7. EMOZIONI E SENTIMENTI

 

 

 

 

 

Come tradurre in termini neurobiologici le idee esposte alla fine del capitolo precedente? I dati raccolti sulla regolazione biologica dimostrano che nelle strutture cerebrali evolutivamente più antiche hanno luogo continuamente selezioni di risposta delle quali gli organismi non hanno coscienza e che non sono, quindi, deliberate. Gli organismi (come i rettili) dotati di un cervello che comprende solo quelle strutture arcaiche ed È privo delle strutture evolutivamente più recenti compiono tali selezioni di risposta senza difficoltà. Si potrebbero concepire le selezioni di risposta come una forma elementare di decisione, purch, sia chiaro che a compiere la decisione non È un sè consapevole, ma un insieme di circuiti neurali.

E tuttavia vi È un buon accordo sul fatto che, quando si trovano di fronte a situazioni complesse e devono decidere in condizioni di incertezza, gli organismi sociali devono chiamare in causa sistemi racchiusi nella neocorteccia - il settore evolutivamente moderno del cervello. Vi sono dati che indicano una relazione tra l’espansione e sottospecializzazione della neocorteccia e la complessità e imprevedibilità degli ambienti che tale espansione consente agli individui di affrontare. A questo riguardo È importante la scoperta di John Al-lman: indipendentemente dalle dimensioni corporee, la neocorteccia delle scimmie che si nutrono di frutti È più grande di quella delle scimmie che si nutrono di foglie (1). Le prime devono possedere una memoria più ricca, in modo da poter ricordare dove e quando cercare frutti commestibili, in modo da evitare le piante prive di frutti o con frutti marci. La neocorteccia più ampia provvede alla maggiore capacità di memoria fattuale di cui esse hanno bisogno. Tra le capacità di elaborazione delle strutture cerebrali “basse e antiche” e quelle delle strutture “alte e nuove” vi È una differenza così lampante che ne È scaturito un giudizio implicito e apparentemente sensato sulle rispettive competenze di questi settori del cervello. In parole semplici: il nocciolo antico del cervello si occupa della regolazione biologica di base, giù nello scantinato, mentre in alto la neocorteccia pondera con saggezza e perspicacia. Ai piani alti della corteccia vi sono ragione e forza di volontà, mentre in basso, nella regione subcorticale, risiedono l’emozione e tanta materia organica stupida.

Questo modo di vedere non coglie l’assetto neurale sotteso dal processo di decisione razionale come lo vedo io. Per un verso, esso non È compatibile con le osservazioni esaminate nella Parte prima. Per un altro verso, vi sono dati indicanti che la longevità - verosimilmente un riflesso della qualità del ragionamento - È correlata non solo con l’accresciuta dimensione della neocorteccia (come era ovvio attendersi), ma anche con l’accresciuta dimensione dell’ipotalamo, che costituisce il compartimento principale dei piani bassi (2). Sembra che l’apparato della razionalità, tradizionalmente ritenuto neocorticale, non operi senza quello della regolazione biologica, tradizionalmente considerato subcorticale; sembra, cioÈ, che la natura abbia edificato il primo non semplicemente alla sommità del secondo, ma anche "con" questo e "a partire da" questo. Io credo che i meccanismi del comportamento che vanno oltre pulsioni e istinti facciano uso sia dei piani alti sia dei piani bassi: la neocorteccia risulta impegnata "insieme" con il più antico nucleo cerebrale, e la razionalità È l’effetto della loro attività di concerto.

Ci si può chiedere, qui, in quale misura i processi razionali e quelli non razionali siano associati, rispettivamente, alle strutture corticali e a quelle subcorticali del cervello umano. Per affrontare tale domanda, passerò a considerare emozione e sentimento, che sono aspetti centrali della regolazione biologica, e suggerirò che sono questi a fornire il ponte fra processi razionali e processi non razionali, fra strutture corticali e strutture subcorticali.

 

 

Emozioni.

Circa un secolo fa William James, le cui intuizioni sulla mente umana si possono porre a confronto solo con quelle di Shakespeare o di Freud, formulò un’ipotesi sorprendente sulla natura dell’emozione e del sentimento. Egli scriveva:

“Se noi immaginiamo qualche emozione intensa e poi cerchiamo di astrarre dalla nostra coscienza di essa tutte le percezioni dei suoi sintomi corporei, troviamo che non rimane nulla, che non vi È una ’materia mentale’ della quale l’emozione possa essere costituita, e che tutto quel che rimane È uno stato freddo e neutro di percezione intellettuale”.

Sulla base di esempi convincenti egli proseguiva:

“Per me È del tutto impossibile pensare quale genere di emozione rimarrebbe se non fosse presente il sentire un’accelerazione del battito cardiaco, o una contrazione del respiro, o un tremito delle labbra, o un indebolimento degli arti, o la pelle d’oca, o i visceri in subbuglio. E’ possibile immaginare uno stato di rabbia e non figurarsi un ribollire del petto, vampate al viso, narici dilatate, denti serrati, impulso ad agire, e al loro posto invece muscoli rilassati respirazione tranquilla e un volto sereno?” (3).

Con queste parole (molto in anticipo sui suoi tempi, e sui nostri) James coglieva il meccanismo che È essenziale per comprendere emozione e sentimento. Purtroppo - e stranamente, per lui - il resto della sua esposizione era tanto poco all’altezza della varietà e della complessità dei fenomeni considerati che È stato fonte di controversie infinite, talora prive di sbocchi (4). (Qui non mi È possibile riferire in modo adeguato dell’ampia messe di studi sull’argomento, che È stato passato in rassegna da George Mandler, Paul Ekman, Richard Lazarus e Robert Zajonc).

La maggiore difficoltà che la posizione di James ha presentato per alcuni non sta tanto nel fatto che egli riduce l’emozione a un processo che riguarda il corpo (per quanto sconvolgente ciò possa essere stato per i suoi critici), ma piuttosto nel fatto che egli non dava peso, o quasi, al processo di valutazione mentale della situazione che determina l’emozione. Il quadro da lui tracciato va bene per le prime emozioni che un individuo prova nella vita, ma non rende giustizia a quel che passa nella mente di Otello prima che in lui si sviluppino gelosia e rabbia, o a quello che Amleto va rimuginando prima di eccitare il proprio corpo fino a ciò che sentirà come ripugnanza, o al groviglio di ragioni per le quali Lady Macbeth proverà rapimento nel condurre il proprio sposo a un furore omicida.

Quasi altrettanto problematico era il fatto che James non prevedeva alcun meccanismo aggiuntivo o alternativo capace di generare il sentimento che corrisponde a un corpo eccitato da un’emozione. "Sempre", secondo James, il corpo È interposto, in questo processo. Inoltre, egli non poteva dire molto riguardo al possibile ruolo dell’emozione nel comportamento e nella cognizione. Ma ho già osservato nell’Introduzione che le emozioni non sono un lusso; esse hanno un ruolo, nel comunicare significati ad altri, e possono anche adempiere la funzione di guida cognitiva che suggerirò nel prossimo capitolo.

In breve, James postulava un processo di base nel quale particolari stimoli ambientali eccitano un quadro specifico di reazioni corporee per mezzo di un meccanismo innato e inderogabile. Perchè la reazione avvenisse, non vi era alcun bisogno di valutare l’importanza degli stimoli. “Ogni oggetto che eccita un istinto eccita del pari un’emozione” dichiarava in modo lapidario, senza però aggiungere chiarezza.

Sappiamo che in molte circostanze della nostra vita di esseri sociali le emozioni vengono accese solo a seguito di un processo mentale valutativo, volontario, non automatico. Per la natura della nostra esperienza, un’ampia gamma di stimoli e di situazioni si È venuta associando con gli stimoli predisposti in modo innato per provocare emozioni; la reazione a quella gamma di stimoli e di situazioni può essere filtrata da una valutazione interposta, che È conscia. Proprio a motivo di tale processo di filtraggio valutativo e ponderato, possono variare l’estensione e l’intensità degli schemi emotivi predisposti; vi È, in effetti, una modulazione del meccanismo di base delle emozioni messo assieme da James. Per di più, sembrano esservi altri mezzi neurali per acquisire quel senso del corpo che James considerava l’essenza del processo emotivo.

Per esporre il mio modo di spiegare emozione e sentimento comincerò con una prospettiva di storia della persona, e chiarirò la differenza tra le emozioni di cui facciamo esperienza nella fase iniziale della vita (e per le quali un “meccanismo preorganizzato” alla James potrebbe essere sufficiente) e le emozioni che proviamo da adulti, la cui incastellatura È stata eretta in modo graduale sulle emozioni della fase iniziale. Suggerisco di chiamare “primarie” le emozioni della fase iniziale e “secondarie” quelle della fase adulta.

 

 

EMOZIONI PRIMARIE.

In quale misura le reazioni emotive sono “istallate” già alla nascita? Direi che Né gli animali Né gli esseri umani recano preistallata, in modo innato, la paura dell’orso, o la paura dell’aquila (anche se alcuni animali e alcuni esseri umani possono avere innata la paura dei ragni o la paura dei serpenti). Non ho difficoltà a riconoscere che È possibile che siamo predisposti a rispondere con un’emozione, in modo preorganizzato, quando vengono percepite nel mondo esterno o nel nostro corpo - isolatamente o in combinazione - certe caratteristiche di stimoli, di cui sono esempi la dimensione (come per gli animali grossi); l’estensione (come per l’apertura alare dell’aquila); il tipo di movimento (come per i rettili); certi suoni (come il ringhio); certe configurazioni di stati del corpo (come il dolore che si avverte durante un attacco cardiaco). Una per una o in associazione, queste caratteristiche saranno elaborate e quindi rivelate da un componente del sistema limbico (l’amigdala, per esempio); i suoi nuclei di neuroni posseggono una rappresentazione disposizionale che innesca l’instaurarsi di uno stato corporeo tipico dell’emozione paura, e modifica l’elaborazione cognitiva in una maniera che si adatta allo stato di paura (vedremo più avanti che il cervello può “simulare” stati corporei e aggirare il corpo; discuteremo anche in qual modo si ottenga tale alterazione cognitiva). Si osservi che per provocare una risposta corporea non occorre “riconoscere” l’orso o il serpente o l’aquila in quanto tali, Né occorre sapere che cosa esattamente stia causando dolore. Tutto quello che occorre È che le cor-tecce sensitive di ordine inferiore rivelino e categorizzino la o le caratteristiche chiave di una data entità (animale, oggetto) e che strutture come l’amigdala ricevano segnali relativi alla loro presenza "combinata". Il pulcino nel nido non conosce l’aquila, ma reagisce subito con allarme, nascondendo la testa, non appena scorge un oggetto dotato di larghe ali che gli vola sopra a una certa velocità (fig. 7.1).

La risposta emotiva di per sè può fare conseguire alcuni obiettivi utili: celarsi rapidamente a un predatore, ad esempio, o esibire collera verso un rivale. Ma il processo non si arresta con i cambiamenti del corpo che definiscono l’emozione; il ciclo continua - sicuramente negli esseri umani - e il passo successivo È il "sentire l’emozione" in connessione con l’oggetto che l’ha suscitata, il rendersi conto del legame tra oggetto e stato emotivo del corpo. Qui ci si potrebbe chiedere Perchè mai sarebbe necessario essere a conoscenza di tale relazione: Perchè complicare le cose e introdurre in questo processo la coscienza, se già vi È un mezzo per rispondere in modo adattati-vo, a un livello automatico? La risposta È che la coscienza procura una polizza a più ampia protezione. Si consideri l’esempio seguente: se venite a sapere che l’animale o l’oggetto o la situazione X provoca paura, vi si offrono due possibili modi di comportamento rispetto a X. Il primo È innato, non È controllato da voi e inoltre non È specifico per X: un gran numero di creature, di oggetti o di circostanze può provocare quella risposta. Il secondo È specifico per X ed È basato sulla vostra esperienza: sapere di X vi consente di pensarvi in anticipo e di prevedere la probabilità che si presenti in un dato ambiente, cosicch, voi potete evitarlo preventivamente, invece di essere costretti a reagire quando sarà presente, in una situazione di emergenza.

 

fig. 7.1

 

Fig. 7.1

Emozioni primarie. Il contorno più marcato rappresenta il cervello e il midollo allungato. Dopo che un opportuno stimolo ha attivato l'amigdala (A), ne consegue un certo numero di risposte: risposte interne (IR); risposte muscolari; risposte dei visceri (segnali autonomi); risposte dirette ai nuclei neurotrasmettitori e all'ipotalamo (H). L'ipotalamo È sorgente di risposte endocrine e di altre risposte chimiche, che seguono la via del flusso sanguigno. Il disegno omette svariate altre strutture cerebrali necessarie Perchè avvenga questa larga schiera di risposte: per esempio, le risposte muscolari con le quali esprimiamo le emozioni tramite la postura del corpo probabilmente impiegano strutture dei gangli basali (il cosiddetto corpo striato ventrale).

 

Ma “sentire” le reazioni emotive comporta altri vantaggi: consente di generalizzare la conoscenza e di decidere, ad esempio, di essere cauti di fronte a qualsiasi cosa che assomigli a X. (Va da sè che un eccesso di generalizzazione e di cautela può portare alla fobia, il che non È proprio un bene). Inoltre, può darsi che il vostro primo incontro con X vi abbia fatto scoprire nel suo comportamento qualcosa di peculiare e di potenzialmente vulnerabile, e può darsi che voi vogliate sfruttare questa vulnerabilità al prossimo incontro: ecco un’altra ragione che rende necessario l’aver "saputo". In breve, sentire gli stati emotivi, vale a dire essere consci delle emozioni, vi dà "flessibilità di risposta sulla base della particolare storia delle vostre interazioni con l’ambiente". Anche se sono necessari dispositivi innati per avviare la ruota della conoscenza, i sentimenti vi offrono qualcosa in più.

Le emozioni primarie (si legga: innate, preorganizzate, jamesiane) dipendono dai circuiti del sistema limbico - in primo luogo l’amigdala e il cingolato anteriore. Osservazioni compiute sia su esseri umani sia su animali indicano nell’amigdala l’attore principale. Del ruolo dell’amigdala si sono occupate precipuamente varie ricerche su animali compiute da Pribram, Weiskrantz, Aggleton e Passin-gham; più di recente, e forse con la massima completezza, da Joseph LeDoux (5). Altri contributi si devono a E. T. Rolls, a Michael Davis e a Larry Squire con il suo gruppo; il loro lavoro era diretto a comprendere la memoria, ma ha anche rivelato un legame tra amigdala ed emozione (5). Anche Wilder Penfield ha collegato l’amigdala all’emozione, così come Pierre Gloor ed Eric Halgren, quando hanno studiato pazienti epilettici per i quali una valutazione in prospettiva chirurgica richiedeva la stimolazione elettrica di varie regioni del lobo temporale (7). Più di recente, osservazioni a conferma riguardo all’amigdala, per esseri umani, sono venute da ricercatori del mio gruppo; andando all’indietro, il primo accenno a una possibile relazione tra amigdala ed emozione si può trovare nell’opera di Heinrich Kluver e Paul Bucy (8), i quali mostrarono come la resezione chirurgica della parte di lobo temporale contenente l’amigdala dava origine a indifferenza affettiva - oltre a svariati altri sintomi. (Nel capitolo 4 si sono visti i dati indicanti una relazione tra cingolato anteriore ed emozione; per le descrizioni si vedano Laplane et al., 1981, e A. Damasio e G. W. van Hoesen, 1983) (9).

Ma il meccanismo delle emozioni primarie non descrive l’intera gamma dei comportamenti emotivi. Esse costituiscono sicuramente il meccanismo di base; io credo che, in termini di sviluppo dell’individuo, esse siano seguite dai meccanismi delle "emozioni secondarie", che si presentano una volta che abbiamo cominciato a provare sentimenti e a formare "connessioni sistematiche tra categorie di oggetti e situazioni, da un lato, ed emozioni primarie, dall’altro". Il processo delle emozioni secondarie non può poggiare soltanto sulle strutture del sistema limbico; la rete va ampliata, e ciò richiede l’intervento delle cortecce prefrontali e di quelle somatosensitive.

 

 

EMOZIONI SECONDARIE.

Per affrontare questa nozione, passiamo a un esempio tratto dall’esperienza di un adulto. Supponete di incontrare un amico che non vedevate da tempo, o di apprendere la notizia della morte improvvisa di una persona con la quale avete avuto occasione di lavorare a stretto contatto. Nell’uno e nell’altro caso (e forse anche adesso, nel-l’immaginare la scena) provate un’emozione. Che cosa vi accade, da un punto di vista neurobiologico? Che cosa significa “provare un’emozione”?

Se fossi presente nel momento in cui voi vi figurate una di quelle situazioni (o altre simili), potrei riuscire a fare alcune osservazioni. Dopo la formazione di immagini mentali degli aspetti chiave della scena (l’incontro con l’amico che non vedevate da tempo; la morte del collega), nel vostro stato fisico si verifica un cambiamento, definito da svariate modificazioni in diverse regioni del corpo. Se incontrate un vecchio amico (nella vostra immaginazione), il cuore può accelerare i battiti, la pelle farsi rossa, i muscoli facciali agire su bocca e occhi, per dare un’espressione felice, mentre si rilassano i muscoli di altre parti del corpo. Se leggete della morte di un conoscente, il cuore può martellare, la bocca diventare secca, la pelle scolorarsi, una sezione dell’intestino contrarsi, i muscoli del collo e della schiena tendersi mentre quelli facciali disegnano una maschera di tristezza. In entrambi i casi, vi sono cambiamenti in un certo numero di parametri che definiscono la funzione dei visceri (cuore, polmoni, intestino, pelle), dei muscoli scheletrici (quelli attaccati alle ossa) e delle ghiandole endocrine (come le ghiandole surrenali o l’ipofisi). Il cervello libera nel flusso sanguigno un certo numero di modulatori peptidici. Anche il sistema immunitario ne È modificato bruscamente. L’attività di base della muscolatura liscia sulle pareti arteriose può aumentare, producendo contrazione e assottigliamento dei vasi sanguigni (il risultato È pallore), oppure ridursi, e in questo caso la muscolatura liscia si rilasserà e i vasi sanguigni si dilateranno (determinando rossore). L’insieme delle alterazioni definisce un profilo di scostamento da una gamma di stati medi che corrispondono all’equilibrio funzionale (omeostasi) entro il quale l’economia dell’organismo opera probabilmente al proprio meglio, con minore dispendio di energia e adeguamenti più semplici e più rapidi. Ma questa banda di equilibrio funzionale non va vista come statica: È piuttosto una successione continua di cambiamenti del profilo generale entro limiti superiori e inferiori, in movimento costante. La si può assimilare alla condizione di una falda d’acqua nella quale qualcuno cammini di continuo, in varie direzioni: alcune zone vengono abbassate, mentre altre si innalzano, si formano increspature; nell’assieme l’intera falda ne risulta modificata, ma le variazioni avvengono all’interno di una gamma determinata dai limiti fisici del sistema: un contorno che racchiude una certa quantità di fluido. Nella vostra ipotetica esperienza dell’emozione, molte parti del corpo si trovano poste in uno stato nuovo, nel quale si introducono cambiamenti significativi. Che cosa accade nell’organismo, per fare avvenire tali cambiamenti?

1) Il processo comincia con le considerazioni consapevoli, intenzionali, che voi fate riguardo a una persona o ad una situazione, e che vengono espresse come immagini mentali organizzate in un processo di pensiero; esse riguardano una miriade di aspetti della vostra relazione con quella persona - riflessioni sulla situazione presente e sulle conseguenze che può avere per voi e per altri - insomma, una valutazione cognitiva del contenuto dell’evento di cui siete parte. Alcune delle immagini che evocate sono non verbali (le sembianze di una data persona in un dato posto), altre sono verbali (parole e frasi riguardanti attributi, attività, nomi, eccetera). Il substrato neurale di tali immagini È una raccolta di rappresentazioni separate e topograficamente organizzate, in varie cortecce sensitive di ordine inferiore (visive, uditive e altre), costruite sotto la guida di rappresentazioni disposizionali distribuite su un gran numero di cortecce di associazione di ordine superiore.

2)    A un livello non conscio, nella corteccia prefrontale vi sono reti che rispondono in modo automatico, non volontario, ai segnali che scaturiscono dall’elaborazione di tali immagini. Questa risposta prefrontale viene da rappresentazioni disposizionali che incorporano conoscenza relativa al modo in cui, secondo la vostra esperienza, certi tipi di situazioni sono stati accoppiati, di solito, a certe risposte emotive. In altre parole, viene da rappresentazioni disposizionali acquisite piuttosto che innate - anche se, come si È già discusso, le disposizioni acquisite vengono ottenute sotto l’influenza di disposizioni che sono innate. Quello che le rappresentazioni disposizionali acquisite incorporano È l’esperienza - unica - che di tali relazioni avete fatto nella vostra vita, e che può essere più o meno diversa da quella di altri: È solo vostra. Le relazioni fra tipo di situazione ed emozione sono in larga misura simili per i diversi individui; ma È l’esperienza personale, unica, che confeziona il processo per ogni singolo individuo. Riassumendo: le rappresentazioni disposizionali prefrontali, acquisite, che sono necessarie per le emozioni secondarie, formano un lotto separato rispetto alle rappresentazioni disposizionali innate che sono necessarie per le emozioni primarie; e però, come si vedrà più avanti, le prime hanno bisogno delle seconde per potersi esprimere (fig. 7.2).

3)    In modo automatico, non conscio e non volontario, la risposta delle rappresentazioni disposizionali prefrontali descritte in precedenza viene segnalata all’amigdala e al cingolato anteriore. Le rappresentazioni presenti in queste regioni rispondono nei modi seguenti: a) attivando i nuclei del sistema nervoso autonomo e mandando segnali al corpo attraverso i nervi periferici, con il risultato che i visceri vengono posti nello stato più frequentemente associato al tipo di situazione che dà l’avvio; b) mandando segnali al sistema motorio, cosicch, i muscoli scheletrici completano, nelle espressioni facciali e nella postura del corpo, il quadro esterno di un’emozione; c) attivando il sistema endocrino e quello peptidico, le cui azioni chimiche danno come risultato cambiamenti dello stato del corpo e del cervello; d) attivando, infine, secondo schemi particolari, i nuclei neurotrasmettitori non specifici nel midollo allungato e nel pro-sencefalo basale, che quindi emettono i loro messaggi chimici a varie regioni del telencefalo (ad esempio, gangli basali e corteccia cerebrale). Tale serie di azioni, apparentemente completa, È una risposta massiccia, ed È variata; È diretta all’intero organismo e in una persona sana È un miracolo di coordinazione.

 

I cambiamenti provocati da a), b) e c) incidono sul corpo, causano uno “stato emotivo del corpo” e in seguito vengono segnalati, a ritroso, ai sistemi limbico e somatosensitivo. Quelli provocati da d), che non insorgono nel corpo, ma piuttosto in un gruppo di strutture del midollo allungato cui compete la regolazione del corpo, hanno un impatto forte sulle modalità e sull’efficienza dei processi cognitivi, e costituiscono una via parallela per la risposta emotiva. I differenti effetti di a), b), c) da un lato e d) dall’altro diverranno più chiari quando si discuterà, più avanti, dei sentimenti.

 

fig. 7.2

 

Fig. 7.2.

Emozioni secondarie. Lo stimolo può ancora essere elaborato direttamente attraverso l'amigdala, ma ora È analizzato anche nel processo di pensiero e può attivare le cortecce frontali (VM). VM agisce attraverso l'amigdala (A). In altre parole, le emozioni secondarie utilizzano l'apparato delle emozioni primarie. Anche qui semplifico molto, Poiché vengono attivate numerose cortecce prefrontali, a parte VM; ma credo che lo schema colga l'essenza del meccanismo. Si noti che VM dipende da A per esprimere la propria attività (se ne fa portare a cavalluccio, per così dire). Questa relazione di dipendenza-precedenza È un buon esempio di come la natura faccia riciclo e bricolage, utilizzando vecchie strutture e vecchi meccanismi per creare meccanismi nuovi e ottenere nuovi risultati.

 

Dovrebbe comunque essere evidente, a questo punto, che l’elaborazione emotiva menomata nei pazienti con lesioni prefrontali È del tipo secondario. Questi pazienti non possono generare le emozioni relative alle immagini evocate da certe categorie di situazioni e di stimoli, e perciò non possono avere i sentimenti che ne conseguono: lo confermano le osservazioni cliniche e alcuni test speciali (si veda il    capitolo 9). Tuttavia quegli stessi pazienti prefrontali possono avere emozioni primarie: questa È la ragione per cui a prima vista la loro affettività può apparire integra (mostrano paura se qualcuno urla d’improvviso alle loro spalle, o se un terremoto scuote la loro casa). Al contrario, pazienti con lesioni al sistema limbico, all’amigdala o al cingolato anteriore di solito presentano una più estesa menomazione delle emozioni sia primarie sia secondarie, e perciò un più riconoscibile ottundimento dell’affetto.

Nella sua ricerca di soluzioni economiche, anche se un po’ rabberciate, la natura non ha selezionato meccanismi indipendenti per l’espressione delle emozioni primarie e di quelle secondarie; semplicemente, ha consentito che queste ultime fossero espresse mediante lo stesso canale già apprestato per convogliare le emozioni primarie. Nella sua essenza, per me, l’emozione È l’insieme dei cambiamenti dello stato corporeo che sono indotti in miriadi di organi dai terminali delle cellule nervose, sotto il controllo di un apposito sistema del cervello che risponde al contenuto dei pensieri relativi a una particolare entità, o evento. Molti dei cambiamenti dello stato corporeo (ad esempio quelli del colorito della pelle, della postura del corpo, dell’espressione del volto) possono effettivamente essere percepiti da un osservatore esterno. (Emozione significa, etimologicamente, “movimento da”: già questo suggerisce una direzione verso l’esterno, a partire dal corpo). Altri cambiamenti dello stato corporeo risultano percepibili solo da parte del padrone del corpo in cui essi si producono. Ma nell’emozione vi È più della sua essenza.

Per concludere, l’emozione È frutto del combinarsi di un "processo valutativo mentale", semplice o complesso, con le "risposte disposizionali a tale processo", per lo più "dirette verso il corpo", che hanno come risultato uno stato emotivo del corpo, ma anche "verso il cervello stesso" (i nuclei neurotrasmettitori del midollo allungato), che hanno come risultato altri cambiamenti mentali. Si noti che per il momento escludo dall’emozione la percezione di tutti i cambiamenti che costituiscono la risposta emotiva: riservo il termine "sentimento" all’esperienza di tali cambiamenti.

 

 

Specificità dell’apparato neurale dietro le emozioni.

Lo studio di lesioni cerebrali circoscritte ha permesso di stabilire la specificità dei sistemi neurali preposti all’emozione. Nel mio schema, una lesione del sistema limbico menoma l’elaborazione dell’emozione primaria, mentre una lesione delle cortecce prefrontali compromette l’elaborazione dell’emozione secondaria. Roger Sperry e i suoi collaboratori (tra questi Joseph Bogen, Michael Gazzaniga, Jerre Levy ed Eran Zaidel) hanno determinato un interessante correlato neurale dell’emozione umana: le strutture dell’emisfero cerebrale destro mostrano, nei soggetti umani, un coinvolgimento preferenziale nell’elaborazione di base delle emozioni (10). Altri ricercatori (Howard Gardner, Kenneth Heilman, Joan Borod, Richard Davidson e Guido Gainotti) hanno aggiunto altri risultati a conferma di una dominanza dell’emisfero destro per quanto riguarda l’emozione (11). Le ricerche in corso nel mio laboratorio in generale avvalorano l’idea di una asimmetria nel processo emotivo, ma indicano anche che le asimmetrie non riguardano in ugual misura tutte le emozioni.

 

fig. 7.3

 

Fig. 7.3.

L'apparato neurale per il controllo della muscolatura del volto nel “vero” sorriso di uno stato emotivo (in alto) È differente da quello per il controllo volontario, non emotivo, della medesima muscolatura (in basso). Il sorriso vero È controllato dalle cortecce limbiche e probabilmente impiega i gangli basali per esprimersi.

 

E’ possibile misurare il grado di specificità neurale dei sistemi preposti all’emozione esaminando quanto ne È menomata l’espressione. Quando un colpo apoplettico distrugge la corteccia motoria nell’emisfero sinistro del cervello, causando paralisi del lato destro del volto, i muscoli non possono agire e la bocca viene tirata verso il lato che si muove normalmente: chiedere al paziente di aprire la boc-ca e mostrare i denti serve solo ad accentuare l’asimmetria. Ma quando il paziente sorride o ride spontaneamente, accade qualcosa di affatto diverso: il sorriso È normale, entrambi i lati della faccia si muovono in modo corretto e l’espressione È del tutto naturale, uguale a quella che il paziente avrebbe mostrato, nel sorridere, prima della paralisi. Si vede, quindi, che il controllo motorio di una sequenza di movimenti legata a un’emozione "non" fa capo allo stesso sito del controllo di un atto volontario; il primo tipo di movimento È innescato in un sito cerebrale diverso, anche se il teatro del movimento - il volto e la sua muscolatura - È lo stesso nei due casi (fig. 7.3).

Il risultato opposto si può constatare considerando un paziente nel quale un colpo abbia leso il cingolato anteriore nell’emisfero sinistro. A riposo, o in un movimento correlato a un’emozione, il volto È asimmetrico, meno mobile sul lato destro che sul sinistro; ma se il soggetto cerca di contrarre volontariamente i muscoli facciali, i movimenti vengono compiuti in modo normale e si ripristina la simmetria. Il controllo del movimento connesso con l’emozione, quindi, proviene dalla regione del cingolato anteriore, da altre cortecce limbiche (nel lobo temporale mediano) e dai gangli basali: un danno o una disfunzione di tali regioni provocano una paralisi facciale cosiddetta inversa o emotiva.

Il mio mentore Norman Geschwind, il neurologo di Harvard il cui lavoro gettò un ponte tra l’Èra classica e l’Èra moderna della ricerca sulla mente e sul cervello negli esseri umani, amava fare osservare che la ragione per la quale ci riesce difficile sorridere in modo normale all’invito del fotografo sta nel fatto che egli ci chiede di controllare in modo volontario i muscoli facciali impiegando la corteccia motoria e il suo tratto piramidale. (Questo nome designa il mas-siccio insieme di assoni che scaturisce dalla corteccia motoria primaria - area 4 di Brodmann - e scende a innervare i nuclei del midollo allungato e del midollo spinale che attraverso i nervi periferici controllano i movimenti volontari). In tal modo produciamo quello che Geschwind soleva chiamare un “sorriso piramidale”. Non ci È facile imitare quello che il cingolato anteriore può fare senza sforzo; non disponiamo di un’agevole via neurale per esercitare un controllo volontario sul cingolato anteriore. Per sorridere in modo “naturale” non ci si offrono molte alternative: o imparare a farlo, oppure avere qualcuno che ci solletichi o che ci racconti una buona storiella. La carriera degli attori professionisti e degli uomini politici dipende da questa semplice, irritante condizione posta dalla neurofisiologia.

Ai primi, il problema È noto da tempo; ne sono scaturite tecniche differenti. Alcuni (uno per tutti: Laurence Olivier) si affidano all’abile creazione, sotto il controllo della volontà, di un insieme di movimenti che suggeriscono in modo credibile l’emozione. Attingendo a una minuziosa conoscenza di come le emozioni (la loro espressione) appaiono all’osservatore esterno, e al ricordo di come ci si sente, di solito, quando si verificano tali cambiamenti, i grandi attori di questa scuola simulano con determinazione. Il fatto che pochi vi riescano È una misura delle difficoltà che la fisiologia del cervello frappone sulla loro strada.

Un’altra tecnica, esemplificata dal metodo di recitazione di Lee Strasberg e Elia Kazan ("The Method", ispirato dal lavoro di Konstantin Stanislavskij), si basa sulla capacità dell’attore di generare un’emozione, cioÈ di crearla anzich, simularla. L’esito può essere più convincente e coinvolgente, ma richiede talento e maturità particolari, per reggere le briglie dei processi automatici liberati dall’emozione reale.

Fu Darwin il primo a notare (in "L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali", pubblicato nel 1872) (12) la differenza tra le espressioni facciali delle emozioni genuine e di quelle simulate. Darwin era a conoscenza delle osservazioni compiute un decennio prima da Guillaume-Benjamin Duchenne sulla muscolatura coinvolta nel sorriso e sul tipo di controllo occorrente per muoverla (13). Duchenne arrivò a determinare che un sorriso di autentica gioia richiede la contrazione combinata, involontaria, di due muscoli: lo zigomatico maggiore e l’orbicolare dell’occhio (fig. 7.4); egli scoprì inoltre che il secondo poteva essere mosso solo in modo involontario: non v’era alcuna possibilità di farlo agire volontariamente. A metterlo in azione, secondo l’espressione di Duchenne, erano “le dolci emozioni dell’animo”. Quanto allo zigomatico maggiore, può essere attivato sia involontariamente sia volontariamente: È questa la strada giusta per i sorrisi di convenienza.]

 

 

Sentimenti.

Che cos’È un sentimento? Perchè non uso i termini “emozione” e “sentimento” in modo intercambiabile? Una ragione È che, sebbene “sentimento” abbia una connotazione assai vicina a quella di “emozione”, ne differisce (soprattutto in inglese, "feeling") per la sua origine da "sentire" soprattutto tattile, e quindi mentre tutte le emozioni generano sentimenti, in un soggetto sveglio e vigile, vi sono stati d’animo o sensazioni che chiamiamo ancora sentimenti ma che non traggono origine da emozioni. Chiamerò sentimenti delle emozioni i primi e sentimenti di fondo i secondi, che tratterò alla fine del capitolo.

 

fig. 7.4

 

Fig. 7.4. Controllo conscio e non conscio della muscolatura del volto.

 

Comincerò con l’esaminare i "sentimenti delle emozioni", e per questo ritornerò allo stato emotivo dell’esempio discusso prima. Tutti i cambiamenti che un osservatore esterno può individuare, e molti altri che non sono individuabili dall’esterno (come l’accelerazione del battito cardiaco o la contrazione dell’intestino), voi li percepite "internamente"; tutti vengono segnalati in continuazione al cervello attraverso i terminali nervosi che al cervello convogliano impulsi provenienti dalla pelle, dai vasi sanguigni, dai visceri, dai muscoli volontari, dalle articolazioni, ecc. In termini neurali, il percorso di ritorno di questo itinerario dipende da circuiti che hanno origine nella testa, nel collo, nel tronco e negli arti, fluiscono nel midollo allungato verso la formazione reticolare (un insieme di nuclei del midollo allungato che interviene nel controllo della veglia e del sonno, oltre che in altre funzioni) e il talamo, e viaggiano verso l’ipotalamo, le strutture limbiche e svariate cortecce somatosensitive distinte nelle regioni parietale e dell’insula. Queste ultime cortecce, in particolare, ricevono un resoconto di quel che accade nel corpo istante per istante: hanno cioÈ una “veduta” del mutevole paesaggio del corpo durante un’emozione. Se ricordate l’immagine della falda d’acqua, potete pensare a questa veduta come a un continuo segnalare che rappresenta molti dei cambiamenti locali della falda, i movimenti verso l’alto e verso il basso che essa manifesta quando qualcuno vi cammina dentro. Nelle cortecce cerebrali che ricevono con continuità quei segnali, il quadro dell’attività neurale È in continuo mutamento: non vi È nulla di statico, nessuna base fissa, nessun omuncolo assiso come una statuina in cima al cervello a ricevere segnali dalle varie parti del corpo; vi È invece cambiamento, cambiamento incessante. Alcuni degli schemi sono organizzati topograficamente, altri lo sono meno, e non si trovano in un’unica mappa in un unico centro. E vi sono molte mappe, coordinate da connessioni di neuroni mutuamente interagenti. (Quale che sia la metafora cui si ricorre per illustrare questo aspetto, È importante rendersi conto che le rappresentazioni corporee "presenti" non hanno luogo entro una mappa corticale rigida, come decenni di raffigurazioni del cervello umano hanno ingannevolmente suggerito; esse appaiono come una rappresentazione “in linea”, dinamica e ogni volta nuova, di quel che sta accadendo nel corpo. Il loro valore risiede in tale freschezza e “contemporaneità”, messe bene in luce nello studio prima citato di Michael Merzenich). Oltre al “viaggio neurale” del vostro stato emotivo all’indietro verso il cervello, l’organismo ha seguito anche un parallelo “viaggio chimico”. Ormoni e peptidi liberati nel corpo durante l’emozione possono raggiungere il cervello seguendo il flusso sanguigno e penetrarvi attivamente attraverso la cosiddetta barriera sangue-cervello oppure, con più facilità, attraverso regioni cerebrali in cui tale barriera manca (ad esempio l’area postrema) o dotate di dispositivi che mandano segnali a varie parti del cervello (ad esempio l’organo sottofornicale). E non solo il cervello può costruire, in alcuni dei suoi sistemi, una molteplice veduta neurale del paesaggio del corpo indotto da altri sistemi cerebrali, ma la stessa costruzione di tale veduta, e il suo uso, possono essere influenzati dal corpo in via diretta (si pensi a quel che si È detto nel capitolo 6 riguardo all’ossitocina). Quello che dà al paesaggio del corpo il suo carattere, in un dato istante, non È solo un insieme di segnali neurali, ma anche un insieme di segnali chimici che modificano il modo in cui i segnali neurali vengono elaborati. Si consideri questa come la ragione per la quale certe sostanze chimiche hanno avuto un ruolo così significativo in tante culture; e si consideri anche che l’odierno problema sociale delle droghe (mi riferisco sia a quelle legali sia a quelle illegali) non può essere risolto senza comprendere a fondo i meccanismi neurali di cui stiamo discutendo.

Via via che i cambiamenti corporei si verificano riuscite a conoscerne l’esistenza e potete seguirne la continua evoluzione: percepite i cambiamenti dello stato del corpo e ne seguite il procedere mentre scorrono i secondi e i minuti. Questo processo di osservazione continua, questa esperienza di ciò che il vostro corpo sta facendo "mentre" corrono i pensieri riguardanti specifici contenuti, È l’essenza di quello che io chiamo sentimento (fig. 7.5). Se un’emozione È un insieme di cambiamenti dello stato corporeo connessi a particolari immagini mentali che hanno attivato uno specifico sistema cerebrale, "l’essenza del sentire un’emozione È l’esperienza di tali cambiamenti in giustapposizione alle immagini mentali che hanno dato avvio al ciclo". In altre parole, un sentimento dipende dalla giustapposizione di un’immagine del corpo all’immagine di qualcosa d’altro, come ad esempio l’immagine visiva di un volto o l’immagine uditiva di una melodia. Il substrato di un sentimento È completato dai cambiamenti dei processi cognitivi che sono simultaneamente indotti da sostanze neurochimiche (per esempio da neurotrasmettitori in svariati siti neurali, come risultato dell’attivazione di nuclei trasmettitori che era parte dell’iniziale risposta emotiva) (nota *). Qui occorre fare due precisazioni. La prima riguarda il termine “giustapposizione” introdotto più sopra: io l’ho scelto Perchè ritengo che l’immagine del corpo compaia "dopo" che l’immagine del “qualcos’altro” È stata formata e mantenuta attiva, e Perchè le due immagini rimangono neuralmente separate (come ho suggerito nel paragrafo sulle immagini del capitolo 5). In altre parole, si ha una combinazione piuttosto che una mistura, e potrebbe essere appropriato usare il termine "sovrapposizione" per indicare ciò che sembra accadere alle immagini del corpo e al “qualcosa d’altro” nella nostra esperienza integrata.

 

fig. 7.5

 

Fig. 7.5.

Per sentire un'emozione È necessario ma non sufficiente che i segnali neurali provenienti dai visceri, dai muscoli e dalle articolazioni e dai nuclei neurotrasmettitori (tutti attivati durante il processo dell'emozione) raggiungano certi nuclei subcorticali e la corteccia cerebrale. Anche i segnali endocrini e altri segnali chimici giungono al sistema nervoso centrale seguendo il flusso sanguigno - fra le altre vie.

 

L’idea che il “caratterizzato” (un volto) e il “caratterizzante” (lo stato corporeo giustapposto) siano combinati, ma non fusi, aiuta a spiegare Perchè È possibile sentirsi depressi anche quando si pensa a persone o situazioni che non significano in alcun modo tristezza o perdita, o sentirsi di buon umore senza alcuna ragione immediata che lo spieghi. Gli stati caratterizzanti possono essere inattesi, e qualche volta sgraditi; la loro motivazione psicologica può essere non visibile o inesistente, scaturendo il processo in un cambiamento fisiologico che È psicologicamente neutro. In termini neurobiologici, i caratterizzanti inesplicabili affermano la relativa autonomia dell’apparato neurale che agisce dietro le emozioni; ma essi ci ricordano anche che esiste un ampio dominio di processi non consci, in parte riconducibili a una spiegazione psicologica ma in parte no.

L’essenza della tristezza o della felicità È la percezione di certi stati del corpo combinata con quella dei pensieri - quali che siano - a cui essi sono giustapposti, e integrata da una modificazione - in modi e in efficienza - del processo di pensiero. In genere, Poiché sia il segnale dello stato corporeo (positivo o negativo) sia la modalità e l’efficienza della cognizione sono stati innescati dallo stesso sistema, essi tendono a concordare. (Però la concordanza tra segnale dello stato corporeo e modalità cognitiva può essere infranta, sia negli stati normali sia in quelli patologici). Con gli stati corporei negativi, la generazione di immagini È lenta, esse differiscono poco e il ragionamento È inefficiente; con gli stati positivi, la generazione di immagini È rapida, esse sono molto differenziate e il ragionamento può essere veloce - anche se non necessariamente efficiente. Quando gli stati corporei negativi si ripetono spesso, o nel caso di un forte stato negativo, come accade nella depressione, aumenta la quota di pensieri che È probabile siano associati a situazioni negative, e il modo e l’efficienza del ragionamento ne soffrono. La prolungata esaltazione propria degli stati maniacali produce l’effetto opposto. William Styron, in "Un’oscurità trasparente", rievoca la propria depressione scrivendo che l’essenza di tale stato era un tormentoso senso di dolore “intimamente apparentato al soffocamento, all’essere sommersi - ma anche queste immagini non colgono il segno”, e bene descrive lo stato concomitante dei suoi processi cognitivi: “In tali occasioni il pensiero razionale di solito non c’era, nella mia mente; da qui "trance". Non riesco a pensare altro termine più adatto a tale modo di essere, una condizione di stupore indifeso nella quale la cognizione era rimpiazzata da quella ’angoscia positiva e attiva’“ (quest’ultima definizione era stata usata da William James per descrivere la propria, di depressione). Seconda precisazione: ho detto quali possono essere, secondo me, i costituenti essenziali di un sentimento dal punto di vista cognitivo e neurale, e solo ulteriori indagini chiariranno se sono nel giusto. Io non ho spiegato, però, come noi sentiamo un sentimento. Il punto di partenza necessario È ricevere un ampio insieme di segnali sullo stato corporeo nelle opportune regioni cerebrali; ma ciò non È sufficiente. Come ho suggerito parlando delle immagini, per l’esperienza del sentimento È anche necessaria una correlazione della rappresentazione in atto del corpo con le rappresentazioni neurali che costituiscono il sè. Un sentimento relativo a un oggetto particolare si basa sulla soggettività della percezione dell’oggetto, della percezione dello stato corporeo che essa produce e della percezione dei mutamenti di modalità ed efficienza dei processi di pensiero che vi si accompagnano.

 

 

 

* Le definizioni di “emozione” e di “sentimento” qui esposte non sono ortodosse. Altri autori spesso impiegano indifferentemente i due termini, oppure il termine “sentimento” non viene impiegato affatto e il termine “emozione” viene suddiviso in componenti espressivi e componenti di cui si ha esperienza. Suggerire nomi distinti potrebbe contribuire a un’ulteriore analisi di questi fenomeni.

 

 

Ingannare il cervello.

Quali prove confortano l’affermazione secondo cui gli stati corporei causano i sentimenti? Alcune indicazioni ci vengono dagli studi di neuropsicologia che correlano la perdita di sentimento con lesioni delle regioni cerebrali necessarie per rappresentare gli stati corporei (si veda il capitolo 5); ma depongono in questo senso anche alcuni studi compiuti su soggetti normali, e in particolare le ricerche di Paul Ekman (14). Quando egli istruì alcuni soggetti sperimentali normali a muovere i muscoli facciali in un certo modo, così “componendo” sui loro volti un’espressione emotiva specifica senza che i soggetti conoscessero il suo intento, il risultato fu che i soggetti provarono un sentimento appropriato all’espressione. Per esempio, un’espressione felice del volto - pur rozzamente e approssimativamente formata - portò i soggetti a provare “felicità”, un’espressione irata a provare “ira”, e così via. Ciò non può non colpire, specie se si considera che quei soggetti potevano percepire pose del volto solo frammentarie, abbozzate, e che i loro corpi non esibivano, all’inizio, il profilo viscerale che accompagna una certa emozione, dal momento che essi non percepivano Né apprezzavano una situazione reale capace di suscitare un’emozione.

L’esperimento di Ekman suggerisce che o un frammento del quadro corporeo caratteristico di un certo stato emotivo È sufficiente a produrre un sentimento del medesimo segnale, o che quel frammento in seguito innesca il resto dello stato corporeo, e ciò conduce al sentimento. E’ curioso notare che non tutte le parti del cervello sono per così dire ingannate da un insieme di movimenti che non È prodotto attraverso le vie solite. Registrazioni elettrofisiologiche mostrano ora che un sorriso simulato genera onde cerebrali con andamento diverso rispetto a quello delle onde generate da un sorriso autentico (15). A prima vista può sembrare che le scoperte dell’elettrofisiologia contraddicano i risultati dell’esperimento citato prima, ma non È così: anche se riferivano il sentimento appropriato al frammento di espressione del volto, quei soggetti erano ben consapevoli di non essere felici - o adirati - per un qualsiasi motivo reale. Non possiamo ingannare noi stessi più di quanto riusciamo a ingannare gli altri, quando sorridiamo garbatamente, e a questo sembra riferirsi così puntualmente la registrazione elettrica. Può darsi che sia questa l’ottima ragione per la quale i grandi attori, i grandi cantanti d’opera e anche altri soggetti riescono a reggere alla simulazione delle emozioni esaltate che devono imporsi, senza perdere il controllo.

Ho chiesto una volta a Regina Resnik, che oggi È la più memorabile interprete lirica di Carmen e di Clitennestra, nonch, una veterana di migliaia di serate di ira e follia musicali, quanto le riuscisse difficile mantenersi distaccata dalle travolgenti emozioni dei suoi personaggi. Per nulla difficile, mi rispose la Resnik, una volta che ebbe appreso i segreti della sua tecnica. Vedendola sul palcoscenico, o sentendola cantare, nessuno avrebbe potuto indovinare che stava solo “rappresentando” un’emozione con il corpo, non “sentendola”. Aggiunge però la Resnik che una volta, durante un’esecuzione della "Dama di picche" di Ciajkovskij, da sola nella cupa scena che vede la morte per spavento della vecchia contessa, divenne tutt’uno con il suo personaggio, e fu terrorizzata.]

 

 

Varietà di sentimenti.

Si è già detto, all’inizio del capitolo, che vi sono molte varietà di sentimenti. La prima varietà si basa sulle emozioni (le più universali sono felicità, tristezza, ira, paura e ripugnanza) e corrisponde a profili di risposta dello stato corporeo che sono ampiamente preorganizzati, nel senso di James. Quando il corpo si conforma a una di tali emozioni, noi ci sentiamo felici, tristi, adirati, impauriti, disgustati. Quando proviamo sentimenti connessi con emozioni, l’attenzione È sostanzialmente rivolta ai segnali corporei, e parti del paesaggio corporeo muovono dallo sfondo per venire in primo piano, nella nostra attenzione.

Una seconda varietà di sentimenti È basata su emozioni che sono sottili varianti delle cinque menzionate prima: euforia ed estasi sono varianti della felicità; malinconia e insoddisfazione sono varianti della tristezza; panico e timidezza sono varianti della paura. Tale seconda varietà di sentimenti È regolata dall’esperienza, quando lievi sfumature di stato cognitivo si connettono con lievi variazioni di stato emotivo del corpo. E’ il collegamento tra un contenuto cognitivo intricato e una variazione di un profilo di stato corporeo preorganizzato che ci consente di provare le gradazioni del rimorso, dell’imbarazzo, della "Schadenfreude", della rivendicazione, eccetera (16).

 

  

SENTIMENTI DI FONDO.

A mio giudizio vi è però una varietà di sentimento che ha preceduto le altre nell’evoluzione: quello che io chiamo "sentimento di fondo", Perchè ha origine da stati corporei “di fondo” anzich, da stati emotivi. Non È il Verdi delle grandi passioni Né lo Stravinskij dell’emozione intellettualizzata, ma piuttosto un minimalista per toni e ritmo, il sentimento della vita stessa, il senso di essere. Io spero che questa nozione possa essere utile, nelle future analisi della fisiologia dei sentimenti.

I sentimenti di fondo presentano una gamma più ristretta dei sentimenti emotivi descritti più sopra, e non sono Né troppo positivi Né troppo negativi, anche se possono essere percepiti come estremamente piacevoli o spiacevoli. Sono questi, con tutta probabilità, e non quelli emotivi, i sentimenti di cui facciamo più frequente esperienza nel corso della vita. Di un sentimento di fondo abbiamo solo una sottile consapevolezza; quanto basta, comunque, per essere in grado di riferire istantaneamente sulla sua qualità.

 

Varietà di sentimenti:

 

-    Sentimenti di emozioni universali di base.

-    Sentimenti di emozioni universali sottili.

-    Sentimenti di fondo.

 

Non È quello che proviamo quando una gioia autentica non ci fa stare più nella pelle, o quando siamo abbattuti per la perdita di un amore: entrambe queste azioni corrispondono a stati emotivi del corpo. Un sentimento di fondo, invece, corrisponde allo stato corporeo che prevale "tra" le emozioni. Quando sentiamo felicità, rabbia o un’altra emozione, il sentimento di fondo È stato rimpiazzato da un sentimento emotivo. Il sentimento di fondo È la nostra immagine del paesaggio corporeo quando questo non È agitato da emozioni, e non È il concetto di “umore” ("mood") che può renderlo con precisione, anche se ad esso È collegato. Quando i sentimenti di fondo rimangono dello stesso tipo per ore e giorni, e non cambiano con il flusso e il riflusso dei contenuti del pensiero, allora l’insieme dei sentimenti di fondo probabilmente contribuisce al formarsi di un umore: buono, cattivo, indifferente.

Basta provare a immaginare come si starebbe senza sentimenti di fondo Perchè cada ogni dubbio sulla nozione così introdotta. Io affermo che senza quei sentimenti il nucleo stesso della rappresentazione del sè sarebbe infranto. Provo ora ad argomentare la mia affermazione.

 

Come ho indicato, le rappresentazioni degli stati corporei presenti avvengono in molteplici cortecce somatosensitive dell’insula e delle regioni parietali, e anche nel sistema limbico, nell’ipotalamo e nel midollo allungato. Sia nell’emisfero destro sia in quello sinistro, queste regioni sono coordinate da connessioni di neuroni, con l’emisfero destro che prevale sul sinistro. C’È ancora molto da scoprire sui modi precisi delle connessioni in tale sistema (purtroppo questo È uno dei settori in cui lo studio del cervello dei Primati mostra maggiori lacune), ma sembra chiaro quanto segue: su un ampio numero di strutture in posizioni sia corticali sia subcorticali si distribuisce una rappresentazione composita, simultanea, degli stati corporei in atto. Una quota significativa dell’input proveniente dallo stato dei visceri va a terminare in strutture che si potrebbero definire “prive di proiezione in mappe”, anche se moltissimi input dei visceri sono proiettati almeno quanto basta per consentirci di sco-prire dolore o malessere in aree identificabili del tronco o degli arti. E’ certamente vero che le mappe che formiamo per i visceri sono meno precise di quelle che formiamo per il mondo esterno; ma l’asserita vaghezza e gli esempi di errore di proiezione sono stati molto esagerati, per lo più invocando fenomeni quali il “dolore riferito” (ad esempio, provare dolore all’addome o al braccio sinistro durante un infarto miocardico, o dolore sotto la scapola destra quando la cistifellea È infiammata). Quanto all’input proveniente da muscoli e articolazioni, esso va a finire in strutture topograficamente proiettate su mappe.

Oltre alle mappe dinamiche, “in linea”, del corpo, ve ne sono altre, in certo modo più stabili, della struttura generale del corpo, che probabilmente rappresentano propriocezione (senso dei muscoli e delle articolazioni) e interocezione (senso dei visceri) e che costituiscono la base della nostra nozione di immagine del corpo. Tali rappresentazioni sono “fuori linea”, o disposizionali, ma possono essere attivate nelle cortecce somatosensitive topograficamente organizzate, fianco a fianco con la rappresentazione in linea degli stati corporei "presenti", per dare un’idea di quel che il nostro corpo "tende a essere", anzich, di quel che È al momento. Il già menzionato fenomeno dell’arto fantasma offre la prova migliore di questo tipo di rappresentazione. Dopo avere subito un’amputazione chirurgica, alcuni pazienti immaginano che l’arto mancante sia ancora al suo posto, e sono perfino capaci di percepire modificazioni immaginarie dello stato dell’arto che non c’È: un movimento particolare, dolore, caldo o freddo, eccetera. Io lo spiego così: in assenza di input in linea proveniente dall’arto mancante, prevale l’input in linea proveniente da una rappresentazione disposizionale di tale arto: cioÈ la ricostruzio-ne attraverso il processo di richiamo di un ricordo acquisito in precedenza.

Forse coloro i quali credono che, in condizioni normali, assai poco dello stato corporeo si presenti alla coscienza vorranno ripensarci. E’ vero che noi non siamo in ogni momento consapevoli di ogni parte del nostro corpo, Poiché le rappresentazioni di eventi esterni (attraverso la vista, l’udito, il tatto), come pure di immagini generate internamente, riescono a distrarci dalla rappresentazione continua, e continuamente in corso, del corpo. Ma il fatto che il punto focale dell’attenzione sia solitamente altrove - là dove più È necessaria per un comportamento adattativo - non significa che la rappresentazione del corpo sia assente; ed È facile averne conferma, quando l’improvviso insorgere di dolore o di un piccolo disturbo torna a focalizzare su di essa l’attenzione. Il senso del corpo È, di fondo, continuamente presente, anche se si può non accorgersene, dal momento che esso rappresenta non una parte specifica di qualcosa del corpo, ma piuttosto uno stato complessivo di quasi tutto ciò che vi È in esso. Tale inarrestabile rappresentazione sempre in corso dello stato corporeo È quella che vi consente di reagire prontamente alla specifica domanda: “Come "si sente"?” con una risposta che in effetti fa riferimento al vostro sentirvi più o meno bene. (Si noti che la domanda non È il semplice “Come va?”, alla quale si può sbrigativamente rispondere in modo garbato senza dire alcunch, sul proprio stato fisico). Lo stato di fondo del corpo È sotto osservazione continua; perciò È interessante chiedersi che cosa accadrebbe se all’improvviso scomparisse; se, interrogati su come vi sentite, scopriste di non sapere alcunch, riguardo a tale stato; se, quando vi duole una gamba e la muovete, deliberatamente, il momentaneo fastidio fosse un percetto isolato, che fluttua nella vostra mente, invece di essere parte del senso di un corpo alla cui interezza vi È facile accedere. Si È ormai accertato che anche l’assai più semplice e relativamente circoscritta interruzione della propriocezione, che può essere causata da un disturbo dei nervi periferici, crea un profondo sconvolgimento dei processi mentali (Oliver Sacks ha scritto una bella descrizione evocativa di un caso del genere) (17). Ci si potrebbe aspettare, allora, che una più estesa perdita o modificazione del senso complessivo dello stato corporeo producesse un disturbo anche più grave; ed È quello che accade.

Come si È visto nel capitolo 4, alcuni pazienti affetti da anosognosia prototipa completa diventano inconsapevoli della propria condizione generale di salute. Non sanno di mostrare su di sè gli esiti invariabilmente devastanti di una infermità grave: molto spesso un colpo apoplettico, oppure un tumore cerebrale, insorto nel cervello o provocato da un cancro che abbia colpito altre parti del corpo. Non riconoscono di essere paralizzati, anche se, ad esempio, posti di fronte al fatto che il loro arto sinistro non si muove, costretti a vederlo, non potranno non dirsi d’accordo. Non riescono a immaginare le conseguenze della propria condizione e non sono preoccupati per il futuro. La loro rappresentazione emotiva È ridotta o inesistente, e in corrispondenza i loro sentimenti - per loro stessa ammissione e per deduzione di un osservatore - sono piatti.

In tali pazienti anosognosici, il quadro del danno cerebrale si configura nella distruzione dello scambio di segnali tra le regioni implicate nella produzione di mappe dello stato corporeo, sovente anche nella distruzione di alcune di queste regioni, che si trovano tutte nell’emisfero destro, anche se ricevono input sia dal lato destro sia dal lato sinistro del corpo. Le regioni cruciali si trovano nell’insula, nel lobo parietale e nella sostanza bianca che contiene connessioni tra esse e inoltre connessioni da e verso il talamo, da e verso la corteccia frontale, verso i gangli basali.

Facendo ricorso alla nozione di sentimento di fondo, sono ora in grado di indicare che cosa penso che accada nell’anosognosia. Impossibilitato a valersi di input corporei attuali, il paziente non riesce ad aggiornare la rappresentazione del proprio corpo e quindi non riesce a rendersi conto, prontamente e in modo automatico, che la realtà del suo paesaggio corporeo È cambiata. Nella mente egli può ancora formarsi un’immagine di come era il suo corpo - immagine che ora È superata, non vale più - e siccome il suo corpo era sano, questo È ciò che egli riesce a riferire.

I pazienti che presentano la condizione dell’arto fantasma possono riferire che sentono l’arto mancante come se ci fosse ancora, anche se si rendono conto che ciò non È vero. Non si tratta di delirio, Né di allucinazione; piuttosto, È il loro senso della realtà che li porta a dolersi del loro stato menomato. Ma gli anosognosici non hanno alcun controllo automatico della realtà: o Perchè la condizione implica informazioni sulla maggior parte del corpo anzich, su una regione soltanto, o Perchè essa implica informazioni per lo più provenienti dai visceri, o per entrambi i motivi, essi sono diversi. La mancanza di segnali corporei aggiornati non solo fa sì che essi riferiscano in modo irrazionale sui propri deficit motori, ma porta anche a emozioni e sentimenti inadeguati al loro stato di salute. Alcuni di questi pazienti sono allegri senza motivo, altri sono perennemente astiosi; ma Né gli uni Né gli altri sembrano preoccuparsi del proprio stato, e quando sono costretti a ragionarvi su, in base a fatti nuovi che vengono presentati loro attraverso altri canali (verbalmente o per constatazione visiva diretta), sul momento riconoscono la situazione nuova in cui si trovano, ma presto se ne dimenticano. Ciò che non arriva in modo automatico e naturale attraverso la supremazia dei sentimenti non può conservarsi nella mente.

Questi pazienti ci fanno intravedere una mente privata della possibilità di sentire lo stato "presente" del corpo, specie per quanto riguarda il sentimento di fondo. Io credo che il loro sè, incapace di riportare i segnali corporei dello stato presente sul quadro di riferimento del corpo, non sia più integro. E’ ancora disponibile e immagazzinabile in forma linguistica la conoscenza della propria identità personale: essi ricordano chi sono, dove vivono, dove hanno lavorato, chi sono le persone che li circondano. Ma tale ricchezza di informazione non può essere usata per ragionare in modo efficace sul loro presente stato personale e sociale. La teoria che essi si costruiscono della propria mente e della mente degli altri È misera, in modo irrimediabile superata, non al passo con il tempo storico nel quale essi e i loro osservatori sono immersi.

La continuità dei sentimenti di fondo si attaglia bene al fatto che l’organismo vivente e la sua struttura sono continui, finch, la vita persiste. A differenza dell’ambiente, la cui composizione di sicuro cambia, e a differenza delle immagini che costruiamo di tale ambiente, che sono frammentarie e condizionate da circostanze esterne, il sentimento di fondo riguarda per lo più gli stati corporei. La nostra identità individuale È ancorata a quest’isola di illusoria identicità vivente, e sullo sfondo di questa noi possiamo essere consapevoli di miriadi di altre cose che manifestamente cambiano, attorno all’organismo.

 

 

Il corpo come teatro delle emozioni.

Una delle critiche mosse a William James riguarda l’idea che noi usiamo sempre il corpo come teatro delle emozioni. Anch’io credo che in molti casi emozioni e sentimenti siano fatti operare proprio in questo modo, a partire dalla mente/cervello verso il corpo e poi indietro alla mente/cervello; ma credo anche che in molti casi il cervello impari a mettere insieme la fievole immagine di uno stato “emotivo” del corpo, senza doverla ripromulgare nel corpo. Inoltre, come si È già discusso, l’attivazione dei nuclei neurotrasmettitori del midollo allungato e le risposte di questi aggirano il corpo, anche se, molto curiosamente, i nuclei neurotrasmettitori sono parte integrante della rappresentazione cerebrale della regolazione corporea. Vi sono, quindi, dispositivi neurali che ci aiutano a sentirci “come se” stessimo provando uno stato emotivo, come se il corpo venisse attivato e modificato; essi ci consentono di aggirare il corpo e di evitare un processo lento ed energeticamente dispendioso. Noi rievochiamo entro il solo cervello qualche apparenza di un sentimento; dubito, però, che tali sentimenti si avvertano allo stesso modo dei sentimenti coniati di fresco in un vero stato corporeo.

I dispositivi “come se” sarebbero stati sviluppati mentre crescevamo e ci adattavamo all’ambiente; l’associazione tra una certa immagine mentale e il surrogato di uno stato corporeo sarebbe stata acquisita attraverso ripetute associazioni delle immagini di entità o situazioni date con le immagini di stati corporei appena rappresentati. Perchè una particolare immagine accenda il “dispositivo di bypass”, È stato necessario che prima il processo si svolgesse nel teatro del corpo, che - per così dire - si chiudesse il circuito nel corpo (fig. 7.6).

 

fig. 7.6

 

Fig. 7.6.

Il circuito del corpo e il circuito “come se”. In entrambi il cervello È rappresentato dal contorno in alto, e il corpo dal contorno in basso. Nel circuito “come se”, l'elaborazione esclude completamente il corpo.

 

Perchè i sentimenti “come se” dovrebbero avvertirsi come differenti? Indico con un esempio almeno una ragione che mi porta a pensarlo. Immaginate la situazione di una persona normale collegata a un poligrafo (l’apparecchio di laboratorio che consente di rilevare e visualizzare in grafici la forma e l’ampiezza delle reazioni emotive). Ora immaginate che questa persona partecipi a un esperimento di psicologia durante il quale l’esaminatore può giudicare alcune sue risposte corrette, quindi meritevoli di qualche sorta di ricompensa, oppure scorrette e quindi meritevoli di punizione. Subito dopo essere stato informato che una certa mossa da lui compiuta nell’esperimento È corretta e viene premiata, il soggetto genera una risposta che si presenta come una curva con un suo andamento di crescita e una sua ampiezza massima. Più tardi, un’altra mossa del soggetto porta a una punizione, e di nuovo viene generata una risposta; questa volta la forma della curva È del tutto diversa, e raggiunge un massimo più elevato che nel caso precedente. Poi un’altra mossa provoca una punizione più forte, e questa volta non solo la curva di risposta È ancora differente, ma addirittura la punta scrivente dello strumento sbanda sulla carta di registrazione e quasi ne salta fuori.

Che cosa ciò significhi È ben noto: premi o punizioni di entità diversa causano reazioni diverse, sia mentali sia corporee, e l’apparecchio registra la reazione corporea. Non vi È accordo, però, sulla relazione tra reazione del corpo e reazione della mente. Dal mio punto di vista, il sentimento regolare proviene da una lettura e presentazione dei cambiamenti corporei. Bisogna considerare, però, un punto di vista alternativo, secondo il quale il corpo È sì modificato dalla reazione emotiva, ma il sentimento non proviene di necessità da tale cambiamento: lo stesso agente cerebrale che avvia i cambiamenti corporei informa un altro sito del cervello (presumibilmente il sistema somatosensitivo) del tipo di cambiamento ordinato dal corpo. In questa ipotesi, i sentimenti proverrebbero direttamente dal secondo tipo di segnali, che così sarebbero elaborati esclusivamente dall’interno del cervello, pur in presenza, ancora, di concomitanti modificazioni del corpo. Il punto, per i fautori di tale prospettiva, È che i cambiamenti corporei avvengono in parallelo con i sentimenti, anzich, esserne la causa. I sentimenti proverrebbero sempre dal dispositivo con il circuito “come se”, che però non costituirebbe un’aggiunta al dispositivo di base del “circuito corporeo”, ma sarebbe piuttosto il meccanismo essenziale del sentimento.

Questa interpretazione mi sembra meno soddisfacente della mia. Intanto, un’emozione non viene indotta soltanto per via neurale: c’È anche la via chimica. Il settore del cervello che induce l’emozione può segnalare il componente neurale di tale azione a un altro settore al proprio interno, ma non È verosimile che manifesti allo stesso modo il componente chimico. Inoltre, non È verosimile che il cervello preveda in quale modo tutti i comandi - neurali e chimici, ma soprattutto questi ultimi - opereranno nel corpo, Perchè il loro operare e gli stati risultanti dipendono dal contesto biochimico locale e da numerose variabili entro il corpo stesso che non hanno completa rappresentazione neurale. Quel che viene eseguito nel corpo È costruito "ex novo", momento per momento, e non È una replica esatta di qualcos’altro accaduto in precedenza. Secondo me il cervello non può prevedere in modo algoritmico gli stati corporei; esso, piuttosto, attende che il corpo riferisca ciò che in realtà È trapelato. L’interpretazione alternativa sarebbe limitata, volta per volta, a un repertorio fisso di schemi emozione/sentimento, non modulati dalle condizioni reali (della vita reale, del tempo reale) dell’organismo in un dato momento. Questi schemi potrebbero essere utili se a quel repertorio si riducesse ciò che dobbiamo fare; e però sarebbero ancora “ritrasmissioni” piuttosto che “esecuzioni in diretta”.

Probabilmente il cervello, dopo avere riversato sul corpo un fuoco di fila di segnali neurali e chimici, non può prevedere le configurazioni esatte che esso assumerà - non più di quanto possa prevedere tutti i fattori imponderabili di una data situazione via via che questa si dispiega nella vita reale e in tempo reale. Vuoi per uno stato emotivo vuoi per uno stato di fondo non emotivo, il paesaggio del corpo È sempre nuovo e quasi mai stereotipato. Se tutti i nostri sentimenti fossero del tipo “come se”, non avremmo alcuna nozione della sempre cangiante modulazione dell’affetto che È un tratto così tipico della nostra mente L’anosognosia suggerisce che la mente normale richieda un flusso regolare di informazioni aggiornate provenienti dagli stati corporei. Può darsi che, per come È modellato, al cervello occorra una conferma della nostra condizione di vita per provvedere a mantenersi sveglio e consapevole.

 

 

Por mente al corpo.

Non sembra sensato lasciare emozioni e sentimenti fuori da ogni concetto globale di mente; eppure, È proprio quello che fanno molte rispettabili descrizioni scientifiche della cognizione, quando considerano i sistemi cognitivi senza includervi emozioni e sentimenti, che sono giudicati entità sfuggenti, inadatte a condividere la scena con il tangibile contenuto dei pensieri - che essi peraltro caratterizzano. Questa visione angusta, che esclude l’emozione dal corso principale della scienza cognitiva (come ho già ricordato nell’Introduzione), ha il proprio contraltare nella non meno tradizionale visione delle neuroscienze (richiamata agli inizi di questo capitolo), secondo la quale emozioni e sentimenti scaturiscono dai piani bassi del cervello, in un processo che più subcorticale non potrebbe esse-re, mentre ciò che quelle emozioni e quei sentimenti qualificano scaturisce dalla neocorteccia. Non posso essere d’accordo. Innanzitutto, È evidente che l’emozione procede sotto il controllo di strutture sia corticali sia subcorticali. In secondo luogo (e forse più importante), "i sentimenti sono altrettanto cognitivi quanto qualsiasi altra immagine percettiva", e altrettanto dipendenti da elaborazioni della corteccia cerebrale.

Certo, essi sono qualcosa di un po’ diverso. Ma ciò che li rende diversi È il fatto che essi riguardano in primo luogo il corpo, che essi "ci danno la cognizione del nostro stato muscoloscheletrico e viscerale" quando questo È influenzato dai meccanismi preorganizzati e dalle strutture cognitive che abbiamo sviluppato sotto la loro influenza. I sentimenti ci consentono di "porre mente al corpo" - in modo attento, durante uno stato emotivo, o in modo più vago, durante uno stato di fondo. E ci consentono di farlo “in diretta”, quando ci forniscono immagini percettive del corpo, o “in replica”, quando ci forniscono immagini rievocate dello stato del corpo adeguato a certe circostanze, nei sentimenti “come se”.

Essi ci fanno intravedere che cosa accade nella nostra carne, allorch, un’immagine momentanea di questa È affiancata alle immagini di altri oggetti e situazioni. Per giustapposizione, le immagini corporee conferiscono alle altre immagini una "qualità" - di buono o di cattivo, di piacere o di dolore.

Per me i sentimenti hanno uno status davvero privilegiato. Essi sono rappresentati a molti livelli neurali, incluso quello neocorticale, dove essi sono i corrispettivi neuroanatomici e neurofisiologici di tutto ciò che può essere colto dagli altri canali sensoriali. Però, a motivo dei loro inestricabili legami con il corpo, essi vengono prima, nello sviluppo, e serbano un primato che pervade la nostra vita mentale. Dal momento che il cervello È l’avvinto uditorio del corpo, i sentimenti risultano vincitori tra pari. Inoltre, dal momento che ciò che viene prima costituisce un quadro di riferimento per ciò che viene dopo, i sentimenti hanno voce in capitolo sul modo in cui il resto del cervello e la cognizione svolgono i propri compiti. La loro influenza È immensa.

 

 

Il processo del sentimento.

Quali sono i processi neurali mediante i quali noi "sentiamo" uno stato emotivo, o uno stato di fondo? Con precisione non lo so; credo di avere un inizio di risposta, ma non sono sicuro del resto. La questione del come sentiamo si fonda sulla nostra comprensione della coscienza - che non È argomento di questo libro, e su cui È bene essere prudenti. Possiamo, però, porci il problema, e scartare le risposte che non possono funzionare, indicando dove si potrà, in futuro, trovare qualche spiraglio.

La risposta che chiama in gioco la neurochimica delle emozioni È falsamente soddisfacente: non basta avere scoperto le sostanze chimiche coinvolte per spiegare in qual modo sentiamo. Si sa da tempo che vi sono sostanze chimiche in grado di modificare emozioni e stati d’animo: alcool, narcotici e una schiera di agenti farmacologici possono cambiare il nostro modo di sentire. La ben nota relazione tra chimica e sentimenti ha preparato sia gli scienziati sia il pubblico alla scoperta che l’organismo produce sostanze chimiche capaci di provocare effetti simili. Così, oggi È largamente accettata l’idea che le endorfine siano la morfina del cervello e possano facilmente alterare il modo in cui ci sentiamo, il modo in cui sentiamo il dolore e anche il mondo esterno; lo stesso può dirsi per l’idea che effetti si-mili possano avere i neurotrasmettitori dopamina, norepinefrina e serotonina, come pure i neuromodulatori peptidici.

Attenzione, però: sapere che una data sostanza chimica (prodotta all’interno o all’esterno del corpo) provoca un certo sentimento non equivale a conoscere il meccanismo per cui ciò avviene. Sapere che una data sostanza agisce su certi sistemi, in certi circuiti e recettori e in certi neuroni, non spiega "Perchè" ci si sente felici o tristi. Si È stabilita una relazione funzionale tra la sostanza, i sistemi, i circuiti, i recettori, i neuroni e il sentimento, ma essa non ci dice come si passi dall’uno all’altro: È solo l’inizio di una spiegazione. Se sentirsi felici o tristi corrisponde in buona misura a un cambiamento della rappresentazione neurale degli stati corporei in atto, allora la spiegazione richiede che le sostanze chimiche agiscano sulle fonti di quelle rappresentazioni, cioÈ il corpo stesso e i vari livelli di circuiti neurali i cui schemi di attività rappresentano il corpo. Comprendere la neurobiologia del sentimento richiede necessariamente la comprensione del sentimento. Se sentirsi felici o tristi corrisponde anche, in parte, ai modi cognitivi secondo cui i pensieri stanno operando, allora la spiegazione richiede anche che la sostanza chimica agisca sui circuiti che generano e manipolano immagini: il che È come dire che ridurre la depressione a un enunciato sulla disponibilità di serotonina o di norepinefrina in generale (enunciato molto popolare, nei giorni e nell’epoca del Prozac) È intollerabilmente rozzo.

Un’altra risposta ingannevole, pur se appare soddisfacente, È quella che identifica il sentimento con la rappresentazione neurale di quello che accade nel paesaggio del corpo in un dato momento. Purtroppo ciò non basta: bisogna scoprire in quale modo le rappresentazioni del corpo, costantemente e appropriatamente modulate, divengono soggettive, in quale modo divengono parte del sè che le possiede. Come spiegare questo processo in termini neurobiologici, senza ricorrere alla comoda storiella dell’omuncolo che percepisce la rappresentazione?

Mi sembra necessario, quindi, oltre la rappresentazione neurale del lo stato corporeo, postulare almeno due importanti componenti nei meccanismi neurali sottesi dal sentimento: il primo, che si presenta agli inizi del processo, È descritto più avanti; il secondo, che È tut-t’altro che diretto, ha a che fare con il sè, e viene trattato nel capitolo 10.

Perchè sia possibile sentire in un certo modo riguardo a una persona o ad un evento, occorre che il cervello abbia un mezzo per rappresentare il legame causale tra quella persona o evento e lo stato corporeo, meglio se in modo non equivoco: come dire che nessuno desidera collegare un’emozione - positiva o negativa - con la persona o con la cosa sbagliata. Ci accade spesso di fare collegamenti impropri, ad esempio quando associamo una persona, un oggetto o un luogo a un corso sfavorevole di eventi; su questi legami infondati, che qualcuno cerca di evitare, si basa ad esempio la superstizione: un cappello sul letto porta sfortuna, e così pure un gatto nero che ci attraversi la strada; passare sotto una scala attira guai, eccetera. Quando tale improprio accostamento di emozione (paura) e oggetto arriva a dominare, ne consegue un comportamento fobico. (Questo vale anche per il versante simmetrico, e non meno fastidioso, del comportamento fobico: quando si esagera nell’associare emozioni positive a persone, oggetti o luoghi, troppo spesso e in modo indiscriminato, si può arrivare a sentirsi più rilassati e bendisposti del giusto, e si può finire come Pollyanna).

Questo senso di un preciso legame causa-effetto può scaturire da attività in zone di convergenza che compiono una mediazione, in un verso e nell’altro, tra segnali corporei e segnali riguardanti l’entità che provoca l’emozione. Le zone di convergenza operano come un mediatore “terzo” usando le connessioni di retroazione e di "fee-dforward" con le sorgenti di input. Nella configurazione da me proposta gli attori sono: una rappresentazione esplicita dell’"entità causativa"; ancora una rappresentazione esplicita dello "stato corporeo presente"; una rappresentazione in "terza persona". In altre parole: l’attività cerebrale che segnala una certa entità e in via transitoria forma una rappresentazione topograficamente organizzata nelle opportune cortecce sensitive di ordine inferiore; l’attività cerebrale che segnala cambiamenti dello stato corporeo e in via transitoria forma una rappresentazione topograficamente organizzata nelle cortecce somatosensitive di ordine inferiore; una rappresentazione, ubicata in una zona di convergenza, che riceve segnali da questi primi due siti di attività cerebrale mediante connessioni neurali di "fee-dforward". Questa rappresentazione in terza persona tutela l’ordine di successione dell’attività cerebrale, e inoltre mantiene l’attività e il fuoco dell’attenzione per mezzo di collegamenti di retroazione con gli altri due siti di attività cerebrale. I segnali scambiati fra i tre attori serrano l’insieme in un’attività relativamente sincrona, per un breve periodo. Con ogni probabilità, questo processo richiede strutture corticali e subcorticali, e precisamente quelle del talamo (fig. 7.7).

 

 

Emozione e sentimento, così, si fondano su due processi di base: 1) la visione di un certo stato corporeo affiancata alla serie di immagini valutative e innescanti che hanno provocato lo stato corporeo; 2) un particolare modo e livello di efficienza del processo cognitivo che accompagna gli eventi descritti al punto 1), ma viene fatto agire in parallelo.

Gli eventi descritti al punto 1) richiedono l’attuazione di uno stato corporeo o del suo surrogato all’interno del cervello. Ciò presuppone un dispositivo di avvio, l’esistenza di disposizioni acquisite, sulla base delle quali avverrà la valutazione, e l’esistenza di disposizioni innate capaci di attivare le risposte legate al corpo.

Gli eventi descritti al punto 2) sono innescati dal medesimo sistema di disposizioni che opera in 1), ma il bersaglio È l’insieme di nuclei del midollo allungato e del prosencefalo basale che risponde mediante emissione selettiva di neurotrasmettitori. Il risultato È un cambiamento della velocità alla quale si formano, vengono scartate, seguite, evocate le immagini, e un cambiamento dei modi del ragionamento compiuto su quelle immagini. Ad esempio, il modo cognitivo che accompagna un sentimento di euforia consente la rapida produzione di immagini multiple, cosicch, il processo associativo È più ricco e si operano associazioni con una più ampia varietà di spunti offerti dalle immagini esaminate. Le immagini non vengono seguite a lungo; la ricchezza conseguente stimola una facilità di inferenza che può portare a includere troppo. Al modo cognitivo si accompagna un’esaltazione dell’efficienza motoria e anche disinibizione, come pure un’accentuazione del comportamento appetitivo ed esploratorio; È un modo cognitivo che giunge all’estremo negli stati maniacali. Al contrario, il modo cognitivo che accompagna la tristezza si caratterizza per la lenta evocazione di immagini, l’esiguità di associazioni in risposta a un minor numero di spunti, inferenze più anguste e meno efficienti, eccesso di concentrazione sulle stesse immagini - di solito quelle che preservano la risposta emotiva negativa. A tale stato cognitivo si accompagna inibizione motoria, e in generale una riduzione del comportamento appetitivo ed esploratorio. Il punto estremo di questo modo cognitivo si riscontra nella depressione (18).

 

fig. 7.7

 

Fig. 7.7.

Qui sono stati fusi i diagrammi di fig. 7.1, fig. 7.2 e fig. 7.5 per mostrare i principali percorsi, legati al corpo o legati al cervello, dei segnali neurali implicati nell'emozione e nel sentimento. Si noti che, per chiarezza, si sono tralasciati i segnali endocrini e gli altri segnali chimici; inoltre (come nelle figure precedenti) si sono tralasciati anche i gangli basali.

 

Io non vedo le emozioni e i sentimenti come quelle essenze vaporose e intangibili che molti presumono. Il loro oggetto È concreto, ed È possibile correlarli a specifici sistemi del corpo e del cervello, non meno della parola o della visione. E neppure È vero che i sistemi cerebrali responsabili di emozioni e sentimenti siano confinati al settore subcorticale. Il nucleo del cervello e la corteccia cerebrale cooperano alla costruzione di emozioni e sentimenti non meno che per la visione: noi non vediamo con la corteccia cerebrale soltanto, ed È probabile che la visione cominci nel midollo allungato, in strutture quali i collicoli.

Concludendo, È importante rendersi conto che l’aver definito concreti - dal punto di vista sia cognitivo sia neurale - l’emozione e il sentimento non ne riduce l’amabilità o l’orrore, Né immiserisce il loro status nella poesia o nella musica. Comprendere in qual modo si vede o si parla non degrada ciò che viene visto o detto, ciò che viene dipinto o calato in un intreccio teatrale. Comprendere i meccanismi biologici sottesi da emozioni e sentimenti È perfettamente compatibile con una prospettiva autentica del loro valore per gli esseri umani.