Nota

L’incontro fra una storia e un autore ha contorni misteriosi: i due si muovono a tentoni nel tempo, nello spazio, finché un bel giorno si trovano. Personalmente sospetto sia la prima a fare più strada.

L’idea del romanzo mi è venuta pensando a Sissel Vogelmann, una bambina morta ad Auschwitz. I suoi occhi si spensero il 6 febbraio 1944 insieme a quelli della madre, Anna Disegni. Aveva solo otto anni e mezzo. Il padre Schulim, come Simone Viterbo, sopravvisse, tornò a Firenze, ebbe la forza di creare una nuova famiglia. Il figlio nato dalle nuove nozze, ancora oggi, prova per la sorellina mancata la nostalgia più struggente: quella dei giorni mai vissuti.

Ecco la chiave. Invece che la morte, questo libro racconta la vita rubata. La vita che poteva essere e non è stata. Perché uccidere, anche nei modi atroci del lager, è un atto relativamente breve. Il danno maggiore è negli anni sottratti.

A Sissel, al milione e mezzo di bambini sterminati dai nazisti, a tutti i bambini travolti dagli orrori della Storia è stato reciso il cammino. La Sara del romanzo poteva diventare Alba, una ragazza unica al mondo e al tempo stesso normale, che avrebbe coltivato sentimenti puliti. Un essere umano che non avrebbe fatto del male a nessuno, avrebbe chiesto solo di amare ed essere amato.

Il mio grazie va a chi ha accolto l’idea di questo libro e a chi l’ha aiutato a crescere. E a chi, quando ero bambino, mi comprava le penne e i quaderni.

R.R.

 

FINE DELL'OPERA