Quattordici
Finalmente lei arrivò alla villa. Nicola ne fu felice come sempre, ma si tenne discretamente alla larga. Gli era già capitato di evitare l’amica, per motivi passeggeri. Stavolta il distacco era definitivo e necessario: se non voleva soffrire ancora, doveva abituarsi a stare senza di lei.
Al fidanzamento sarebbe presto seguito il matrimonio. Avrebbero atteso un tempo adeguato, un anno al massimo, a cosa serviva aspettare oltre? Quel matrimonio era stabilito da tempo, nessuno lo sapeva meglio di Nicola.
La salutò al suo arrivo, rinnovando gli auguri per la bella notizia. A occhi bassi, perché non vedesse quanto in realtà gli facesse male. L’invito a mangiare le albicocche passò in cavalleria. Ci sarebbe stato anche Carlo, le condizioni erano quelle, e la sua presenza era un deterrente insuperabile.
Da quando si erano rivisti, era come se lui fosse sempre in mezzo a loro. Se era assente Alba non faceva che nominarlo. «Andremo», «faremo», «vedremo». Parlava di tutto al plurale e Nicola non capiva se lo facesse per ricordare a lui che la propria vita era cambiata, oppure per rammentarlo a se stessa. Quel che era certo è che lui soffriva nell’avere davanti agli occhi una felicità che lo escludeva. Era strano che la gioia di una persona portasse con sé il dolore di un’altra. A volte le cose andavano così, realizzò, anche se nessuno lo voleva.
Gli venne in mente l’immagine del tramonto, con il sole che cadeva e la luna che saliva nel cielo. Le due azioni erano legate, impossibile l’una senza l’altra. In quel modo, forse, la natura cercava d’insegnare agli uomini la vita. Mostrando che accanto a ogni salita c’è una discesa.
Mentre rifletteva su questo, Nicola avvertì nella tristezza una magra consolazione. La permanenza estiva dei Manzari, quell’anno, sarebbe durata meno. Il ritardo dovuto agli esami e al fidanzamento recava almeno un effetto positivo. Era meglio così: vederla era solo soffrire.
Se ne stava tutto solo, a ridosso del lido di San Giovanni, a rimuginare. Dagli scogli guardava il mare, insolitamente scuro per essere una mattina d’agosto. Era così concentrato che quasi non sentì le grida che arrivavano dalla spiaggia.
Ancora una volta a farlo reagire fu l’istinto, i suoi sensi allenati dal lavoro nei campi e da una vita dura che non gli permetteva mai di rilassarsi.
Si sollevò di scatto a volgere lo sguardo verso la vicina insenatura. Sulla sabbia, a un passo dalla riva, si era formato un capannello di persone. Nel gruppo distinse la madre di Alba. Si sbracciava, ma non era la sola ad agitarsi. Guardavano tutti verso il largo, verso il mare ormai sconvolto da un’impetuosa tempesta. Urlavano.
«Aiuto!». «Salvatela!».
Una donna in pericolo, e nessuno aveva il coraggio di lanciarsi. La mareggiata faceva paura.
In mezzo alle onde intravide una figura umana che la corrente portava sempre più lontano. Seppe subito che si trattava di lei. Senza un’esitazione, senza neppure il barlume di un dubbio, si strappò la camicia di dosso e si tuffò.
Dalla spiaggia ci fu un’ovazione. Lo riconobbero dal perfetto equilibrio del suo corpo, proteso nello slancio. E iniziarono a pregare.
Non c’era persona, in paese, che nuotasse come lui. Fin da bambino con il mare aveva un rapporto speciale. Era il suo elemento. Fondeva il respiro con il soffio della risacca, solcava il pelo dell’acqua con tale naturalezza che il suo movimento era un tutt’uno con quello della corrente. Stavolta, però, l’impresa era disperata anche per lui.
«Albaaa!».
L’urlo di Antonia Manzari gli giunse attutito, mentre fendeva le onde diretto verso la ragazza. Era una conferma, anche se non ne aveva bisogno. In mezzo a quella tempesta c’era proprio lei.
Poi vi fu silenzio e si sentirono i rintocchi delle campane che da San Vito chiamavano a raccolta i fedeli.
La mareggiata non concedeva respiro. La distanza fra i due cresceva sempre di più, ma Nicola continuava a nuotare. Salvarla era una possibilità su mille, ma quel calcolo delle probabilità, che comprendeva anche la sua vita, sembrava non lo riguardasse. Avanzava senza sosta e, mentre lo faceva, gli venne in mente che era strano. Alba sorpresa dalla tempesta: proprio lei, che era sempre la prima a uscire dall’acqua quando il vento si alzava. Si era immersa apposta, per superare le sue paure?
Ma ora non poteva porsi certe domande, doveva concentrarsi sulla corrente che stava affrontando, assumerne il ritmo, per trovarsi con la testa in alto quando l’onda si sarebbe abbassata. Una boccata d’aria per riprendere le forze. Una bracciata dietro l’altra, il corpo disteso per raggiungere tutta la velocità possibile, lo sguardo puntato verso la piccola figura che aveva scelto di contendere al mare.
“Non ce la farai a rubarmela” si ripeteva nella mente, come se il suo amico di sempre, divenuto ostile all’improvviso, potesse sentirlo.
Dalla riva trattenevano il fiato. Sulla spiaggia si era radunata una grande folla. Erano arrivati da Villa Antonia, dalle case vicine, ad ammirare quel ragazzo generoso e forte come il vino della sua terra che sfidava le onde per salvare la figlia dei Manzari.
Il dottore non si dava pace per la propria impotenza: avrebbe dovuto dedicare più tempo allo sport e meno al suo lavoro.
Rosina scorreva una catenina del rosario, pregando con voce sommessa. Il Signore si era già preso tutti i suoi cari, che lasciasse vivere almeno il nipote e la cara Alba.
Perfino Margherita, che fino a poco prima si era rifiutata d’incontrare l’amica, continuava a sporgersi sulla riva, come se da lì potesse allungare un braccio e riprenderla.
Il fidanzato se ne stava in disparte. Rosso in viso, per la vergogna. Nel nuoto non era bravo come Nicola, ma a tuffarsi non aveva neppure provato. Qualcuno dei paesani gli lanciava di tanto in tanto un’occhiata sprezzante. Ciò che pensavano era fin troppo chiaro. Non se la meritava la sua fidanzatina dal sorriso di primavera, che aveva sempre una parola gentile per tutti e si sporcava di salsa sul prato come se fosse una di loro.
Ma ogni intenzione, ogni preghiera, sembravano inuti li. La vita di Alba era appesa al braccio che vedevano sollevarsi e poi sparire sulla cresta delle onde. Un movimento che sembrava via via più lento – il ragazzo doveva essere esausto – ma che proseguiva incessante.
“Nuota” si spronava Nicola. “Più veloce del vento, più potente del mare. Se ti fermi muori, se ti fermi ha vinto lui”. La sua volontà non si arrendeva, ma i muscoli cedevano alla stanchezza. “Se ti fermi non la vedrai più” si diceva. E il suo braccio saliva di nuovo.
Gli eventi incalzanti degli ultimi giorni pulsavano tutti nelle sue vene. Sentiva la rabbia, l’amore, il coraggio, la paura. Il gusto del sale sulle labbra, la marea scura a frustargli la schiena, Alba dentro di lui come una ferita aperta. Pensieri impazziti scorrevano in lui come l’acqua nel mare. “La felicità, impossibile chimera. La rincorriamo e a tratti ci sembra di raggiungerla, poi si allontana di nuovo”. Come in quel momento la sua amica, che le onde spingevano verso il largo. “E la vita, il tempo. Qualcuno muove una clessidra e la sabbia inizia a cadere. Inutile lottare contro il granello che filtra attraverso la fessura”. Lui però non avrebbe ceduto.
“Se ti fermi non la vedrai più”. La frase aveva ancora eco nei suoi pensieri quando adagiarono il suo corpo su un asciugamano. Un brusio lontano, che pareva venire da un’altra dimensione. Erano voci ansiose ed amiche.
«Respira?». «Si muove?».
Era ancora vivo? Non sapeva dirlo. Non avvertiva sensazioni, immagini sfocate gli sfilavano davanti in una sequenza irreale. Mani, volti, sorrisi. Gli parve che un raggio di sole ferisse il suo sguardo. Era uno sprazzo di lucidità e in un lampo, pur nel limbo oscuro in cui si trovava, alla mente si affacciò quel pensiero. Alba, di nuovo lei.
Cercò con tutte le sue forze di rientrare in sé. Una frase trovò la strada per raggiungerlo.
«Ce l’ha fatta, il Signore lo benedica!».
Poi un’altra, e un’altra ancora.
«L’ha salvata!». «Sia lodato il cielo!».
La vide in quel momento fra le braccia del padre, avvolta in un telo da bagno, tremante di freddo e di paura. I suoi occhi di cielo, smarriti, frugavano la folla. Cercava qualcuno. Lui.
I loro sguardi s’incrociarono. Fu un attimo, ma gli sembrò che il viso di Alba si distendesse in un sorriso.
Solo allora consentì al suo corpo di cedere al sonno.