CAPITOLO QUINTO
L’ATTUAZIONE

DEL COLPO DI STATO

 

 

Non appena la forza morale della rappresentanza nazionale fu distrutta, un’assemblea legislativa, qualunque essa potesse essere, non significò altro, per i militari, che un gruppo di cinquecento uomini, meno vigorosi e disciplinati di un battaglione formato dallo stesso numero di individui.

Madame de Staël

a proposito del colpo

di Stato di Napoleone

 

Sono venuto su un carro armalo e soltanto un carro armato potrà scacciarmi.

Abu Zuhair Tahir Yahya

primo ministro iracheno, 1968

 

 

La FASE attiva di un colpo di Stato è analoga a un’operazione militare, ma in forma intensificata. Se il principio generale della tattica consiste nell’applicazione della forza nel punto giusto, il colpo di Stato riesce in ciò con precisione chirurgica, colpendo il cuore organizzativo dello Stato; se la rapidità è spesso importante nelle operazioni militari, nel colpo di Stato è un requisito essenziale. Ma il colpo di Stato differisce da quasi tutte le operazioni militari per un aspetto cruciale; mentre in guerra è spesso vantaggioso conservare alcune forze di riserva per. impiegarle nelle fasi successive (e forse più critiche) del conflitto, in un colpo di Stato si applica il principio dell’impiego totale. La fase attiva si conclude in un breve periodo di tempo e le forze tenute di riserva oggi saranno inutili domani; tutte le nostre forze devono essere per conseguenza impiegate nell’unico scontro decisivo.

Il fatto che il colpo di Stato non abbia in pratica dimensioni temporali significa che di rado potremo correggere gli errori commessi durante la sua attuazione; in guerra, la tattica può essere mutata, le armi possono essere sostituite, i piani possono essere rifatti e gli uomini possono essere nuovamente addestrati sulla base dell’esperienza in combattimento, ma nel colpo di Stato non vi sarà tempo a sufficienza per qualsiasi ripensamento. Sotto questo aspetto il colpo di Stato è simile alla forma di guerra più moderna: il colpo sferrato con i missili strategici e, come nel caso di quest’ultimo, il fattore tempo pone l’intero fardello delle decisioni nella fase della preparazione. Ogni bersaglio deve essere studiato nei particolari prima dell’azione: la squadra cui tocca il compito di impadronirsene deve avere la stessa forza e la stessa composizione; ogni sua mossa deve essere predisposta in anticipo e nessuna flessibilità tattica può essere consentita.

Con questo grado di preparazione particolareggiata, non vi sarà nessuna necessità di alcun genere di strutture di comando nella fase attiva del colpo di Stato; poiché, se non esiste alcun motivo di prendere decisioni, non v’è alcuna necessità degli uomini che le prendano e del loro apparato. In effetti, avere un comando costituirebbe un grave svantaggio: esso offrirebbe un bersaglio concreto all’avversario, un bersaglio al contempo vulnerabile e facilmente identificabile. Non appena iniziato il colpo di Stato, il gruppo dominante saprà che sta accadendo qualcosa, ma, a meno che i colpi di Stato non siano frequentissimi nel paese, nessuno saprà che cosa sia questo «qualcosa»; potrebbe trattarsi di un ammutinamento, di una insurrezione, dell’inizio di una guerriglia o anche dell’invasione ad opera di una potenza straniera. Tutte queste forme di conflitto rappresentano minacce per il regime, ma sono tutte diverse per quanto concerne le loro conseguenze immediate e, quel che più conta, per quanto concerne i provvedimenti necessari per affrontarle. Dovremmo evitare di intraprendere un’azione qualsiasi che chiarisca la natura della minaccia e riduca così la confusione nelle file dell’apparato difensivo del regime. Le nostre squadre usciranno dalle loro basi e si accingeranno a impadronirsi degli obiettivi designati, agendo come unità indipendenti; il loro scopo collettivo e la loro coordinazione rimarranno così ignorati fino a quando non sia troppo tardi per una qualsiasi opposizione efficace.

I capi del colpo di Stato saranno sparsi tra le varie squadre e ognuno di essi si unirà a quella squadra il cui obiettivo ultimo richiede la sua presenza: così, il portavoce del colpo di Stato si troverà con la squadra che deve impadronirsi della stazione radiotelevisiva e il futuro capo della polizia sarà nella squadra il cui obiettivo è il comando della polizia. Poiché ogni squadra sarà al contempo piccola e estremamente mobile e poiché non esiste un comando durante tutta la fase attiva del colpo di Stato, l’avversario non avrà un solo singolo obiettivo su cui poter concentrare le proprie forze. In questo modo la sua superiorità numerica sarà annullata e le forze numericamente inferiori del colpo di Stato avranno la superiorità locale nel settore eli ciascun obiettivo particolare. Questa sarà la chiave della vittoria del colpo di Stato.

 

 

ALLA VIGILIA

 

Negli ultimi due capitoli abbiamo passato in rassegna la preparazione del colpo di Stato per quanto concerne la neutralizzazione delle difese «professionali» dello Stato e la scelta di quegli obiettivi che contribuiranno alla neutralizzazione delle forze «politiche». Abbiamo analizzato la struttura delle forze annate e degli altri mezzi di coercizione e veduto che gran parte delle prime, una parte significativa del sistema di polizia, e alcuni dei servizi di sicurezza, non sarebbero in grado di intervenire, sia a nostro favore sia contro di noi, nell’eventualità di un colpo di Stato. Ciò a causa della loro lontananza, di uno spiegamento disperso, o perché il loro addestramento e equipaggiamento erano inadeguati o troppo specializzati. Abbiamo allora infiltrato la parte relativamente piccola dell’apparato che aveva una capacità di intervento, per cui la quasi totalità di esso è venuta a essere tecnicamente neutralizzata e il resto completamente sovvertito. Questo ci ha assicurato la neutralità di gran parte delle difese dello Stato e la collaborazione attiva di alcune delle sue forze.

L’infiltrazione dell’esercito e della polizia ci ha fornito uno strumento: le unità che abbiamo incorporato e che costituiscono le forze del colpo di Stato. Abbiamo inoltre preparato l’impiego di questo strumento selezionando gli obiettivi per la cui conquista sarà utilizzato; abbiamo identificato gli obiettivi materiali che devono essere conquistati e quelli che dovranno essere sabotati o altrimenti resi inutilizzabili; abbiamo scelto le più alte personalità tra i capi del potenziale avversario, sia nel governo sia fuori di esso, e ci siamo preparati al loro arresto. Di un compito importante, però, non ci siamo occupati nella fase della preparazione: l’energico isolamento del «nocciolo» delle forze lealiste. È augurabile che il numero di queste forze che ci è stato impossibile infiltrare e che hanno inoltre una capacità di intervento, non sia molto grande. Ma anche se sono deboli in termini assoluti, noi non osiamo ignorarle. Far questo significherebbe invalidare tutte le misure adottate per isolare la capitale (e noi stessi) dall’intervento di forze ostili. L’estrema instabilità dell’equilibrio delle forze durante la fase attiva del colpo di Stato significa che quanto in altre circostanze costituirebbe soltanto una minaccia di importanza secondaria, potrebbe in questo caso avere conseguenze disastrose e, se il «duro nocciolo» delle forze lealiste è grande in rapporto alle nostre, dovremo effettivamente distogliere gran parte delle nostre forze per destinarle al suo isolamento.

Sebbene non siamo stati in grado di penetrare in questo «duro nocciolo» di forze lealiste, due cose saranno state probabilmente conseguite: a) ci saranno noti il loro numero, la loro qualità e la loro posizione, e b) i nostri provvedimenti di neutralizzazione avranno ridotto la loro efficienza complessiva. La capacità combattiva delle forze lealiste non sarà stata erosa, ma, come risulta dalla tabella 14, il loro intervento contro di noi sarà ritardato e ostacolato.

Il nostro scopo non è quello di distruggere militarmente le forze lealiste (in quanto potremo risolvere amministrativamente il problema dei loro quadri dopo il colpo di Stato) ma semplicemente quello di immobilizzarle per alcune ore, poche ma cruciali. Le tattiche da impiegare devono essere esclusivamente difensive: un anello di posizioni di blocco intorno a ciascun concentramento di forze lealiste o, qualora ciò non sia possibile, un anello analogo intorno alla capitale. Così, anche se saremo strategicamente all’offensiva (nel senso che saremo noi a voler mutare la situazione in generale), ci troveremo altresì tatticamente sulla difensiva e ciò ci assicurerà importanti vantaggi tecnici e psicologici.

Servendoci di blocchi stradali difesi per isolare le forze lealiste, imporremo ad esse la responsabilità dell’iniziativa di continuare a battersi; le nostre forze si limiteranno a aspettare e saranno le forze lealiste a tentar di passare. Se una colonna di forze lealiste dovesse

 

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