Premessa
Pensione Categoria VO Certificato N 10000740 | |
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Pensione lorda | 402,12 |
Contributo ex Onpi | 0,01 |
Trattenute Irpef | 106,64 |
Saldo Irpef | 272,47 |
Add. Reg. | 23,00 |
Arrotondamento pagamento | 0,78 |
Importo netto del pagamento | 0,78 |
Questo libro è dedicato alla persona che il 29 luglio 2010 ha ricevuto dall’ufficio Inps di Torino la pensione che vedete. Come si può notare, l’importo netto del pagamento è pari a 0,78 centesimi di euro. Proprio così: 0,78 centesimi. Bella somma, no? Sfruttando le offerte del mese dell’Esselunga, ci si può anche comprare un litro di latte. O tre uova e mezza. O tre rotoli di carta igienica. Nient’altro però. Non resta un centesimo per un pezzo di pane, o una patata, o una carota, per non dire delle bollette dell’Enel o del gas.
Questo libro è dedicato a lei, alla mia cara pensionata «VO Certificato N 10000740», perché non c’è stato momento durante questi mesi in cui sguazzavo tra pensioni d’oro e privilegi previdenziali, non c’è stato un solo momento, dicevo, in cui non mi sia venuto in mente quello zero virgola 78 spiccioli offensivi. E non c’è spiegazione tecnica, Irpef, doppia rendita, trattenuta o altra diavoleria che tenga: quando uno Stato si accanisce su una pensione minima di 402 euro (che è già una miseria) e la riduce a 0,78 centesimi (che è, appunto, un insulto) mentre lascia inalterati i supervitalizi dei parlamentari, il loro insindacabile diritto al cumulo, o gli assegni regalati a qualche burocrate d’oro, ebbene, noi non possiamo far finta di niente. Perché c’è un limite oltre il quale il silenzio diventa complicità.
Il libro nasce così, dalla voglia di non essere complici. Prima d’ora nessuno aveva mai tentato una descrizione completa e documentata degli scandali previdenziali, e adesso forse ho capito perché: se leggere le imprese della casta vi ha fatto arrabbiare, leggere le imprese delle sanguisughe vi farà arrabbiare ancora di più. Ebbene sì, ve lo anticipo: troverete in queste pagine tanti dati, molti dei quali assolutamente inediti, che vi faranno torcere le budella. Lo so che non è un bel modo per invitare alla lettura, ma è l’unico che ho. Conosco le obiezioni, immagino quello che direte durante gli incontri che avremo in giro per l’Italia, so già che cosa mi scriverete nelle vostre lettere accorate: «Giordano, fa bene lei a tirare fuori gli scandali, continui, si dia da fare, ma quando io leggo mi viene il mal di stomaco… Dovrebbe almeno allegare al libro un buono sconto per il Maalox…». Raccolgo l’idea e la passo al marketing Mondadori. Non sarebbe male: vendesi libro denuncia, in omaggio farmaco per digerirlo. Magari funziona. Però io, del Maalox, faccio anche a meno. Sono allergico alle medicine. E, comunque, meglio avere un po’ di bruciore di stomaco che farsi fottere senza nemmeno sapere perché. Cosa che, in effetti, provoca bruciori ben più fastidiosi.
Quando la mia amata editor, di cui non posso fare il nome perché se no me lo cancella come ogni volta (è una donna riservata quanto brava, e poi io non sono mica Bruno Vespa), mi ha proposto l’idea di indagare sulle pensioni, l’ho guardata più o meno come si guarderebbe un pinguino a passeggio nel centro di Marrakech. Eravamo a pranzo, avevamo come al solito parlato del più e del meno, amabili chiacchiere in libertà sui destini del mondo, e lei ha tirato fuori un pezzo di carta dalla borsa. Poi una penna. Poi ha scritto a caratteri cubitali: PENSIONI. E me l’ha mostrato. Senza dire una parola. È un diavolo quella donna. Ho tracannato il caffè, ci siamo salutati, e da quel momento non ho avuto più pace. Mi sono buttato a capofitto, sono riuscito ad aprire alcune porte segrete, ho letto, studiato, mi sono sorpreso, amareggiato, indignato. Vi dico la verità: ho scritto nove libri, con questo, ma non avevo mai provato tanta soddisfazione. Anche un po’ di orticaria, certo. Irritazione cutanea e rigonfiamento di zebedei. Ma soprattutto soddisfazione nell’alzare il velo per scoprire un mondo, quello della previdenza, di cui effettivamente c’è da aver paura. (Quando la mia editor ha visto i primi assaggi di capitoli temo che si sia pentita di quel foglio con le lettere a caratteri cubitali. «Qui rischiamo» mi ha sussurrato al telefono un po’ spaventata. Lo so, le ho risposto. «Non hai risparmiato nessuno.» Nessuno. «Ovviamente hai tutti i documenti.» Ovviamente. «Allora provo a portarlo al prossimo comitato editoriale.» L’ha portato.)
Di riforma delle pensioni, in realtà, si è parlato tanto in Italia, negli ultimi anni. A onore del vero bisogna dire che molte cose sono state pure fatte. Alcuni provvedimenti che in altri Paesi, come in Francia, di recente hanno provocato molte discussioni, da noi sono stati fortunatamente anticipati, anche se qualcuno dice che è troppo poco, che bisogna fare di più. «Le pensioni diminuiranno ancora» annuncia il bilancio tecnico dell’Inps del dicembre 2010. Chi entra ora avrà solo il 47 per cento del reddito minaccia contemporaneamente il «Corriere della Sera». Taglio triplo per le pensioni del 2011 sentenzia «Il Sole-24 Ore» pochi giorni dopo. Allarme Bankitalia sulle pensioni fa eco «la Repubblica», mentre i giornali locali, ancor più diretti, spargono il terrore: Pensione ridotta a 33 mila trevigiani oppure I giovani andranno in pensione con metà del reddito. Per carità, nessuno mette in dubbio la saggezza del risparmio previdenziale, è necessario far fronte alle difficoltà, bisogna mettere a posto i conti. Bisogna evitare il crac. Ma a costo di quali sacrifici? E soprattutto: i sacrifici li hanno fatti e li faranno davvero tutti? O qualcuno è riuscito a mantenere i suoi privilegi passando indenne attraverso la stretta? Questo, cari lettori, non ve l’ha mai voluto raccontare nessuno.
Ed è grave. Perché vedete, amici che vi apprestate a riversare bile sulle mie pagine, c’è solo una cosa peggiore dei sacrifici che dovrete affrontare: affrontarli mentre altri gozzovigliano alle vostre spalle, magari ridendo di quei poveri tapini (cioè voi) cui hanno appena raccontato che i sacrifici sono necessari. Non è così, non può essere così. Io non so che cosa si possa fare per cambiare questa situazione: ma bisogna cambiarla. E per cambiarla, prima di tutto bisogna conoscerla. Minuto per minuto, euro per euro, vergogna per vergogna: io prometto che vi racconterò tutto, ma proprio tutto, quello che ho scoperto. Voi promettetemi che passerete la voce.
Lo so che ogni cambiamento è difficile in questo campo. Spaventa. Uno degli slogan più fortunati, in materia di riforme delle pensioni, è «i diritti acquisiti non si toccano». D’accordo. I diritti acquisiti non si toccano. Ma i privilegi? Siamo sicuri che i privilegi acquisiti non si toccano? È giusto che continuino a prendere la pensione, per dire, ex deputati o senatori che sono stati in Parlamento non più di ventiquattr’ore? È giusto che ci siano leggine approvate di soppiatto che autorizzano burocrati a intascare pensioni da 1369 euro al giorno? È giusto che in Sicilia ancora oggi ci sia chi va in pensione a 45 anni? È giusto che un commesso del Senato possa andare a riposo a 50 anni con un vitalizio di 8000 euro al mese? È giusto che si continuino a pagare le pensioni anche ai mafiosi conclamati? Chi l’ha stabilito? E perché non si può cambiare?
All’inizio del 2011 l’Agenzia delle entrate si è accorta che quattro anni prima l’Inps, nell’erogare un bonus di 150 euro ai cosiddetti «incapienti», cioè alle persone con redditi inferiori ai 5000 euro l’anno, aveva commesso un errore. Avendo infatti adottato liste vecchie, il bonus era finito anche nelle tasche di chi non ne aveva diritto. E sapete che ha fatto? Semplice: ha chiesto indietro i soldi. Ma sicuro: ha spedito una bella lettera ai pensionati, chiedendo loro di restituire il denaro ricevuto indebitamente nel 2007. E allora perché questa differenza? Perché, di fronte a una cosa sbagliata, i pensionati devono restituire i soldi e invece i parlamentari pensionati no? Dare un vitalizio a uno che è stato un giorno in Parlamento non è un’assegnazione indebita tanto quanto la distribuzione di bonus a chi non li merita? E allora perché in un caso ci si può correggere e nell’altro, invece, lo stanziamento è considerato definitivo e immutabile?
Quasi tutte le situazioni scandalose che trovate raccontate qui sono perfettamente regolari. Ma questa, per me, è un’aggravante. Quando sento una sanguisuga che risponde «Mi spetta per legge», mi trasformo nell’incredibile Hulk, verde come lui, ma un po’ più brutto. Dico io: se la legge stabilisce una cosa sbagliata, ebbene, che aspettiamo a cambiarla? E poi via, lo sappiamo tutti: ci sono alcune cose che «spettano per legge» e accadono subito, e altre che «spettano per legge» e non accadono mai. Nell’autunno 2010 ho ricevuto la lettera di un signore, Giovanni Mitri, di Palombara Sabina: 54 anni, disoccupato, «mai raccomandato e mai iscritto al sindacato», come si descrive. Aveva avuto un infarto, e non potendo più lavorare aveva presentato domanda per la pensione d’invalidità. La risposta dell’ufficio competente è stata: «Aspetti. Stiamo ancora valutando le richieste del 2009».
Ora, io non so se nel frattempo il signor Giovanni Mitri abbia avuto la sua pensione oppure no. Ma trovo che quella risposta sia un’offesa: nel Paese dei falsi invalidi, dei ciechi che guidano, degli zoppi che corrono la maratona e dei sordomuti che rispondono al centralino, è possibile che non si riesca a esaminare in tempi ragionevoli la pratica di un infartuato? È possibile che non si riesca a dire se il signor Mitri ha diritto ad avere la pensione oppure no? Forse una certezza non «spetta di diritto» anche a lui? Se non è malato, rispediamolo subito a lavorare; ma se è davvero malato, come diavolo campa? «Sto seriamente pensando di prendere la cittadinanza romena: forse come romeno avrò più diritti che come romano» conclude amaramente lui. E poi si chiede: «Esiste nel nostro Paese uno Stato di diritto?». Bella domanda. La risposta non può che essere: sì, siamo un Paese di diritto, anche se a volte si ha l’impressione che il diritto sia un po’ storto. C’è chi deve aspettare anni per avere una risposta dalla previdenza e chi riesce a ottenere tutto (e di più) al volo. C’è un infartuato di 54 anni che fatica a prendere la pensione e c’è chi invece, pur essendo sanissimo, prende la pensione da quando aveva 29 anni…
Tu chiamale, se vuoi, differenziazioni. Secondo l’ultimo rapporto Inps (giugno 2010), oggi in Italia vengono erogate 23,8 milioni di pensioni. L’importo medio è di 10.129 euro l’anno ciascuna. Diecimila euro l’anno, proprio così: un terzo di quello che l’ex ministro Amato prende in un mese. È vero che 1 persona su 3 ha più di una pensione, ma l’incasso finale mensile (anche sommando più entrate) è comunque esiguo: solo il 13,7 per cento supera i 2000 euro al mese, il 72,6 per cento non arriva ai 1500 e il 50 per cento dei pensionati ne prende complessivamente meno di 1000. Ecco: questo libro è dedicato a loro. Questo libro è dedicato a chi prende meno di 1000 euro al mese, magari qualche volta anche 0,78 centesimi, magari dopo aver lavorato una vita, e poi va a casa, accende la Tv e sente l’Europa o Bankitalia o il Fondo monetario internazionale che dicono che bisogna tagliare le pensioni, e tutti i grandi esperti in Italia che applaudono: è vero, è vero, bisogna tagliare le pensioni, e tutti i giornali che fanno l’eco: è vero, è vero, bisogna tagliare le pensioni. E allora l’unica modesta domanda, che però è anche un’indicazione di lavoro, che mi viene nel presentarvi il libro è la seguente: visto che bisogna tagliare le pensioni, visto che bisogna fare sacrifici, perché, invece di tartassare le minime, non cominciare da quelle (d’oro) che conoscerete nelle prossime pagine?
P.S./1. Questo libro è dedicato anche a Fabio Marchese Ragona. È un bravo collega, giovane, capace e tenace. Mi ha dato una mano a reperire documenti e materiali, dimostrando doti straordinarie di caparbietà (e mi scuso con lui se non sono stato pronto a capirle fin dall’inizio…). Fabio è un precario. Come tanti della sua età lavora con contratti provvisori, collaborazioni occasionali, ecc. Ora sa tutto delle pensioni d’oro. Chissà se saremo mai in grado di garantirgliene una normale.
P.S./2. E infine questo libro è dedicato ad Antonio Mastrapasqua, il presidente dell’Inps, l’uomo che amministra circa 20 milioni di pensionati e che risulta titolare (gennaio 2011) di 37 diversi incarichi in vari consigli d’amministrazione, da Equitalia al Pastificio Bettini Zannetto, da Autostrade per l’Italia a Pantanella Sud, società per azioni per la produzione di paste alimentari.
In un’intervista a «Famiglia Cristiana» del 2 maggio 2010 ha dichiarato: «Sulla previdenza c’è troppo pessimismo in giro». Può essere. Ma se il presidente dell’Inps, tanto per dire, si occupasse a tempo pieno dei pensionati, anziché delle paste alimentari e delle autostrade, ecco, noi cominceremmo già a essere un po’ più ottimisti.