6. REGOLAZIONE BIOLOGICA E SOPRAVVIVENZA
Disposizioni per la sopravvivenza.
La sopravvivenza di un organismo dipende da un insieme di processi biologici che ne mantengono integri tessuti e cellule, in ogni parte della sua struttura. Provo a illustrarlo, seppure in forma semplificata. Tra i vari requisiti, i processi biologici devono disporre di un corretto approvvigionamento di ossigeno e di sostanze nutritizie, che si basa sulla respirazione e sull’alimentazione. A tale scopo, il cervello possiede circuiti neurali innati i cui schemi di attività, assistiti da processi biochimici del corpo, controllano in maniera affidabile riflessi, pulsioni e istinti, assicurando in tal modo che respirazione e alimentazione si compiano secondo bisogno. Per riportarsi a quanto detto nel capitolo precedente, i circuiti neurali innati contengono rappresentazioni disposizionali; attivarle mette in moto una complicata serie di risposte.
In un’altra prospettiva, per evitare la distruzione a opera di predatori o di condizioni ambientali avverse, vi sono circuiti neurali per pulsioni e istinti che provocano, ad esempio, comportamenti di combattimento o di fuga. Altri circuiti ancora regolano pulsioni e istinti che contribuiscono ad assicurare la continuità dei geni di un individuo (attraverso il comportamento sessuale o la cura dei consanguinei). E si potrebbero menzionare svariati altri istinti e circuiti specifici: ad esempio quelli connessi con la ricerca, da parte di un organismo, dell’ammontare ottimo di luce o di oscurità, di caldo o di freddo, a seconda dell’ora del giorno o della temperatura ambiente.
In genere, pulsioni e istinti operano o generando in modo diretto un particolare comportamento o inducendo stati fisiologici che portano l’individuo a comportarsi - consapevolmente o no - in un certo modo. Pressoché tutti i comportamenti che conseguono da pulsioni e istinti contribuiscono alla sopravvivenza: o direttamente, compiendo un’azione che salva la vita, o indirettamente, favorendo condizioni che sono vantaggiose per la sopravvivenza o riducendo l’influenza di azioni potenzialmente nocive. Emozioni e sentimenti, che sono al centro della nozione di razionalità da me sostenuta sono una manifestazione potente di pulsioni e istinti, parte integrante del loro operare.
Non sarebbe vantaggioso consentire alle disposizioni che controllano i processi biologici di base di cambiare molto. Infatti, un cambiamento significativo porterebbe con sè il rischio di un grave difetto nel funzionamento di svariati sistemi di organi, e la prospettiva di uno stato di malattia o addirittura di morte. Con questo non si vuole negare che noi siamo in grado di influenzare in modo intenzionale i comportamenti di solito governati da quegli schemi neurali innati. Noi possiamo, quando nuotiamo sott’acqua, trattenere il respiro per un certo tempo; oppure possiamo decidere di fare un lungo digiuno; possiamo anche modificare con facilità il battito cardiaco e perfino (con minore facilità) la pressione sanguigna del sistema circolatorio. Ma in nessuno di tali casi vi È prova che le disposizioni cambino. Quel che cambia È questo o quel componente dello schema di comportamento che ne consegue, e vi riusciamo attraverso inibizione, in vari modi: mediante la forza muscolare (tratteniamo il respiro controllando le vie respiratorie superiori e la gabbia toracica) o per sola forza di volontà. E non si vuole negare nemmeno che gli schemi innati possano essere modulati nell’eccitazione, rendendo più o meno probabile che essi agiscano, da parte di segnali neurali provenienti da altre regioni cerebrali, o da parte di segnali chimici (quali ormoni o neuropeptidi) convogliati dal flusso sanguigno o lungo gli assoni. In effetti, molti neuroni del cervello sono dotati di recettori per ormoni provenienti ad esempio dalla tiroide, dalle ghiandole surrenali o dalle ghiandole riproduttive. Sia lo sviluppo iniziale sia il funzionamento regolare di quei circuiti sono influenzati da tale segnaletica.
Alcuni dei meccanismi regolatori di base operano a un livello nascosto, e l’individuo che li ospita al proprio interno non può mai averne conoscenza diretta. A meno di farne un’analisi, voi non conoscete lo stato dei vari ormoni, o degli ioni potassio, o degli eritrociti in circolazione nel vostro organismo. Ma vi sono meccanismi regolatori un po’ più complessi (che coinvolgono comportamenti palesi) i quali lasciano conoscere la propria esistenza in modo indiretto, quando vi spingono ad agire (o a non agire) in un dato modo: sono gli istinti.
Un esempio sarà utile a spiegare in modo semplificato la regolazione tramite istinti. Qualche ora dopo un pasto, il tasso di zuccheri nel sangue si abbassa, e i neuroni dell’ipotalamo avvertono questo cambiamento; l’attivazione del relativo schema innato fa sì che il cervello modifichi lo stato del corpo in modo che possa aumentare la probabilità di correzione. Ora vi sentite affamati, e avviate azioni tali da porre fine allo stato di fame: mangiate, e l’ingestione di cibo determina una correzione del tasso zuccherino nel sangue (questa volta sarà un aumento), mentre gli opportuni neuroni pongono il corpo nello stato la cui esperienza costituisce il senso di sazietà. L’intero processo aveva l’obiettivo di salvare il corpo. Dal corpo proveniva il segnale che ha dato inizio al processo, e così pure i segnali che sono entrati nella coscienza, per spingervi a salvarlo. Dal corpo provenivano i segnali che vi informavano che esso non era più in pericolo, quando il ciclo si È concluso. Si potrebbe dire che si tratta di governo per il corpo e da parte del corpo, anche se È avvertito e gestito dal cervello.
Questi meccanismi regolatori assicurano la sopravvivenza muovendo una disposizione a eccitare alcuni schemi di cambiamenti corporei (una pulsione), che possono essere uno stato corporeo con un particolare significato (fame, nausea), oppure un’emozione ben riconoscibile (paura, ira), oppure una combinazione dei due. L’eccitazione può essere innescata dall’interno “viscerale” (tasso zuccherino basso nell’ambiente entro il corpo), dall’esterno (uno stimolo minaccioso), o dall’interno “mentale” (l’accorgersi che sta per avvenire una catastrofe). In ognuno di questi casi si può instaurare una risposta interna bioregolatrice, oppure uno schema di comportamento istintivo, o un piano d’azione nuovo, o tutte queste risposte assieme.
I circuiti neurali di base che fanno funzionare l’intero ciclo sono una dotazione standard dell’organismo - come i freni su un autoveicolo. Non bisogna fare una richiesta speciale Perchè vengano istallati: essi costituiscono un “meccanismo preorganizzato” (su questa nozione ritornerò nel capitolo seguente); tutto quello che avete dovuto fare È stato sintonizzare il meccanismo sul vostro ambiente.
Ma non È solo ai fini della regolazione biologica di base che i meccanismi preorganizzati sono importanti. Essi aiutano anche l’organismo a classificare cose ed eventi come “buoni” o “cattivi” alla luce dei possibili riflessi sulla sopravvivenza. In altre parole, l’organismo possiede un insieme fondamentale di preferenze - o di criteri, di inclinazioni, di valori. Sotto l’influenza e i buoni uffici dell’esperienza, il repertorio delle cose categorizzate come buone o cattive cresce rapidamente, e cresce in modo esponenziale la capacità di scoprire altre cose buone o cattive.
Se una certa entità del mondo esterno È parte di una scena nella quale un "altro" componente era “buono” o “cattivo” (vale a dire, eccitava una disposizione innata), il cervello può classificare l’entità per la quale non era stato preselezionato alcun valore come se an-ch’essa fosse apprezzabile - a prescindere dal fatto che lo sia o no. Il cervello estende a tale entità il trattamento speciale semplicemente Perchè essa si trova vicina a una che di sicuro È importante; si potrebbe parlare di gloria (se la nuova entità È vicina a una cosa buona) o di colpa (se È vicina a una cosa cattiva) riflessa: la luce che avvolge un elemento genuinamente importante (buono o cattivo) illuminerà anche i suoi vicini. Ma per operare in tal modo il cervello deve entrare nel mondo possedendo una robusta dose di “conoscenza innata” su come regolare sè stesso e il resto del corpo. Via via che il cervello incorpora rappresentazioni disposizionali di interazioni con entità e scene significative per la regolazione innata, esso accresce le possibilità di includere entità e scene che possono o no essere significative per la sopravvivenza. E allorch, ciò avviene, il nostro senso crescente di quel che il mondo esterno può essere viene appreso come modificazione dello spazio neurale nel quale corpo e cervello interagiscono. Non È solo la separazione tra mente e cervello a essere mitica: probabilmente anche la separazione tra mente e corpo È altrettanto fittizia. La mente È incorporata, nel senso più pieno del termine, non soltanto intrisa nel cervello.
Ancora sulla regolazione di base.
Gli schemi neurali innati che sembrano i più critici per la sopravvivenza sono preservati in circuiti del midollo allungato e dell’ipota-lamo. Quest’ultimo ha una parte di rilievo nella regolazione delle ghiandole endocrine (tra cui la ghiandola pituitaria - o ipofisi -, la tiroide, le ghiandole surrenali e gli organi riproduttivi: tutti produttori di ormoni) e nel funzionamento del sistema immunitario. La regolazione endocrina (che dipende da sostanze chimiche immesse nel flusso sanguigno piuttosto che da impulsi neurali) È indispensabile per accudire alla funzione metabolica e per gestire la difesa dei tessuti biologici dai micropredatori quali ad esempio virus, batteri e parassiti (1).
Completano la regolazione biologica riferita al midollo allungato e all’ipotalamo i controlli che avvengono nel sistema limbico, che È un settore del cervello di non piccole dimensioni. Qui non È possibile considerarne nei particolari la funzione e la complicata anatomia; ma va osservato che esso partecipa anche all’operare di pulsioni e istinti, e ha un ruolo molto importante rispetto a emozioni e sentimenti. Io credo, peraltro, che a differenza di midollo allungato e ipotalamo (i cui circuiti sono per lo più innati e stabili), il sistema limbico contenga sia circuiti innati sia circuiti modificabili dall’esperienza dell’organismo in continua evoluzione.
Con l’ausilio delle attigue strutture del sistema limbico e del midollo allungato, l’ipotalamo regola l’ambiente interno (nome e concetto, che ho già impiegato in precedenza, si devono al grande pioniere della fisiologia Claude Bernard), rappresentabile come l’insieme dei processi biochimici che in un istante qualsiasi sono in atto in un organismo. La vita dipende dal mantenersi di tali processi biochimici entro una banda opportuna, giacch, uno scostamento eccessivo in punti chiave del profilo d’azione può avere come esito il malessere o la morte. A loro volta, l’ipotalamo e le strutture interconnesse sono regolati da segnali chimici e neurali provenienti da altre regioni del cervello, e anche da segnali chimici aventi origine in svariati sistemi corporei.
E’ immediato vedere che tale regolazione chimica È particolarmente complessa: infatti, la produzione degli ormoni liberati dalla tiroide e dalle surrenali (senza cui non potremmo vivere) È controllata in parte da segnali chimici provenienti dall’ipofisi. Quest’ultima, a sua volta, È controllata in parte da segnali chimici che l’ipotalamo immette nel flusso sanguigno in vicinanza dell’ipofisi, e l’ipotalamo È controllato in parte da segnali neurali provenienti dal sistema limbi-co e, indirettamente, dalla neocorteccia. (Si noti l’importanza dell’osservazione seguente: l’attività elettrica anormale di alcuni circuiti del sistema limbico durante gli attacchi epilettici non provoca soltanto un’alterazione dello stato mentale, ma anche profonde anomalie ormonali, che possono portare una quantità di malattie somatiche: ad esempio cisti ovariche). Viceversa, ogni ormone del flusso sanguigno agisce sulla ghiandola che lo ha secreto, come pure sull’ipofisi, sull’ipotalamo e su altri settori del cervello. In altri termini i segnali neurali danno origine a segnali chimici, i quali danno origine ad altri segnali chimici, e questi ultimi possono modificare la funzione di molte cellule e tessuti (anche del cervello) e alterare i circuiti regolatori che hanno dato inizio al ciclo. Tali meccanismi regolatori molteplicemente concatenati sovrintendono - localmente e globalmente - alle condizioni corporee in modo tare che i costituenti dell’organismo (dalle molecole agli organi) operino mantenendosi entro i parametri che la sopravvivenza richiede.
Vi sono strati di regolazione, interdipendenti su molte dimensioni. Ad esempio, un dato meccanismo può dipendere da uno più semplice ed essere influenzato da uno altrettanto o più complesso. L’attività dell’ipotalamo può influenzare quella della neocorteccia, direttamente o attraverso il sistema limbico, e vale anche l’inverso.
Di conseguenza, come ci si poteva aspettare, vi È una documentata interazione tra cervello e corpo, e forse È possibile riscontrare interazioni meno visibili. Un esempio: lo stato di stress mentale cronico collegato all’elaborazione in numerosi sistemi cerebrali al livello della neocorteccia, del sistema limbico e dell’ipotalamo, sembra portare a un eccesso di produzione di una sostanza chimica - il peptide C.G.R.P. ("calcitonin gene-related peptide") - nei terminali nervosi della pelle (2). Si ha un eccesso di deposito di C.G.R.P. sulla superficie delle cellule di Langerhans, che fanno parte del sistema immunitario con il compito di catturare gli agenti di infezione e portarli ai linfociti, in modo che il sistema immunitario possa reagire alla loro presenza. Ma quando sono completamente rivestite di C.G.R.P. le cellule di Langerhans risultano inattive, non più in grado di adempiere al compito di guardiani. Il risultato finale È che il corpo risulta più vulnerabile rispetto alle infezioni: un’importante via di accesso ora È meno difesa. Vi sono molti altri esempi di interazione mente-corpo: tristezza e ansietà possono alterare vistosamente la regolazione degli ormoni sessuali, causando cambiamenti non solo della pulsione sessuale ma anche del ciclo mestruale. Il lutto (un’altra condizione che dipende da elaborazioni estese a tutto il cervello) conduce a una depressione del sistema immunitario tale che l’individuo È più suscettibile di contrarre infezioni e di sviluppare certi tipi di cancro, come conseguenza diretta o indiretta (3). Di cuore spezzato si "può" morire.
Naturalmente, È stata pure osservata l’influenza inversa, cioÈ quella delle sostanze chimiche provenienti dal corpo sul cervello. Non sorprende che tabacco, alcool e medicinali o droghe penetrino nel cervello modificandone le funzioni e così alterando la mente. Alcune azioni delle sostanze chimiche del corpo incidono direttamente sui neuroni o sui loro sistemi di supporto; altre sono indirette, e si esplicano attraverso i neuroni che mediano i neurotrasmettitori, siti nel prosencefalo basale e nel midollo allungato (se ne È discusso in precedenza). Subito dopo la scarica, quelle piccole collezioni di neuroni possono diffondere una certa quantità di dopamina, noradrenalina, serotonina o acetilcolina in ampie regioni del cervello, tra cui i gangli basali e la corteccia cerebrale. Si può immaginare questa disposizione come un insieme di spruzzatori ben congegnati, ciascuno dei quali emette la propria sostanza chimica verso particolari sistemi e, all’interno di questi, verso particolari circuiti aventi particolari tipi e distribuzioni di recettori (4). Se cambiano l’entità e la distribuzione secondo cui viene emesso uno di quei trasmettitori, o anche se cambia l’equilibrio relativo dei trasmettitori in un determinato sito, l’attività corticale può esserne rapidamente e profondamente influenzata, e così dare origine a stati di depressione o di esaltazione, financo a stati maniacali (si veda il capitolo 7). I processi di pensiero possono rallentare o accelerare; l’abbondanza di immagini richiamate può diminuire o aumentare; la creazione di nuove combinazioni di immagini può essere esaltata o arrestata. E di concerto oscilla la capacità di concentrarsi su un particolare contenuto mentale.
Tristano, Isotta e il filtro d’amore.
Vi ricordate di Tristano e Isotta? La loro vicenda È imperniata su una trasformazione della relazione tra i due protagonisti: Isotta chiede alla fedele ancella Brangania di prepararle un filtro di morte, ma Brangania prepara invece un filtro d’amore che sia Tristano sia Isotta bevono, ignari degli effetti che esso produrrà. La misteriosa pozione scatena in entrambi la passione più profonda, e porta l’uno e l’altra a uno stato di rapimento che nulla può infrangere - nemmeno il fatto che ciascuno dei due sta sordidamente tradendo il benevolo re Marco. Nell’opera "Tristano e Isotta", Richard Wagner colse la forza del legame tra i due amanti in quelli che sono forse i più esaltanti e disperati passaggi amorosi di tutta la storia della musica; viene da chiedersi Perchè egli fosse attratto da questa storia e Perchè milioni di ascoltatori, da più di un secolo, abbiano condiviso la sua lettura.
Alla prima domanda si può rispondere dicendo che l’opera celebrava una passione reale - e molto simile - della vita di Wagner. Il compositore e Mathilde Wesendonk si erano innamorati, contro ogni loro più fondato giudizio, quando si consideri che Wagner era già sposato e che Mathilde era la moglie di un suo generoso benefattore. In Wagner era ben radicato il senso delle forze occulte e non frenabili che possono sopraffare la volontà del singolo e che, in mancanza di più adeguate spiegazioni, sono state attribuite alla magia o al destino.
Più incerta È la risposta alla seconda domanda. Vi sono di certo nel nostro corpo, e nel cervello, pozioni capaci di costringerci a comportamenti che possiamo o no essere in grado di escludere attraverso una forte determinazione: un esempio significativo È la sostanza chimica ossitocina (5). Nei mammiferi, compreso l’uomo, essa È prodotta sia nel cervello (nei nuclei sopraottico e parvoventrale dell’ipotalamo) sia nel corpo (nelle ovaie e nei testicoli); può essere liberata dal cervello al fine di partecipare, ad esempio, direttamente o per interposizione di ormoni, alla regolazione del metabolismo; oppure può essere liberata dal corpo durante il parto, la stimolazione sessuale dei genitali o dei capezzoli, o l’orgasmo, quando essa agisce non solo sul corpo stesso (ad esempio, nel parto, facendo rilassare i muscoli), ma anche sul cervello: quindi essa provoca Né più Né meno che l’effetto del leggendari elisir. In generale, essa influenza una intera gamma di comportamenti materni, sessuali, di locomozione, di cure corporali. Ai fini della mia argomentazione, È più importante osservare che essa facilita le interazioni sociali e induce il legame tra partner nell’accoppiamento. Se ne trova un buon esempio negli studi di Thomas Insel sull’arvicola di prateria, roditore dal magnifico rivestimento peloso. Dopo un corteggiamento fulmineo e un primo giorno di ripetute, intense copulazioni, il maschio e la femmina rimangono uniti, fino a che morte non li separa. Il maschio, anzi, diviene irritabile nei confronti di qualunque altra creatura che non sia la sua femmina, e di solito si dà molto da fare attorno al nido. Questo legame costituisce un adattamento magnifico ma anche molto vantaggioso, in numerose specie, giacch, tiene assieme gli individui che devono allevare la prole, ed È anche propizio ad altri aspetti dell’organizzazione sociale. Gli esseri umani fanno sicuramente uso in continuazione di molti degli effetti dell’ossitocina, anche se hanno imparato a evitare, in date circostanze, quelli che in conclusione possono risultare favorevoli oppure no. Si ricordi che per i due amanti wagneriani il filtro d’amore non fu propizio: tre ore più tardi (senza contare gli intervalli) essi muoiono di una morte desolata.
Alla neurobiologia del sesso, sulla quale già si sa molto, È possibile aggiungere ora i primi rudimenti della neurobiologia dell’attaccamento; così equipaggiati, possiamo fare un po’ più di luce su quel complesso insieme di comportamenti e di stati mentali che chiamiamo amore.
Quello che è all’opera qui, nelle disposizioni circuitali estesamente ricorrenti che ho in precedenza delineato, È una collezione di anelli di retroazione e di azione in avanti ("feedforward"), in cui alcuni degli anelli sono puramente chimici. Qui il fatto forse più significativo È che le strutture cerebrali implicate nella regolazione biologica di base sono anche parte della regolazione del comportamento, e sono indispensabili per l’acquisizione e il normale operare dei processi cognitivi. L’ipotalamo, il midollo allungato e il sistema limbico intervengono nella regolazione corporea e in tutti i processi neurali su cui si basano i fenomeni mentali: ad esempio, percezione, apprendimento, ricordo, emozione, sentimento e (come suggerirò più avanti) ragionamento e creatività. Vi È un intreccio assai stretto tra regolazione corporea, sopravvivenza e mente; esso avviene nei tessuti biologici e fa impiego di segnali elettrici e chimici - il tutto entro la "res extensa" di Cartesio (il regno fisico nel quale egli include il corpo e l’ambiente circostante, mentre esclude l’anima non fisica, assegnata alla "res cogitans"). E’ curioso notare che ciò avviene con la massima intensità in un sito non lontano dalla epifisi, la ghiandola pineale nella quale Cartesio tentò di imprigionare l’anima non fisica.
Oltre le pulsioni e gli istinti.
In quale misura pulsioni e istinti da soli possano assicurare la sopravvivenza di un organismo sembra dipendere dalla complessità dell’organismo stesso. Tra gli animali (dagli insetti ai mammiferi) vi sono esempi incontestabili di confronto coronato da successo con particolari forme di ambiente, sulla base di strategie innate che senza dubbio includono sovente aspetti complessi di comportamento e cognizione sociale: non cesso mai di stupirmi di fronte all’intricata organizzazione sociale delle nostre lontane cugine scimmie, o di fronte agli elaborati rituali sociali di molte specie di uccelli. Se però si considera la nostra, di specie, e gli assai più diversificati e largamente imprevedibili ambienti nei quali essa È prosperata, appare chiaro che gli esseri umani devono fare assegnamento su meccanismi biologici altamente evoluti, a base genetica, come pure su strategie di sopravvivenza che vanno oltre gli istinti e che si sono sviluppate nella società, sono trasmesse per via culturale e richiedono, per essere applicate, coscienza, decisione ragionata e forza di volontà. E’ per tale motivo che negli esseri umani fame, desiderio e ira esplosiva non procedono incontrollati fino al nutrirsi frenetico, all’aggressione sessuale o al delitto - non sempre, almeno, supponendo che un organismo umano sano si sia sviluppato in una società nella quale sono attivamente trasmesse e rispettate le strategie di sopravvivenza sopraistintuali.
Ben lo sanno, e da millenni, pensatori dell’Oriente e dell’Occidente, religiosi e no; l’argomento, ad esempio, impegnò sia Cartesio sia Freud, per citarne solo due tra i più vicini ai nostri tempi. Secondo il Cartesio delle "Passioni dell’anima" (6), È il controllo delle tendenze animali mediante pensiero, ragione e volontà che ci ha reso umani, e io sono d’accordo, eccetto che in un punto: dove Cartesio indica un controllo ottenuto mediante un agente non fisico, io immagino un’attività biologica strutturata all’interno dell’organismo umano e per nulla meno complessa, ammirevole o sublime. La creazione di un super-Io capace di accordare gli istinti ai dettami sociali fu la risposta di Freud nel "Disagio della civiltà", emendata dal dualismo cartesiano e però mai esplicita in termini neurali (7). Oggi i neuroscienziati si trovano di fronte il compito di esaminare la neurobiologia su cui poggiano le sovraregolazioni adattative - cioÈ di studiare e comprendere le strutture cerebrali necessarie per intendere tali regolazioni. Non sto tentando, qui, di ridurre i fenomeni sociali a fenomeni biologici, ma piuttosto di discutere le forti connessioni che legano gli uni agli altri. Dovrebbe essere chiaro che anche se cultura e civiltà scaturiscono dal comportamento di individualità biologiche, il comportamento È stato generato in collettivi di individui interagenti entro determinati contesti. Cultura e civiltà non sarebbero potute scaturire da singoli individui, e quindi non possono essere ridotte a meccanismi biologici, tanto meno a un sottoinsieme di specifiche genetiche; per comprenderle si richiedono tanto la neurobiologia e la biologia generale quanto le metodologie delle scienze sociali.
Nelle società umane, in aggiunta e al di sopra di quelle che già la biologia fornisce, vi sono convenzioni sociali e norme etiche. Questi strati aggiuntivi di controlli foggiano il comportamento istintivo in modo tale che possa essere adattato, con flessibilità, a un ambiente complesso e in rapida trasformazione, e assicurare la sopravvivenza dell’individuo e di altri (soprattutto se appartenenti alla medesima specie), in circostanze nelle quali una risposta preallestita, tratta dal repertorio naturale, sarebbe - immediatamente o alla lunga - controproducente. I pericoli pre-etichettati da tali convenzioni e regole possono essere immediati e diretti (danni fisici o mentali), oppure remoti e indiretti (perdite future, disagio). E’ solo attraverso l’istruzione e la vita sociale che tali convenzioni e regole vanno trasmesse di generazione in generazione; ma io ritengo che le rappresentazioni neurali della saggezza che esse incorporano, nonch, dei mezzi per tradurre in atti tale saggezza, siano inestricabilmente legate alla rappresentazione neurale dei processi biologici innati di regolazione: immagino un “tracciato” collegante il cervello che rappresenta l’una al cervello che rappresenta le altre. Naturalmente, il tracciato È fatto di connessioni tra neuroni.
Per la maggior parte delle norme etiche e delle convenzioni sociali, a prescindere da quanto elevato possa essere il loro obiettivo, credo che si possa immaginare un legame significativo con obiettivi più semplici, e con pulsioni e istinti. Perchè dovrebbe essere così? Perchè gli effetti del conseguimento o del mancato conseguimento di un obiettivo sociale elevato contribuiscono (o almeno questa È la percezione che se ne ha), seppure indirettamente, alla sopravvivenza e alla qualità di tale sopravvivenza.
Questo significa forse che amore, generosità, gentilezza, pietà, rettitudine e altre lodevoli caratteristiche umane non sarebbero altro che il risultato di una regolazione neurobiologica, cosciente ma egoistica, orientata alla sopravvivenza? Significa negare la possibilità dell’altruismo, non ammettere il libero arbitrio? Significa che non esistono amore vero, amicizia sincera, pietà genuina? Di certo "non" È così. L’amore È vero, l’amicizia È sincera, la pietà È genuina se io non fingo riguardo ai miei sentimenti, se io davvero mi sento amorevole, amichevole, pietoso. Forse sarei maggiormente degno di lode se pervenissi a tali sentimenti attraverso la sola forza di volontà e il puro sforzo intellettuale; ma se non È così, se la mia presente natura mi aiuta a farlo più rapidamente, a essere amabile e retto senza sforzarmi?... L’autenticità del sentimento (che riguarda l’accordo tra quel che dico e faccio e quel che ho in mente), la grandezza del sentimento, la bellezza del sentimento, non sono compromesse dal rendersi conto che la sopravvivenza, il cervello e un’educazione adeguata hanno molto a che fare con le ragioni per le quali così sentiamo. Lo stesso, in larga parte, vale per l’altruismo e il libero arbitrio. Rendersi conto che dietro il comportamento umano più sublime vi sono certi meccanismi biologici non comporta una riduzione semplicistica alla meccanica della neurobiologia. In ogni caso, la parziale spiegazione della complessità per mezzo di qualcosa che È meno complesso non significa impoverimento.
Il quadro che vado tracciando per l’essere umano È quello di un organismo che viene alla vita dotato di meccanismi automatici di sopravvivenza, al quale l’educazione e l’acculturazione apportano un insieme di strategie di decisione socialmente ammissibili e desiderabili, che a loro volta rafforzano la sopravvivenza, ne migliorano la qualità e servono da base per la costruzione di una persona. Alla nascita, il cervello umano comincia a svilupparsi dotato di pulsioni e istinti che comprendono non solo un corredo fisiologico per la regolazione del metabolismo, ma anche dispositivi di base per affrontare comportamento e cognizione sociale. Dallo sviluppo dell’età infantile esso emerge dotato di ulteriori livelli di strategie di sopravvivenza: la base neurofisiologica di tali strategie aggiunte È intrecciata con quella del repertorio degli istinti, e non solo ne modifica l’uso ma ne estende anche la portata. Nel loro disegno formale d’assieme, i meccanismi neurali su cui poggia il repertorio sopraistintivo possono essere simili a quelli che governano le pulsioni biologiche, e da queste possono essere vincolati. Tuttavia essi richiedono l’intervento della società, per diventare ciò che diverranno, e perciò hanno riferimento sia in una data cultura sia nella neurobiologia generale. Inoltre, fuori da questa doppia costrizione, le strategie di sopravvivenza di quel repertorio generano qualcosa che probabilmente È proprio solo degli esseri umani: un punto di vista morale che, all’occasione, può trascendere gli interessi del gruppo ristretto, e anche quelli della specie.