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“Stringimi forte che
nessuna notte è infinita”
I migliori anni della nostra vita R. Zero
Il Natale era arrivato con la sua prepotenza. Winny era in vacanza già da giorni e in ufficio avevamo fatto i soliti turni per le ferie. Io, Alberto e Viviana, come ogni anno, avevamo optato per avere libera la settimana del Capodanno per passarla a sciare a Courmayeur in casa di amici.
Io e Vivi stavamo passeggiando per le vie innevate della piccola cittadina illuminata dalle calde luci natalizie e allietate dalle note di Bianco Natale.
A ogni angolo delle strade potevamo ammirare luccicanti abeti ornati con grosse palline rosse. Non risparmiammo nemmeno un negozio, lasciando la nostra tredicesima in cambio di pesanti buste piene di acquisti.
Per festeggiare il nuovo anno comprai un vestito rosso da censura. Quella sera c'era un tipo che mi piaceva da tempo e non volevo farmi scappare l'occasione.
Dopo il cenone senza particolari intoppi, andammo in una nuova discoteca alla moda.
Le bottiglie di champagne si avvicendarono al nostro tavolo, la notte era appena all’inizio e noi eravamo già tutti brilli.
Io e Vivi eravamo in pista a ballare per non perderci nemmeno una canzone del famoso deejay che stava intrattenendo i presenti.
Il vestito rosso mi fasciava perfettamente lasciando scoperte le gambe. La scollatura vertiginosa esaltava il seno stretto nel push-up.
«Vicky, stasera stai facendo furore, tutti gli occhi sono puntati su di te.»
«Stanotte voglio essere molto cattiva, d'altronde come dice il detto: chi non fa sesso a Capodanno...»
«Se ti sentisse tuo padre gli verrebbe un infarto!»
Sventolai una mano davanti a lei continuando a ballare. Cesare, il tipo che mi piaceva, si avvicinò strusciandosi sempre di più.
Ballavamo appiccicando i nostri corpi. Le sue mani mi cinsero la vita e scesero verso il sedere palpandolo. Gli afferrai le dita e le riportai ad altezza di sicurezza.
Anche i miei amici avevano trovato compagnia per la serata. Quella nottata si preannunciava parecchio movimentata.
Vivi mi tirò in bagno per una seduta di restauro. Davanti allo specchio della toilette stavamo ritoccando il rossetto.
«Certo che Cesare è proprio un gran figo.»
«Speriamo che non sia un tipo da tre minuti.» Le feci l'occhiolino mentre sistemavo i capelli.
«Sai chi, secondo me, ci sa fare parecchio?»
«Alvise?» sparai.
«Parlo in generale, non di quelli presenti.» Il suo sorriso malizioso doveva farmi desistere dal continuare quella conversazione. La guardai senza avere risposte.
« Winny !» esclamò ammiccando.
Feci una faccia sorpresa. «Come diavolo ti viene in mente?»
«Non dirmi che non ci hai mai fatto un pensierino?»
Certo che ci avevo fatto un pensierino! Anche io ero dotata di ormoni che guizzavano come anguille nelle mie ghiandole. «Sei ubriaca?» Doveva per forza esserlo per parlare di lui in quel modo.
«Un po', ma ciò non toglie che lui sia terribilmente sexy. Lo cavalcherei volentieri.» Doveva essere veramente fuori di sé per lasciarsi andare a quei commenti. «Come diavolo fai a resistergli?» mi chiese all'improvviso.
«Guarda che gli occhi li ho pure io, solo che la bellezza viene offuscata dal suo caratteraccio.»
Annuì. «Dovrebbero darti il Nobel per la pace.»
«Già.»
Scoppiammo a ridere e uscimmo dal bagno. La discoteca era una bolgia di persone accavallate una sull'altra, a fatica ci facemmo largo tra la folla festante. Mancavano una decina di minuti al nuovo anno. Tra spintoni, gomitate e apprezzamenti piuttosto osceni, raggiungemmo i nostri amici in pista, Cesare mi cinse tra le sue braccia e ci scatenammo.
Il nuovo anno arrivò in un tripudio di urla e schizzi di champagne. Dalla borsetta a tracolla sentii il telefono vibrare. Mia madre era sempre la prima a mandarmi gli auguri. Mentre le rispondevo mi arrivò un altro messaggio. Il mittente mi lasciò a bocca aperta: Christopher.
“ Auguri signorina Morelli!”
Il tutto era contornato da tante faccine che ammiccavano allo schermo.
“ Buon anno Boss! Che il nuovo anno possa portarti un briciolo di bontà d'animo in più.”
La mia emoticon preferita era il dito medio, ma preferii non utilizzarla inviando solo una linguaccia. Sapevo che non avrei dovuto attendere molto per ricevere un suo messaggio.
“ Io sono il massimo in fatto di bontà.”
Le sue risposte erano prevedibili come i rintocchi del Big Ben.
“ Come no. Per questo mi stai tediando anche a Capodanno.”
Viviana, incuriosita dal continuo illuminarsi del telefono, appiccicò gli occhi al display.
“ Non ti sto tediando, volevo solo essere gentile, sei tu che pensi sempre il peggio di me.”
“ La tua rubrica telefonica deve essere piuttosto scarna se a mezzanotte e due minuti mi mandi un messaggio.”
La mia amica mi diede una pacca sul sedere dandomi dell'arpia. Io avrei pagato qualsiasi cifra per vedere l'irritazione sul volto di Winny in quel momento. Infatti, come da copione, mi mandò tanti diavoletti muniti di corna. Scoppiai a ridere e riposi il telefono nella borsa. Trascinai Vivi sopra un cubo e ci scatenammo a ballare.
Il caldo in quel posto era quasi insopportabile. Le avances di Cesare erano sempre più esplicite, lui e un suo amico salirono sul cubo a ballare insieme a noi. Le sue labbra scivolarono sul mio collo, come le lunghe dita. Incrociai le mani dietro la sua nuca continuando a dimenarmi. Con la coda dell'occhio vidi che anche Vivi non era rimasta senza compagnia.
La gomitata che mi mollò la mia amica quasi m'incrinò una costola.
«Ehi! Che ti prende?»
«Non puoi capire... lupus in fabula.»
«Eh?»
Guardai in direzione del suo dito che indicava qualcosa davanti a me. Spalancai la bocca. Winny era a qualche metro da noi che se la rideva con un gruppo di amici. Attaccato al suo fianco, una rossa dalle gambe chilometriche e fisico da urlo.
«Hai capito il gran capo», urlò nel mio orecchio.
I nostri occhi s'incrociarono, vidi la sorpresa di Winny accendersi in volto, mi guardò dalla testa ai piedi alzando il calice verso di me.
«Guarda, guarda, non ti stacca gli occhi di dosso.» Il tono malizioso di Vivi doveva essere smorzato immediatamente.
«È perché sono di fronte a lui», ribattei prontamente.
«Cazzate! È perché stasera sei da urlo.»
Gli sorrisi e lo vidi venire verso di noi. Alcune luci erano state accese per permettere ai clienti di mangiare il panettone o di continuare a bere. Al suo passaggio i presenti si aprivano creando un varco come Mosè sul Mar Rosso. La maggior parte delle donne non riusciva a rimanere immune al suo fascino, concedendogli occhiate di ammirazione. Quella sera era più sexy del solito. La camicia nera sagomata faceva risaltare la linea dei suoi fianchi e le spalle atletiche. Le gambe erano avvolte in un jeans aderente con alcuni strappi sulle cosce da cui si intravedeva la pelle ambrata. Alcune ciocche come la notte gli incorniciavano il viso perfettamente sbarbato, la pelle doveva essere come seta. Nella bocca la salivazione aumentò sempre più. Deglutii e lui era a un soffio da me con i suoi smeraldi fissi sui miei occhi.
«Buonasera fanciulle, posso offrirvi un drink per festeggiare il nuovo anno?»
Vivi non si fece sfuggire l'occasione annuendo prima che potessi aggiungere qualsiasi cosa. Le mani di Christopher erano davanti a noi, io e la mia amica le afferrammo, la sua presa era forte ma delicata, la pelle calda e morbida. Ci aiutò a scendere dal cubo e ci guidò verso il bar sotto gli occhi delusi dei nostri compagni.
Al bar trovammo Alberto con una ragazza che aveva conosciuto quel pomeriggio.
«Salve boss, anche tu da queste parti?» Lo sguardo interrogativo del nostro amico si spostò su di noi che alzammo le spalle.
«È la prima volta che vengo a Courmayeur, di solito vado in Svizzera, ma quest'anno i miei amici hanno voluto cambiare e devo dargliene atto, qui è meglio.» Il suo sguardo si spostò su di me.
«Puoi ben dirlo, siamo noi che diamo un valore aggiunto a questo posto.» La mia battuta lo fece sorridere.
Il barista arrivò porgendoci le nostre ordinazioni.
«Campai!» dicemmo in coro. Lui ci guardò alzando un sopracciglio.
«Colpa di Vicky e la sua fissa per il Giappone», spiegò Alberto, lui annuì sorridendo. In un attimo trangugiammo il contenuto dei nostri bicchieri.
«Altro giro?» propose Winny . Potevamo mai rifiutare?
Appoggiò la mano sul bancone, mi trovai imprigionata tra Vivi e il suo braccio teso, si avvicinò a me per richiamare l'attenzione del barman, il suo profumo mi devastò le narici. Sole in primavera e mare in burrasca, un mix letale per le mie sinapsi. Mi sentii stordita, tanto che barcollai. Lui mi bloccò tenendomi stretta. Maledetti cocktail!
Dietro Christopher fece capolino la rossa che si appiccicò a lui, la mano della tipa scorreva sul suo petto, infilò un dito tra un bottone e l'altro aprendone un paio, il lembo di pelle che apparì era solcato da alcuni peli scuri come i capelli, il suo profumo era diventato stordente. Credevo di essere in una pubblicità della Coca Cola, dove le impiegate represse ammirano il ragazzo a torso nudo che trasporta le cassette di bibite. I suoi occhi erano fissi su di me e sulla bocca. Forse, intuendo i miei pensieri indecenti, bloccò la mano alla rossa tenendola stretta nella sua, con l'altra richiuse la camicia. Ero messa davvero male se per un po' di pelle nuda, i miei ormoni si erano agitati come il bicarbonato nella limonata.
«Tesoro sono stanca, andiamo in albergo?» La malizia nel tono di voce della donna non lo scalfì.
«Carole, tra un po' arrivo.» La girò rispendendola da dove era venuta. La tipa si allontanò rassegnata, andandosi a sedere insieme agli altri che erano con loro.
«Donne! Sempre impazienti», commentò pungente.
Alberto, incurante della ragazza attaccata al suo braccio, non si tenne dal parlare. «Io sarei impaziente con una come quella tra le mani . »
Winny fece spallucce prendendo uno dei bicchieri che il barman aveva preparato sul bancone. I nostri corpi entrarono in contatto per un breve istante. Una scossa attraversò il corpo. I suoi occhi si posarono su di me. Il mio organo pensante si offuscò, quello pulsante martellava e quello incasinante ballava la samba.
Insomma! Qui comando io! Tutti alle vostre mansioni, forza!
«È noiosa, non fa che lamentarsi per il freddo e poi non sa sciare», disse con una smorfia di disappunto.
Alberto fece eco a Winny . «Le donne si lamentano sempre.»
Mi sentii punta sul vivo e in diritto di difendermi. «Hey! Parlate per le sciacquette che frequentate, io e la mia amica non rompiamo a nessuno e siamo delle campionesse sugli sci.»
«Campai!» Bevve tutto d'un fiato, lo seguimmo, posò il bicchiere ristabilendo il contatto tra noi, stavolta con disinvoltura posò la mano sul mio braccio nudo, con un pollice disegnava dei cerchi invisibili. C'era parecchia elettricità nell'aria e soprattutto alcool che offuscava le nostre menti. Incrociai il suo sguardo, Winny sorrise malizioso.
Sicuramente era ubriaco.
All'improvviso si stacco. «Ci vediamo domani sulle piste, campionesse.» Mi strizzò l'occhio, lo salutai con un gesto della mano mentre i miei ormoni erano ancora in subbuglio. Troppo alcool mi aveva dato alla testa.
* * *
Gli occhiali scuri mi proteggevano dal riverbero del sole sulla neve.
Io e Vivi eravamo sedute in un bar della piazza, imbacuccate fino ai capelli, sorseggiando un cappuccino e mangiando una fetta di torta alle mele. I turisti più anziani intorno a noi, si apprestavano ad andare a pranzo.
Ancora non ci eravamo rivolte la parola, troppo intontite per dire qualsiasi cosa. La mia bocca era ancora impastata e la testa pesante. Ci guardammo per un istante negli occhi e scoppiammo a ridere.
«Secondo te non abbiamo più l'età?»
«Parla per te, io sono ancora una ragazzina.» Le soffiai lo zucchero a velo sulla faccia.
«Come è andata la tua nottata?»
Alzai un sopracciglio. «Cesare non è un tipo molto generoso, se è questo che ti preme sapere, insomma fino ai preliminari non andava male e nemmeno quando si è tolto la t-shirt mostrando un bel fisico, ma quando ho visto il suo spaghetto scotto, mi sono trattenuta dal ridere, ma sai come sono fatta, do sempre una seconda chance. Almeno non ho dovuto simulare per molto, dopo dieci minuti russava profondamente», ammiccai verso di lei.
Fece una smorfia schifata. « Oh Signur! Mi è caduto un mito.»
«Non dirlo a me. Non dico che mi aspettassi John Holmes, ma almeno un bel rigatone trafilato al bronzo da un pastificio artigianale!» Scoppiammo a ridere facendoci beffe di lui; noi donne, quando volevamo, potevamo essere perfide.
«Io, invece, ho avuto una grande sorpresa, non credevo che il ragazzino potesse essere un tipo al top.»
La cosa si faceva interessante. « T'é capì Alvise! E io che non gli avrei dato nemmeno un euro.»
«Invece, ragazza mia, l'apparenza inganna e io mi sono goduta una notte sensazionale.»
La cara e vecchia apparenza...
«Buon per te, io sono mesi che non passo una nottata di fuoco.» Sospirai pensando ai tempi che furono.
Ci stavamo godendo i tiepidi raggi del sole sul viso quando squillò il mio telefono.
« Oh Signur ! Non ci posso credere. Sei peggio di uno stalker!» Lo sentii ridere in sottofondo. Viviana accostò il suo orecchio al telefono.
«Avevamo un appuntamento e mi state dando buca.»
«Christopher, abbiamo detto che ci vedevamo, non che avevamo un appuntamento preciso, io mi sono appena alzata.»
«Non mi dire. E magari stai anche facendo colazione.»
«Certo che sì! Ma tu non dormi mai?»
Vivi mi faceva dei segni osceni, le afferrai un braccio per bloccarla.
«Vi aspetto in cima alla pista Checrouit tra mezz’ora.» Il suo tono laconico mise fine alla telefonata. Riposi il telefono in tasca.
«Andiamo a dare una lezione a questo sbruffone!» dissi.
Negli occhi di Vivi si accese la sfida.
Arrivammo in cima alla pista con tutta la calma del mondo. Christopher era già pronto, accanto a lui c'era la rossa della sera prima. Anche vestita da omino della Michelin, faceva la sua porca figura, io, con la mia tuta da sci viola, sembravo un rinoceronte dei cartoni animati.
«Carole, loro sono Victoria e Viviana.»
La tipa si limitò a fare un sorriso sghembo, sembrava più una smorfia, tese la mano davanti a noi. La sua stretta era pari a quella di un cadavere dopo il rigor mortis. Sperai per lui che almeno a letto mostrasse più vitalità, ma dalla faccia annoiata del capo, capii di non essermi sbagliata di molto.
Carole si allontanò iniziando la discesa con la stessa eleganza di un ippopotamo sui tacchi. Io e Vivi ridevamo sotto i baffi. Al mondo esisteva una giustizia divina.
«Se avessi ingaggiato una escort, mi sarei divertito di più.» La sua battuta ci lasciò esterrefatte, ci guardammo e scoppiammo a ridere.
«La colpa è di voi uomini che guardate solo la carrozzeria», commentai.
«Ti assicuro che il contenuto, per me, conta di più, con Carole ci conosciamo da un po', ma mai avrei pensato che fosse così...» La indicò mentre cercava di stare in equilibrio sugli sci dritta come un traliccio dell'alta tensione.
«La prossima volta vieni direttamente con noi, il sesso non è assicurato, ma il divertimento è garantito.» Fissai Vivi sgranando gli occhi. Appena saremmo rimaste sole l'avrei uccisa.
Lui sorrise malizioso. «Ci farò un pensierino.»
«Siamo venuti qui per sciare o per chiacchierare?» L'acidità delle mie parole li fece sobbalzare. «Chi arriva per ultimo paga il pranzo!»
Partii a razzo lasciandoli dietro.
Alle mie spalle lo sentii urlare. «Così non vale!»
Winny aveva assunto la posizione a uovo e filava come un missile, mi aveva quasi raggiunta, ma io non volevo dargliela vinta, mi piegai per prendere più velocità. Davanti a me c'era un piccolo dosso, lo saltai con eleganza, al mio atterraggio vidi la rossa ferma al centro della pista. Cercai di evitarla curvando all'improvviso, ma sia per la velocità e sia per il movimento brusco, mi ritrovai a volare per aria come una palla di cannone. L'atterraggio fu catastrofico, rimasi per qualche secondo immobile a fissare il cielo azzurro sopra di me.
Sentivo qualcuno urlare il mio nome farsi più vicino.
«Victoria!»
Winny sganciò in un lampo gli scarponi e si buttò in ginocchio al mio fianco. Le sue mani guantate mi avvolsero il viso. «Victoria, stai bene?» Due occhioni mi guardavano terrorizzati.
Dalla bocca mi uscì un flebile «Sì». Man mano che passavano i secondi prendevo coscienza di quello che mi era accaduto.
«Hai fatto un volo incredibile, ho temuto il peggio.»
Uno sci si era conficcato nella neve, la mia caviglia aveva assunto una strana posizione.
Sganciò lo scarpone tenendo la caviglia saldamente nella mano, portandola in posizione normale.
«Stai fermo! Mi fai male!» urlai.
«Voglio solo capire se ti sei rotta qualcosa.»
«A meno che tu non abbia una Laurea in Ortopedia lasciami la caviglia.»
Da lontano vedevo Vivi che litigava con la rossa cantandogliene quattro. Figurati se si lasciava scappare l'occasione.
«Aiutami ad alzarmi.»
«Sei sicura?» chiese passando i suoi occhi come uno scanner su di me.
«Tirami su!» gli ordinai.
La sua stretta era sicura e forte, in un attimo mi ritrovai in piedi, poggiai il piede sulla neve e vidi le stelle. I suoi occhi preoccupati erano fissi su di me. Mi strinse la vita facendomi appoggiare a lui. Quel contatto così ravvicinato mi provocò un brivido che mi mandò in apnea.
«Fammi respirare, ce la faccio anche da sola.» Avevo bisogno del mio spazio vitale.
«Voglio proprio vedere.»
Mi lasciò all'improvviso, vacillai un attimo facendo una smorfia, con lo sguardo cercai la mia amica che ancora discuteva con la rossa, le sue braccia erano nuovamente su di me.
«Visto? Andiamo! Ti porto da un medico.»
«Ce la faccio da sola.» Risoluta poggiai il piede e il dolore s'irradiò in tutto il corpo. L'unica soluzione era saltellare. Lui scosse il capo, con una mano raccolse gli sci e con l'altra mi cinse caricandomi sulla spalla come un sacco di patate.
Urlavo il mio disappunto dandogli pugni sulle spalle dure come il marmo, ma più mi dimenavo, più lui stringeva la morsa nelle gambe.
«Non ti agitare... non sei un tenero fuscello.»
«Che cosa?» La mia rabbia diventò incontenibile. Come diavolo si permetteva a fare commenti sul mio peso?
«Non sei proprio leggerissima, rischiamo di cadere.»
Lasciatemi! Devo commettere un omicidio.
«Nessuno ti ha obbligato a caricarmi sulle spalle, uomo delle caverne che non sei altro.»
«Sta parlando quella più cocciuta di un mulo.»
«Un mulo grasso vorrai dire.» Se fossi stata in piena facoltà fisica, credo che lo avrei ucciso. Avrei preso uno di quei picchetti da montagna e glielo avrei ficcato in piena fronte.
«Questo lo hai detto tu.» Lo sentii sbuffare.
«Ma tu lo hai pensato.»
Sbuffava come un treno a vapore.
Fu in quel momento che mi accorsi che Viviana era dietro di noi e se la rideva allegramente come tutta la popolazione presente di Courmayeur. Arrossii di colpo.
* * *
«È stata fortunata, è solo una piccola distorsione. Un paio di giorni di riposo e potrà riprendere a camminare normalmente.» Il medico finì di fasciarmi la caviglia parlando con la sua marcata erre moscia. «Il suo fidanzato era parecchio preoccupato.»
«Non è il mio fidanzato!» esclamai irritata.
«Scusi, suo marito.»
Che il cielo mi scansi da tale pericolo.
«Non è mio marito!» Il mio isterismo stava prendendo dimensioni epiche. Vivi ridacchiava vedendo l'esasperazione sul mio volto.
«Chiunque sia, dovrà aiutarla a tornare in albergo.»
«Piuttosto ci arrivo strisciando.»
Vivi sorrise al dottore. «È solo un po' nervosa, adesso ci penso io.»
«Se non fosse stato per quel cafone e la sua bambola gonfiabile, adesso sarei tutta intera.»
Continuavo a blaterare mentre mi aiutavano a scendere dalla lettiga, le mie narici erano più dilatate di un toro pronto a caricare.
* * *
Ero seduta davanti il camino con una coperta sulle gambe, una tazza di cioccolata poggiata sul tavolino davanti a me, un libro in grembo e le stampelle a pochi centimetri. Una scena da perfetta ottantenne.
Ripensavo a come, senza esitazione, mi aveva caricata sulle sue spalle e portata fino al pronto soccorso. Vivi mi aveva raccontato che lui e la rossa avevano litigato furiosamente mentre mi visitavano.
«Aveva gli occhi fuori dalle orbite, l'accusava di essere stata irresponsabile.»
Ben le stava a quella bambolona, per colpa sua la mia vacanza era rovinata.
Gli occhi caddero sul mazzo di ellebori bianchi e bucaneve che un fattorino mi aveva consegnato qualche minuto prima. Il loro candore era spezzato da alcuni rametti di abete che sprigionavano un profumo balsamico.
Il biglietto giaceva sul tavolino. Lo afferrai e lo rilessi per l'ennesima volta.
“ Non cercare di fregarmi, so che non ti sei rotta niente, ti aspetto in ufficio. C. ”
Era proprio da lui, sorrisi e lo gettai nel camino.