UN DRAMMA O UN FILM
È il lettore medio, quello delle statistiche. Da buon lettore medio, che vuole una informazione media dei fatti, legge in media tutto. Ma succedono nel nostro mondo, ormai troppo piccolo, cose che in altri tempi avrebbero occupato le cronache per un secolo e oggi durano un giorno. Per domani, altre novità lo aspettano. Continui progressi di idee, cambiamenti di forme, paradossi che in un lampo diventano semplici verità. Ne prova un senso di sgomento, come davanti a un lavoro arretrato, che continua ad aumentare, che bisogna pur finire e del quale l’implacabile committente sta bussando alla porta. Ogni giorno altro lavoro si accumula. Non può nasconderlo né rifiutarlo. Deve addossarselo. Come Atlante, ha il peso del mondo sulle spalle. Come Atlante, a volte, in un accesso di ironica ribellione, è tentato di cavarne una favola, una morale, di capire se stesso, i suoi contemporanei, il tempo in cui vive, soprattutto che senso ha la sua condanna. Pensa che il teatro potrebbe essere una strada per arrivare a una sintesi decente. Vorrebbe scrivere un dramma e prende appunti. Soprattutto sul Protagonista. Chi è? Non può esimersi dall’ipotesi autobiografica, poiché gli sembra abbastanza dimostrata l’impossibilità di far vivere sulla scena persone che non si conoscono a fondo. Ma deve pur operare di fantasia sul Protagonista, in modo da renderlo universale e gradevole, come certo gruppo sanguigno. Il guaio è che si sente una persona normale. Pena e sospetto che suscitano le persone normali in una società dove soltanto l’Eccezionale, in tutte le sue varietà, accende qualche interesse.
Così, nell’uomo probo, onesto, diciamo qualsiasi, si è portati a vedere la canaglia di domani, o una canaglia che sa nascondersi: mentre nella canaglia di oggi, dichiarata e operante, intravediamo una luce di verità o perlomeno di emozione. Abele è morto, non interessa. Caino è invitato a dettare le sue memorie. Truman Capote si incaricherà di scriverle. L’assassino muore in odore di santità, la vittima subisce stupidamente un atto di forza, peggio per lei.
Dunque, insinuerà il sospetto di essere una canaglia. Per non annoiare. Perché lo spettacolo abbia una sua luce speculare, nel fondo della quale riconoscersi tutti.
Se pensa alla struttura del dramma, a come si articolerà nei vari episodi, non può che affidarsi alle concatenazioni del caso, tenendo presente che il caso è ampiamente regolato dal nostro carattere; che il caso, in poche parole, siamo noi. A questo punto, tanto varrebbe non scrivere nessun dramma, ma un seguito di scene analogiche, prendendo un giorno qualsiasi del suo diario, e salvando così anche le unità aristoteliche, il che potrebbe essere una buona civetteria. I giorni dell’uomo, se si eccettua l’ultimo, sono così simili l’uno all’altro che interi anni spariscono dalla memoria! Resta a vedere se nell’arco di un solo giorno c’è materia sufficiente per un dramma. Se non c’è materia, tanto meglio. Il dramma risulterà allora dall’assenza totale di elementi drammatici. Per esempio, anche stamane il Protagonista si è svegliato al suono di un’orchestra d’archi, con musiche di Mozart e di Bach, privilegio che un tempo poteva essere dei re e dei potenti. Ma che oggi è di tutti. La sveglia radiofonica gli ha preparato anche il caffè. Nel giornale del mattino, la di cui lettura non finisce mai di sorprenderlo per il ritorno ciclico di certi avvenimenti e di certe persone, ha letto della morte di un amico che non vedeva da alcuni mesi. Questa notizia non gli ha tuttavia impedito di continuare la lettura del giornale. Ogni tanto il volto sorridente e sfocato dell’amico sopraffaceva le notizie di disastri del traffico, di una lontana guerra, di feroci delitti, di futili matrimoni, di belle affermazioni in ogni campo. Ma egli, il Protagonista, si sentiva di disapprovare tutto, blandamente, da lettore medio oberato di notizie. Restava quest’amico, ma come l’eco di un dolore che sta passando e che presto dimenticheremo. Da non trascurare che quest’amico aveva scritto un bel romanzo, ignorato dagli editori, e probabilmente rimasto nelle sue carte, in un cassetto.
A questo punto il Protagonista pensa che una delle ragioni che gli impediscono di avviare un dramma per conto suo, di «farsi» teatro, è che la vita pubblica, illustrata dalla stampa, è già un sufficiente palcoscenico dove le commedie si sviluppano e si intrecciano, ognuna portando avanti troppi personaggi scadenti. Ne segue una generale insofferenza, perché nella cronaca di un giorno qualunque c’è una pervicacia, una mancanza di pudore, un gergo e una facilità di soluzioni che sono appunto il contrario di ciò che si propone ogni arte teatrale. Si aggiunga che la cronaca, nella sua imparzialità, umilia necessariamente il buonsenso del Protagonista, la sua sana mediocrità. Vorrebbe sentirsi diverso, essere di quelli che fanno parlare di sé le gazzette, e che servono di modello agli scontenti. Se non fosse pigro, potrebbe tentare l’imitazione. Ma sente che non riuscirà, e allora tace. Resta col sospetto di essere poco adatto per questo mondo e, coi tempi che corrono, anche per l’altro.
Così, il dramma da scrivere subisce una lunga battuta d’arresto. Il Protagonista deve levarsi, andare al suo lavoro, in un ufficio. Non riesce a vedervi niente di drammatico. Anzi, se un dramma c’è, è nell’eccessiva sicurezza che gli proviene dal suo lavoro, di cui sospetta l’inutilità ma che è ben remunerato. Il Personaggio oggigiorno è legato alle assicurazioni, in un sistema che ai rischi del vero e della felicità sostituisce le pensioni, i salari. Parsifal ha la strada sgombra, ha fretta di spicciarsi, godrà di una buona retraite. Non parliamo di Ulisse, che non vede l’ora di tornare a casa. Il nostro Protagonista si sente abbastanza signore del suo destino, sa che si trova a vivere in un mondo sovrabbondante di mezzi, pieno di macchine che gli stanno facilitando l’esistenza al punto da evitargli persino di pensare. Nel suo ufficio ci sono già macchine che traducono; non bene, ma traducono. Altre che fanno poesie; non buonissime, ma sempre poesie. Questione di giorni e ci saranno macchine che scriveranno drammi, se appena informate di quello che c’è nei giornali, ogni mattina, cioè di quella materia che forma il fondo reale, implacabile, della vita del Protagonista. Rinuncia pertanto a scrivere il suo dramma. Non sarebbe imparziale, e nemmeno molto divertente.
Il giorno dopo è domenica, riposo. Il Protagonista, nella sua villa di campagna, acquistata con mutuo ventennale, lava la sua automobile, comprata a rate. Sua moglie invece prende il sole. Da un elicottero piovono manifestini incitanti alla prudenza nel traffico stradale. È il momento più calmo della settimana. Dio mio, se cambiasse vita? E come? Sua moglie lo avverte che il progresso è irreversibile, e che la sicurezza si paga con l’incertezza.
E se invece di un dramma, facesse un film? Perché non lasciare la parola alle immagini? Ma un film, come? Bisognerà lasciarsi sedurre da un’idea, e almeno prendere degli appunti. Coraggio, allora: «Appunti per un film».
Il Protagonista si mette alla macchina da scrivere e scrive:
1) Ogni mattina mi sveglia un’orchestra d’archi e una voce mi informa di ciò che è successo durante la notte, privilegio che una volta era dei re e dei potenti. E a me basta girare un bottone.
2) In autobus ho una conversazione con un giovane sessualmente indeciso. Loda il colore della mia cravatta e vuol sapere dove l’ho comprata. Fossi matto! Se ormai non ci restano che le cravatte!
3) Durante la mia assenza l’ufficio si è trasformato in una casa d’appuntamenti. Dov’era il mio tavolo ora c’è un gran letto e la segretaria sta provando la dolcezza delle molle. Se la burocrazia si allea col peccato non avremo più nulla da temere.
4) Alle undici tutti alle finestre a guardare un tale che minaccia di buttarsi dal cornicione del palazzo di fronte. Niente di fatto. Si lascia convincere da un pompiere. Viene fischiato.
5) A mezzogiorno, nel ristorante dove vado a colazione, un frate legge da un pulpito vecchie storie di cronaca nera accadute in Palestina duemila anni fa, con proiezioni. Non è possibile, forse ho sbagliato ristorante.
6) Per strada sono importunato da una signora di mezza età con profferte molto audaci. Quando le dico il fatto suo, finge di cascare dalle nuvole, mi offende, trova la solidarietà di altre signore passanti. Dove sono i tempi in cui un uomo poteva girare solo?
7) Prima di tornare a casa compro dei fiori per mia moglie, sperando che mi faccia entrare stanotte nel suo letto, per vedere la televisione a colori, che è nella sua stanza. Trovo mia moglie pronta ad uscire con un suo amico. Non lo invidio.
8) Ottima cena a letto guardando la televisione. Poi telefono a due ragazze che vengono e si ubriacano subito. Parlano di nuove tecniche erotiche e di viaggi in paesi lontani.
9) Quando mia moglie rientra è ubriaca anche lei. L’amico di mia moglie mi fa capire chiaramente che non può più occuparsene: la libertà dei costumi ha reso insopportabile anche l’adulterio. Gli do ragione.
10) Domenica mattina. Mia moglie prende il sole nel giardino, io lavo la macchina. Passa un elicottero che getta manifestini incitando alla prudenza nel traffico. Continuo a lavare la mia macchina. È il momento più calmo della settimana. Se cambiassi vita? Mia moglie mi dice che…