Il nostro primo obiettivo verrà conseguito rendendo note al pubblico la realtà e la forza del colpo di Stato, invece di cercare di giustificarlo; si potrà fare ciò elencando i controlli da noi imposti, sottolineando che la legge e l’ordine sono stati completamente ristabiliti e affermando che ogni resistenza è cessata. Uno dei principali ostacoli alla resistenza attiva consisterà nel fatto che abbiamo frazionato l’opposizione, per cui ogni singolo avversario dovrebbe agire nell’isolamento, tagliato fuori dagli amici e dagli alleati. In queste circostanze, la notizia di ogni resistenza oppostaci agirebbe come un potente stimolante di ulteriori resistenze, distruggendo questa sensazione di isolamento. Dobbiamo pertanto fare tutto il possibile per non dare notizie del genere. Se esiste effettivamente una certa resistenza e se la sua intensità e la sua localizzazione sono tali da rendere difficile nasconderla a particolari settori del pubblico, dovremmo ammetterne resistenza; ma dovremmo altresì sottolineare energicamente il fatto che essa è isolata, il prodotto dell’ostinazione di pochi individui fuorviati e disonesti, i quali non sono affiliati ad alcun partito o ad alcun gruppo significativamente numeroso. L’azione costante del motivo dell’isolamento, la ripetizione di lunghi e particolareggiati elenchi dei controlli amministrativi e materiali da noi imposti e l’importanza attribuita al fatto che la legge e l’ordine sono stati ristabiliti, dovrebbero avere l’effetto di fare apparire la resistenza pericolosa e inutile.

Il secondo obiettivo della nostra campagna di informazioni consisterà nel rassicurare il pubblico in genere, disperdendo i timori che il colpo di Stato sia stato ispirato da elementi stranieri e/o estremisti e persuadendo particolari gruppi interessati, del fatto che il colpo di Stato non rappresenta per essi una minaccia. Il primo scopo verrà conseguito manipolando i simboli nazionali e affermando la nostra fede nelle religioni prevalenti: nel mondo arabo il nuovo regime affermerà la sua fede nell’unità araba e nell’Islam o nell’unità araba e nel socialismo, a seconda dei casi; là dove, come in Egitto, la rivoluzione è stata istituzionalizzata, sarà necessario affermare la nostra fede nell’Al-Thawra. In Africa, il nuovo regime annuncerà la propria intenzione di combattere il tribalismo in patria e il razzismo all’estero; nell’America Latina, la necessità di assicurare la giustizia sociale (o di battersi contro il comunismo e magari il fidelismo) verrà invocata. Ovunque, nel terzo mondo, ci si servirà della retorica nazionalista e si parlerà del glorioso popolo di X e del glorioso paese di X, degradati dal regime precedente; soprattutto, sono de rigueur le ripetute accuse di neo, e non tanto neo, colonialismo. Queste accuse saranno particolarmente importanti là ove, nel paese in questione, esistono importanti iniziative commerciali straniere; l’inevitabile sospetto che il colpo di Stato sia il prodotto delle macchinazioni della «società» può essere disperso soltanto sferrando violenti attacchi contro di essa. Questi attacchi, essendo verbali e non inaspettati, placheranno il pubblico senza turbare gli interessi commerciali; essi dovrebbero essere tanto più violenti quanto più questi sospetti sono in effetti giustificati.

Mentre l’atteggiamento religioso conduce a lodi agli dèi per i propri successi e agli autorimproveri per gli insuccessi, l’atteggiamento nazionalista consiste nell’attribuire i successi alla nazione e nell’incolpare gli stranieri per gli insuccessi. Analogamente, gli inni a lode degli dèi sono stati sostituiti da maledizioni ritualizzate, variamente scagliate contro diversi gruppi di stranieri e le loro attività. Così, nella frase «il blocco di potere imperialista neocolonialista» si deve leggere gli inglesi e i francesi se essa è pronunciata da africani di ex colonie di questi paesi; mentre la frase «cospiratori monopolisti del petrolio sionista» si traduce in ebrei e cristiani nel subcosciente degli arabi musulmani che se ne servono.

Può esservi un elemento puramente ideologico in queste accuse, ma, anche quando gli americani di estrema destra parlano della «cospirazione internazionale del comunismo ateo», è significativo che essi la stigmatizzino come antiamericana anziché come anticapitalista. Ci serviremo di un’opportuna scelta di queste brutte frasi; sebbene il loro significato sia stato totalmente oscurato da un costante e deliberato abuso,77 queste frasi saranno utili come indici del nostro impeccabile nazionalismo e, se questa non è in realtà la nostra posizione, serviranno altresì a oscurare la nostra vera politica.

Il flusso di informazioni provenienti da tutte le fonti sotto il nostro controllo dovrebbe essere coordinato con i nostri altri provvedimenti: l’imposizione di controlli fisici verrà annunciata e spiegata e le mosse politiche, che ora tratteremo, saranno opportunamente presentate. La coercizione fisica impedirà o sconfiggerà l’opposizione diretta, mentre la campagna di informazioni getterà le basi della nostra acquisizione dell’autorità, ma soltanto i mezzi politici ci assicureranno una base di appoggio attivo. Là ove il regime precedente il colpo di Stato era eccezionalmente brutale, corrotto o retrogrado, gli organizzatori del colpo di Stato incontreranno poche difficoltà nel riuscire a essere accettati dalla generalità, ma anche in questo caso l’appoggio attivo di gruppi specifici può essere conseguito soltanto con gli accomodamenti politici: favorendo cioè politiche che servono gli interessi di gruppi particolari e fornendo loro così motivi per impegnarsi (o per lo meno interessarsi) alla nostra sopravvivenza. In alcuni paesi dell’America Latina, ad esempio, potremmo assicurarci l’appoggio dei contadini che non sono proprietari di terre annunciando la nostra intenzione di attuare un programma di riforma agraria. Nell’Africa occidentale, potremmo annunciare la nostra intenzione di aumentare i prezzi pagati ai contadini produttori dai vari comitati di acquisti; in Grecia e in Turchia, ove esiste un greve fardello di indebitamento contadino, potremmo annunciare l’annullamento generale dei debiti agricoli. Ognuno di questi annunci politici legherà al nostro governo gli interessi di un gruppo vasto e politicamente potente, a meno che non siano superati da altri annunci rivali, ma ciò porterà altresì all’ostilità di altri gruppi, i cui interessi vengano danneggiati dalle nostre previste politiche. Nell’America Latina, ove a trarre vantaggi sarebbero i contadini, i latifondisti ci rimetterebbero; in Africa, a perderci sarebbe la popolazione urbana, mentre in Grecia il contribuente sopporterebbe il fardello del condono dei debiti ai contadini. Così, l’appoggio degli appartenenti a un determinato gruppo ha in genere, come sua concomitante, la perdita dell’appoggio, o anche l’effettiva ostilità, di altri gruppi. Ovviamente, sarà necessario valutare l’appoggio politico netto che frutterà un determinato annuncio politico. Ciò significherà prendere in considerazione non soltanto l’importanza di ciascun gruppo, ma anche l’immediatezza del suo potere politico.

Nel contesto di una situazione post-colpo di Stato nell’America Latina, ad esempio, la buona volontà di contadini remoti e dispersi non ci aiuterà molto contro l’opposizione immediata e potente dei quadri burocratici e militari che potrebbero, per la massima parte, essere i figli dell’aristocrazia latifondista. Se, d’altro canto, la nostra posizione a breve termine è forte, ma noi siamo minacciati da un’usurpazione del potere a piò lungo termine ad opera dei nostri alleati militari, il nostro obiettivo sarà quello di creare un contrappeso capace di divenire in ultimo una fonte di potere diretto, come ad esempio una milizia di contadini. Così, sia che optiamo per una politica di sinistra di riforme terriere e per un appoggio campesino a più lungo termine, sia che optiamo per una politica di destra di repressione dei contadini e di immediato appoggio ai grandi proprietari terrieri, dipenderemo dall’equilibrio tra la forza delle nostre posizioni a breve termine e a lungo termine.

Gli elementi quasi meccanici che rivestono importanza nel clima particolare del periodo immediatamente successivo al colpo di Stato, modificheranno il normale equilibrio tra le forze politiche del paese interessato. Se, per conseguenza, la nostra posizione a breve termine non è fragile, dovremmo reprimere l’agitazione di quelle forze che hanno una potenza sproporzionata nel periodo a breve termine e concentrare invece i nostri sforzi per ottenere l’appoggio di quei gruppi il cui potere a più lungo termine è maggiore.

Un elemento della nostra strategia dopo il colpo di Stato si trova a mezza via tra la campagna d’informazioni e quella politica: trattasi del problema della «legittimazione» del colpo di Stato. Ovviamente, il colpo di Stato è per definizione illegale, ma se questa illegalità conti e, in tal caso, se sia possibile controbatterne gli effetti, dipenderà dall’ambiente politico totale del paese interessato.

Abbiamo veduto nel capitolo secondo come in gran parte del terzo mondo la legittimazione o no del governo non rivesta una grande importanza; il governo è considerato un aspetto della natura ovvero come qualcosa cui ci si adatta anziché porlo in dubbio. Altrove, però, l’atteggiamento generale delle masse potrebbe essere più legalitario. Un modo per legittimare il governo post-colpo di Stato è già stato accennato esaminando la scelta delle personalità da arrestare: la conservazione del capo nominale dello Stato (ove esista un simile ruolo costituzionale) come il nostro (estremamente) nominale capo dello Stato. In questo modo, le apparenze della continuità saranno mantenute e con esse le apparenze della legittimità. Dove il capo dello Stato non è nominale, come nei regimi «presidenziali». occorrerà ricorrere ad altre tattiche; l’annuncio di imminenti elezioni o di un referendum (come una sorta di legittimazione ex postfacto); oppure si può apertamente ammettere che il colpo di Stato è un intervento extracostituzionale, ma un intervento compiuto contro un regime incostituzionale. Una illegalità sarà allora rappresentata come la causa dell’altra, ma noi affermeremo che mentre l’illegalità del regime ante-colpo di Stato era volontaria e permanente, la nostra è necessaria e temporanea.

Queste tecniche avranno un valore limitato nello svolgimento dei processi politici necessari per creare una base di appoggio attivo e per assicurare la nostra autorità, in quanto tutto dipenderà dal particolare ambiente politico nel quale agiremo; un problema specifico, tuttavia, richiede un ulteriore approfondimento: il riconoscimento delle potenze straniere.

Esso è quasi sempre importante, ma per molti paesi del terzo mondo, il cui pays réel si trova al di fuori dei confini, questo sarà un problema cruciale. Quando molti dei fondi disponibili provengono da prestiti, investimenti o finanziamenti esteri e quando sono quadri stranieri a svolgere funzioni vitali amministrative, tecniche e talora persino militari, il mantenimento di buone relazioni con il particolare paese «donatore» o con i paesi interessati può essere benissimo un fattore determinante della nostra sopravvivenza politica dopo il colpo di Stato.

Il riconoscimento prematuro da parte di una potenza straniera, vale a dire il riconoscimento concesso mentre il regime precedente conserva ancora una certa misura di controllo, incomincia ad essere considerato una forma di aggressione nel diritto internazionale. A parte ciò, tuttavia, il riconoscimento viene di solito concesso a governi illegittimi dopo un corretto intervallo di tempo, se esistono garanzie convincenti riguardo alla loro continuità in termini di relazioni estere. Queste garanzie vengono comunicate semplicemente e apertamente mediante annunci ufficiali i quali affermino che la partecipazione ad alleanze e blocchi sarà mantenuta, che gli accordi e gli obblighi con i paesi stranieri saranno rispettati e che i legittimi interessi stranieri nel paese in questione non verranno danneggiati.

Così, i capi del consiglio di liberazione nazionale del Ghana, formato dopo il rovesciamento di N’krumah, annunciarono che il Ghana avrebbe continuato a far parte del Commonwealth, dell’Organizzazione dell’unità africana e delle Nazioni Unite e avrebbe rispettato tutti gli obblighi sottoscritti dal regime di N’krumah. Analogamente, i regimi arabi successivi a colpi di Stato annunciano che rimarranno nella lega araba; e i regimi dell’America Latina, che rimarranno nell’Organizzazione degli Stati americani.

Di gran lunga più importante di queste dichiarazioni è la considerevole attività diplomatica che avrà luogo dopo il colpo di Stato (e talora anche prima di esso). Queste trattative diplomatiche avranno lo scopo di chiarire la situazione politica e, al giorno d’oggi, di indicare, o di dissimulare, l’orientamento ideologico degli organizzatori del colpo di Stato.

Quasi tutti i paesi del mondo si attengono alla dottrina diplomatica inglese, concedendo il riconoscimento ai nuovi regimi sulla base dell’effettivo controllo dei loro territori. Questa è, però, una dottrina flessibile quanto la definizione di «controllo»; per cui il riconoscimento può talora essere ritardato se il regime precedente al colpo di Stato conserva il controllo su talune parti del territorio nazionale, come nel caso del non riconoscimento inglese del regime repubblicano yemenita.

Dopo i necessari scambi eli informazioni e di assicurazioni, il nuovo governo sarà in genere riconosciuto; accadrà così, anche se la sua illegalità costituisce una causa di imbarazzo, come nel caso dell’atteggiamento degli Stati Uniti nei confronti dei colpi di Stato nell’America Latina, o se l’orientamento ideologico è disgustoso, come nel caso dell’atteggiamento dell’Unione Sovietica nei confronti dei colpi di Stato nel Ghana e in Indonesia.

Il riconoscimento diplomatico è uno degli elementi nel processo generale con cui si stabilisce l’autorità del nuovo governo; lino a quando il processo non si sia compiuto, dovremo far conto sui fragili strumenti della coercizione fisica e per conseguenza la nostra posizione sarà vulnerabile a molte minacce… compresa quella di un colpo di Stato.