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La sera della festa Swanny si stava vestendo mentre Eden indossava il suo abito elegante da sera e invece di lasciare sciolti i suoi capelli stupendi li raccolse in uno chignon elegante, lasciando qualche ciocca cadere delicatamente lungo il collo.

Si era truccata gli occhi con uno smokey scuro e i brillantini sulle palpebre e aveva messo un paio di orecchini pendenti col diamante, abbinati al girocollo.

Sembrava proprio una top model quale era. I tacchi che indossava la rendevano alta quasi quanto lui, e lui era alto, ma gli piaceva pensare che lei fosse proprio perfetta per lui. Riusciva a metterle un braccio sulle spalle e a baciarla senza abbassarsi.

Lei controllò l’orario. «Riesci a controllare se gli altri sono pronti? Va bene un ritardo elegante, ma troppo ritardo è tutta un’altra cosa. Non voglio infastidire i rappresentanti di Aria presentandomi quando la festa sarà ormai finita.»

Swanny fece il saluto militare e poi andò a controllare i suoi compagni di squadra nella stanza accanto. Nathan e Joe erano nella stanza di Edge e Skylar, e Skylar rideva mentre aiutava i suoi compagni uomini con gli abiti e a sistemarsi.

«Ragazzi, siete pronti?» chiese Swanny dalla porta. «Eden è pronta. È tutto a posto?»

Joe annuì. «Sì, andiamo avanti noi. Voi ci seguite con Skylar e Edge.»

Swanny scosse la testa, iniziava a sentire una sensazione di disagio pervadergli il collo. «No, Skylar viene con te. Edge con me. Mettete Skylar tra di voi. Troppa esposizione davanti.»

Joe e Nathan lo guardarono preoccupati ma non discussero. «Va bene, faremo come dici tu» disse finalmente Nathan.

Swanny annuì e tornò verso la suite di Eden con gli altri al seguito. Infilò la chiave e poi aprì la porta.

«Siamo pronti, ci sei?»

«Perfetto! Fammi prendere la borsetta.»

Eden prese la borsetta con perline e lustrini dal bancone e li raggiunse.

Subito si posizionarono intorno a lei e la scortarono giù per le scale fino all’entrata sul retro, dove li attendevano le macchine.

Gli autisti che avevano assunto erano degli uomini grossi e robusti, molto esperti di protezione personale. Swanny non aveva dubbi che fossero armati anche loro, ed era sollevato di sapere che c’erano altri due uomini tra le guardie del corpo di Eden.

Il suo istinto non stava urlando, ma non era neanche troppo tranquillo quella sera e non riusciva a capire perché. Era esattamente quello il motivo per cui non era vantaggioso lasciarsi coinvolgere a livello personale con un cliente. Poteva semplicemente essere che non volesse metterla in mostra lasciando che dozzine di ricconi sbavassero su di lei. Oppure poteva esserci un reale pericolo.

Le cose erano state troppo tranquille dal giorno in cui Eden aveva sfiorato la morte, quando un cecchino aveva cercato di spararle, e stando alle parole di Big Eddie Sinclair (e non era certo un tipo che esagerava o si faceva prendere dall’isteria) c’era una vera minaccia che si aggirava nell’oscurità, aspettando e cercando l’opportunità per attuare la sua vendetta contro Eddie.

Attraversarono nel traffico di Parigi la breve distanza che li separava da quel locale e ristorante esclusivi che offrivano una sala privata. Swanny era già andato con la squadra a vedere che tipo di situazione avrebbero dovuto gestire.

Avevano individuato le zone della stanza in cui Eden non sarebbe mai dovuta andare. Dove un cecchino sarebbe riuscito facilmente a colpirla attraverso la finestra. Avevano anche deciso che uno di loro avrebbe dovuto seguire Eden tutta la serata e che non sarebbe mai andata in bagno senza Skylar e Swanny al seguito; Skylar sarebbe entrata con lei mentre Swanny avrebbe controllato la porta, impedendo temporaneamente l’accesso a chiunque fino all’uscita di Eden.

Si erano preparati bene per l’evento. Quindi: perché l’istinto gli stava divorando lo stomaco?

Eden gli prese la mano e intrecciò le dita affusolate alle sue, molto più grosse; la mano di Swanny avvolse quella di Eden. Come se avesse sentito la sua improvvisa agitazione, lei sorrise dolcemente e si avvicinò per baciarlo, noncurante del fatto che Edge fosse seduto accanto a lei.

«Rilassati» mormorò. «Cosa potrebbe andare storto quando ho Superman a proteggermi? Mi fido di te, Swanny. Non permetterai a nessuno di farmi del male.»

Lui ascoltava quelle parole calde e di conforto, ma non riuscirono a dissipare la sua improvvisa agitazione.

Più si avvicinavano al ristorante in cui si sarebbe svolta la festa, e più gli si contorceva lo stomaco. Sapeva bene che se avesse sbagliato qualcosa avrebbe potuto compromettere la carriera di Eden o il suo accordo con Aria, ma non sarebbe riuscito a far finta di niente ancora per molto. La sua vita valeva molto più di una campagna pubblicitaria per cosmetici di qualche milione di dollari. Almeno, per lui era così. Fanculo gli altri.

«Torna indietro» abbaiò al microfonino affisso strategicamente al colletto della giacca. «Ferma tutto. Ferma tutto, cazzo.»

L’autista non esitò. Fece una perfetta inversione a J nel bel mezzo del traffico e Swanny intravide la macchina con a bordo Nathan, Skylar e Joe fare lo stesso, seguendoli.

«Cosa c’è, Swanny?» chiese Joe velocemente. «Cosa sta succedendo?»

«Il mio istinto urla come uno stronzo, ecco cosa c’è» disse Swanny bruscamente.

La radio rimase silenziosa. Si stavano tutti preparando al peggio. Nessuno metteva in discussione il suo istinto, per quanto potesse sembrare ridicolo. Era uno dei motivi per cui si trovava così bene con i suoi compagni.

«Cosa senti, amico?» mormorò Edge, seduto dall’altro lato accanto a Eden. Edge era così, non esitava mai. Era sempre pronto a tutto. Aveva già tirato fuori una pistola e stava prendendo l’altra dalla fondina che aveva sull’altra spalla.

«È sbagliato» mormorò Swanny. «È tutto sbagliato, cazzo.»

«Swanny?» sussurrò Eden.

Si girò verso Eden, pensava di vederla arrabbiata o addirittura furiosa perché aveva annullato quella serata molto importante per lei, ma vide soltanto i suoi occhi spalancati per la paura. Che ne fosse consapevole o meno, era aggrappata alle mani di Swanny e di Edge, aveva le nocche bianche come il suo viso impallidito.

«Cosa c’è? Cosa devo fare? Dimmelo così non vi ostacolo.»

Ammirava la sua calma in un momento in cui doveva essere spaventata a morte. Swanny sapeva di non essere proprio di conforto in quel momento, il suo viso era impietrito ed esaminava ogni singola macchina, persona e negozio mentre passavano.

Strinse dolcemente la sua mano e poi, con riluttanza, la lasciò. Gli servivano entrambe le mani, non solo una.

«Stammi sempre dietro» disse Swanny mantenendo la calma il più possibile dato che ogni parte del suo corpo urlava che Eden era in pericolo. «Se per qualsiasi motivo non riesci a raggiungere me, stai con Edge. Ti proteggerà. Ripeto, non devi essere un bersaglio facile. Se non riesci a ripararti dietro di me o Edge, allora abbassati a terra dietro la macchina.

Questa macchina ha i vetri antiproiettile e il telaio in acciaio rinforzato. Può sopportare un impatto che distruggerebbe la maggior parte delle macchine. Hai allacciato la cintura di sicurezza?»

Lei annuì, aveva ancora gli occhi sbarrati.

«Brava ragazza. Adesso cerca di stare calma così ti riporto al sicuro.»

Non fece in tempo a dire quelle parole che il mondo intorno a loro semplicemente esplose. La parte anteriore della macchina si sollevò, stava quasi per ribaltarsi all’indietro quando invece ricadde sulla strada, fuoco e fiamme uscivano dal cofano.

L’autista aveva la testa che penzolava di lato e Swanny allungò la mano per controllare il battito e contemporaneamente strinse Eden al suo fianco, preparandosi a fuggire.

«Ma che cazzo?» urlò Edge con violenza. «Era una cazzo di granata!»

«L’autista è morto» disse Swanny in tono cupo. «Uscite tutti dal mio lato! Il colpo veniva da destra. Eden, appena ti tiro fuori buttati a terra e non muoverti finché non te lo dico. Nathan e Joe ti copriranno.»

«Swanny, stai sanguinando» disse Eden con la voce tremolante. «Ma dove vai?»

«Vado a cercare il figlio di puttana che ci ha attaccati.»

«Ti copro io» disse Edge.

«Uno, due, tre, vai vai vai!» Swanny si affrettò ad aprire la portiera posteriore rovinata con un calcio e spinse Eden sulla strada, buttandola a terra bruscamente in modo che non diventasse un bersaglio.

Nathan, Joe e Skylar corsero da loro con le pistole in mano e una lunga scia di imprecazioni.

«Coprite Eden» abbaiò Swanny. «Io e Edge andiamo a cercare questo stronzo. Non lasciate che le succeda qualcosa.»

«Non lo faremo» disse Nathan con tono sommesso. «Sono stato nei tuoi panni, so come ci si sente. Ci prenderemo cura della tua ragazza.»

Swanny lo guardò con gratitudine e poi corse lungo la strada, con lo smoking ormai rovinato e macchiato di sangue. Vedendo come la gente si accovacciava a terra e scappava, doveva sembrare un angelo arrabbiato pronto a distruggere qualsiasi cosa si trovasse davanti.

Ripercorse mentalmente quegli attimi in cui il mondo si era trasformato in un inferno. L’autista era stato colpito direttamente ma lo sparo veniva da destra, non da sinistra. Perché l’autista? L’assassino avrebbe potuto semplicemente mirare al sedile posteriore, che loro sopravvivessero o meno non poteva saperlo. La macchina era rinforzata e solo per scopo di protezione, ma non erano molti i veicoli non militari in grado di sostenere il colpo diretto sparato da un lanciarazzi.

Edge camminava dietro di lui con le pistole in mano. Si sentivano già le sirene in lontananza e Swanny sapeva che sarebbe stato un completo disastro.

«Figlio di puttana!» imprecò Swanny mentre scivolava e dovette fermarsi.

Anche Edge si fermò bruscamente accanto a lui ed entrambi rimasero lì a guardare l’AT-4 abbandonato. Un modello vecchio, non la versione senza rinculo delle edizioni più recenti. Swanny si guardò velocemente intorno cercando tracce per terra, poi si girò verso Edge.

«Cazzo. La polizia francese sarà ormai ovunque. Hai qualcosa per vedere se ci sono impronte?» chiese Swanny.

Edge annuì con lo sguardo serio. «Non per niente mi chiamano Mr Preparato al Peggio.»

Infilò una mano nella tasca sul petto della giacca e tirò fuori una scatolina contenente guanti, nastro e polvere.

«Hai circa un minuto prima che ci scoprano, quindi sbrigati» mormorò Swanny, sentendo il suono delle sirene farsi più forte.

Edge si mise velocemente all’opera e iniziò la sua analisi, raccogliendo le prove e impolverando per prendere le impronte. Il suo sguardo si spostò sulle stesse prove che aveva già notato Swanny e alzò un sopracciglio.

«Sembra che il nostro stronzo non possa permettersi attrezzature più moderne.»

Swanny guardò quel punto un’altra volta, ma notò delle piccole macchie di sangue probabilmente causate dal rinculo. Sperava che quel figlio di puttana si fosse sparato, ma ovviamente era fuggito. Quella volta. Se Swanny l’avesse trovato, non avrebbe avuto un’altra occasione di avvicinarsi a Eden. Era ora di passare alle maniere forti e andarci giù pesante, il che significava chiamare Sam e coinvolgere ogni membro della kgi per rintracciare quel figlio di puttana.

«Andiamo via» disse Swanny. «Voglio tornare da Eden. Dev’essere spaventata a morte.»

Swanny e Edge si affrettarono a tornare sulla scena. Swanny imprecò con veemenza quando vide uno sciame di reporter e troupe giornalistiche tutte piazzate davanti al volto pallido di Eden. Nathan, Joe e Skylar stavano facendo un lavoro eccellente nell’allontanare quegli avvoltoi, ma la polizia stava interrogando tutti e quattro quindi era quasi impossibile controllare quella folla. Dopotutto, non succedeva tutti i giorni che una macchina venisse colpita da una granata in centro a Parigi.

Si sentiva mormorare e urlare, tutti facevano domande su domande ai poliziotti.

«Vogliono sapere se si tratta di un attacco terroristico» tradusse Edge.

Swanny alzò un sopracciglio verso il suo amico. «E da quando sai così bene il francese?»

Edge ridacchiò. «Mia madre è francese. In realtà ho la doppia cittadinanza, sono nato in America. Mio padre era un militare quindi ho seguito le sue orme per un po’ ma ho scoperto che i combattimenti erano più avvincenti. L’adrenalina mi fa impazzire.»

Mentre tornavano velocemente verso la scena Swanny guardò il suo amico. «Allora perché hai lasciato le arti marziali?»

Edge alzò le spalle. «Stavo invecchiando. La competizione invece era sempre più giovane. Volevo andarmene in bellezza, quindi quando ho vinto la cintura nella divisione dei pesi massimi ho annunciato che mi sarei ritirato qualche mese dopo. Volevo fare la differenza. Penso che fosse ciò che mi infastidiva di più dell’aver lasciato l’esercito per inseguire una carriera nelle arti marziali, perché almeno nell’esercito facevo la differenza. Non riguardava solo me e la mia abilità di colpire qualcuno sul ring. Quando sentii parlare della kgi mi sembrò il compromesso perfetto. Sapevo di essere qualificato. Ero una guardia forestale. Le mie abilità non erano arrugginite perché anche dopo aver lasciato l’esercito ho mantenuto le abitudini militari. Ho continuato a sparare. Penso che anche all’epoca mi mancasse, probabilmente avevo già capito di aver preso la decisione sbagliata.»

Appena Eden alzò lo sguardo per scrutare nella folla e vide Swanny andare verso di lei, si allontanò dalla polizia e dai giornalisti buttandosi nella folla che la tratteneva. Si buttò tra le sue braccia e lo strinse forte. Tremava tantissimo. Non c’era una parte di lei che non tremasse. Sbatteva i denti e aveva la pelle ghiacciata.

Swanny imprecò mentre l’abbracciava cercando di coprirla il più possibile. Era sotto shock e ovviamente nessuno le aveva prestato soccorso medico.

Affondò il viso tra i suoi capelli profumati, quel profumo dolce era in netto contrasto con l’odore del fuoco, del fumo e della gomma che si scioglieva. Anche l’odore del sangue appesantiva l’aria.

«Ero spaventata per te» sussurrò con la voce rotta. «Oh, dio, Swanny, non farlo mai più. Sono morta mille volte aspettando che arrivassi, temevo non saresti tornato.»

Le lacrime iniziarono a scorrerle lungo le guance mentre cercava di trattenere il singhiozzo. Baciò dolcemente ogni lacrima e poi la strinse forte, proteggendola dalla tempesta.

Con Edge che faceva da interprete, Swanny chiarì la sua posizione in modo deciso, non lo si poteva contraddire. Non avrebbe lasciato Eden così esposta neanche un minuto in più. L’avrebbe riportata in hotel e se la polizia voleva interrogarla, sicuramente non l’avrebbe fatto alla centrale.

Gli ufficiali sulla scena iniziarono a protestare simbolicamente finché Skylar, con molta dolcezza, non gli spiegò bene chi era Eden Sinclair e che era considerata una delle donne più belle del mondo, e che non sarebbe stato positivo se tutti avessero visto che la polizia tratteneva una donna scossa, in stato di shock e spaventata a morte contro la sua volontà.

L’ufficiale in comando non avrebbe potuto cambiare idea più velocemente. Organizzò subito una scorta di poliziotti per accompagnare Eden e il suo staff in hotel, anche se Swanny si segnò mentalmente che avrebbero dovuto lasciare l’hotel per trovarne un altro. Appena si sarebbe diffusa la notizia, e sarebbe successo, i giornalisti professionisti e i paparazzi avrebbero iniziato a girare intorno all’hotel come avvoltoi, rendendo Eden ancora più vulnerabile.

Swanny accompagnò velocemente Eden alla loro suite, sorreggendola perché non riusciva quasi a stare in piedi. Appena entrarono lei collassò sul divano, si sporse in avanti appoggiando i gomiti sulle ginocchia e affondò il viso tra le mani.

Singhiozzava in silenzio ma erano così forti che le sue spalle, anzi tutto il suo corpo sobbalzava. Lo guardò con gli occhi pieni di lacrime e a lui si spezzò il cuore vedendola così sofferente.

«Perché, Swanny? Perché? Non capisco» disse lei, con la voce spezzata dal peso dell’emozione. «Perché qualcuno dovrebbe voler far saltare in aria la mia macchina? Chi potrebbe odiarmi così tanto da arrivare a questo pur di uccidermi? Non ca... ca... capisco.»

Non riusciva più a parlare e affondò di nuovo il viso tra le mani, le sue spalle sobbalzavano a ritmo dei suoi singhiozzi.

Si avvicinò a lei. Non poteva fare altro. Un uomo che non consolava la sua donna quando più ne aveva bisogno non si poteva definire un uomo. Lei si girò senza guardarlo, si attaccò a lui e affondò il viso nell’incavo del suo collo, bagnando il colletto della camicia con le lacrime.

«Non capisco» sussurrò con la voce rotta. «Davvero, non capisco.»

Swanny sospirò perché, cazzo, suo padre avrebbe dovuto essere sincero con lei dall’inizio e in quel momento toccava a Swanny rimettere insieme i pezzi del puzzle in modo che Eden potesse almeno avere un’idea di cosa stava succedendo intorno a lei. Qualcosa che avrebbe dovuto sapere dall’inizio. E in quel momento non gliene fregava un cazzo di infastidire suo padre e se avesse licenziato la kgi.

Perché che la kgi fosse ancora incaricata della sua sicurezza o meno, non avrebbe mai lasciato Eden finché l’assassino non fosse stato eliminato. Definitivamente.