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Sapone e pasticcio

Una confusione di gatti sfrecciò in lungo e in largo nell'oscurità, visibili sotto i piedi praticamente per un attimo, poi puf! scomparvero tutti insieme come quelle idee che forse ti hanno detto e ridetto ma non riesci ancora ad afferrare. C'era un trasporto merci in arrivo che redarguiva il traffico con il suo fischio potente a ogni strada che attraversava, un rimprovero che si riusciva a sentire per chilometri, anche se la ferrovia era distante quattro o cinque strade. Qualcuno stava raccontando cazzate nella notte in una delle case scure dall'altra parte della strada, quale esattamente non potevo dirlo. La voce era a quel livello di volume che quelli troppo-ubriachi-per-notarlo preferiscono. Biscuit corse nel cortile verso la mia Ford, alzò una zampa posteriore e fecero la pipì sulla ruota anteriore sinistra. Sembrava più giovane, una volta finito. Uno degli ubriachi in lontananza iniziò a raccontare alcune esperienze che aveva avuto che fecero sbuffare la sua assemblea e fece andare con passo spedito giù per le scale della veranda i loro stivali, soprattutto per far incazzare per bene la moglie del padrone di casa.

Avevo sempre desiderato ardentemente di essere un eroe per qualcuno, lo so che ciò può sembrare piuttosto difficile, ma l'avevo desiderato veramente.

Il treno strideva sempre più vicino e sempre più forte, e faceva comprendere perché la gente gli gettasse contro delle pietre. Mettevano veramente alla prova la pazienza, così come succederebbe a un motociclista chiacchierone in una cella di contenimento, o come riesce a fare spesso un suocero in vacanza. Il treno passò ansimando come una valanga in ritardo a un appuntamento, inondando i binari.

Biscuit e io entrammo nella baracca di Bev. Accompagnai la porta mentre si chiudeva, così non avrebbe sbattuto. Il soggiorno puzzava come una stazione degli autobus. C'era un fetore stagnante, che poteva essere stato lasciato dal bisnonno, e poi un'aggiunta costante di fetori attuali di profonda tristezza derivati da sigarette, liquore, vita familiare stratificata e combinata con gli odori avvilenti più vecchi: il tutto creava il fetore complicato che c'era proprio allora, in quel momento.

Una lampada era accesa sopra la poltrona verde di Bev, dove stava lei, stramazzata. La sua testa si muoveva a scatti e le sue palpebre sbattevano come se stesse combattendo contro lo svenimento. Una sigaretta bruciava fra le sue dita e il fumo saliva dritto in una linea sottile.

Credo ci avesse sentiti.

Alzò il viso per dare un'occhiata e disse: «Oh, non me la sento… non me la sento di fare la lotta con te stanotte, tesoro, TV

«Va bene» dissi. «Semmai più tardi.»

Spensi la sua sigaretta nel portacenere. I suoi occhi si chiusero e il mento le cadde sul petto. Biscuit le annusò i piedi, poi si allungò a terra. L'afferrai per la spalla, la strattonai e lei mi seguì mentre la tiravo, fidandosi della mia guida ma non troppo consapevole di ciò, almeno credo. Semplicemente mi seguiva ovunque la trascinassi, quindi la portai a letto. Indossava solo una specie di sottile camicia da notte sconcia, così non dovetti spogliarla. Tirai il lenzuolo bianco sulle sue gambe, fino alla vita.

Non era al suo meglio.

Entrai in cucina, dove erano sistemate le bevande. Non c'era birra. Guardai da tutte le parti nel frigorifero. Non c'era nemmeno il whisky, o almeno non lo riuscivo a trovare. C'era del vino, che consideravo solo per le emergenze, e nient'altro, quindi presi un bicchiere di plastica blu alto e lo riempii fino all'orlo.

Spensi tutte le luci nel soggiorno. Accesi una sigaretta al mentolo presa dal suo pacchétto, andai verso la porta a zanzariera e rimasi lì in piedi a guardare fuori, strozzandomi con la sigaretta e il vino, quest'ultimo di qualità Chablis.

Questa valle, di notte o durante il giorno, in qualunque caso, aveva le sembianze di una creatura enorme svenuta, qualcosa che aveva corso, aveva corso finché non aveva finito la benzina ed era crollata spossata esattamente qui. Le case erano state lanciate lungo questa increspatura profonda nelle colline, e l'increspatura rappresentava senza ombra di dubbio la posizione di un essere derelitto collassato. Legname da sterpaglia, cumuli di spazzatura ed elettrodomestici d'epoca erano sparsi lungo i pendii e attorno alle case inclinate per servire da confine fra qui e qualunque altra cosa non fosse qui.

Se avessi saputo cosa fare, sarei stato disposto a farlo.

Ci vollero tre sigarette per aiutarmi a mandar giù quel vino. Poi andai in camera da letto. Vi avevo lasciato una lampada accesa, quindi c'era un po' di luce. Mi spogliai completamente e mi infilai nel letto, tirando su il lenzuolo.

C'erano molte fotografie di Bev appese alle pareti, scattate nel corso degli anni. Riuscivo a vederle da dove ero sdraiato. Fatte in passato, quando era stata la sua età dell'oro, questo era ovvio. Era stata qualcuno per un certo periodo. Credo che le fotografie la facessero sentire meno triste. Il suo volto e la sua figura erano del tipo che si sarebbero potuti usare per vendere merci: compra questo sapone, avrai questo viso; mangia questo pasticcio, avrai questo corpo. Quel genere di cose.

Certamente avrebbero venduto molto di quel sapone, e anche di quel pasticcio.

Stavo sdraiato lì con gli occhi chiusi ma continuavo a visualizzare quelle foto di lei nella mia testa, e solo allora avevano acquisito movimento. Stava ballando con quel signore anziano, dal viso rugoso, oppure ridendo mentre si sporgeva contro una Mustang Cabrio sotto il sole, oppure, la migliore di tutte, si stava semplicemente allontanando da me lungo un sentiero di mattoni con indosso degli abiti estivi ma stava guardando indietro voltandosi appena, con una specie di sguardo audace e le labbra imbronciate.

Quelle foto vennero trasmesse per me nella mia testa, e provai un filo di tristezza e una secchiata di apprezzamento. Non ero ancora scivolato nel sonno quando entrò Jamalee, camminando come un morto vivente, con le braccia senza vita abbandonate lungo i fianchi. Non disse una parola. Indossava uno dei suoi camicioni, giallo, e camminava con gli occhi quasi chiusi. La sua testa rossa come il fuoco ciondolava liberamente sulle sue spalle. Arrivò ai piedi del letto, vi salì in ginocchio e camminò a quattro zampe fino ai cuscini. Era sopra il lenzuolo e si sdraiò sulla schiena fra Bev e me; il lenzuolo sotto di lei era simile a un'amaca, più o meno, e chiuse gli occhi.

«La luce» disse.

Mi risvegliai come una bottiglia che lambisce la spiaggia. Piccoli e morbidi colpetti mi muovevano in avanti, mi picchiettavano per farmi riaprire gli occhi, e quando arrivai a destinazione, i miei occhi si spalancarono così come quelli di Rossofuoco. Ci fu un sussulto di spavento sociale perche ci eravamo abbracciati mentre eravamo alla deriva, con i suoi capelli rossi sotto il mio mento, quindi improvvisamente mi svegliai e realizzai la situazione. Il colore rosso riempiva la mia vista, e l'odore dei suoi capelli, del suo respiro e del suo collo fece vibrare il mio naso. Sono quasi certo che stavo sorridendo mentre dormivo. Le mie braccia la circondavano, la tiravano vicina e la tenevano stretta mentre il mio corpo aveva preso la forma attorno a lei di un grosso cucchiaio incastrato in uno piccolo.

Nell'insieme c'era una sensazione di serenità.

Forse per un istante pensai che potesse adagiarsi fra le mie braccia per un po' anche mentre era sveglia, ma mi sbagliavo di grosso. Iniziò a opporsi al mio abbraccio. Mise le sue dita sulle mie braccia e tirò.

La lasciai andare.

Rotolò fino a dove aveva dormito Bev.

Giaceva su un fianco, i nostri occhi si incrociarono e non riuscii a leggere troppo bene la sua espressione, ma sapevo che non aveva odiato così tanto il mio abbraccio, in fin dei conti. Non così tanto come aveva fatto vedere. Si era dimenata di spalle contro di me varie volte, e la sua non era esattamente indifferenza, no?

Delle voci ci raggiunsero da un'altra stanza, cosa che di solito mette fine al sonno. Le voci erano piuttosto alte e in disaccordo l'una con l'altra.

Jam ascoltò, poi sussurrò: «È quel poliziotto.»

Non so per certo come Bev fosse riuscita a farlo venire, ma lui, William, il signor John Law, era lì nel soggiorno, e stavano facendo giri e giri di parole.

Dal suono sembrava che stessero in piedi vicino alla porta a zanzariera, o forse sulla soglia. Lui diceva qualcosa su come le persone piuttosto spesso insistano che sia avvenuto qualcosa di più grande rispetto a quanto è veramente accaduto. La grettezza della verità può trarre in inganno la mente.

Lei disse: «Non c'è assolutamente modo, nessuna possibilità che Jason abbia fatto un'escursione fino a quello stagno e vi si sia tuffato quando non riusciva a nuotare nemmeno in una vasca da bagno, e indossava anche le sue stravaganti scarpe a punta.»

«Oh, Bev, sai quanto è comune quello che dici? Merda. Incontro sempre dei genitori che giurano che i loro bambini non avrebbero mai e poi mai fatto in un milione di anni ciò che li colgo in flagrante a fare. Ritengo questa roba terribilmente ordinaria, Bev.»

«Quegli ami, è impossibile…»

«Bev, il coroner ha confermato l'annegamento.»

«Guida un carro attrezzi, William! Abbott Dell forse, e dico solo forse, può solamente distinguere una coltellata da un attacco di cuore.»

«È il coroner nominato. Può richiedere a un funzionario dello Stato di fare un'autopsia.»

«Ma non l'ha fatto.»

«Costerebbe alla contea così tanti dollari, Bev, che ho dimenticato quanti, ma sono moltissimi e non possono farne una per ogni ragazzo che si ubriaca e annega.»

La porta a zanzariera cigolò, il che voleva dire che si era aperta, le voci si allontanarono nel cortile e non furono più udibili. Estrassi una sigaretta da un pacchetto mezzo accartocciato sul comodino. La sigaretta era storta, ma bruciò bene.

Mi sedetti sul letto e guardai quelle foto appese alla parete. Jamalee sedette sul letto e guardò in un'altra direzione. La giornata stava diventando un'altra di quelle che facevano bollire il catrame, appassire i fiori e ingarbugliare gli umori. Il fumo rimaneva nell'aria, non c'era brezza che lo frantumasse.

La porta si aprì cigolando nuovamente, si richiuse con forza, i passi si trascinarono sul tappeto e vennero direttamente alla porta della camera da letto. Bev indossava un abito bianco, non aveva le scarpe e sul suo volto c'era un'espressione veramente sbigottita.

«Bene, bene» disse. «Voi, voi mi avete nascosto qualcosa, vero? William mi ha detto una cosa strana. Ha detto: 'Ciò su cui potrei investigare e trovare una risposta potrebbe essere quale combriccola scadente abbia rovinato il campo da golf. Lo potrei fare, Bev, forse oggi'.» Bev guardò Jamalee, a seguire me e infine i suoi piedi, poi fece di nuovo il giro. «Ritengo ci debba essere qualcosa di grande importanza che dovreste farmi sapere, vero?»