Il tagliapensioni Dini? Ha due (ricche) pensioni
A Claudio Sabelli Fioretti, che lo intervistava per la serie «I voltagabbana», Lamberto Dini raccontò con orgoglio di aver avuto il fegato di negare un finanziamento, addirittura, a Bokassa. «È vero che in quella circostanza rischiò di essere divorato dal dittatore?» chiese il giornalista. E lui, pavoneggiandosi, indugiò sui particolari di quel memorabile incontro quando, trovandosi vis-à-vis con il Barbablù del Centrafrica, non esitò un attimo a chiudere il borsellino dei soldi internazionali. «E la paura?», incalzava sornione il giornalista. «Non me ne sono reso nemmeno conto» rispondeva lui con aria da aspirante eroe. Ah, quale sprezzo del pericolo, quale fermezza, quale rigore morale. Non vi pare? Evidentemente, però, dev’essere più facile opporsi a Bokassa che al proprio tornaconto: il dittatore africano, infatti, non ha mai divorato Dini. L’avidità, invece, un po’ sì.
Non ci credete? Ascoltate bene. Lamberto, il premier della riforma del 1995, quello che seppellì per sempre le rendite d’anzianità, quello che introdusse il severo sistema contributivo al posto dell’allegro andante retributivo, proprio lui, Lambertow l’amerikano, l’economista che ha legato il suo nome alla più severa stretta previdenziale dopo quella voluta da Amato nel 1992, lui, l’uomo chiamato «tagliapensioni», ebbene: Dini incassa due ricchissime pensioni. Non una: due. Entrambe ricchissime. E come se non bastasse le cumula con un terzo assegno dello Stato, quello dell’indennità da senatore: così arriva a ricevere dalle casse pubbliche (anno 2008) la bellezza di 521.682 euro. A spanne quasi 40.000 euro netti al mese. Roba da far venire l’indigestione pure a Bokassa…
Ricordate i tempi ruggenti quando Lamberto, già ministro del centrodestra, fece il salto della quaglia e diventò capo di un governo con i voti del centrosinistra? Ricordate le parole d’ordine «lacrime e sangue per stare in Europa» e «scusate, ma i sacrifici sono necessari»? Ecco, a dirla tutta, Dini di sacrifici ne ha imposti molti, ma ne ha fatti pochi: nel 1994, pochi mesi prima di tagliare le pensioni altrui, si premurava infatti di mettere in cassaforte due pensioni per sé. Quella dell’Inps (13.288.250 lire al mese, quasi 7000 euro di oggi, per 13 mensilità) e quella della Banca d’Italia (36.752.479 lire al mese, oltre 18.000 euro di oggi, per 13 mensilità): totale 50 milioni di allora, circa 25.000 euro di oggi, ogni mese, per altro cumulabili con qualsiasi altro reddito (stipendio da ministro, indennità da parlamentare, ecc). Che ve ne pare?
Evidentemente ci sono due Lamberto, come scriveva Luca Telese nel 2000, facendogli per la prima volta i conti in tasca: c’è un Lambertow amerikano e un Lambertone italiano. Da una parte c’è l’uomo dell’Università del Michigan, quello delle borse di studio Fulbright e Stringher, il banchiere tutto d’un pezzo del Fondo monetario internazionale, l’anglosassone guru del rigore, il severo moralizzatore in salsa british. E dall’altra c’è Lambertone l’italiano, una specie di Alberto Sordi in salsa fiorentina, il prototipo del connazionale medio, mandolino&spaghetti, quello che cambia casacca politica con una certa facilità, fonda e sfonda partitini con gran disinvoltura. E che, soprattutto, mentre taglia le pensioni altrui si preoccupa di metterne al sicuro due per sé, e pure piuttosto consistenti. Un campione di coerenza all’amatriciana, insomma.
Dini è fatto così: Lambertow quando deve decidere per gli altri, Lambertone quando deve decidere per sé. Tutto in regola, s’intende, tutto secondo la legge, come al solito. L’unico problema, al massimo, è che, essendo lui quello che la legge l’ha fatta, magari gli capita di conoscerne bene le opportunità.
Per esempio, sappiamo tutti che nel 1995 sigillò in modo ferreo il divieto di cumulo per chiunque fosse andato in pensione da quel momento in avanti. E che ci volete fare se lui era andato in pensione pochi mesi prima? Inoltre: si è sempre battuto anche per impedire che lo Stato si svenasse a pagare vitalizi a persone al di sotto dei 65 anni. E che ci volete fare se lui di vitalizi è riuscito a prenderne due da quando aveva 63 anni? Inoltre ancora: ci ha spiegato mille volte che i tagli sono necessari. E che ci volete fare se lui proprio non riesce a tagliare il suo reddito annuo costruito con rendite incassate dalle casse pubbliche? Per altro, il suddetto reddito annuo ammonta a 521.000 euro: più che alla pensione di un settantenne, assomiglia al fatturato di una piccola impresa. Non male, no?
Però non pensiate che, per questo, Dini sia davvero un essere avido ed egoista, non accusatelo di fare solo i suoi interessi. Non è così. A volte sa essere anche generoso con gli altri. È vero infatti, come raccontò Telese, che nel 1995, prima di trasformare il divieto di cumulo in un imperativo categorico per l’intera collettività, andò in pensione con la garanzia del cumulo per sé. Ma non da solo. Macché: ci fece andare anche la segretaria. E poi, una volta che quest’ultima ebbe ottenuto il vitalizio, la assunse al ministero. Doppio gettito pure per Olga, si capisce: perché i tagliapensione, se è il caso, sanno essere duri persino con Bokassa. Ma mai con se stessi. E nemmeno con i propri cari.