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BUM!

Ora che Harry e Meghan erano fidanzati, a Kensington Palace presero il via molte discussioni sul debutto pubblico della coppia prima degli Invictus Games del 2017. Siccome l’evento sportivo internazionale per i veterani e i membri feriti, malati e menomati delle forze armate si sarebbe svolto a Toronto, la scelta ricadde automaticamente sull’edizione di quel settembre (nonostante i resoconti che affermano il contrario, fu una pura coincidenza che i giochi si tenessero nella città adottiva di Meghan, selezionata fin dal maggio del 2016). Cosa poteva essere meglio di unire una dichiarazione pubblica a quello che forse era il progetto più importante del principe?

Gli Invictus Games nacquero quando Harry tornò dal primo servizio in Afghanistan, profondamente colpito da ciò che aveva visto.

«Nel febbraio del 2008 mi sono ritrovato a salire su un aereo al campo d’aviazione di Kandahar, che è decollato in ritardo perché dovevano caricare la bara di un soldato danese» scrisse in un articolo riguardante la prima edizione dell’evento. «Tre dei nostri sarebbero rientrati in patria con noi, tutti in coma farmacologico e con ferite di varia gravità […] Molti di noi su quell’aereo erano sollevati all’idea di tornare dai loro cari, ma quello è stato anche il momento in cui la realtà del conflitto ci ha toccati da vicino. Certo, ne avevo sentito parlare, me l’aspettavo, avevo chiesto diverse evacuazioni mediche, ma non l’avevo mai visto di persona. Mi riferisco alle lesioni dovute perlopiù agli ordigni esplosivi artigianali. La perdita della vita è la cosa più tragica e devastante che si possa immaginare, ma vedere dei ragazzi molto più giovani di me avvolti nella plastica, con gli arti mutilati e i tubi che uscivano dai loro corpi, era una cosa a cui non ero preparato. Per me è iniziato tutto da lì.»

A suscitare il suo interesse per questa causa fu anche un incontro alla Casa Bianca nel 2013 con Michelle Obama, che la first lady definì «un gesto per onorare il sacrificio e il servizio dei nostri veterani e delle famiglie dei nostri militari». Assieme alla second lady,6 la dottoressa Jill Biden, Michelle creò l’organizzazione Joining Forces per sostenere i veterani e le loro famiglie, offrendo formazione e altre opportunità per i membri delle forze armate in fase di transizione.

Mentre era a Washington Harry visitò anche il Walter Reed National Military Medical Center per osservare l’innovativo lavoro delle équipe mediche impegnate a curare i veterani che avevano riportato i danni più gravi, per esempio quelli che avevano perso un arto o che soffrivano di lesioni cerebrali traumatiche.

Poi andò a Colorado Springs per partecipare ai Warrior Games, offrendo anche il sostegno della Royal Foundation. Questi giochi sportivi, dedicati ai militari feriti in azioni di guerra, sono organizzati dal ministero della Difesa americano e ispirarono gli Invictus Games. Quando Harry lasciò gli Stati Uniti, il desiderio di onorare i suoi commilitoni si era ormai cristallizzato in un progetto specifico per – come dice lui stesso – «rubare» l’idea dei Warrior Games ed esportarla a Londra. Si trattava di un compito impegnativo, ma il principe era più determinato che mai. Fu così che nacquero gli Invictus Games e la Invictus Games Foundation.

William e Harry avevano da tempo un saldo legame con la comunità militare, non solo per le loro esperienze personali, ma anche tramite le loro iniziative benefiche. Nel 2012 la Royal Foundation creò l’Endeavour Fund a sostegno dei militari di entrambi i sessi che desiderano praticare sport ai fini del recupero fisico. I fratelli avevano fatto anche visite pubbliche e private a Headley Court, il centro di riabilitazione medica del ministero della Difesa britannico, per incontrare i soldati che stavano imparando a convivere con le protesi dopo essere rimasti feriti in Iraq e in Afghanistan.

Nel settembre del 2014 Harry organizzò i primi Invictus Games. A parte i due periodi di servizio, probabilmente erano il suo progetto militare più importante fino a quel momento. Questo evento in stile paraolimpico, tenutosi nel Queen Elizabeth Olympic Park a Londra, portò quattrocento concorrenti di tredici nazioni diverse a sfidarsi in nove sport adattati. C’erano sport di ogni genere, dal basket in carrozzina al tiro con l’arco, al rugby in sedia a rotelle, così accanito da meritarsi lo scherzoso soprannome di «palla assassina». I giochi offrirono a persone che avevano subìto i traumi visibili e invisibili della guerra l’opportunità di rappresentare i loro paesi in modo nuovo e formidabile.

La compassione di Harry ha ispirato spesso paragoni tra lui e sua madre. Facendo il tifo per un concorrente che si sforzava di finire una corsa in carrozzina, o offrendo parole di incoraggiamento ai nuotatori disabili che si issavano sui blocchi di partenza prima di una gara, Harry dimostrò di assomigliare molto a Lady D, di essere il principe del popolo. Il parallelo con Diana non è mai stato un peso per Harry, anzi, serve a spronarlo.

Nel 2016 raddoppiò i suoi sforzi per la seconda edizione dei giochi a Orlando, in Florida. Durante una primavera fitta di impegni per la promozione degli Invictus Games, si rivolse al presidente degli Stati Uniti e a Michelle Obama perché lo aiutassero a suscitare l’interesse degli americani per l’evento.

Nell’aprile dello stesso anno gli Obama andarono per l’ultima volta nel Regno Unito prima della fine del secondo mandato presidenziale. Pranzarono a Buckingham Palace per festeggiare il novantesimo compleanno della regina e in seguito fecero una visita privata a Kensington Palace per una cena informale con William, Kate e Harry. La settimana dopo il presidente e la first lady accettarono la sfida lanciata via Twitter da Harry agli atleti americani perché «si facessero sotto» agli Invictus Games.

«Ehi, principe Harry» diceva Michelle nel video. «Ricordi quando ci hai detto di farci sotto?»

Al suo fianco, il presidente rideva. «Attento a quello che desideri!»

«Bum!» concludeva un militare alle loro spalle.

Ora sì che erano guai.

«Michelle Obama aveva accettato la sfida e sinceramente non sapevo cosa fare. Aveva coinvolto suo marito, che guarda caso era il presidente» dice Harry. «Chi puoi chiamare di più illustre?»

La risposta era una sola: sua nonna.

«Non avrei voluto doverlo chiedere alla regina perché non volevo metterla in difficoltà» confessa Harry, gentiluomo come sempre. «Ma quando le ho mostrato il video e le ho spiegato la situazione, ha detto: “D’accordo. Cosa dobbiamo fare? Facciamolo”.»

E quando la regina Elisabetta II dice: «Facciamolo», non si può far altro che obbedire.

Nel video di risposta si vede Harry che mostra a sua nonna la sfida degli Obama. La regina, che ha un malizioso senso dell’umorismo, si limita a replicare: «Ma per favore…». Con perfetto tempismo, Harry guarda la videocamera sorridendo ironicamente, e poi: «Bum!».

Il video diventò subito virale, e tutto a beneficio degli Invictus Games a Orlando, dove Michelle comparve accanto a Harry per la cerimonia di inaugurazione.

Con la presentazione di Meghan come royal girlfriend, l’edizione del 2017 a Toronto mise il principe davanti a un nuovo tipo di sfida.

Anziché lasciare che la coppia alloggiasse a casa di Meghan, le guardie del corpo insistettero perché si sistemasse in un hotel, dove sarebbe stato più facile garantire protezione e privacy (oltre a nascondere il fatto che Doria aveva raggiunto in segreto la figlia e il genero).

I due giovani divisero la suite reale al Royal York Fairmont, che un tempo aveva ospitato non solo la regina e il principe Filippo, ma anche i bisnonni di Harry, re Giorgio e la regina madre, il cui ritratto era orgogliosamente appeso nella hall dal pavimento di marmo e dalle pareti rivestite di pannelli in legno. Harry e Meghan avevano un piano tutto per loro, oltre che per lo staff e le guardie del corpo. Anche Doria aveva una suite sullo stesso piano affinché i tre potessero passare del tempo insieme. Era la prima volta che si vedevano dopo il fidanzamento e avevano molte cose da festeggiare.

Nonostante l’agenda fitta di impegni, Harry trovò il tempo di fare un salto sul set di Suits per vedere dove lavorava Meghan, perché temeva che non avrebbe avuto un’altra possibilità per farlo.

Per ovvi motivi, le cose non erano più le stesse sul set da quando Meghan frequentava Harry. Nei primi mesi l’attrice aveva confidato ad alcuni colleghi che il suo nuovo ragazzo era il principe e aveva cominciato a parlare in codice dei loro incontri. In un’occasione aveva detto con noncuranza a Wendell Pierce, suo padre nella serie TV, di essere appena tornata da Londra. Negli ultimi tempi, tuttavia, aveva sentito il bisogno di fare un passo indietro e di mostrarsi più riservata, benché conoscesse quelle persone da quasi dieci anni.

Non era stato facile per nessuno. Pur essendo stata invitata alle nozze del suo collega e amico Patrick J. Adams con l’attrice Troian Bellisario – un bizzarro evento iniziato il 10 dicembre 2016 e durato una settimana, con gli ospiti che dormirono in tenda e assistettero alla cerimonia nei boschi di Santa Barbara –, alla fine Meghan decise di non andare. I paparazzi che avrebbero sorvolato l’area in elicottero per fotografarla avrebbero rovinato la giornata a tutti.

Meghan, che aveva fatto cancellare il suo nome dai piani di lavorazione per evitare che i paparazzi sapessero dove trovarla, aveva cominciato a presentarsi sul set accompagnata da guardie del corpo discrete. Come se non bastasse, i colleghi con cui lavorava da circa sette anni furono esortati dalla produzione a non rivelare informazioni sul suo conto ai reporter, con la precisazione che, se avessero disobbedito, avrebbero rischiato di perdere il lavoro.

Sebbene fosse difficile non prendersela, gli altri compresero la necessità di quelle precauzioni.

«All’inizio c’era un certo imbarazzo, e senza dubbio anche un pizzico di invidia da parte di alcune persone, quando all’improvviso Meghan è diventata il fiore all’occhiello della serie» ammette un membro della troupe. «Ma per la maggior parte di noi restava la solita vecchia Meghan, che portava snack sfiziosi da condividere sul set o che si fermava davanti agli studi a chiacchierare con i fan dopo le riprese.»

Forse fu per questo che quel pomeriggio, prima degli Invictus Games, il cast e la troupe furono tanto affabili quando il principe andò a conoscere le persone che avevano contribuito a mantenere il segreto nell’ultimo anno.

«È stato estremamente discreto, e molti hanno saputo della visita solo dopo» ricorda un produttore. «Continuava a ripetere che era orgoglioso di Meghan, ma sembrava anche interessato a capire il funzionamento del set. Ha voluto vedere il reparto degli arredi scenici, e Meghan è stata felicissima di fargli fare un piccolo tour con alcuni dei suoi amici più cari.»

Il giorno prima della cerimonia di apertura, tuttavia, Harry aveva una sfilza di impegni ufficiali. La prima tappa fu il Centre for Addiction and Mental Health a Toronto, che Diana aveva visitato ventisei anni prima. Il principe ebbe un incontro con il personale medico per discutere del disturbo da stress post-traumatico, della depressione e delle «ferite invisibili» come le malattie mentali, di cui i veterani, lui compreso, soffrivano spesso una volta tornati a casa. Presenziò anche agli appuntamenti in programma con la nuova first lady, Melania Trump, che avrebbe guidato la delegazione americana ai giochi, e con il primo ministro canadese, Justin Trudeau.

Prima dell’inaugurazione Harry fece un’ispezione con gli aiutanti di Palazzo, prendendo dimestichezza con gli impianti e provando il discorso scritto sul gobbo. Anche se erano i terzi Invictus Games, quella sarebbe stata una serata speciale, perché la sua ragazza sarebbe stata sugli spalti e avrebbe fatto la sua prima apparizione a un impegno reale ufficiale.

Quella sera, mentre Harry si preparava per il discorso, Meghan scelse il look giusto per il suo debutto pubblico con Jessica, che era entrata nell’hotel dall’ingresso sotterraneo con numerosi vestiti da mostrarle. Sapevano entrambe che ogni fotografo al Pan Am Sports Centre avrebbe avuto l’obiettivo puntato su Meghan. Era d’obbligo essere impeccabile.

Come era già successo a Kate, le donne di tutto il mondo in cerca di un’icona di stile guardavano Meghan. L’«effetto Meghan» era ai massimi livelli. Quel pomeriggio, l’attrice esaminò diversi outfit con Jessica, per poi scegliere un vestito midi bordeaux di Aritzia, con una plissettatura di chiffon e un giubbotto di pelle Mackage drappeggiato sulle spalle. Era perfetto per l’occasione: non troppo ricercato, non troppo informale.

Finalmente pronta, Meghan uscì per recarsi allo stadio. Il suo accompagnatore per la serata era Markus. Fu una scelta logica: l’uomo che le aveva presentato molti dei suoi amici a Toronto e che aveva organizzato alcuni dei primi appuntamenti con il principe non poteva non essere presente a un’occasione così speciale. Come Jessica, era una delle poche persone a conoscere il grande segreto della coppia.

Alla cerimonia Harry si sedette accanto ad altri dignitari internazionali. Ma lanciava occhiate furtive alla futura moglie, che si era accomodata solo diciotto posti più in là (sarebbe stata una violazione del protocollo reale se Meghan avesse raggiunto il principe mentre era con Melania Trump e Justin Trudeau).

Durante lo svolgimento dei giochi, i corrispondenti reali lì riuniti cominciarono a domandarsi se la coppia avrebbe fatto il suo debutto pubblico.

Kensington Palace comunica abitualmente con la stessa ventina di reporter che segue le vicende della Royal Family. È un rapporto stretto ma essenziale, più o meno come quello della Casa Bianca con i suoi giornalisti. Quando William e Harry giocano a polo per beneficenza, spesso è il Palazzo a dare istruzioni al branco, in modo che fotografi e reporter possano svolgere il loro lavoro restando però a distanza di sicurezza, senza violazioni della privacy. C’è un team di fotografi, corrispondenti televisivi e giornalisti della carta stampata, che si alternano affinché ogni evento sia coperto da un rappresentante di ciascuna testata (che poi riferisce agli altri membri della cosiddetta «Royal Rota»). Naturalmente tutti vogliono assistere ai momenti magici: nascite, matrimoni, fidanzamenti e, in quel caso, il debutto accuratamente coreografato di Harry e Meghan.

Quella volta, tuttavia, andò diversamente. Harry aveva ordinato allo staff di non informare la stampa della presenza di Meghan durante gli Invictus Games, perché non voleva che il circo mediatico distogliesse l’attenzione dalle competizioni atletiche. Per lui, far passare in secondo piano le storie che contavano di più era fuori discussione. Talora proibiva addirittura agli aiutanti di Palazzo di mettere il suo nome davanti a quello degli altri sui comunicati stampa, «perché l’importante non sono io, ma loro».

Tuttavia, l’attesa del grande momento era palpitante fin dalla cerimonia di apertura, e le voci si moltiplicarono quando Ed Lane Fox, in preda all’agitazione, entrò nel campo da tennis ordinando ai funzionari di preparare due posti lungo il perimetro esterno. Era giunto il momento? Se sì, molti dei fotografi reali che seguivano Harry non erano presenti alla partita. Nei paraggi c’erano solo alcuni reporter britannici.

Alle tredici e quarantacinque del 25 settembre, Rhiannon Mills di Sky News, uno dei maggiori canali di attualità della Gran Bretagna, ricevette una chiamata da Jason Knauf.

«Il principe e Meghan Markle faranno un’apparizione tra dieci minuti» disse il segretario privato di Harry.

Rhiannon era l’unica giornalista televisiva britannica ad avere una troupe vicino al campo, ma il tempo a disposizione era appena sufficiente per prepararsi a documentare quello che probabilmente sarebbe stato uno degli eventi reali più importanti dell’anno.

Alle tredici e cinquantacinque, con una torrida temperatura di trenta gradi, fiancheggiati da due guardie del corpo e seguiti da Jason, Harry e Meghan fecero il loro ingresso mano nella mano. Con gli aiutanti di Palazzo che pianificavano meticolosamente l’apparizione top secret nel minimo dettaglio, il debutto pubblico della coppia, studiato per svolgersi in sordina, sortì l’effetto contrario.

Meghan era vestita casual con un paio di jeans strappati MOTHER Denim, ballerine Sarah Flint, borsa Everlane e, con uno sfrontato accenno al loro segreto, una camicetta bianco perla che Misha aveva battezzato «camicia da marito» (come era prevedibile, quel capo da 185 dollari della collezione di Misha andò subito a ruba, e l’outfit diventò ben presto un argomento di tendenza online).

Meghan guardò il suo fidanzato con occhi adoranti mentre si dirigevano verso i loro posti, dove si sedettero tra le famiglie australiane e neozelandesi che acclamavano i loro giocatori. La coppia era a proprio agio mentre le telecamere riprendevano ogni mossa, da Meghan che accarezzava il braccio di Harry al principe che le cingeva le spalle con un gesto protettivo.

Kylie Lawler, il cui marito Sean gareggiava per la squadra australiana, osserva in tono scherzoso che probabilmente lui non la perdonerà mai perché, seduta accanto a Harry e Meghan, «mi sono persa mezza partita. Lei era emozionata… e incantevole. Sembravano davvero in sintonia».

In realtà, Kylie aveva saputo dell’arrivo della coppia prima della stampa. Informata da una guardia del corpo con mezz’ora di anticipo, aveva ordinato al figlio di andare a cambiarsi la camicia, perché si sarebbe seduto accanto a «una futura principessa».

Harry trovò il tempo per tutti i veterani e i loro familiari che lo fermarono per ringraziarlo. Fu così gentile da farsi fotografare con la squadra. Tuttavia, dopo una lunga giornata passata al centro di un importante evento sportivo, non aveva voglia di andare al ristorante, dove le persone li avrebbero soltanto disturbati o fissati. Durante gli Invictus Games dell’anno precedente a Orlando aveva passato gran parte del tempo libero in hotel anziché avventurarsi nei ristoranti e nei locali notturni della città. In quella fase della sua vita aveva iniziato a preferire le serate con gli amici più cari, con cui poteva essere se stesso.

Perciò non vedeva l’ora di una cena intima a casa dei Mulroney con Justin e Sophie Trudeau. Ma proprio quando stava per lasciare l’hotel con Meghan una telefonata li avvertì della presenza dei paparazzi davanti alla casa di Ben e Jessica. I fotografi locali avevano cominciato a tenere d’occhio la proprietà nell’Alto Canada in caso la coppia facesse visita ai Mulroney. La cena fu annullata.

Se non altro la cerimonia di chiusura fu una festa. Doria e Meghan raggiunsero Markus e Jessica nello skybox di Harry dove, dopo il discorso, arrivò anche il principe. Fu avvistato dai fotografi mentre baciava teneramente la donna che aveva conquistato il suo cuore e ascoltava con attenzione la futura suocera, che poi ballò nella tribuna privata mentre Bruce Springsteen mandava in estasi la folla.

Accogliendo pubblicamente Doria a un impegno reale ufficiale, soprattutto dopo gli sgradevoli commenti razzisti, Harry mostrò volutamente al mondo che quella sarebbe stata la sua famiglia futura.

Come se l’importanza di Meghan nella sua vita richiedesse ulteriori conferme, quando Barack Obama, Joe Biden e sua moglie Jill presenziarono all’ultima giornata degli Invictus Games, l’ex presidente gli chiese della royal girlfriend.

Hayley Stover, una studentessa diciottenne di Toronto seduta accanto al principe durante un incontro di pallacanestro in carrozzina, sentì Obama dire a Harry che Meghan aveva guardato le partite di tennis con lui.

«Harry ha sorriso quando l’ha saputo» riferisce Hayley. «Sembrava davvero felice. È stato tenero.»

Obama volle sapere come andasse il lavoro di Meghan, e Harry gli domandò come stesse la first lady. Fu una normale conversazione tra due uomini che parlavano della loro vita.

Prima che si separassero Harry aggiunse: «Salutami Michelle».

6 Titolo informale attribuito alla moglie del vicepresidente statunitense. (N.d.R.)