gli uomini dalla faccia della terra… e sarà in questo tempo che castigherò gli uomini che stanno seduti sui loro sedimenti, che dicono nel loro cuore: il Grand’Ammiraglio non fa bene né male.

Per questo sarà saccheggiata la sua fattoria, e rase al suolo le sue case ma non abiteranno in esse, e pianteranno vigne, ma non ne berranno il vino. Il giorno terribile è vicino. Amaramente chiamerà, allora, l’uomo potente.

Quello sarà un giorno d'indignazione, giorno di angustia e di ansia, giorno di confusione e di desolazione, giorno di tenebre, di nubi e di dense oscurità.

Giorno di trombe e pianti, contro le città forti e le altre torri.”

“E angustierò gli uomini, essi andranno come ciechi, poiché si ribellarono all’Onnipotente; e il loro sangue si spargerà come polvere e la loro carne come sterco.

Né il loro argento né il loro oro li potranno alleviare nel giorno del furore dell’Onnipotente, ma dal fuoco del suo marchio, questa terra sarà consumata, perché, certamente farà dagli abitanti del Terra una distruzione totale e rapida.

No… non devo farmi coinvolgere da queste cose che possono solo essere il frutto della fertile immaginazione di Basty! – Mi sfregai la faccia per farla finita con questo ricordo e mi preparai all’annuncio dell’apertura del sesto sigillo.

Dall’apertura di un sigillo all’altro, c’era uno spazio di tempo che non saprei definire se erano ore o secondi.

Avevo perso la nozione del tempo, non sapevo se avevo i piedi per terra o in area.

Fui sottratto dai miei ricordi dalla voce potente che annunciava l’apertura del prossimo sigillo e, prima che terminasse l’annuncio, precipitavo rotolando sul fianco di una montagna immensa, molto pietrosa.

Cadevo rotolando, rotolando… le pietre mi travolgevano precipitando con maggior velocità ma non mi ferivo né venivo colpito.

Giudicai che non mi sarei mai fermato.

Alla fine, arrivai ai piedi della montagna e mi trovai a Ribla, una città molto movimentata.

Cominciava a imbrunire, quando sopravvenne un forte vento, scuotendo tutta la città.

Mi sentivo profondamente agitato, per la sensazione d'imminente pericolo; mi lasciai cadere al suolo, vicino al terreno erboso, ai piedi della montagna, senza nemmeno tentare di guardare verso il Cielo.

Probabilmente era proprio dal Cielo che sarebbe venuto il castigo del quale parlò Basty.

Facevo un grande sforzo per liberarmi dell’idea che il furore del vento, sempre più forte, avrebbe messo in pericolo la base della montagna.

Passò del tempo, prima che tornasse a raziocinare per ritrovare il coraggio di mettermi a sedere e guardare lo spazio.

Fu quando qualcosa mi chiamò l’attenzione. Il Cielo era molto stellato e la luna estremamente grande; mai avevo visto il cielo in quel modo prima, le stelle formavano file irregolari, per mettersi in modo da prendere più spazio.

Quasi non esisteva vuoto e il cielo mi sembrava una stoia illuminata. Rimasi attonito.

A questo punto, il vento formava dei mulinelli che si alzavano in direzione del cielo, vertiginosamente stellato.

All’improvviso, percepii che alcune stelle stavano per essere strappate dal firmamento, dal furore del vento, essendo poi attirate al suolo, dove arrivavano sbriciolandosi come tazze di cristallo. Ero totalmente stupefatto, davanti all’inspiegabile fenomeno.

La scena si ripeté tante volte, fino a quando il cielo non diviene defalcato quanto un'enorme torta di compleanno, dove i bambini vanno poco a poco togliendo le paline argentate. Il rumore delle stelle che si schiantavano al suolo era irritante.

Il cielo era sempre più nero; i punti luminosi andavano scomparendo sempre più, solo la luna continuava ad imperare senza alterarsi.

Rimasi a guardarla. Da lì a poco notai una lieve sfumatura nel suo colore che andava concentrandosi fino a diventare rossa come un peperone. Potevo giurare, che la luna era “rossa di rabbia” per l’audacia del vento nell'avere strappato le sue compagne, che da tanto tempo illuminavano il pianeta.

Una nube nera cominciò a formare un’aureola intorno, e a poco a poco la oscurò fino a nasconderla completamente.

Lei si rifiutava perentoriamente di brillare; andò assumendo un colore scuro, giada, di modo che si diventò oscura, e tutto si fece catrame. Non esistevano più, né luna, né stelle.

Sentii un tremito sotto i piedi, il vento ululava, portandosi via tetti, alberi, animali, tutto quello che trovava davanti.

La natura si rivoltò, era come se questa entrasse in armonia per un unico fine. Sentii la montagna tremare alle base.

Mi gettai al suolo, aggrappandomi alla scarsa erba, come se questa potesse sostenermi. “Non ho dubbi, questo deve essere un terremoto!” Pensai spaventato.

Mi mossi da li, tastando il terreno alla ricerca di una breccia nella montagna che mi potesse proteggere.

Molte altre persone fecero la stessa cosa; cominciò una ribellione mai vista nella natura. Il terremoto era terribilmente spaventoso raggiungendo il massimo grado possibile.

 Un rumore incredibile ci assordava, mescolato alle gride di donne e bambini. Vidi la disperazione delle persone e m'angustiavo per loro, ma non avevo paura; era come se stessi li, come uno spettatore e non come partecipante della scena.

Ci sono momenti in cui le nostre parole pare non riescono a raggiungere l’effetto desiderato. Questo era uno di quei momenti. Furono le scene più drammatiche a cui ebbi presenziato in tutta la mia vita; nessuna parola potrà mai descrivere.

Ci fu un grande tremore di terra che coinvolse il cielo e il mare. Si verificò una trasformazione completa delle cose, prima immutabili, e la manifestazione sublime del Grand’Ammiraglio si rese concreto, portando la completa oscurità e scuotendo tutte le forze della natura, includendo, in questo istante, il collasso totale dei governi della Terra. E pensare che lì, stavo presenziando solo una piccola parte dei disastri ecologici che stava scuotendo il mondo in quel momento.

Davanti a tutto questo, l’orrore invade gli uomini, le donne e i bambini, trasformando il tutto in un momento di vero terrore, quando piccoli e grandi, ricchi e poveri, schiavi e liberi, umili e potenti, invocano, nella loro disperazione, le montagne poiché queste cadano sopra di essi e li riparino dalla vista del Grand’Ammiraglio.

“Chi può affrontare il suo furore? Chi può resistere all’ardore della sua ira? La sua collera si sparse come il fuoco, e da questa, le rocce sono spaccate”

-         Aiuto, aiutatemi!

Erano tante le grida d'aiuto che io non distinguevo da dove arrivavano.

-         Aiutami! O figlio mio… per pietà, aiutateci!

Uscii tastando attorno per vedere da dove veniva quella voce d'angoscia. Le scene erano orripilanti: madri trascinando i loro figli insanguinati, persone che non sopportavano di vedere i loro famigliare lacerati. Chiedevano, nella loro disperazione, che venisse giù una frana e seppellisse tutti, piuttosto che vedere tante sofferenze.

Vidi una scena così scioccante che mi diede nausea: una giovane madre tirava per le braccia il suo bambino, cercando di toglierlo dalle macerie, con tante disperazione che nelle sue mani rimasi solo un braccio del piccolo.

Le descrizioni, per quanto siano approssimative, non danno la minima idea dell'orribile situazione alla quale presenziavo.

Monti e isole furono mosse dai loro luoghi, tanta era la forza della ribellione della natura. Era un quadro di caos sociale alla quale la natura partecipava con eruzioni violente, catastrofi generali e terrore universale.

Me ne andai traballando, inciampando nei detriti, non si udiva nessun tipo di rumore. Era il vero e proprio “silenzio di tomba”, giustificato dagli innumerevoli cadaveri sparsi per il suolo o sotto le macerie, che per tanto tempo hanno aspettato i soccorsi che non sono mai arrivati. Sembrava che il Pianeta Terra si stesse spezzando poco a poco, dal furore del Grand’Ammiraglio.

Camminavo senza meta, da un posto all’altro, vedendo quei corpi mutilati e senza vita, lamentandomi profondamente. Un conto è vedere quelle immagini nella televisione, un altro ed essere costretto a partecipare a tutte quelle stragi, inoperante, senza poter fare nulla! Era più di una tortura.

Quante vite falciate, quanta allegria interrotta, piani non portati a termine; quanto amore frustrato nel negare il dare e il ricevere… quanti sorrisi spenti…! Li, i loro propositi furono impediti così come le aspirazioni del loro cuore!…

Piansi convulsamente, fino a calmarmi, dopo di che, me ne andai, camminando senza destinazione.

Saliva, dalla terra, un odore acre di pelle, sangue e polvere, mi riprese la nausea e mi appoggiai al tronco di un albero denudato dalla forza del vento.

Mi sedetti al suolo, appoggiandomi a quel tronco e mi addormentai, per quanto tempo, non lo so!

Ancora in uno stato di sonnolenza, vidi qualcuno che apparve per me, non saprei dire se persona o spirito.

So, però, che m'identificavo molto con costui, come se fosse una parte di me che ancora non conoscevo.

Questo essere si fermò davanti a me e disse: “Viene!”

Parlava con un'autorità quasi minatoria.

Sentii, nel mio interiore, che quello spirito - che sembrava sempre più la mia ombra, o qualcosa che faceva parte di me stesso – se staccava da me per farmi un confronto.

“Va bene, mi sentivo debole, anche un po’ vile… ma, che cosa voleva!… Sto vivendo delle situazioni insolite che più insolite, non si può! Cosa potrà rimproverarmi questo coso qui?”

In realtà, ero una persona flemmatico-melancolica, per cui, tante volte mi sono lasciato dominare dal mio lato negativo, quello che tutti noi abbiamo ma che alcuni riescono a controllarla bene.

Particolarmente, lo sbalzo tra il positivismo e il negativismo sembra molto più frequente in me che negli altri.

Guardavo quella figura slanciata che mi fissava con intrepidezza e mi vidi come uno specchio vivo. Era così simile a me e così diverso, da non capire. Il suo sguardo mi intimidiva così tanto che la seguì incondizionatamente.

Ho capito. Quello essere stava soltanto travestito da me per farmi imparare qualcosa di me stesso. Il suo sguardo mi penetrava con profondità e in quello momento, avevo la sensazione di una fusione delle nostre anime.

Camminavamo dentro un bosco misterioso, con torrenti cristallini dalle correnti incerte. Mentre penetravamo nel bosco perscrutante, la mia immaginazione acquisiva una relativa libertà per divagare in quella regione strana e chimerica. Divagava alla grande, tra le meraviglie multiformi di quella vegetazione con tanti fiori esotici, tutti silenziosi e eternamente immobili. Però, non soltanto queste immagini dominavano la mia mente. A volte gli orrori di una natura più nera e spaventosa si spandevano nel mio spirito e facevano tremare la profondità della mia anima, con la semplice possibilità di sua esistenza.

Coinvolto da questo delirio alternante tra il bello e lo spaventoso, non ho sentito quando quell’altro essere, che era la mia immagine, sebbene, notoriamente diversa, si fermò davanti a una porta in cui se leggeva: “PORTA DELLE RELAZIONI UMANE”.

Mi fermai di colpo. Quell’ombra voleva prendersi gioco di me Io non ho mai avuto molta facilità nei rapporti con gli altri. Sono sempre stato un po' aggressivo anche con i miei dipendenti; diffidavo sempre delle amicizie. Non posso dire che in tutta la mia vita abbia avuto molti amici, amici veri.

-         Non preoccuparti, Abdi, tu non sei l’unico.

La sua voce adesso era più soave, nel leggere il mio pensiero.

-         Ti ho portato qui per farti vedere certi aspetti della natura umana; vedere come gli uomini sono così simili e così contrastanti tra di loro. E’ naturale che un uomo calpestare gli altri pur di ottenere egoisticamente i più meschini desideri.

Per quale motivo gli uomini non si impegnano ad approfondire la conoscenza perfetta? Mai ebbe un vero approfondimento nelle leggi fondamentali per la comprensione dell'animo umano. Ha, invece, un progresso fondamentale nell’applicazione dei metodi scientifici delle cose materiali, a scapito della conquista dello spirito.

Possiamo pensare, se vogliamo, che il ritardo nello scoprire i principi basici per il successo nel rapporto umano sia dovuto all'ignoranza del fatto che esistono leggi immutabili e esterne che governano il comportamento umano, così come esistono leggi immutabili che governano l’universo, che non possiamo violare senza subire le punizioni. Il ritardo nel miglioramento delle relazioni umane è dovuto anche al fatto che, quando violiamo una delle leggi del comportamento umano, la penalità può arrivare anche dopo molti anni e quando essa arriva – questo è inevitabile – può darsi che non colleghiamo l’accaduto con la punizione. Innanzi tutto, non sempre ammettiamo quell'errore il quali è giustificato dalle circostanze. Questo, però, non succede con la violazione delle leggi dell’universo perché la penalità è immediata. Cosa succede quando violiamo la legge della gravità, buttandoci dal decimo piano? Il castigo è fatale e immediato.

-         Quindi, a causa del ritardo del castigo dopo l'infrazione di una legge delle relazioni umane, generalmente non ci accorgiamo dei molti errori che commettiamo e così, rallentiamo il processo del perfezionamento dei rapporti tra le genti.

-         Quando l’uomo comincerà a imparare dagli esempi più semplice del relazionamento umano, che esistono evidentemente benefici, premi materiali e soddisfazioni spirituali quando si ubbidisce alle leggi della natura umana, allora, commetterà meno errori, perderanno grande parte della sua miopia mentale e collaborerà con più efficacia allo sviluppo dello spirito e penserà comunque con gioia e soddisfazione a quanto si ottiene, quando serviamo ai nostri simili con buona volontà e meno interessi personali.   

-         Ma, cosa c’entra tutto questo con quelli disgraziati che hanno perso la vita i sono tutti lì per terra come dei miserabili?

-         Viene, ancora non è finito.

Lo seguii. Entrammo in una specie di acquedotto, lungo e scuro. Io non vedevo proprio nulla, ma era come se io già conoscesse il cammino, poiché non sbagliavo un solo passo.

Entrammo e uscimmo da diverse porte del tipo “a battente”, parallele una alle altre.

All’improvviso, come se una botola si fosse aperta sotto i nostri piedi, o per meglio dire, sotto i miei piedi, caddi nel mezzo di una valle coperta di ossa umane, già essiccate dal tanto tempo esposte.

Quella persona, (non so ancora se persona o spirito materializzato), mi parlava, o meglio, mi faceva capire le sue parole nella mia mente, perché nella mia lingua, di sicuro non parlava.

Mi sentivo come se la mia personalità fosse stata neutralizzata e le cose alle quali avevo presenziato fin dall’inizio, stessero al di fuori delle dimensioni materiali.

Guardai attorno a quella valle: solo ossa a perdita d’occhio.

“Ma che cosa mi vuole far capire con questo spettacolo macabro, questo signore o non so che cosa !

Per caso, credi sia possibile che queste ossa possano tornare in vita?            - La voce di quell’essere suonò come un grugnito.

“Che domanda stupida, chiaro che è totalmente impossibile!” Stavo per rispondere, quando ricordai di tutto quanto avevo già visto, le cose assurde che si erano fin qui succedute e che fuggivano straordinariamente da qualunque possibilità umana di potere concepire come reali.

-         Tu lo dovreste sapere! – Risposi indeciso.

-         Prova a parlare con queste ossa!“ Ah, adesso è veramente troppo… pensa un po’ se qualcuno mi vedesse parlare con un mucchio di ossa secche, io, dottor Abdi, rispettoso imprenditore, conosciuto in quasi tutto il mondo, direbbe che sono diventato pazzo, sta scherzando!” – Fu la conseguente riflessione.

-         Dai, prova!

-         “Mah… questo qui si ritiene molto importante e pensa che per il fatto che io sono mortale, sia altrettanto idiota; ma si sta sbagliando grosso, io non apro bocca!”

Ma non fu necessario.

 Sentii un che saliva bruciandomi dai piedi alla testa e un forte tremore si impossessò di me, facendo che le mie ginocchia battessero una contro l’altra.

Per un istante pensai che stessi per svenire, fu allora che compresi esattamente ciò che la persona volesse che io dicessi.

Sentii un forte brivido. “Comanda che queste ossa riprendano vita!”

Così, all’improvviso, con un tremendo frastuono di ossa che battevano una contro l’altra, guardai e vidi che ogni osso si giuntava con il suo corrispondente e c’erano i tendini sopra esse, continuavano a giuntarsi fino a formare uno scheletro completo.

Era grande il numero degli scheletri che si stavano ammucchiando, gli uno sugli altri, facendo un rumore terribile.

Sopra ai tendini vidi che stava crescendo la carne e sopra a questa se stendeva la pelle. Avevo di fronte e tutto attorno, un agglomerato incalcolabile di esseri umani, ma senza vita.

Udii, allora, l’alzarsi di un vento forte che arrivava ululando dai quattro angoli della valle, e entrava nelle narice di quei corpi e questi cominciavano a tornare in vita, mettendosi in piedi. Era come una immensità di batterie che si stavano galvanizzando, una ad una.

“Ma che significa tutto ciò? Devo essere preda di un incubo!” Pensai.

Però era tutto incredibilmente reali – o irreali! – Era tutto lì, patente, davanti ai miei occhi!

Dopo qualche riflessione, capii il significato di quella scena; era solo una forma assurda per provarmi che la vita può essere restaurata perfino da frammenti di ossa da una montagna di resti essiccati. Pareva che mi stesse preparando per visioni ancora più forte nel futuro.

Io non avrei dovuto lamentarmi dei morti, nemmeno di ciò che la vita rappresentava per loro, prima della morte. Avrei dovuto capire, con la mia limitata mente umana, che la vita può essere morte, la morte può essere la propria vita, o che una è il continuo dell’altra; tutto dipende dalla libera scelta di ognuno!…

Questa materia che si disfa al primo impatto e che l’essere umano insiste nel preservare più a lungo possibile, è per il suo creatore come il fango per il vasaio, che fa il vaso e lo disfa, rimodellando a suo piacere.

Allora, scoprii che non avevo nessun motivo per preoccuparmi con il corpo. Questo è effimero, ma porta in sé ciò che l’uomo ha d'eterno, che dovrà essere liberato alla sua morte, al momento in cui inizia la sua distruzione.

 La semente per germogliare, deve prima morire; per vivere eternamente, dobbiamo morire fisicamente.

E cosa rappresenta questa vita che viviamo sulla Terra, comparata con l’eternità?…

Quello essere continuava ad aprirmi la mente per farmi capire bene l’importanza di coltivare lo spirito, la nostra parte eterna.

Ho capito perché molte persone che avevo conosciuto, avevano dato totale importanza alla loro vita spirituale, un modo che la materia fosse sempre relegato in secondo piano, Basty era così.

Io non riuscivo a capire il suo attaccamento alle cose invisibili e infinite come il cielo, l’anima, lo spirito… Trovavo tutto ciò frutto della sua fertile immaginazione.

Mi rimproverava quando insistevo nell'ottenere maggior guadagno, ingrandendo la mia impresa e cercando maggior fortuna.

Perché Basty non si interessava a queste cose! E’ il nostro futuro e il futuro dei nostri figli. Le dicevo sempre.

La mia mente offuscata dall’affanno di ottenere le cose più palpabili, non mi permetteva di vedere dentro di me. Tutto il mio tempo era per i miei affari. Io non conoscevo il mio interiore, nemmeno sapevo se esistesse. Pensavo solo a questa carcassa esterna che avrebbe dovuto sempre restare impeccabilmente curata e presentabile, fino al giorno in cui sarebbe caduta per terra, diventando polvere per mai più erigersi. Non mi ero mai preoccupato di sapere o conoscere che cosa sostentava questo corpo, quale fosse l’elemento fondamentale che lo manteneva in piedi.

Mai mi fermai a meditare sul momento in cui quell’elemento avrebbe dovuto abbandonare il mio corpo, lasciandolo inanimato, quale sarebbe stato il suo destino dopo aver terminato il suo compito e il suo tempo qui, sulla Terra nel mio corpo! Non lo volli mai sapere.

Mentre divagavo, guardai e vidi quella persona, prima indefinita, avere adesso un volto conosciuto. Era lo “hakhamim, il Maestro in persona. Era impressionante come lui mi accecasse nei momenti in cui non voleva che io riconoscesse la sua persona, se doveva darmi una lezione specifica. O come lui, prendesse forme diverse o avesse il potere di obliterare la mia mente, pur di non farsi riconoscere in quei momenti..

Lui leggeva dei brani del suo libro, che era ciò che mi faceva divagare:

“Una generazione passa… un’altra viene… Nasce il sole nel suo fulgore… tramonta pallido il sole, tornando alla sua origine. Va il vento a sud, torna il vento verso il nord… o vai il vento verso il nord e torna poi al sud… girando continuamente, senza sapere da dove viene, né dove nasce, né dove va… Tutti i fiumi sboccano nel mare ma non per questo il mare si riempie, così come non c’è mai stato un occhio che si stancasse di vedere né un orecchio che si riempisse di udire…

Quello che è già stato, si farà di nuovo, e quello che è adesso, è già stato una volta; quello, invece che sarà, è ciò che si vede ora. Non c’è, dunque, nulla che sia nuovo sotto il sole.

L'incostanza nella vita e nelle cose, sarà sempre una costante. E’ tutto come una bolla di sapone.

 Sono semplicemente e puramente inutili, tutti gli sforzi degli uomini che insistono nel conseguire la vera felicità sotto il sole.

C’è un uomo a cui Dio da ricchezze, beni e onori, nulla gli manca, tutto ciò che desidera gli viene fornito. Vive una centinaia di anni e non conosce la sepoltura, però non gode dei suoi beni né della sua fortuna, arriva l’estraneo che invece si sazia di tutto. Tutto lo sforzo dell’uomo è correre dietro il vento… è una bolla di sapone…

Ci può essere un dotto che domina la scienza e il suo lavoro l’ha svolto con competenza e sapienza e che tuttavia lascerà il frutto della sua fatica in eredità a uno che non se sforzò né si è servito della sua sapienza. Allora, che vantaggio ha il saggio sull’inetto? La sua messe, l’affamato gliela divora, gliela strappa via, perfino fra le spine; l’intrigante sbrana i suoi beni. Perché l’afflizione non viene dalla polvere, e non è dalla terra che germoglia la fatica, ma l’uomo nasce per appunto, per la fatica, come le scintille dalla brace volano sempre in alto.

Anche questo è correre dietro il vento, una bolla di sapone…

L’uomo può essere ricco e nulla negare ai suoi desideri, ciononostante tutti i suoi giorni sono una catena di dolore e il suo lavoro è solo afflizione; il suo animo non conosce tregua, neppure di notte, perché la sua ricchezza non lo lascia dormire.

Niente è meglio che mangiare, bere e godere del frutto del proprio lavoro, ma coloro che accumulano ricchezze, accumulano il proprio danno.

C’è chi usa i propri beni con sapienza; a costui Dio dà il sapore del piacere, ma chi ama la ricchezza, non sarà mai sazio, a costui, Dio dà lavoro affinché egli accumuli e ammucchi al fine di dare a uno che gli piaccia. Ma… tutto questo è correre dietro il vento… è una bolla di sapone!

In una pausa presa per prendere fiato, il Maestro mi disse: “Viene, figlio, che ti mostrerò com’è la vita dell’uomo sulla terra.

Come in un film, assisti allo sviluppo della vita di una persona, nell'ordinaria quotidianità. Vidi molte persone tranquille, o agitate nelle loro città, indaffarate nei loro affari quotidiano, preoccupate sempre nel preparare il loro futuro, il futuro dei loro figli. La grande maggioranza era preoccupata, innanzitutto, di arricchirsi, fare fortuna, lottare allo spasimo soltanto per accumulare ricchezze.

Era interessante per me scoprire di non aver mai avuto la percezione di questo prima; non avevo mai notato che l’uomo dedica tutta la sua vita al lavoro, in una lotta giornaliera, senza accorgersene.

-         Quasi sempre rimanda il piacere di godere dei frutti del sudore; l’importante è guardare il portafoglio ogni giorno più gonfio, e così si dimentica che, tra qualche anno, mese, giorno o, chi sa, tra qualche minuto, il suo cuore può cessare di battere.

In questo momento mi ritengo un essere superiore di qualsiasi altro mortale, poiché, da un’altra dimensione, posso guardare, come da un palco a teatro, lo sviluppo di una vita.

Lo vede, là, quel tale? E' un Giuseppe qualsiasi nella sua guerra quotidiana: Bello, oggi ho fatto un buon fatturato; non mi aspettavo tanto! Domani, se mi impegno di più, posso anche fatturare il doppio!

Ed eccolo lì, il giorno dopo, entusiasmato! “Ma di che cosa?” Mi chiedo. Sarà che un giorno avrà un concetto migliore dalla vita? Ma… ammetto: “L’allegria dell’inetto è proprio quello: acquisire ogni giorno qualcosa di nuovo, dopo molti sforzi… e nell’illusione di un domani migliore, continuare a sprecare i giorni più belli della vita

Un giorno, già vecchio, stanco, scopre che il futuro è tutto lì… quello sognato non arriva mai e la sua vita finisce.

Quello era un Giuseppe che nemmeno di domenica né nei festivi, riposa. “Che storia è questa di stare un giorno intero senza far niente, quando se può guadagnare qualcosa in più? Non s’è mai troppo. Lo Stato poteva dare la libera scelta per quelli che vogliono lavorare anche nei festivi. Tanta gente senza lavoro e ogni settimana se deve sprecare due giorno? Non sonno d'accordo. La gente deve lavorare se vuole la cosa giusta.”

Così, manca poco per realizzare il sogno di comprare la villetta. Il figlio di Giuseppe, però, ha un problema grave e ha bisogno di un ricovero urgente. Bisogna di essere operato.    

Purtroppo, Giuseppe deve mettere mano nel gonfio portafoglio, frutto del suo sudore, per pagare il trattamento del ragazzo.

“Accidenti, avrei dovuto pensarci prima! Avrei dovuto impegnarmi per farmi un’assicurazione sulla salute, mia e di tutta la famiglia! E' quello che dico, cinque giorni alla settimana è troppo poco, così non si può andare avanti! Ma non fa niente, quello che non mi fa paura è il lavoro. Lavorerò di più, dormirò un po’ meno, ricupererò tutto quello che sto spendendo e faccio anche un’assicurazione sulla salute per la mia famiglia. Molto presto avrò quanto mi serve per tutte e due le cose. Vedrai.

Povero Giuseppe, e così continua; dopo il completo ricupero del figlio, a dare il massimo di se.

A un certo punto, già molto stanco di tutto, non ha nemmeno il tempo di guardarsi indietro e vedere che il frutto del lavoro di tutta una vita, non è altro che un vero e proprio accumulo di stanchezza e fastidio, e tutto quello che ha accumulato fin qui, non ha accresciuto un bel niente al suo spirito; e nel caso in cui morisse all'improvviso, non saprebbe nemmeno se avesse un riposo eterno, poiché non ha dedicato nemmeno un giorno allo sviluppo della parte essenziale dell’esistenza, lo spirito, la parte che è eterna!

Ha dedicato la sua vita alla materia, il lato effimero di cui nulla rimane. come un’ombra che passa… cos’è la vita, dunque?

Qual è la fine di questa materia, insomma? 

“E’ come il fiore dell’erba, viene il sole e l’erba secca, il fiore appassisce e cade, scompare così tutta la sua bellezza.”

Giuseppe non ebbe tempo per pensare a questo, come migliaia di suoi simili; tutti troppo preoccupati nello sforzo di accumulare il proprio tesoro. Mise assieme una fortuna e non la sfruttò. Per chi rimase il frutto di tutto il suo sforzo? Neanche lui lo seppe. Appassì come il fiore del campo. “Così appassirà il ricco nel suo cammino”. Perché tutto questo è rincorrere il vento; è una bolla di sapone…

Dal mio palco vedevo molti Giuseppe, innumerevoli Giuseppe, vivendo una vita totalmente arida per nello spirito.

Avevo l’impeto di avvisare tutti quegli esseri che la vita non era quello che essi pensavano.

Era qualcosa di più di questa ricerca incessante, insaziabile dell'uomo.  Questa ricerca è completamente riuscita soltanto quando oltrepassiamo i limiti palpabili della materia e incontriamo il trascendentale e solo nel superare questo, possiamo incontrare l’eterno, l’essenziale. Vorrei dir loro che, nel lasciare questa vita, fatalmente ne incontreremmo un’altra che potrà essere meravigliosamente eterna. Dipende solo da noi scegliere il cammino giusto.

Solo adesso, dal punto in cui mi trovo, sopra tutte le richieste umane, posso ammettere e vedere questo con estrema chiarezza.

Io sapevo che la vita aveva segreto, un tremendo segreto. Non poteva essere solo questa mediocrità, senza logica, che viviamo.

Se fosse stata solo ciò, saremmo, a malapena, i più miserabili degli esseri viventi. Ci doveva essere qualcosa nascosta dietro questa piccola vita terrestre, solo che non riuscivo a scoprire la chiave di questo segreto. “L’uomo ha la sua libertà in una dimensione finita. Con questa libertà, l’uomo, un essere perfetto e perfettamente evoluto, decide del suo modo di essere. Egli possiede il dominio completo di se, è condizionato facilmente dal suo “IO”. La sua debole costituzione fisica è in contrasto con il suo spaventoso potere di raziocinio. Per questo, è responsabile del destino del suo infinito.”

Mi sono meravigliato dei miei ragionamenti. Ero proprio io, o il Maestro stava usando la mia mente? A volte, non so se sono io che la domino o se egli ha il potere di possederla quando mi sta vicino. Mi sorprendo ad immaginare cose tanto estranee al mio modo di pensare, così profonde, da avere l’impressione di essere un’altra persona.

Il Maestro mi trasmette un’energia molto forte e finora non so chi egli sia effettivamente: se un essere mortale o un semidio.

Così, come stavo dicendo, o pensando, a volte mi domandavo chi fosse l’inventore di questo “scherzo” che è l’essere umano: mi sentivo in rivolta con la vita, credevo ci fosse un certo Essere Superiore che creò una certa quantità di marionette per distrarsi; quando a una di queste venivano tagliati i fili, veniva gettata sotto terra e un’altra era creata per sostituirla. Allora, quando un bambino nasceva, io pensavo: “Quello lì è in sostituzione di quell'altro morto ieri”. Com'ero stupido, peggio di un bambino.

-         Effettivamente – m'interruppe il Maestro – un essere supremo, certamente creò l’uomo, ma non per vivere questa vita mediocre, ma per avere il diritto di scegliere quello che desiderava. Sapendo questo, l’essere supremo creò un posto estremamente adatto a raccogliere coloro che avessero scelto, di loro propria volontà, a viverci. Un tipo di città perfettamente adattata alla felicità. Lo stesso nome lo indica: FELICITTA’. Inoltre, si dice che la parola “felicità” ha la sua origine etimologica dalla conoscenza che si ebbe di questo luogo, da secoli divulgato.

Il creatore pensò: “Che nome si può dare ad una città dove esiste solo il piacere e si è eternamente e pienamente felice? Uni i due nomi ed ecco formata FELICITTA’ o Aser come è pure conosciuta. Per questo oggi, per esprimere uno stato di estremo piacere e totale realizzazione personale, si usa il termine “felicità”. Nonostante che tutti, o quasi tutti, avessero sentito parlare di questa città, della sua esistenza e fama, molti non ci credettero e preferirono seguire un altro cammino, apparentemente più facile e gradevole, ma che, alla fine, porterà in una città di tipo opposto, con caratteristiche estremamente opposte alla prima. Questa città si chiama SHEOL!

Mi ricordai che Basty mi parlò molte volte dell’esistenza di queste città, orientandomi a seguire il cammino che mi avrebbe portato a Felicittà, ma prestai poca attenzione alle sue tendenze mistiche, come le chiamavo. Adesso, vedo che queste città esistono e sono costruite in un’altra dimensione, nascoste dall’occhio umano, e tremo al solo pensare a coloro che, per poca cura, perdettero la via per Felicittà.

-         Allora, Maestro, parlami di questa città, sono curioso di conoscerla!

-         Tu avrai quest'opportunità, figlio, ma prima dovranno accadere molte altre cose che hai bisogno di sapere, prima che ti sia data l’opportunità di scorgere questa maestosa città. Posso solo, per il momento, darti alcuni dettagli; tenterò di darti un’idea approssimativa delle sue caratteristiche, poiché la sua forma e splendore, fuggono totalmente alla mente di un essere umano.

Ciò che l’occhio umano giammai vide, nemmeno in tutto lo splendore e che il cuore già desiderava al massimo grado, le idee più sublimi che diedero vita alle forme più belle della nostra architettura, tutto questo, dico, darebbe un’idea poco esatta della grandezza di quella città.

La, nessuno sarà mai superiore ad alcuno, né desidererà esserlo, non ci sarà questo spirito competitivo tanto comune tra gli uomini. Dolori, malumore, nausea, depressione, solitudine, frustrazioni e sconfitte, tutti questi mostri che abbattono lo spirito e l’anima dell’umanità, saranno del tutto sradicati.

Dopo di che, non ci sarà più necessità delle ghiandole lacrimali: saranno atrofizzate. I fantasmi della fame, della morte e della paura, saranno per sempre banditi.

Nessun avrà più motivo per ammazzarsi di lavoro, come Giuseppe, per sopravvivere, poiché ci sarà abbondanza di tutto, scorte infinite sazieranno la fame e la sete.

Tutto sarà a disposizione di tutti, senza il minimo sforzo. Non ci saranno più due giorni uguali, tutto sarà sempre nuovo, ogni giorno.

-         Ma, allora, stai dicendo che chiunque avrà il diritto di vivere eternamente in questa città, senza pagare niente?

-         Certo, la scelta è di ognuno.

-         Cosa sto facendo qui? Che stanno facendo tutti questi miserabili che muoiono subito per conoscere questa città e insistono nel vivere questa vita mediocre, pensando che sia il cielo? Per favore, Maestro, io sono stanco di questa vita, che cosa devo fare per passare a vivere in questa città? Per caso, Lei la conosce personalmente?

-         Aspetta un momento, una domanda alla volta.

-         Tutto questo è vero, si! La città già è pronta, ma tutto a suo tempo. C’è un tempo determinato perché tutti quelli che la raggiungeranno, vi possano entrare assieme.

Essa è fondata sulle pietre di zaffiro e le sue strade, lastricate d’oro, trattenute da un cemento colorato. Un muro la circonda, fatto di diaspro, adornato da ogni specie di pietra preziosa. Ha dodici porte, tutte ricamate di perle e rubini; i baluardi sono fatti pure di rubini, più scuri, le muraglie, tempestate di pietre preziose.

Non ha bisogno del sole e della luna perché sia illuminata; una luce naturale, irradiata da una pietra simile al diaspro, preziosissima quanto grande, simile a un cristallo risplendente, la avvolge in un'illuminazione genuina, mai conosciuta da occhi comuni, chiamata luce di “SHECHINAH”. Tutte queste pietre preziose, pure i materiali di cui è fatta la città, hanno nomi diversi; sto cercando di avvicinare in splendore, quello che è già conosciuto dall’uomo. Quindi, molte pietre sono più pregiate di quelle che conosciamo.

La forma della città è quadrangolare, formando un cubo perfetto, dando un’idea del completo, del bello, della simmetria e della misura impressionante, potendo solo essere fatta da un costruttore altamente qualificato, un Essere Superiore.

Non ci sarà notte; un fiume d’argento corre per la città e nel suo centro, un grande albero da frutto abbondantemente, un tipo differente ogni mese, con sapori mai conosciuto in precedenza, mai così graditi al palato.

Nessuna matita potrà mai scrivere la magnitudine, la sontuosità e lo splendore di questa città, chiamata Felicittà.

Lei è stata costruita perché chiunque lo voglia, possa abitarla un giorno, sì! Ma c’è un “però”:

-         Lo sapevo, e quale sarebbe?

-         C’è nell’uomo, una parte essenziale, che nessun laboratorio di ricerca, nemmeno il più sofisticato, potrà mai svelare. Si tratta del nostro spirito, della nostra anima. Di lei parlò Pascal, nel XVI secolo: “Tutti i corpi, il firmamento, le stelle, la Terra e i suoi regni, non valgono il più povero degli spiriti, per quanto conoscono tutto di se; i corpi, invece, nulla conoscono”.

Perciò, è’ importante che si abbia coscienza del fatto che l’uomo non avrà nessun vantaggio nel guadagnare tutte le ricchezze del mondo e perdere, poi, eternamente questa parte essenziale che possiede: l’anima, per la quale è riservata tutta la ricchezza imperitura che esiste in Felicittà. Il valore dell’uomo, pertanto, non può essere determinato, partendo dal corpo e dalle necessità ad esso inerenti.

L’uomo non è un microbo pensante “al quale non deve essere attribuito il minor valore”, come disse Pierre Houssean, o “un essere soggetto a riforme morali dalla scienza”. Non è nemmeno “un animale comune o un semplice animale lavoratore” come lo definirono, rispettivamente, Darwin e Marx. L’uomo ha come base, il dominio dello spirito, ossia, il dominio della verità e del diritto, della libertà e della coscienza, della responsabilità e dell’ordine morale, cose che nessun mai potrà sradicare definitivamente.

Il regno della verità, della giustizia e della responsabilità – inconcepibile senza la facoltà spirituale di determinarsi liberamente – è indipendente di qualsiasi relazione con lo spazio e il tempo. Allora, l’uomo deve avere la coscienza di che, per guadagnare la ricchezza eterna, il tesoro incorruttibile il quale né la tarma né la ruggine potranno mai consumare, deve coltivare in se, anche questa parte eterna che ha in ognuno di noi e che è la base e la ragione della esistenza.

Mentre il maestro m’insegnava con tanta sapienza, sentivo l’impeto di parlare di queste belle cose a tutti quei Giuseppe e Maria, avvertirli riguardo questa necessità imprescindibile della ricerca dell’eterno.

Perché nessuno mi aveva mai detto queste cose, prima?

Il Maestro mi diede questa grande visione, e solo ora cominciavo a capire anch'io. Provavo un sentimento contraddittorio. Sentivo un desiderio di spingere quella gente a coltivare lo spirito e allo stesso tempo, non mi la sentivo per niente di aver questa responsabilità; e lo so che il Maestro mi stava addestrando proprio per quello. Però, non glielo detto niente di questa mia ambiguità di sentimenti. Effettivamente, sentivo molta voglia di scappare. Fuggire da tutto, da me stesso; se il mio cuore avesse cessato di battere in quell’istante, non so se avrei sviluppato il mio spirito a sufficienza al punto di conseguire il raggiungimento di Felicittà e questo, era ciò che io desideravo più di ogni altra cosa, adesso!

Ma io volevo anche fuggire, ero codardo! Era quello che volevo fare in quell’istante, ed è proprio ciò che stavo per fare…

Ero troppo confuso, non riuscivo riorganizzare le idee nella mia mente.

Mi mise in posizione per la corsa, ma l’energia mi bloccò sul posto dov’ero, s'impossessò della mia mente e mi fece ricordare de Sheol! Ah! Com’era terribile il Sheol! Era, comunque, l’altra opzione per chi non avesse scelto la strada per Aser.

Era l’opposto di quella città.

Quello che la nostra mente può raggiungere nell’immaginare la felicità, piacere e pace, si intenda e si tramuti in un grado incomparabilmente più elevato, in sofferenza, disperazione e agonia eterna.

Così è fatta la città Sheol. Avevo bisogno di avvisare i vari Giuseppe e Maria della vita, ma la mia voglia era di fuggire.

Immerso in questo dilemma, mi venne in mente quella storia che Basty era abituata a leggere a nostra figlia e, più tarde, a nostro nipote, per incentivarli ad essere coraggiosi, come diceva lei.

Come mi calzava quella storia!

“C’era una volta – così lei cominciava per attirare l’attenzione dei bambini – una città di 120.000 abitanti che vivevano nel più completo disordine morale, vivendo nella totale perdizione, commettendo atti così degradanti, da richiedere l’intervento Divino.

Il Grand’Ammiraglio scelse uno dei suoi emissari nella terra, per dare un avviso a quella città: “Se la gente di questa città non cambia il suo modo di vita, non smette di praticare atti abominevoli, avverto tutti quanti, che sopravverrà a voi e su tutta la città, la totale distruzione, poiché le vostre azioni sono giunte al cospetto del Grand’Ammiraglio, portando un odore sgradevole alle sue narici”.

Questo era il messaggio che avrebbe dovuto portare, però, l'emissario di nome Jonas, cominciò a vacillare, ad avere paura.

“Non so se vado o se fuggo verso un’altra città al fine di nascondermi al Grand’Ammiraglio. Quel popolo riderà di me… la gente sarebbe capace di linciarmi. No, fuggirò con quella nave che parte oggi”. Così, pagò il suo biglietto e si imbarcò.

Una volta in alto mare, una forte tempesta cominciò a scuotere la nave, tutti gridavano di paura: “Moriremo tutti, se la tempesta non si calmerà…

Chiamavano e pregavano ai loro dei perché se salvassero. All’improvviso, si diressero verso Jonas che stava rannicchiato e un angolo, muto: “Ehi tu, lì, non hai nemmeno un dio a cui chiudere aiuto? Viene, unisciti a noi, o moriremo tutti!”

Jonas si ricordò, dunque, della sua missione abbandonata per codardia.

-         E’ vero, io sono il colpevole di questo castigo. Io sto fuggendo appunto dal mio Dio, ho disobbedito alla sua volontà. Vi chiedo che mi gettiate in mare per evitare il sacrificio di tutti.

-         Dai, non dire sciocchezze! Viene, darci una mano.

I suoi compagni fecero di tutto per risparmiare la vita di Jonas, si disfecero di tutto il carico, gettarono l’ancora, ma non cambiò niente, anzi, era sempre peggio.

Sono stati costretti a gettare il fuggitivo a mare e immediatamente la tempesta si calmò.

Non appena Jonas fu gettato, un enorme pesce lo ingoiò per intero e lui rimase tre giorni e tre notti nella pancia del pesce.

La dentro, era cosciente; si decise, allora, ad inviare una preghiera al Grand’Ammiraglio, promettendo, nel caso si fosse salvato, di portare a termine la sua missione.

In seguito, il pesce cominciò a nuotare fino alla spiaggia e la, vomitò Jonas sano e salvo.

Arrivato in quella città, egli disse tutto quanto gli era stato comandato, solo che, al contrario di ciò che immaginava, quella gente credette al suo messaggio, si pentì e smise di praticare tutti quegli atti deplorevoli.

Jonas s'indignò: “Ma… io pensavo che questo popolo si sarebbe infuriato, si sarebbe ribellato ancora di più, e come risultato, la città sarebbe stata distrutta; così sarei stato libero per andarmene via e, invece, questo non è successo! Se le cose stanno così, ti prego, o Grand’Ammiraglio, toglimi la vita. Distruggi questa città o io morirò!”

Costruì una capanna coperta di frasche, si accomodò all’ombra e aspettò l’azione dell’Onnipotente. Il sole, attraverso i rami, lo infastidiva. Il giorno seguente, quando si svegliò, vide che il Grand’Ammiraglio aveva fatto crescere nella notte, una pianta a foglie larghe, liberandolo, così, dal fastidio. Vedendo questo, Jonas fu molto felice, ma il giorno dopo, si svegliò con il sole ancora su viso. Le Lucertole avevano mangiato tutta la pianta.

-         Maledette lucertole! – esclamò. – dovevate venire a disturbare proprio me!

Irritato, Jonas insultò il sole, le lucertole e poco dopo, fu preso dallo sconforto per la morte improvvisa della pianta. Una volta di più desiderò la propria morte.

-         Sei così irritato per causa di una piantina, Jonas, che non ti costò nessun lavoro, nemmeno la facesti crescere, in una notte è nata e in un’altra è morta. Allora, cosa potrei dire io? Non dovrei avere compassione di quella città, dei suoi 120.000 abitanti, piante e animali, tutti fatti dalle mie mani?

Jonas si vergognò terribilmente, come mi sto vergognando ora, della mia attitudine egoista e meschina.

Poiché, anche se stessi là, in mezzo ai Giuseppe e Maria, sono certo che mi rifiuterei nel tentare di far loro cambiare vita.

Come sempre disse: “Ognuno per se e Dio per tutti”.