6 Matrimoni dinastici

Pur essendo privi di un servizio diplomatico o di un vero e proprio ministero per gli Affari Esteri, i Bizantini erano in grado di utilizzare tutti gli strumenti della diplomazia, e non esitavano a farlo. Ciò naturalmente includeva anche gli accordi per combinare dei matrimoni destinati a stabilire buone e durature relazioni con le dinastie straniere.Questa pratica non era stata introdotta dai Romani, cui mancavano delle controparti valide, quanto piuttosto dalle varie autocrazie rivali del mondo ellenico che si erano venute a creare dopo la morte di Alessandro Magno. Questi regni, in cui la lingua ufficiale era il greco, governati dapprima dai diretti subordinati di Alessandro e in seguito dai loro discendenti, o da qualcuno della loro cerchia familiare, si avvalevano con una certa frequenza di matrimoni concordati per stipulare accordi di pace, anche se capitava di frequente di muovere guerra senza divorzi preventivi.

Per un imperatore romano la cosa era più complicata. Per lui, una sua sorella o uno dei suoi figli nati a palazzo, un matrimonio con un essere mortale decisamente inferiore era in aperta contraddizione con il ruolo rivendicato dall'imperatore di viceré di Dio in Terra, di signore preposto alla custodia e guida di tutti i cristiani, e come tale collocato a un livello decisamente superiore a quello di ogni altro regnante. Inoltre, la sola idea di far giacere la figlia o la sorella di un imperatore nel letto di un qualsiasi barbaro, seppur cristiano, o nella tenda, seb bene ricca di oro e tesori, di un nomade o peggio ancora nell'harem di un musulmano, era rivoltante: un ignobile insulto sia per l'orgoglio razziale greco sia per il senso cristiano del decoro.

Le cose erano più facili quando gli imperatori o i loro figli sposavano le figlie di un potente signore straniero. Giustiniano II, detto naso mozzo (rhinotmetos), che salì al potere nel 685, solo per essere detronizzato, mutilato simbolicamente e infine esiliato nel remoto avamposto di Cherson in Crimea nel 695, stabilì un'alleanza dinastica con i kazari che spadroneggiavano nella vicina steppa. Sposò infatti la sorella del khan, Busir Glavan (per i greci Ibousiros Gliabanos), che prese il nome di Teodora − anche se, come vedremo, fu con l'aiuto del khan bulgaro Tervel che alla fine riuscì a riguadagnare la corona nel 705, per poi governare in modo tanto disastroso da meritarsi, nel 711, una seconda destinazione.

Un secolo dopo, Leone III, per sigillare l'alleanza con l'Impero kazaro delle steppe contro gli arabi musulmani, a spese dei quali ciascuna delle due potenze aveva già per proprio conto ottenuto qualche successo lungo le rispettive frontiere, combinò il matrimonio del figlio e successore Costantino V con una delle figlie del khan, che assunse il nome di Irene: è per questa ragione che suo figlio, l'imperatore Leone IV (775-780), venne soprannominato il kazaro. Irene, fra l'altro, è ricordata per due episodi abbastanza diversi tra loro. In primo luogo perché, convertitasi al Cristianesimo, divenne una persona profondamente pia. Negli eventi dell'anno 6224 dalla Creazione, cioè nel 731-732 d.C., Teofane Confessore racconta: «In quell'anno, l'im peratore Leone [III] promise in sposo suo figlio Costantino alla figlia del khagan […J. Egli la fece cristiana e la chiamò Irene. Ella apprese le Sacre Scritture e visse piamente, riprovando quindi l'empietà [icono clastal di quegli uomini».

Secondariamente, è nota per aver introdotto il suo costume nazionale nella corte bizantina, un caftano, o caffetano, − l'abito lungo indossato dai cavalieri nomadi delle steppe, che si apre sul davanti quando si monta in arcione −, riccamente decorato che nella corte bizantina fini per essere chiamato tzitzakion. Questa veste emigrò dalle steppe, dove serviva a coprire i pastori nomadi, sino ai vertici della corte del Medio Impero, perché veniva indossata dall'imperatore stesso, e soltanto nelle occasioni più solenni. Molto più tardi, Costantino VII il Porfirogenito, che era anche un raffinato cultore dell'antichità, spiegava: «Dovete sapere che il tzitzakion è un costume kazaro, che ha fatto la sua apparizione in questa città imperiale protetta da Dio, sin dal tempo dell'imperatrice della Kazaria».

Nonostante questi illustri precedenti, la versione ufficiale era che la dinastia imperiale non si sarebbe legata con vincoli matrimoniali a famiglie regnanti di livello inferiore, per quanto grandi potessero essere le loro ricchezze. Non si prendevano neppure in considerazione eventuali richieste da parte dei signori musulmani, nemici per motivi religiosi; quelli delle steppe, pur non essendo certo anticristiani, erano altrettanto inaccettabili. Nel De administrando Imperio si trova un suggerimento per stilare una risposta di rifiuto a tali richieste:

[se] una qualche nazione di queste tribù infedeli e disonorevoli del nord mai richiederà un'alleanza matrimoniale con l'imperatore dei Romani, o per prenderne in moglie una figlia, o per offrire in sposa una figlia sua all'imperatore o a suo figlio […].

Davanti a una tale «mostruosa e indecente» richiesta, si propone come modello una risposta maliziosa:

[Un] severo e indiscutibile vincolo e ordine del grande e santo Costantino è stato inciso sulla sacra tavola della chiesa universale di tutti i cristiani, Hagia Sophia, che mai un imperatore dei Romani stabilirà un vincolo matrimoniale di alleanza con una nazione di costumi difformi e alieni a quelli dell'ordine romano, in specie una che sia infedele e non battezzata […].

Non si potrebbe essere più categorici se quella che immediatamente segue non fosse la previsione di un'eccezione:

[…] a meno che non si tratti solo dei Franchi; perché solo costoro furono esclusi da quel grande uomo, il santo Costantino, perché egli stesso derivava le sue origini da quelle parti […] [e] a causa della nobiltà e della fama di quelle terre e di quelle razze.

Tutto ciò era completamente falso, dal momento che Costantino non aveva lasciato istruzioni in merito ai matrimoni, e, inoltre, era nato nella Mesia superiore (oggi Serbia meridionale), mentre la confederazione dei Franchi si era formata nel tratto inferiore della vallata del Reno; tuttavia, l'invenzione giustificava le alleanze dinastiche con la maggiore potenza d'Occidente, la Francia di Carlo Magno e dei suoi discendenti, e poi con la Francia orientale, che nel X secolo divenne il Regnum teotonicum, il regno di Germania, con la dinastia degli Ottoni.

Nel 781 Irene, vedova di Leone IV il Kazaro e reggente per il suo unico figlio, Costantino VI, che aveva allora dieci anni, combinò il matrimonio del bambino con Rotrude, la figlia di sei anni di Carlo Magno, all'epoca solo «re dei Franchi» e non ancora incoronato imperatore, come sarebbe avvenuto nell'800, ma già signore di una buona parte dell'Europa occidentale. Tra i due Imperi non c'erano ancora attriti di una qualche gravità, ma, visto che Carlo Magno continuava a estendere il suo raggio d'azione ed era sempre più attivo in Italia, non era difficile prevedere l'insorgere di futuri contrasti, poiché i Bizantini continuavano a occupare alcune enclave sulle coste meridionali della penisola, come Napoli, Reggio Calabria e Brindisi. A queste si dovevano poi aggiungere Venezia, ultimo baluardo dell'ormai estinto Esarcato di Ravenna, e le città portuali della costa dalmata dell'Adriatico, sebbene l'estremità settentrionale dell'Istria fosse già in mano ai Franchi. Un'alleanza matrimoniale preventiva con la maggiore potenza che si fosse mai vista in Occidente dai tempi dei Romani rappresentava un ottimo investimento.

Ben decisi a risparmiarsi la cacofonia del suono barbarico del nome «Rotrude», i Bizantini scelsero di chiamare la bambina Erythro e inviarono presso di lei l'eunuco Elissaios per insegnarle la lingua greca e il protocollo di corte. Tuttavia nel 786, quando la piccola aveva ancora solo undici anni, la temibile e astuta Irene mandò a monte gli impegni assunti, per motivi che restano sconosciuti. Quanto a Costantino VI, era destinato a concludere la sua vita all'ombra della madre.

In assenza di un'alleanza dinastica, le relazioni con Carlo Magno furono caratterizzate da frequenti momenti di tensione, anche se per lungo tempo si riuscì a evitare un confronto militare diretto.

L'accettazione da parte di Carlo Magno del titolo di Imperator Augustus all'atto della sua incoronazione per mano di papa Leone III, la notte di Natale dell'anno 800, fu una diretta sfida alla supremazia bizantina, quali che fossero le intenzioni dei protagonisti occidentali. Il monaco Eginardo (o Eginhart, Einhard o Einhart), storico dei Franchi e biografo ufficiale di Carlo Magno, fa ricadere l'intera responsabilità dell'iniziativa sulle spalle di papa Leone III:

La [plebe romana] aveva inflitto gravi mutilazioni al pontefice Leone III, strappandogli gli occhi e tagliandogli la lingua, sicché egli si era trovato costretto a rivolgersi al re per soccorso. Carlo quindi si recò a Roma, per mettere ordine nelle cose della Chiesa […] e là trascorse l'intero inverno. Fu allora che ricevette il titolo di Imperatore e Augusto [Imperator Augustus] per il quale aveva nutrito dapprima un'avversione tale che dichiarò che non avrebbe messo piede in chiesa nel giorno in cui erano stati convocati, anche se si trattava del giorno di una grande festività, se mai fosse riuscito a prevedere il disegno del papa. Sopportò quindi con grande pazienza la gelosia di cui gli imperatori romani [di Costantinopoli] diedero mostra dinanzi alla sua assunzione di tali titoli, perché essi presero assai male questo passo; e, grazie all'invio di messi e lettere frequenti, con cui si rivolgeva a loro come fratelli, fece sì che la loro alterigia cedesse alla sua magnanimità, una qualità nella quale era senza alcun dubbio a loro largamente superiore.

La necessità di una protezione imperiale avvertita dal papa e dalla Chiesa di Roma era assai più urgente e forte di quanto non fosse il bisogno di un titolo da parte di Carlo Magno, dato che il suo potere personale e la sua egemonia sulla parte continentale dell'Europa d'Occidente erano indiscussi. Gli ultimi imperatori bizantini erano infatti divenuti degli eretici, agli occhi dei Romani, per la loro politica iconoclasta, benché il loro maggiore delitto fosse l'eccessiva lontananza che impediva loro di proteggere il papa dalle manifestazioni di selvaggia brutalità che si verificavano attorno a lui, e non solo a opera di barbari − era stata infatti una banda romana, inviata dai parenti insoddisfatti del papa precedente, Adriano I, ad attaccare il plebeo Leone III, spingendolo a cercare rifugio presso Carlo Magno.

Dunque l'immagine bizantina dell'incoronazione di Carlo Magno, quella cioè di un atto politico calcolato da entrambe le parti, è molto più plausibile:

[dopo l'attacco che gli fu portato] papa Leone [fu costretto a] implorare la protezione del re [Carlo]. Venendo dunque a Roma per ristabilire l'assetto della Chiesa, veramente assai compromessa, [il re] trascorse qui tutto l'inverno. In quell'occasione [Carlo] ricevette il titolo d'imperatore e di «augusto».

Irene, che nel periodo dal 797 all'802 deteneva il vero potere imperiale al posto del figlio, non intendeva certo mettere in discussione la supremazia imperiale bizantina riconoscendo Carlo Magno come Imperator Augustus. Quello che ne segui è sia attestato dalla migliore testimonianza possibile sia difficile a credersi:

In questo anno, il 25 dicembre […] [800] Karoulos, re dei Franchi, venne incoronato da papa Leone Egli intendeva preparare una spedizione navale contro la Sicilia, ma successivamente cambiò opinione e decise invece di sposare Irene. A tal fine, mandò degli inviati nell'anno seguente.

Il conflitto territoriale, da lungo tempo atteso, aveva già avuto inizio, interessando Venezia e la zona a essa circostante. L'Istria, sull'altra sponda dell'Adriatico, era infatti già stata rivendicata dal padre di Carlo Magno, Pipino III, nel 789.

Il successore di Irene, Niceforo I (802-811), concluse un accordo di pace nell'803, ma continuò a rifiutarsi di riconoscere il titolo imperiale di Carlo. Lo scontro riprese più tardi e continuò sino a quando, con l'imperatore Michele I il Rangabe (811-813), si giunse nell'812 a un nuovo accordo di pace, con il quale Venezia e l'Istria vennero restituite all'Impero e a Carlo fu riconosciuto un titolo imperiale: non proprio quello di Imperator Augustus o Imperator Romanorum, ma quello di Imperator Romanorum gubernans imperium (imperatore dei Romani al governo di un impero), un titolo che suonava un po' sgraziato e provvisorio. Successivamente Carlo Magno e la sua «segreteria» si accontentarono del titolo di Imperator et Augustus, nonché rex di Franchi e Longobardi, lasciando l'appellativo di «imperatore dei Romani» a Michele I e a Bisanzio.

Quel matrimonio franco non venne mai concluso; altri, però, lo furono. In particolare, l'imperatore Giovanni Zimisce acconsenti al matrimonio di sua nipote Teofano col figlio di Ottone I, re d'Italia e Germania, cioè col futuro imperatore Ottone II. I negoziati in tal senso avevano avuto inizio già sotto il suo predecessore, Niceforo Foca (963-969), che si era mostrato sprezzante dinanzi alla proposta provocando un'aspra ripicca da parte dell'irascibile negoziatore di Ottone, Liutprando di Cremona, autore di un resoconto molto polemico sulla trattativa. Non era soltanto un matrimonio dinastico: era un matrimonio strategico, parte integrante di un piano bellico.

Sotto Niceforo Foca i due Imperi si erano scontrati in Italia, ma Zimisce intendeva riprendere l'offensiva al confine opposto, contro gli arabi musulmani. Il matrimonio tra Teofano e Ottone fu celebrato a Roma il 14 aprile 972, mettendo apparentemente fine al confronto in Occidente. Nello stesso anno Zimisce iniziava la sua campagna vittoriosa per respingere i musulmani: «Le città che […] erano state conquistate e assoggettate ai Romani dall'Imperatore [Niceforo], si erano sollevate e avevano respinto il dominio Romano; così l'imperatore scese in guerra contro di loro e avanzò sino a Damasco»).

Ci sarebbero stati molti altri matrimoni strategici e sempre più esotici con potenti vecchi e nuovi. Isacco I Comneno (1057-1059) sposò Caterina di Bulgaria, una figlia dello zar Ivan Vladislav, morto già da tempo; Michele VII (1071-1078) si spinse ancor più lontano per sposare Maria di Alania, figlia del re Bagrat IV di Georgia, del millenario clan dei Bagrationi. La stessa Maria fu anche la legittima sposa del successore di Michele, Niceforo III il Botaniate (1078-1081), il quale ne aveva destituito il primo marito (cui fu generosamente concesso di ritirarsi a vita monastica, avviando così una seconda carriera che culminò col suo insediamento in qualità di arcivescovo metropolita di Efeso).

Anche Giovanni II Comneno fece parecchia strada, unendosi in matrimonio con Piroska (nome poi civilizzato in Irene), figlia di re Ladislao I d'Ungheria, non ricavandone però null'altro se non il fatto di trovarsi immischiato nelle faide ungheresi. Manuele I Comneno invece sposò Berta di Sulzbach, cognata di Corrado III di Germania, e, dopo la morte di quest'ultima, Maria di Antiochia, figlia di Raimondo d'Antiochia, un nobile d'Aquitania.

Tuttavia, nessuno riuscì a superare Michele VIII il Paleologo, l'uomo che strappò Costantinopoli dalle mani dei Latini e che era considerato l'Ulisse degli imperatori per la serie infinita di stratagemmi che sapeva escogitare. Oltre a sette figli legittimi, fra cui il suo successore Andronico 11 (1282-1328), aveva anche due figlie illegittime, che mandò come spose nell'Impero di maggiore espansione geografica che la storia avesse mai visto, ovvero quello mongolo.

Nel 1279 il successore di Temugin, il Gengis Khan (signore oceanico) dei Mongoli, con le sue conquiste si era spinto a est sino alla Cina meridionale e alla Corea, a ovest sino all'Ungheria, a sud-ovest sino in Afghanistan, Iran e Iraq. Ovunque gli agili cavalieri mongoli riuscivano a frastornare, travolgere e sconfiggere in modo devastante forze nemiche numericamente superiori, come durante la battaglia di Wahlstatt (campo di battaglia) combattuta vicino a Liegnitz (oggi è la polacca Legnica), nota a ogni studente tedesco. Là il 9 aprile 1241 Enrico II il Pio venne ucciso insieme a gran parte delle sue truppe polacche, morave e bavaresi e a un piccolo gruppo di cavalieri templari da quella che si credeva fosse l'armata mongola, ma che ne era invece solo una colonna secondaria. Altri furono più saggi: nel 1243 i Turchi selgiuchidi, che si erano battuti contro i Bizantini per quasi duecento anni, divennero vassalli dei Mongoli. Chi resisteva veniva annientato: un esercito guidato da Hiilagii, nipote di Temugin, distrusse sia gli Ismailiti di Siria sia il califfato abbaside, saccheggiando e devastando Bagdad nel 1258.

A questa furia era rapidamente seguito un consolidamento, sui due fianchi dell'Impero bizantino, poiché i discendenti di Temugin − Chinggis Khaan (o Gengis Khan) organizzarono stati stabili, che si dovrebbero definire «Cinggisidi», più che semplicemente Mongoli, perché attinsero sempre di più le loro reclute fra la popolazione locale, rimanendo mongoli solo nell'élite dominante, e non molto a lungo.

A Oriente, come khan subordinato del signore di tutti i Mongoli, Htilaga costituì uno stato che si estendeva da quello che oggi è l'Afghanistan occidentale sino alla parte orientale della Turchia, passando per l'Iraq e comprendendo tutto l'Iran: questo khanato si impose anche ai Selgiuchidi dell'Anatolia, che si assoggettarono per evitare di essere annientati. Sull'altro lato del Caspio e del Mar Nero, tutta l'immensa estensione di steppa che a est va dall'odierna Moldavia sino all'odierno Uzbekistan e a nord occupa buona parte della Russia cadde sotto il dominio dell'armata occidentale od «orda» (dalla parola mongola orda, cioè «campo» e, da qui, il campo del capo e il suo esercito)» Tutti i Russi ricordano ancora oggi la Zolotaya Orda, l'Orda d'Oro, un termine che in seguito è divenuto la definizione generica d'ogni potere, mongolo o turcico, che abbia raccolto tributi dalle città e dai signori russi almeno sino al 1476, quando tutto quello che ne rimase fu il khanato di Crimea, che riuscì a sopravvivere sino al 1783. Quando venne costituito per la prima volta, lo stato mongolo dominava i popoli dell'Asia centrale, i Protobulgari della regione del Volga e i KipCaki della steppa pontica a nord del Mar Nero (che i Bizantini conoscevano come Cumani), come pure i Russi, sino a Mosca e anche più a nord.

Razziatori mongoli di entrambi gli stati dei discendenti di Gengis Khan avevano raggiunto il territorio imperiale, ma lo stesso Michele VIII il Paleologo, che avrebbe deluso Carlo d'Angiò appoggiando Pietro d'Aragona all'altra estremità del Mediterraneo, si rivelò all'altezza della situazione. La figlia illegittima Eufrosine Paleologhina fu data con successo in sposa a Nogai, discendente diretto dello stesso Gengis Khan. Nogai era l'infaticabile comandante dell'armata d'Occidente. Non aveva mai rivendicato un titolo che gli conferisse formalmente il diritto di regnare, ma lo faceva lo stesso, dirigendo l'Orda d'Oro.

L'altra figlia illegittima di Michele VIII, Maria Despina Paleologhina, era stata promessa a un uomo anche più importante, Hulagu, il distruttore di Bagdad, ma, a causa della morte di quest'ultimo, ne sposò invece il figlio Abaqa (o Abakha), un altro bisnipote di Gengis Khan, successore di Fitilagii come sovrano del khanato. Le due sorelle, quindi, benché separate da un'immensa distanza, erano sposate a uomini fra loro imparentati.

Entrambi gli stati «cinggisidi», però, tendevano a espandersi nella direzione in cui c'era promessa d'erba per i loro cavalli (il che risparmiava la montagnosa Europa centrale e l'Egitto); ben presto, quindi, le loro forze finirono per entrare in collisione nel Caucaso.

Non era una guerra in piena regola, ma, almeno in teoria, una disputa giurisdizionale, poiché tutti i territori sotto il controllo dei discendenti di Gengis, nell'arco di più di 19.000 chilometri di Eurasia, erano per definizione una loro proprietà collettiva.

Michele VIII il Paleologo aveva indiscutibilmente avuto successo. Nessuna delle due figlie si era persa nell'harem di qualche guerriero troppo impegnato. Entrambe erano state piazzate in luoghi strategici: non c'era potenza che potesse permettersi di contemplare un attacco contro l'imperatore senza dover mettere in conto una visita degli incursori mongoli. Per di più Nogai aveva fornito a Michele VIII 4000 cavalieri per combattere in Tessaglia.

Anche Maria Despina Paleologhina riuscì a esercitare una forte influenza su Abaqa Khan: né i Selgiuchidi né altri capi turchi potevano sperare di attaccare impunemente suo padre in Anatolia. Si può dire tutto dei Bizantini, ma di certo non che fossero ingenui.