8 Protobulgari e Bulgari
I rapporti tra i Bizantini e gli stati caucasici furono sempre complicati, ma non costituirono mai una vera minaccia per la vita dell'Impero. La stessa cosa vale anche per i musulmani arabi: dopo il fallimento del loro secondo assedio a Costantinopoli, nel 718, si verificarono solo occasionali momenti di tensione nell'824, quando gli arabi che si ritiravano dalla Spagna omayyade conquistarono Creta. A eccezione di questi momenti, si registrano modeste chiamate a raccolta di fedeli per un jihad, che però non oltrepassava l'ambito regionale. Per quanto riguarda invece le potenze occidentali, queste potevano minacciare i possedimenti bizantini nell'Italia meridionale e in Dalmazia già nel secolo VIII, ma ne sarebbero dovuti trascorrere altri quattro prima che il loro attacco fosse portato direttamente su Costantinopoli, perché questo richiedeva una flotta più forte della marina bizantina.
La Bulgaria era un caso diverso, poiché era molto vicina a Costantinopoli, e la sua forza rappresentava una vera e propria minaccia ogniqualvolta una crisi su un altro fronte, un'insurrezione o una guerra civile sguarnivano le difese della città.
La stessa esistenza di uno stato bulgaro a sud del Danubio era motivo di preoccupazione per la sopravvivenza dell'Impero, indipendentemente dalla forza che questo stato poteva mostrare e persino dalla natura delle sue intenzioni.Perché oltre il Danubio si apriva l'immensa steppa eurasiatica, dalla quale erano giunti gli Unni, a esaurire le forze dell'Impero d'Occidente, poi gli Avari, che erano quasi riusciti a conquistare Costantinopoli nel 626, e quindi gli stessi Bulgari, che nei quattro secoli successivi sarebbero stati seguiti da Peceneghi, Ungari, Cumani e Mongoli. Solo una frontiera sul Danubio, difesa da truppe bizantine appoggiate da una flotta fluviale, poteva garantire un'opportuna sorveglianza e l'esistenza di un baluardo ben controllato nei confronti degli invasori delle steppe.
I Bulgari non potevano ovviamente farlo: se fossero stati abbastanza forti da difendere da soli la frontiera danubiana, sarebbero stati a loro volta una minaccia per la stessa Costantinopoli; se fossero stati troppo deboli, oltre a loro anche Costantinopoli si sarebbe trovata in pericolo. Soltanto una Bulgaria forte e obbediente avrebbe potuto essere un vicino desiderabile per Bisanzio, ma questa improbabile coincidenza si verificava solo sporadicamente, per brevi periodi di transizione.
Per ironia della sorte, la Bulgaria era, di fatto, una creazione bizantina. Emersi a ovest del Volga nel VII secolo come un gruppo distinto di tribù Onogur-Bulghar (ma anche Ugur, Onogundur e Vununtur nell'ebraico dei Kazari), i futuri Bulgari acquisirono un'identità comune ancora interamente turca sotto la sovranità degli Avari nel periodo in cui, nelle nostre fonti, compaiono in genere col nome di Onoguri. Sotto Eraclio si presentò un urgente bisogno di alleati abili e disposti a combattere i pericolosi Avari che assediavano Costantinopoli nella profondissima crisi del 626. A quell'epoca non era previsto l'arrivo sulle sponde del Danubio di uno di quei popoli bellicosi delle steppe che si poteva sempre sperare di ingaggiare. Così. i Bizantini dovettero andarsi a cercare un alleato molto più fuori mano: Kuvrat (Kubratos, Kurt, Qubrat), capo di tutti gli Onoguri e fondatore, nella steppa, di una potenza che i Bizantini in seguito avrebbero chiamato la Vecchia Grande Bulgaria. Già nel 619 Eraclio aveva ricevuto a Costantinopoli il capo onoguro Organa (in turco Orhan), l'aveva battezzato insieme a tutti gli uomini del suo seguito e lo aveva rispedito a casa col titolo di patrikios e, senza dubbio, anche con qualche dono. t possibile che fosse lo zio di Kuvrat.
Intorno all'anno 635, Kuvrat si liberò degli Avari e inviò i suoi uomini fin oltre il Danubio per debellarli definitivamente, ricevendo da Eraclio il titolo di patrikios (questo fatto è confermato da una sicura testimonianza archeologica costituita da tre anelli d'oro con la scritta «Hourvat Patrikios», ritrovati nel 1912, assieme a venti chili d'oro e cinquanta chili di oggetti d'argento, tutti finemente lavorati, presso il villaggio di Maloe Pereshchepino, nella regione di Poltava in Ucraina, nel sito della tomba di Kuvrat). A quanto dice la Cronaca di Giovanni vescovo di Nikiu, una fonte quasi contemporanea che sopravvive sol tanto nella traduzione etiope della traduzione araba dell'originale greco, Kuvrat era nipote di Orhan, battezzato in giovane età e cresciuto presso la corte, insieme a Eraclio, rimasto suo amico per tutta la vita.
Kubratos, capo degli Unni [a quel tempo un termine generico per indicare tutti i popoli delle steppe], il nipote di Organa, che era stato battezzato nella città di Costantinopoli e accolto nella sua giovinezza nella comunità cristiana e cresciuto nel palazzo imperiale […]. E fra lui e il vecchio Eraclio avevano prevalso pace e grande affetto, e dopo la morte di Eraclio egli aveva mostrato il suo affetto ai figli di lui e alla sua sposa Martina a causa della gentilezza che gli era stata riservata.
Questa testimonianza espone in termini di «interessamento umano» un'alleanza strategica; pare infatti che Eraclio abbia trascorso la sua giovinezza a Cartagine, dove il padre era esarca della provincia d'Africa. L'attacco di Kuvrat fu almeno una delle ragioni che spinsero gli Avari a ritirarsi dalla Tracia, da dove avevano minacciato direttamente Costantinopoli. Sino alla morte, avvenuta nel 642, Kuvrat rimase un fedele alleato dell'Impero.
A quel tempo il nuovo khanato kazaro si stava espandendo verso occidente, cacciando dal loro insediamento gli Onoguri, o Bulgari, come si cominciava a chiamarli. Uno dei figli di Kuvrat, quell'Asparuch (Asparux, Isperik) oggi celebrato come fondatore della Bulgaria, superò di forza il Danubio intorno al 679, per occupare il territorio imperiale nella Moesia, dopo aver sconfitto le forze di Costantino IV (668-685). Questo evento è riportato nel testo di una lettera in ebraico di un khan kazaro, in cui si dice che i Vununtur (ovvero gli Onoguri o Bulgari) hanno traversato la Duna, il Danubio. I guerrieri pastori di Asparuch e le loro famiglie, anche se per la steppa costituivano un gruppo sostanzioso, erano pochi in rapporto alle popolazioni di agricoltori slavi che vivevano a sud del Danubio; quindi i Bulgari, che parlavano una lingua turchica, vennero assimilati linguisticamente dalla maggioranza slava sino a formare quella che, dal Medioevo all'epoca moderna, viene riconosciuta come la comunità bulgara. Questa etnogenesi si realizzò gradatamente in un arco di tempo lungo più di due secoli: ci furono il khan turco Krum (803-814), il khan Omurtag (814-831) e il khan Perssian (836-852); quindi il khan che si convertì e prese il nome di Boris I, infine lo zar Simeone (893-923) e lo zar Pietro I (927-970). Ma questa trasformazione di una popolazione turca dedita a culti sciamanici in una comunità di cristiani slavi non riuscì ad addolcire il carattere bellicoso dei nuovi vicini dell'Impero.
Poiché però anche i vicini rissosi, qualche volta, possono risultare utili, le relazioni tra l'Impero e il nuovo khanato bulgaro subirono in pratica ogni tipo di possibile variazione, dall'alleanza stretta alla guerra aperta, come viene esemplificato dalla carriera del khan protobulgaro Tervel (o Tarvel, Terbelis nelle nostre fonti greche), successore e probabilmente figlio di Asparuch, che regnò nel periodo 695-721, per circa ventun'anni difficili da collocare con precisione perché le cronologie pervenuteci sono contraddittorie.
Tervel viene citato per la prima volta da Teofane, nell'occasione in cui accettò di venire in soccorso al deposto imperatore Giustiniano II Rhinotmeto (dal naso mozzo) per aiutarlo a riconquistare il trono. Giustiniano II, rovesciato nel 695 da un'insurrezione e sostituito da Leonzio, strategos del thema (si veda più oltre) dell'Ellade, fu esiliato nel Chersoneso, presso Sebastopoli in Crimea, adesso in territorio ucraino, la più remota delle città bizantine. Leonzio, poi, fu a sua volta deposto dal germano Apsimaro, comandante del thema marittimo dei Cibirreoti (Kibyrrhaiotai), che regnò col nome di Tiberio III (698-705).
Nel 703 Giustiniano II cercò rifugio presso il khan dei Kazari, da cui ricevette ospitalità regale e una figlia (battezzata come Teodora) in moglie. Quando però Tiberio III mandò dei messaggeri ai Kazari per chiederne il rimpatrio, Giustiniano II fuggì verso ovest e spedì un messaggio a:
Terbelis, il signore della Bulgaria, sì da ottenerne aiuto a riconquistare il suo ancestrale trono e promise di dargli molti doni e una sua figlia [Anastasia] in moglie. Il secondo [Tervel] promise sotto giuramento di obbedirgli e di cooperare con lui sotto ogni punto di vista, dopo aver ricevuto […] [Giustiniano II] […] con onore, radunò l'intera schiera dei Bulgari e degli Slavi che gli erano sottoposti. L'anno seguente (nel 705) essi si armarono e giunsero alla città imperiale.
Non ci fu né un assalto né un assedio: Giustiniano, con un pugno di uomini, riuscì a penetrare in città attraverso uno degli acquedotti che la rifornivano, chiamò a raccolta i suoi sostenitori e prese il potere non era solo un ex imperatore mutilato, aveva un esercito ai suoi ordini − e alla fine mandò a morte Apsimaro/Tiberio insieme al deposto Leonzio. Quindi ricompensò Tervel «con molti doni e vasellame im periale». Secondo il patriarca Niceforo c'era qualcosa d'altro:
Mostrò grandi favori al capo bulgaro Terbelis, che era accampato oltre il tratto di mura del palazzo Blachernai e infine lo convocò, lo investi d'un mantello imperiale e lo proclamò kaisar.
Il titolo di «Cesare», il secondo rango nella gerarchia imperiale, non era mai stato prima di allora accordato a uno straniero. Giustiniano II può anche aver concesso dei territori nella parte nord-orientale della Tracia a Tervel, ma della sua promessa sposa Anastasia non si sa più nulla.
Tre anni sono molti nella politica internazionale: nel 708, dimenticata l'amicizia ed esaurita la gratitudine, Giustiniano II, «dopo aver trasbordato la cavalleria dei themata oltre il Danubio e armato una flotta, si diresse contro Terbelis e i suoi Bulgari». È probabile che si combattesse per i territori che Giustiniano aveva promesso e non avrebbe mai consegnato. L'ingratitudine fu giustamente punita: Tervel mise in rotta le truppe di Giustiniano nella battaglia di Anchialos, oggi Pomorie, nella parte sud-orientale della Bulgaria. Cosl, dopo una stretta alleanza sancita da una promessa di matrimonio dinastico, si tornava alla guerra aperta. Tuttavia, a quel che dice Niceforo, solo tre anni dopo, nel 711, Tervel aiutò Giustiniano a stroncare una rivolta in Asia Minore inviandoli 3000 dei suoi uomini − non sufficienti, per mancanza di convinzione o altri motivi, perché l'imperatore venne catturato e giustiziato.
Approfittando della situazione di confusione che si venne a creare, nel 712 Tervel operò scorrerie in Tracia, a puro scopo di saccheggio, portandosi così in prossimità di Costantinopoli:
I Bulgari […] compirono grandi stragi. Fecero scorrerie sino a raggiungere la città, e sorpresero molte persone che avevano passato le acque [transitando sulla sponda asiatica] a celebrare ricchi matrimoni o per concedersi abbondanti pasti […]. Si spinsero sino alla Porta d'Oro e, dopo aver devastato tutto il territorio della Tracia, tornarono alle loro dimore con una massa innumerevole di bestiame.
Ancora una volta, tuttavia, la situazione si rovesciò: sotto Tervel, oppure il suo successore, questi Bulgari erano stati i valenti alleati dell'Impero nella sconfitta degli arabi che assediavano per la seconda volta Costantinopoli nel 717-718. Maslama bin Abdul-Malik, fratello del califfo omayyade Suleiman bin Abd al-Malik (circa 674-717) ed entusiasta jihadista, aveva portato sulla sponda europea del Bosforo un grande numero di uomini per assaltare le Mura di Teodosio, mentre le navi arabe stavano ponendo un blocco a Costantinopoli e tentando di attaccare le sue fortificazioni sul mare. Fu allora che, secondo Teofane, «la nazione bulgara mosse loro guerra e, come affermano persone bene informate, massacrò 22.000 arabi». Sotto il bellicoso imperatore Leone III, le forze bizantine ressero l'offensiva araba per mare e per terra, e anche oltre il territorio di Costantinopoli − lo stesso califfo omayyade Suleiman bin Abd al-Malik fu ucciso nel 717 sul confine siriano, probabilmente mentre stava conducendo un attacco diversivo.
L'importanza del contributo bulgaro alla sconfitta araba emerge molto chiaramente nella Cronaca dello Pseudo Dionigi di Tell Mahre, scritta in siriaco, cioè in tardo aramaico orientale. Ne costituisce una prova un passo giunto sino a noi, incorporato nella Cronaca dell'Anno Domini 1234, di cui esiste anche una copia a sé stante.
La prima conseguenza dell'intervento bulgaro fu il danno arrecato alle forze che erano al seguito di Maslama, ma che non fungevano da semplice scorta:
L'esercito di Maslama traversò in un punto a circa dieci chilometri sotto la Città [sulla costa del Mar di Marmara], ma Maslama con la sua scorta di 4000 cavalieri prese terra dopo gli altri a una distanza di circa sedici chilometri dall'accampamento di coloro che lo avevano preceduto. Quella notte gli alleati bulgari dei Romani piombarono su di lui, sorprendendolo, e massacrarono la maggior parte delle forze che erano con lui. Maslama si salvò per un pelo.
Quando avevano posato il piede sulla costa europea per mettere Costantinopoli sotto attacco da terra − come era fondamentale per la conquista della città − gli arabi avevano lasciato sguarnite le retrovie, continuando la loro avanzata nella convinzione, piuttosto sensata, che tutte le forze bizantine si trovassero dentro la città per difenderla e che nessun reparto fosse rimasto all'esterno, a battere la campagna. Forse non sapevano nulla dei Bulgari, oppure agirono supponendo ragionevolmente che i Bulgari si sarebbero uniti a loro nell'attacco alla città o che, in ogni caso, non avrebbero fatto nulla per aiutare i Bizantini a difenderla, viste tutte le guerre che avevano condotto contro l'Impero.
Ma, ancora una volta, la diplomazia bizantina si era messa al lavoro − non sappiamo come e quando − e Maslama ne patì le conseguenze.
Un'ulteriore forza di 20.000 uomini sotto il comando di Sharah b. Ubayada fu inviata a difendere le postazioni avanzate dalla parte di terra, contro i Bulgari, e quelle dalla parte di mare, contro le navi romane [ ] Un giorno i Bulgari si radunarono per muovere contro Sharah I e il suo esercito, ingaggiarono battaglia contro di loro e ne uccisero un gran numero, in modo che gli arabi giunsero a temere i Bulgari più dei Romani. Poi i loro rifornimenti rimasero tagliati fuori e tutti gli animali che avevano con loro morirono per mancanza di foraggio.
La serie di attacchi bulgari contro gli arabi in Tracia e il blocco bizantino di quelli accampati sulle coste del Mar di Marmara sono descritti in un testo noto come Cronaca dell'A.D. 819. Il suo compilatore contava gli anni dei Seleucidi a partire dal 312 a.C., ossia dagli «anni di Alessandro Magno», ed è narrando del 1028 che scrisse:
Una volta ancora Suleman [bin Abd al-Malik] raccolse le sue truppe […] e lanciò un grande esercito con Ubayda come suo comandante contro l'Impero romano Costoro invasero la Tracia […] Ubayda invase il territorio bulgaro, ma la maggior parte del suo esercito venne distrutta dai Bulgari […] quelli che sfuggirono si trovarono tormentati da Leone [III], astuto re dei Romani, sino al punto di essere costretti a nutrirsi della carne e delle feci dei loro cavalli.