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RELIGIONE

Adesso Dio serve la nazione

Finora le ideologie moderne, gli scienziati e i governi nazionali non sono riusciti a creare una visione realizzabile per il futuro dell’umanità. Questa visione può derivare dal cuore delle tradizioni religiose dell’uomo? Forse la risposta ci aspetta tra le pagine della Bibbia, del Corano o dei Veda.

I laici reagiranno a quest’idea con scherno o apprensione. Le Sacre Scritture possono essere state importanti nel Medioevo, ma come possono aiutarci nell’epoca dell’IA, della bioingegneria, del riscaldamento globale e della guerra cibernetica? I laici sono però una minoranza. Miliardi di persone ancora oggi credono di più nel Corano e nella Bibbia che nella teoria dell’evoluzione; i movimenti religiosi danno forma alle politiche di paesi molto diversi come India, Turchia e Stati Uniti; e i dissidi religiosi accendono conflitti dalla Nigeria alle Filippine.

Quanto sono rilevanti religioni come il cristianesimo, l’islam e l’induismo? Possono aiutarci a risolvere i principali problemi con cui dobbiamo misurarci? Per capire il ruolo delle religioni tradizionali nel mondo del XXI secolo, dobbiamo innanzitutto distinguere tre tipi di problemi.

1. Problemi tecnici: per esempio, nei territori aridi i contadini come dovrebbero far fronte alla grave siccità causata dal riscaldamento globale?

2. Problemi politici: per esempio, quali misure dovrebbero adottare i governi per prevenire il riscaldamento globale?

3. Problemi d’identità: per esempio, dovrei preoccuparmi dei problemi dei contadini che vivono dall’altra parte del mondo, o dovrei preoccuparmi solo dei problemi della gente che appartiene alla mia tribù e al mio paese?

Come vedremo nelle pagine seguenti le religioni tradizionali sono ampiamente irrilevanti per problemi di tipo tecnico o politico mentre sono estremamente importanti per problemi di identità – ma in moltissimi casi costituiscono la parte principale del problema invece che una soluzione.

Problemi tecnici: agricoltura cristiana

In tempi premoderni, le religioni erano responsabili della soluzione di un’ampia gamma di problemi tecnici anche in campi che non avevano molto a che vedere con la religione come l’agricoltura. I calendari divini stabilivano quando seminare e raccogliere, mentre i rituali celebrati nel tempio assicuravano la pioggia e proteggevano contro i parassiti. Quando si profilava una crisi agricola, a causa della siccità o di una invasione di cavallette, i contadini si rivolgevano ai sacerdoti perché intercedessero presso gli dèi. Anche la medicina rientrava nelle competenze della religione. Quasi tutti i profeti, guru o sciamani praticavano anche guarigioni. Gesù trascorse gran parte del suo tempo a guarire gli ammalati, a restituire la vista ai ciechi e la parola ai muti e a rinsavire i pazzi. Se si ammalava, chi viveva nell’antico Egitto o nell’Europa medievale era più probabile che si rivolgesse a un santone che non a un medico, o che facesse un pellegrinaggio per raggiungere un famoso tempio anziché un ospedale.

In tempi recenti biologi e chirurghi hanno preso il posto di sacerdoti e santoni. Se oggi l’Egitto fosse colpito da un’invasione di cavallette, gli egiziani potrebbero chiedere l’aiuto di Allah, perché no, ma non si dimenticherebbero di chiedere l’intervento di chimici, entomologi e genetisti per sviluppare pesticidi più potenti e tipi di grano resistenti agli insetti. Se il figlio di qualche devoto indù è gravemente ammalato di morbillo, il padre dirà una preghiera a Dhanvantari e porterà fiori e dolci in offerta al tempio locale – ma solo dopo essere corso all’ospedale più vicino e aver affidato il bambino alle cure dei medici. Persino la malattia mentale – ultimo bastione dei guaritori religiosi – sta passando gradualmente nelle mani degli scienziati, la neurologia sostituisce la demonologia e il Prozac soppianta l’esorcismo.

La vittoria della scienza è stata così completa che la nostra stessa idea di religione è cambiata. Abbiamo cessato di associare la religione all’agricoltura e alla medicina. Anche molti dei più convinti credenti oggi soffrono di amnesia e preferiscono dimenticare che le religioni tradizionali un tempo si sono occupate di quei settori. “Che importa se ci rivolgiamo a ingegneri e dottori?” dicono. “Non vuol dire niente. Che cosa c’entra la religione con l’agricoltura o la medicina?”

Le religioni tradizionali hanno perso terreno perché, in effetti, non erano molto efficaci in campo agricolo e sanitario. Le doti professionali di sacerdoti e guru non sono mai state in grado di far piovere, di guarire, di fare profezie o di praticare la magia. Si è sempre trattato di interpretazione. Un sacerdote non è qualcuno che sa come eseguire la danza della pioggia e mettere fine alla siccità. Un sacerdote è uno che sa giustificare il fatto che la danza della pioggia abbia fallito e che dobbiamo continuare a credere nel nostro dio anche se sembra sordo alle nostre preghiere.

È infatti proprio la loro grande capacità di interpretazione a mettere i capi religiosi in difficoltà di fronte agli scienziati. Anche gli scienziati sanno come smussare gli angoli e forzare le prove, ma alla fine il tratto qualificante della scienza è la volontà di ammettere il fallimento per tentare una nuova via. Ecco perché gli scienziati riescono gradualmente a ottenere raccolti più abbondanti e a realizzare medicine più efficaci, mentre i sacerdoti e i guru imparano solo a inventare giustificazioni più convincenti. Nei secoli, anche i veri credenti hanno notato la differenza, ed è il motivo per cui l’autorità religiosa è andata diminuendo in tutti i settori della scienza. Ed è anche il motivo per cui il mondo intero è diventato un’unica civiltà. Quando una cosa funziona, tutti la adottano.

Problemi politici: l’economia musulmana

Mentre la scienza ci fornisce risposte precise a questioni tecniche come curare il morbillo, c’è molto disaccordo tra gli scienziati sui problemi di condotta politica. Quasi tutti gli scienziati sono unanimi nel ritenere che il riscaldamento globale sia un dato di fatto, mentre non c’è accordo su quale sia la migliore risposta economica a questa minaccia. Ciò non significa però che le religioni tradizionali possano aiutarci a risolvere il problema. Le antiche Scritture non sono proprio una buona guida per le economie moderne, e le principali linee di frattura – per esempio quella tra capitalisti e socialisti – non rientrano nella competenza dialettica praticata dalle religioni tradizionali.

È vero che in paesi come Israele e Iran i rabbini e gli ayatollah hanno voce in capitolo sulla politica economica del governo, e persino in paesi più laici come gli Stati Uniti e il Brasile i leader religiosi influenzano l’opinione pubblica su questioni che vanno dalle tasse ai regolamenti ambientali. Però un’osservazione più attenta rivela che nella maggior parte di questi casi le religioni tradizionali rivestono un ruolo secondario rispetto alle moderne teorie scientifiche. Quando l’ayatollah Khamenei deve prendere una decisione cruciale sull’economia iraniana, non può trovare la risposta nel Corano, perché gli arabi del VII secolo ne sapevano ben poco dei problemi e degli strumenti delle economie industriali moderne e dei mercati finanziari globali. Per questo Khamenei o i suoi assistenti per trovare le risposte si rivolgono a Karl Marx, Milton Friedman, Friedrich Hayek e alla scienza economica moderna. Una volta presa la decisione di alzare i tassi di interesse, abbassare le tasse, privatizzare i monopoli governativi o firmare un accordo tariffario internazionale, Khamenei può usare la sua conoscenza e autorità religiose per dare alla risposta scientifica una veste coranica e presentarla alle masse come volontà di Allah. Ma il rivestimento conta poco. Se si confrontano le politiche economiche dell’Iran sciita, dell’Arabia Saudita sunnita, di Israele ebreo, dell’India indù e dell’America cristiana, non si notano molte differenze.

Durante il XIX e il XX secolo, i pensatori musulmani, ebrei, indù e cristiani inveivano contro il materialismo moderno, contro il capitalismo senz’anima e contro gli eccessi dello stato burocratico. Promettevano che, se fosse stata data loro la possibilità, avrebbero guarito tutti i mali della modernità e stabilito un sistema socioeconomico completamente diverso, basato sui valori spirituali eterni del loro credo. Bene, di possibilità ne hanno avuta qualcuna, e l’unico cambiamento degno di nota che hanno apportato all’edificio dell’economia moderna è stato ridipingerne la facciata e piazzare una mezza luna, una croce, una stella di David o un Om sul tetto.

Proprio come nel caso della capacità di far piovere, anche quando si tratta di economia è la sofisticata esperienza dei religiosi nell’esegesi dei testi, coltivata per tanti anni, che rende la religione irrilevante. Non importa quale politica economica scelga Khamenei, può sempre trovarle una giustificazione nel Corano. Così il Corano viene degradato da fonte di vera conoscenza a fonte di mera autorità. Per affrontare un difficile problema economico, è bene leggere con attenzione Marx e Hayek, che aiutano a capire meglio il sistema economico, a vedere le cose da una prospettiva diversa e a riflettere su possibili soluzioni. Dopo aver formulato una risposta si legge con attenzione il Corano per trovare una sura che, se interpretata con sufficiente immaginazione, può avallare la soluzione scelta grazie a Marx e Hayek. Non importa quale sia la soluzione, se si è bravi studiosi del Corano ci si trova sempre una giustificazione valida.

Lo stesso accade nella comunità cristiana. I suoi membri possono essere capitalisti o socialisti, e anche se alcune delle cose dette da Gesù hanno il netto sapore del comunismo, durante la guerra fredda i buoni americani capitalisti continuarono a leggere il discorso della montagna senza farci troppo caso. Non esiste l’“economia cristiana”, l’“economia musulmana” o l’“economia indù”.

Nella Bibbia, nel Corano e nei Veda si trovano idee di economia – ma non sono al passo coi tempi. La lettura dei Veda portò il Mahatma Gandhi a concepire un’India indipendente come un insieme di comunità agricole autosufficienti, ognuna produttrice dei propri tessuti khadi, che avrebbe esportato poco e importato ancora meno. La sua fotografia più famosa lo mostra mentre fila il cotone con le sue mani. Gandhi fece del filatoio il simbolo del Movimento nazionalista indiano.1 Questa visione da Arcadia era però incompatibile con la realtà dell’economia moderna. Quindi ne è rimasto ben poco, salvo l’immagine di Gandhi sopra un mucchio di banconote di rupie.

Le teorie economiche moderne sono molto più rilevanti dei dogmi tradizionali tanto che è prassi corrente interpretare anche i conflitti puramente religiosi in termini economici, mentre a nessuno viene in mente di fare il contrario. Per esempio c’è chi sostiene che nell’Irlanda del Nord i Troubles tra cattolici e protestanti fossero alimentati largamente da conflitti di classe. A quei tempi in Irlanda del Nord le classi agiate erano prevalentemente protestanti e quelle più povere prevalentemente cattoliche. Quindi, quello che a prima vista appare come un conflitto teologico sulla natura di Cristo era in realtà una tipica lotta tra ricchi e poveri. Mentre non ha senso affermare che i contrasti tra i guerriglieri comunisti e i proprietari terrieri capitalisti in Sud America negli anni settanta del Novecento fossero solo la copertura di un conflitto molto più profondo sulla teologia cristiana.

Quale contributo potrà quindi portare la religione alle grandi questioni del XXI secolo? Pensiamo al problema di consentire o meno all’IA di prendere decisioni sulla vita delle persone – scegliendo al posto loro che cosa studiare, dove lavorare e chi sposare. Qual è la posizione musulmana su tale questione? Qual è quella ebraica? Qui non ci sono posizioni “musulmane” o “ebraiche”. L’umanità probabilmente si dividerà in due fazioni – quelli favorevoli all’assegnazione di una forte autorità all’IA e quelli contrari. Musulmani ed ebrei apparterranno a entrambi i gruppi, e con ogni probabilità legittimeranno la loro posizione attraverso fantasiose interpretazioni del Corano o del Talmud.

Naturalmente i gruppi religiosi potrebbero esasperare le loro visioni su particolari temi e trasformarle in presunti dogmi sacri ed eterni. Negli anni settanta del Novecento i teologi in Sud America se ne uscirono con la Teologia della Liberazione, che faceva sembrare Gesù un po’ come Che Guevara. Allo stesso modo Gesù può essere facilmente reclutato per discutere di riscaldamento globale e far apparire le attuali posizioni politiche come se fossero eterni principi religiosi.

Sta già accadendo. L’opposizione alla regolamentazione ambientale trova posto nei sermoni fuoco e fiamme di qualche pastore evangelico americano, mentre papa Francesco conduce la carica contro il riscaldamento globale in nome di Cristo (come si legge nella sua seconda enciclica Laudato si’).2 Quindi può darsi che entro il 2070 le posizioni sulla questione ambientale saranno diverse per i protestanti e per i cattolici. Ovviamente i protestanti rigorosamente evangelici saranno contrari a qualsiasi limitazione delle emissioni di carbonio, mentre i cattolici sosterranno la necessità di proteggere l’ambiente come dettato della predicazione di Gesù.

Si noterà la differenza anche nelle loro auto. I protestanti evangelici guideranno enormi SUV che bevono fiumi di benzina, mentre i cattolici andranno in giro in lucenti auto elettriche, con un adesivo sul retro con il terribile messaggio “Brucia il pianeta… e brucerai all’inferno!” Ma anche se potranno citare vari passi della Bibbia a supporto delle loro tesi, le vere fonti del loro conflitto non saranno nella Bibbia ma si baseranno sulle moderne teorie scientifiche e sui movimenti politici. Da questo punto di vista, la religione non ha un rilevante contributo da offrire ai grandi temi politici del nostro tempo. Come affermava Karl Marx: la religione è solo una vernice.

Problemi di identità: le linee nella sabbia

Marx però esagerava quando riduceva la religione a semplice sovrastruttura che nascondeva potenti forze teologiche ed economiche. Anche se l’islam, l’induismo e il cristianesimo sono solo colorati rivestimenti decorativi sul dibattito economico attuale, la gente spesso si identifica con le decorazioni e le identità delle persone sono forze storiche decisive. Il potere si basa sulla collaborazione delle masse, la collaborazione delle masse si basa sull’identità delle masse – e le identità delle masse si fondano su storie fittizie, non su fatti scientifici e nemmeno su condizioni economiche. Nel XXI secolo la distinzione degli esseri umani in ebrei e musulmani, polacchi e russi è ancora basata su miti religiosi. I tentativi dei nazisti e dei comunisti di determinare scientificamente le identità di razza e di classe si sono dimostrati una pericolosa pseudo-scienza, e da allora gli scienziati sono estremamente riluttanti a contribuire alla definizione di qualsiasi identità “naturale” per gli esseri umani.

Così nel XXI secolo le religioni non portano la pioggia, non guariscono dalle malattie e non costruiscono bombe – ma determinano chi siamo “noi” e chi sono “loro”, chi dovremmo curare e chi bombardare. Come sottolineato prima, ci sono davvero poche differenze tra l’Iran sciita, l’Arabia Saudita sunnita e Israele ebreo. Tutti sono stati-nazione burocratici, tutti adottano più o meno politiche capitaliste, tutti vaccinano i bambini contro la poliomielite e tutti si avvalgono di chimici e fisici per costruire bombe. Non esiste qualcosa come la burocrazia sciita, il capitalismo sunnita o la fisica ebraica. Quindi come far sentire la gente unica, leale verso una tribù umana e ostile verso un’altra?

Per tracciare linee ferme nelle sabbie mobili dell’umanità, le religioni usano riti, rituali e cerimonie. Sciiti, sunniti ed ebrei ortodossi si vestono in modo diverso, cantano preghiere diverse e osservano divieti diversi. Queste differenti tradizioni religiose spesso riempiono la quotidianità di bellezza, e incoraggiano la gente a comportarsi in modo più gentile e caritatevole. Cinque volte al giorno la voce melodiosa del muezzin si innalza sopra i rumori di bazar, uffici e fabbriche, chiamando i musulmani a staccare dalle faccende frenetiche della quotidianità per connettersi a una verità eterna. I loro vicini indù raggiungono lo stesso scopo con l’aiuto delle pūjā quotidiane e con la recitazione dei mantra. Il venerdì sera le famiglie ebree si siedono alla stessa tavola per un pasto speciale di gioia, ringraziamento e condivisione. Due giorni dopo, la domenica mattina, i cori gospel cristiani portano speranza nella vita di milioni di persone, aiutando a creare legami di fiducia e affetto nella comunità.

Altre tradizioni religiose riempiono il mondo di un sacco di bruttura e inducono la gente a comportarsi in modo malvagio e crudele. C’è poco da dire, per esempio, a favore della misoginia o della discriminazione di casta indotte dalla religione. Ma belle o brutte, tutte queste tradizioni religiose uniscono certi individui differenziandoli dai loro vicini. Viste dall’esterno, le tradizioni religiose che dividono le persone spesso sembrano insignificanti, e Freud ridicolizzava l’ossessione che la gente ha per le piccole cose come il “narcisismo delle piccole differenze”.3 Tuttavia, nella storia e nella politica, le piccole differenze possono fare molta strada. Così, se si è gay o lesbiche è parecchio diverso vivere in Israele, Iran o Arabia Saudita. In Israele le persone LGBT (Lesbian Gay Bisexual Transgender) godono della protezione della legge e ci sono persino rabbini che darebbero la loro benedizione al matrimonio tra due donne. In Iran gay e lesbiche sono sistematicamente perseguitati e in alcuni casi persino condannati a morte. In Arabia Saudita una lesbica non poteva nemmeno guidare la macchina fino al 2018 – solo per il fatto di essere donna, senza contare che fosse anche lesbica.

Forse l’esempio migliore del potere e della tenace importanza delle religioni nel mondo moderno viene dal Giappone. Nel 1853 una flotta americana obbligò il Giappone ad aprirsi al mondo moderno. In risposta, lo stato giapponese intraprese un processo rapido ed estremamente efficace di modernizzazione. In pochi decenni divenne un potente stato burocratico che fece affidamento sulla scienza, sul capitalismo e sulle più avanzate tecnologie militari per sconfiggere la Cina e la Russia, occupare Taiwan e la Corea, e infine per affondare la flotta americana a Pearl Harbor e distruggere gli imperi europei in Estremo Oriente. Eppure il Giappone non copiò ciecamente il modello occidentale. Fu fieramente deciso a proteggere la sua peculiare identità, e ad assicurare che il Giappone moderno sarebbe rimasto fedele a se stesso piuttosto che alla scienza, alla modernità o a una qualche opaca comunità globale.

A questo scopo il Giappone ha sostenuto la nativa religione dello shintoismo come fondamento dell’identità giapponese, di fatto reinventandolo. Lo shintoismo tradizionale era un miscuglio di fedi animiste in diverse divinità, spiriti e spettri, e ogni villaggio e tempio aveva i suoi spiriti protettori e le proprie tradizioni locali. Lo “shintoismo di stato” invece venne integrato alle idee moderne di nazionalità e di razza che l’élite giapponese prese dagli imperialisti europei. Qualsiasi elemento del buddismo, del confucianesimo e dell’ethos feudale dei samurai che potesse essere utile per cementare la lealtà verso lo stato venne aggiunto alla narrazione. Ciliegina sulla torta, lo shintoismo di stato giapponese ha consacrato come principio supremo la venerazione dell’imperatore, considerato diretto discendente della dea del sole Amaterasu, alla pari di un dio vivente.4

A prima vista, quest’accozzaglia di vecchio e nuovo sembrava una scelta del tutto inappropriata per uno stato che si stava imbarcando in un intenso programma di modernizzazione. Un dio vivente? Culti animisti? Ethos feudale? Suonava più come una tribù neolitica che come una potenza industriale moderna.

Ma funzionò come per magia. I giapponesi si modernizzarono a una velocità mozzafiato e contemporaneamente svilupparono una lealtà fanatica verso il loro stato. Il simbolo più conosciuto del successo dello shintoismo di stato è il fatto che i giapponesi furono i primi a sviluppare e usare i missili di precisione. Decenni prima che gli Stati Uniti facessero uso della bomba intelligente e all’epoca in cui i nazisti stavano solo iniziando a usare l’impreciso missile V-2, il Giappone aveva affondato dozzine di navi alleate con missili di precisione. Noi li conosciamo con il nome di kamikaze. Mentre le armi di precisione odierne sono guidate da computer, i kamikaze erano normali aerei caricati di esplosivo e governati da piloti in carne e ossa desiderosi d’immolarsi in una missione senza ritorno. Questo desiderio era il prodotto dello spirito di sacrificio che non teme la morte, coltivato dallo shintoismo di stato. Il kamikaze era la sintesi estrema della tecnologia unita all’indottrinamento religioso.5

Oggi, in modo più o meno consapevole, molti governi seguono l’esempio giapponese. Adottano gli strumenti e le strutture universali della modernità, e si affidano al tempo stesso alle religioni tradizionali per preservare una specifica identità nazionale. Il ruolo dello shintoismo di stato in Giappone viene assunto in misura diversa dal cristianesimo ortodosso in Russia, dal cattolicesimo in Polonia, dall’islam sciita in Iran, dal wahhabismo in Arabia Saudita e dal giudaismo in Israele. Non importa quanto arcaica possa apparire una religione, con un po’ d’immaginazione e di reinterpretazione può quasi sempre sposarsi agli ultimi dispositivi tecnologici e alle più sofisticate istituzioni moderne.

In alcuni casi, gli stati possono creare una religione completamente nuova per sostenere la peculiarità della loro identità. L’esempio più estremo si può vedere oggi nell’ex colonia giapponese della Corea del Nord. Il regime nordcoreano indottrina i propri sudditi con una fanatica religione di stato chiamata juche. Si tratta di un mix di marxismo e leninismo, un pizzico di antiche tradizioni coreane, un credo razzista nella purezza unica della razza coreana e la deificazione della linea di discendenza di Kim Il-sung. Anche se nessuno sostiene che i Kim discendano dalla dea del sole, sono venerati con maggior fervore di qualsiasi altro dio nella storia. Forse memore di come l’impero giapponese fu infine sconfitto, lo juche nordcoreano è arrivato ad aggiungere alla mistica di stato, per un lungo periodo di tempo, anche la bomba atomica, raffigurando il suo sviluppo come un sacro dovere degno dei massimi sacrifici.6

L’ancella del nazionalismo

Non importa come evolverà la tecnologia, le discussioni su identità e rituali religiosi continueranno a influenzare l’uso delle nuove tecnologie, e potranno anche far esplodere il mondo. I missili nucleari più avanzati e le cyberbombe potrebbero essere utilizzati per chiudere una discussione dottrinale su testi medievali. Religioni, riti e rituali rimarranno importanti fintanto che il potere degli uomini si fonderà sulla cooperazione di massa e fintanto che questa si fonderà su credenze in una narrazione fittizia condivisa.

Purtroppo, questo rende le religioni tradizionali parte del problema dell’umanità, anziché parte della soluzione. Le religioni hanno ancora un grande potere politico, al punto da poter cementare le identità nazionali e innescare la terza guerra mondiale. Ma quando si tratta di risolvere i problemi globali del XXI secolo (invece che alimentarli), non sembrano avere granché da offrire. Anche se molte religioni tradizionali sposano i valori universali e dichiarano la loro validità cosmica, oggi sono utilizzate quasi solo come ancelle del nazionalismo moderno – in Corea del Nord, in Russia, in Iran o in Israele. Rendono quindi ancora più difficile superare le differenze nazionali per trovare una soluzione globale alle minacce di guerra nucleare, collasso ecologico e rivoluzione tecnologica.

Quando si tratta di riscaldamento globale e proliferazione del nucleare, il clero sciita incoraggia gli iraniani a vedere i problemi dalla ristretta prospettiva iraniana, i rabbini ebrei inducono gli israeliani a preoccuparsi principalmente di quello che è bene per Israele, e i preti ortodossi spingono i russi a pensare prima di tutto agli interessi della Russia. Dopotutto siamo la nazione eletta da Dio, quindi quello che è bene per la nostra nazione piace anche a Dio. Ci sono certamente religiosi saggi che respingono gli estremismi del nazionalismo e adottano posizioni molto più aperte. Purtroppo queste persone sagge oggi non hanno molto potere politico.

Siamo perciò in mezzo a due fuochi. L’umanità costituisce una civiltà unica, e problemi come la guerra nucleare, il collasso ecologico e la rivoluzione tecnologica possono essere risolti solo a livello globale. Di contro nazionalismo e religione ancora tengono separati gli uomini in gruppi distinti e spesso ostili. Questa collisione tra problemi globali e identità locali è evidente nella crisi che affligge oggi il più grande esperimento multiculturale del mondo, l’Unione Europea. Costruita sulla promessa di valori liberali universali, l’UE vacilla sull’orlo della disintegrazione, a causa di questioni come l’integrazione e l’immigrazione.