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LONDRA

La prima mattina dopo essere atterrata a Londra, nel giugno del 2016, Meghan andò dritta da Selfridges. La giovane attrice americana aveva uno scopo ben preciso: acquistare delle scarpe nuove.

Nel grande magazzino in Oxford Street vagò per gli oltre tremila metri quadri del reparto calzature – il più grande del mondo – esaminando le creazioni dei suoi stilisti preferiti, tra cui Stella McCartney, Chloé e Marc Jacobs, per vedere se riuscisse a trovarne un paio all’altezza di quei prezzi scandalosi. Anche se Suits, la famosa serie televisiva in cui recitava, era ormai arrivata alla sesta stagione, Meghan era ancora oculata nelle spese. Avendo trascorso parte dell’infanzia in un appartamento angusto nel cuore di Los Angeles, ed essendo figlia unica di genitori divorziati, non amava sprecare soldi per oggetti che sarebbero passati rapidamente di moda. Se doveva investire in qualcosa, voleva che fosse un acquisto duraturo, come le scarpe con il tacco a spillo di Sergio Rossi. Apprensiva come da bambina, a volte Meghan aveva ancora la sensazione che le cose belle potessero scomparire da un momento all’altro.

Ma quel mattino di fine giugno, circondata da costosi sandali e tacchi a spillo, la tentazione di fare una spesa folle le pareva perdonabile.

Meghan era appena tornata da un favoloso weekend tra ragazze sull’isola greca di Idra, un viaggio che aveva organizzato per festeggiare le nozze imminenti di Lindsay Roth, una delle sue migliori amiche fin dai tempi del college. Come damigella d’onore, aveva preso sul serio i suoi doveri, programmando le giornate con svariate attività: escursioni, nuotate, sonnellini e cucina locale dell’isola che, situata a due ore di navigazione da Atene, si può visitare soltanto in bicicletta o in groppa a un asino.

Il weekend era stato ben diverso dai tipici addii al nubilato in stile Las Vegas, durante i quali si sale su una limousine e ci si ubriaca in discoteca, indossando per tutto il tempo cerchietti con corna a forma di fallo. Il gruppo di donne aveva infatti trovato piaceri più raffinati nel sole e nel mare del Mediterraneo, nelle insalate greche e nel pesce fresco, nel vino e nella compagnia reciproca.

Il viaggio aveva avuto l’impronta inconfondibile di Meghan: semplice ma lussuoso, divertente ma sobrio e intimo, e organizzato nel minimo dettaglio. Fin da quando era una studentessa costretta a barcamenarsi tra la scuola e diversi lavori, facendo provini su provini per ottenere una particina e poi diventando una celebrità della TV e lanciando persino un popolare sito di lifestyle, Meghan ha sempre avuto un obiettivo chiaro: lavorare sodo per mettere a fuoco i suoi piani e poi realizzarli.

Il viaggio a Londra non fece eccezione. Selfridges era soltanto la prima tappa dell’itinerario che aveva programmato prima di arrivare. Aveva una lista di ristoranti dove voleva mangiare, di bar dove voleva bere un drink e di persone che voleva conoscere.

Era un periodo gratificante per la trentaquattrenne. Il successo nel competitivo mondo dello showbiz, che aveva cominciato a offrirle opportunità di ogni tipo, era frutto della fiducia in se stessa, della perseveranza e dell’impegno che aveva dimostrato fin da bambina.

La sicurezza di sé mostrata da Meghan è, almeno in parte, merito della devozione dei suoi genitori. Sua madre, Doria Ragland, e suo padre, Thomas – che si conobbero sul set di General Hospital, dove lui faceva il direttore delle luci e lei l’apprendista truccatrice –, divorziarono dopo due anni di matrimonio, ma rimasero uniti per amore della figlia, crescendola insieme senza troppi attriti, optando per la custodia congiunta e festeggiando le ricorrenze insieme.

Il segno più tangibile del loro affetto, a ogni modo, fu l’impegno per l’istruzione di Meghan. Nessuno dei due poté frequentare subito il college, anche se Doria conquistò un banco nella classe riservata agli studenti più dotati alla Fairfax High School di Los Angeles. Dopo il diploma lavorò nel negozio d’antiquariato di suo padre, Alvin Ragland, e in un’agenzia di viaggi, i primi di una lunga serie di impieghi. Si iscrisse al college solo molto più tardi, perché la sua famiglia non poteva permettersi di pagarle la retta. Memore delle difficoltà economiche che incontrò per la mancanza di una laurea, inculcò a Meghan l’importanza degli studi universitari.

Per l’istruzione di Meghan, entrambi vollero il meglio del meglio, a partire dalla Little Red Schoolhouse, una piccola e prestigiosa scuola elementare privata, frequentata fin dagli anni Quaranta dall’élite di Hollywood (tra cui Johnny Depp e Scarlett Johansson). Poi Meghan frequentò le medie e le superiori all’Immaculate Heart, un istituto femminile cattolico a Los Feliz.

Consapevole di quanti sacrifici i suoi genitori avevano fatto per mandarla in quelle scuole, riteneva che quel privilegio implicasse una certa responsabilità personale. «Mia madre e mio padre sono di umili origini, così hanno scelto di dare molto […] compiendo silenziosi gesti di gentilezza, per esempio un abbraccio, un sorriso o una pacca sulla spalla per fare coraggio alle persone in difficoltà» scrisse nel 2016 sul suo blog The Tig. «Sono cresciuta vedendo questo, perciò è questo che sono diventata.»

Meghan aveva determinazione da vendere. Sempre la prima ad alzare la mano quando la maestra faceva una domanda o cercava una volontaria per leggere ad alta voce, aveva il massimo dei voti e non saltava mai una lezione. La sua coscienziosità non emerse solo a scuola. Quando, da piccola, si imbatté in un senzatetto sulla strada, chiese alla madre: «Possiamo aiutarlo?». Non è insolito che i bambini vogliano dare una mano ai bisognosi, ma Meghan dimostrò di essere diversa dagli altri perché non se ne dimenticò una volta che furono passate oltre. Per il resto della giornata, e per molto tempo dopo, fu tormentata dalla domanda: Cosa posso fare?

A dieci anni andò per la prima volta all’estero, in Giamaica. Doria non la portò nelle località dove si ferma la maggior parte dei turisti, bensì nei quartieri degradati, per mostrarle come vivessero le persone più sfortunate. A tredici anni Meghan fece la volontaria in una mensa per i poveri nello Skid Row, un quartiere fatiscente di Los Angeles. «Il primo giorno ho avuto davvero paura» dichiara. «Ero una ragazzina, e laggiù la realtà era brutale. Pur essendo circondata da uno straordinario gruppo di volontari, mi sono fatta prendere dal panico.»

Indecisa se tornare oppure no, chiese consiglio a Maria Pollia, la sua insegnante di religione all’Immaculate Heart. Maria, una volontaria dei Catholic Workers, aveva molta esperienza nel lavoro con gli emarginati e voleva spingere la giovane studentessa coscienziosa a seguire il suo esempio.

«La vita consiste nell’anteporre le esigenze degli altri alle proprie paure» disse. Quelle parole convinsero l’adolescente a tornare alla mensa.

«Non ho mai dimenticato il suo insegnamento» afferma Meghan.

La sua determinazione ad aiutare gli altri e a eccellere in ogni cosa fece sì che spesso venisse giudicata «falsa» dai compagni di scuola, convinti che fosse impossibile essere tanto «perfetti». Meghan, però, non si riteneva affatto perfetta. Anzi, non di rado aveva la sensazione di avere ancora molto da dimostrare. Siccome era di origine mista e non sempre sapeva quale fosse il suo posto, una parte di lei voleva soltanto che le persone apprezzassero le sue capacità. Non le piaceva l’idea di essere considerata una perdente.

Alle superiori la sua risolutezza continuò a rafforzarsi. Meghan entrò in ogni circolo possibile e immaginabile, dal comitato per l’annuario scolastico alla compagnia teatrale Genesian Players. Fu eletta reginetta del ballo. Attrice nata e sempre in cerca di elogi, stava dando grande prova di sé.

«Lavorava incredibilmente sodo. Ero affascinata dalla forte etica del lavoro che aveva nonostante la giovane età» ricorda Gigi Perreau, che fu sua insegnante di recitazione per diversi anni. Meghan si buttava a capofitto anche nel ruolo più irrilevante, come quando interpretò una segretaria in una produzione di Annie.

Spesso Thomas dava una mano con le scenografie per gli spettacoli scolastici e «assisteva al maggior numero possibile di rappresentazioni» aggiunge la Perreau. «Vedevi sempre il suo viso tra il pubblico, raggiante d’orgoglio per la sua bambina.»

Thomas svolse un ruolo importante anche nella trasformazione di Meghan in femminista e, come si definisce lei stessa, «paladina dei diritti delle donne». Quando aveva undici anni, la sua classe stava guardando un programma televisivo quando andò in onda lo spot di un detersivo per i piatti con lo slogan Le donne di tutta l’America sfidano l’unto di pentole e padelle. Un bambino seduto vicino urlò: «Sì, è quello il posto delle donne, la cucina!».

Thomas suggerì a Meghan, indignata dall’episodio, di spedire lettere di protesta contro lo spot. La ragazzina scrisse alle «persone più potenti che mi sono venute in mente», tra cui la first lady Hillary Clinton, la conduttrice di Nickelodeon Linda Ellerbee e l’azienda produttrice del detersivo. Risposero tutti. Meghan ricevette una lettera dalla Casa Bianca, l’emittente televisiva trasmise un’intervista alla bambina e la ditta modificò lo slogan in Le persone di tutta l’America sfidano l’unto di pentole e padelle.

Alle superiori la passione di Meghan per la recitazione diventò un obiettivo professionale, ma sua madre – sempre convinta dell’importanza dell’istruzione universitaria – le consigliò di laurearsi, desiderando che la figlia avesse un titolo di studio in caso non fosse riuscita a sfondare come attrice. Non fu un problema per Meghan, che aveva deciso di non sostenere audizioni professionali fin dopo il diploma e che si era già assicurata un posto alla Northwestern University.

Stava frequentando quel college privato, situato in un sobborgo di Chicago e considerato una delle migliori università del paese, quando ottenne la sua prima particina nel video musicale della canzone 1000 Oceans di Tori Amos. Un battito di ciglia e potreste perdervi il cammeo in cui Meghan interpreta una passante che osserva un’angusta scatola di vetro con dentro la cantante, ma guadagnò 600 dollari e, di lì a qualche settimana, fece un provino per un altro ruolo in un video di Shakira (non lo ottenne, anzi non fu più ingaggiata finché non comparve in General Hospital durante l’ultimo anno di college).

Alla Northwestern, ancora una volta, si ritrovò perlopiù circondata da studenti facoltosi che venivano da famiglie facoltose. Beneficiaria di una borsa di studio, si destreggiava tra i corsi e diversi lavori part-time per pagarsi vitto, alloggio e tasse universitarie. Questo, in aggiunta agli incarichi di baby-sitter che accettava per far fronte alle spese extra, ai ruoli che interpretava per la specializzazione in teatro e al volontariato.

«Non riesco a capire dove trovi il tempo» disse una buona amica che la accompagnò in segreteria per l’assegnazione di un nuovo lavoretto, stupita dalla sua capacità di conciliare lo stress e il rigore della carriera universitaria con gli altri impegni. «Come fai a fare tutte queste cose?»

Evitando di fare baldoria come la maggior parte degli studenti del college. Gli amici non incrociavano mai Meg, come la chiamavano, in un bar nelle serate infrasettimanali. Il venerdì sera, quando le altre ragazze della sua confraternita andavano alle feste, Meghan faceva la baby-sitter a casa di qualche professore. Riuscì a entrare nella Kappa Kappa Gamma, trasferendosi nella sede dell’organizzazione e conoscendo alcune delle sue amiche più care, come Genevieve Hillis e Lindsay. Ma persino la sua vita da membro della sorority ricordava meno Animal House e più quella di Elle Woods, la protagonista di La rivincita delle bionde. Come responsabile delle candidature e del reclutamento, era incaricata di trovare nuovi membri e di farli sentire i benvenuti. Raccoglieva anche fondi a scopo benefico con eventi come una maratona di danza, a cui partecipò con le altre studentesse della confraternita. Le giovani ballarono per trenta ore per aiutare la Team Joseph, una no-profit impegnata nella ricerca di una cura contro la distrofia muscolare di Duchenne. «Fu molto stancante» ha ammesso Meghan.

Al terzo anno aveva ormai accumulato quasi tutti i crediti universitari, così con l’aiuto di Mick, il fratello maggiore di suo padre, riuscì a fare uno stage presso l’ambasciata americana a Buenos Aires. In famiglia nessuno sapeva esattamente cosa facesse lo zio Mick o se il suo lavoro nel settore delle comunicazioni a Buenos Aires fosse, in realtà, una copertura per un incarico alla CIA. A ogni modo, i suoi contatti permisero alla ventenne di allargare i propri orizzonti oltre il palcoscenico.

«Alla Northwestern ero sempre stata fissata con il teatro. Sapevo di voler recitare, ma odiavo l’idea di incarnare il cliché della ragazza di Los Angeles che decide di fare l’attrice» ha raccontato Meghan a Marie Claire. «Volevo di più e avevo sempre amato la politica, così ho finito per cambiare totalmente la mia materia di specializzazione, conseguendo una doppia laurea in teatro e relazioni internazionali.»

Sostenne il competitivo Foreign Service Officer Test, un requisito indispensabile per diventare funzionario del Dipartimento di Stato, restando molto delusa quando non lo superò. Non era avvezza ai fallimenti. Fu un brutto colpo per l’autostima che aveva sempre cercato di proteggere.

Così, dopo essersi laureata, tornò a Los Angeles nel 2003. Era un’attrice in erba che, tra un’audizione e l’altra, si manteneva con qualche lavoretto, compreso un incarico temporaneo come calligrafa. L’anno successivo fu assunta da Paper Source, una cartoleria di lusso a Beverly Hills, dove le offrirono un corso di formazione di due ore in calligrafia, confezioni regalo e rilegatura. Mentre lavorava lì preparò le partecipazioni di nozze per il matrimonio, celebrato nel 2005, dell’attrice Paula Patton con il cantautore Robin Thicke.

I primi anni di «caccia ai provini», come l’avrebbe definita in seguito, furono scanditi da lunghi periodi di disoccupazione. E quando otteneva delle parti – per esempio, quella della ragazza sexy nella commedia romantica Sballati d’amore del 2005 con Ashton Kutcher – non erano esattamente ruoli da Oscar.

Nel 2006 diventò valletta in Deal or No Deal, una delle ventisei donne vestite tutte uguali, ciascuna con in mano una valigetta color argento contenente una somma compresa tra un centesimo e un milione di dollari. Il gioco a premi televisivo della NBC non era soltanto una fonte di guadagno regolare, ma anche un programma di enorme successo. Dopo l’esordio nel dicembre del 2005, la prima stagione totalizzò in media dai dieci ai sedici milioni di spettatori a puntata. Benché le stagioni seguenti abbiano registrato un notevole calo, il quiz continuò a essere molto seguito, generando una serie in syndication e una schiera di prodotti collegati come videogame e giochi da tavolo.

«Buonasera, signore!» diceva il conduttore, Howie Mandel, alle perfette vallette in fila sul set.

«Buonasera, Howie!» rispondevano in coro le ragazze.

Questa era la formula d’apertura delle trentaquattro puntate a cui Meghan partecipò nel 2006 e nel 2007. Nel ruolo di valletta #24, come le altre modelle, apriva la valigetta ogni volta che il concorrente chiamava il suo numero con la speranza di vincere un milione di dollari.

Meghan e le altre donne registravano fino a sette puntate al giorno. La necessità di girarne così tante in così poco tempo imponeva lunghe giornate di lavoro. Dopo, quasi tutte le modelle amavano uscire insieme, a volte senza neppure struccarsi prima di precipitarsi a fare l’happy hour. Non Meghan. Pur essendo abbastanza cordiale, non si aggregava mai alle colleghe. «Era simpatica a tutte» dichiara Leyla Milani, un’altra valletta, «ma non appena finivamo, correva a fare qualcos’altro.» Come al college, Meghan lavorava quando le sue coetanee si rilassavano. Si teneva occupata persino durante le pause sul set. «Quando le altre ragazze spettegolavano o chiacchieravano» aggiunge Leyla, «lei se ne stava per conto suo a leggere copioni e a prepararsi per i provini.»

Dopo due stagioni nel programma Meghan era pronta ad appendere la valigetta al chiodo. Nei tre anni successivi continuò a fare audizioni, ottenendo una parte in uno spot della Tostitos e piccoli ruoli in alcuni film e serie televisive, tra cui Come ammazzare il capo… e vivere felici, CSI: New York, Supercar, Senza traccia e Til Death – Per tutta la vita. Nel 2008, in una puntata in due parti del reboot di 90210 trasmessa su The CW, Wendy, il suo personaggio, finiva nei guai quando la pizzicavano a fare sesso orale con lo studente playboy Ethan Ward nel parcheggio della scuola. Meghan esitò a girare la scena, ma le aspiranti attrici non possono fare le schizzinose.

Non si perse mai d’animo, nemmeno quando credeva di non aver superato il provino per il ruolo della splendida e disinvolta assistente Rachel Zane in Suits, una nuova serie dello USA Network. Invece di piangere e di tornare a casa a rimpinzarsi di gelato, chiamò il suo agente.

«Temo di non avercela fatta» disse. «Devo riprovarci.»

«Ormai è andata» rispose l’altro. «Concentrati sul prossimo provino.»