13
Swanny si sentiva terribilmente in colpa per aver mangiato una bistecca succulenta proprio davanti a Eden. Aveva notato il desiderio nei suoi occhi e che aveva praticamente la bava alla bocca mentre lui si gustava quella carne cotta alla perfezione.
Non aveva mai pensato ai sacrifici delle modelle. Aveva sempre pensato che fossero perfette per natura e che avessero avuto la fortuna di nascere con geni fantastici e che potessero mangiare qualsiasi cosa senza mai preoccuparsi di prendere peso.
Ma mentre aspettavano la cena, Eden gli aveva spiegato il suo regime di allenamento, le restrizioni dell’alimentazione e quella che sembrava una complicata routine per la cura della pelle e dei capelli. Doveva essere sfiancante. Senza contare che a volte stava sul set per giorni, per sedici ore al giorno. Gli sembrava un inferno. E invece lei ne parlava con gioia, come se fosse del tutto naturale lavorare così tanto e contare con attenzione le calorie.
Era ovvio che facesse un sacco di sacrifici per la sua carriera, e il suo rispetto per lei aumentava a mano a mano che parlavano. Era consapevole degli stereotipi associati alle modelle. Ma fino a quel momento Eden non risultava corrispondere a nessuna di quelle idee negative spesso legate alle donne in carriera.
E lui era colpevole di quei pregiudizi tanto quanto gli altri. Non aveva mai pensato a quanto lavoro richiedesse fare la modella, pensava che fosse semplicemente questione di fare un giro sulla passerella e che tutte le modelle fossero delle dive viziate a cui interessava solo vedere soddisfatti i propri capricci. Pensava che dietro quell’aspetto esteriore falso e luccicante che mostravano all’obiettivo ci fosse una personalità altrettanto finta, da stronza.
Eden lo convinceva lentamente del contrario e lui si vergognava di aver dato credito a quei pensieri.
Tagliò due belle fette di bistecca e le posò sul piatto di Eden accanto alla ciotola che conteneva la sua insalata. Lei spalancò gli occhi e aveva la bava alla bocca mentre le guardava.
«È troppo» brontolò. «Ma non sai quanto le vorrei.»
«Mangia» la incoraggiò Swanny. «Ti sveglio presto e vengo con te in palestra così potrai smaltire quei due bocconi prima del servizio.»
Lei sorrise dolcemente e lui sentì quella strana stretta al cuore che gli sembrava di sentire sempre più spesso quando era con lei. «Va bene» disse lei, con gli occhi pieni di luce. «Micah e David si allenavano con me e credimi, erano davvero tosti! Ma devo ammettere che mi hanno tenuta in forma e mi hanno insegnato qualche mossa di autodifesa.»
Swanny dovette faticare per non imbronciarsi sentendo nominare gli altri due uomini. Cazzo, le avrebbe fatto qualsiasi allenamento di autodifesa. Lui e soltanto lui, ovviamente.
«Puoi farmi vedere le tue mosse» disse lui, scacciando la gelosia che minacciava di soffocarlo. «Posso sempre lavorare con te quando abbiamo tempo.»
I suoi occhi brillavano di malizia. «Swanny, se continui così finirò per pensare che vuoi davvero passare un po’ di tempo con me.»
«Penso di aver già detto chiaramente che mi piace passare del tempo con te» disse in tono calmo. «Avevo paura di farmi coinvolgere troppo, ma se devo essere onesto penso di esserlo già.»
Il suo volto fu pervaso dal piacere, arrossì. «Mi fa piacere di non essere l’unica, allora» disse lei con la voce roca. «Non sono una femme fatale a caccia, Swanny. Voglio che tu lo sappia. Se non fossi... speciale... allora non sarei in questa stanza con te. Non mi sarei esposta tanto come ho fatto, rischiando di essere rifiutata. Non è stato facile. Non voglio mettermi in ridicolo.»
Il cuore di Swanny si ammorbidì vedendo l’onestà e la sincerità brillare nei suoi occhi. L’idea di avere il potere di ferire quella donna lo sconvolgeva, letteralmente. Doveva tirare fuori la testa dal culo e fare tutto ciò che poteva per assicurarle che la sua attrazione fosse corrisposta e che non aveva alcuna intenzione di rifiutare lei o qualsiasi cosa volesse offrirgli.
«L’ho gestita male, questa situazione» disse Swanny, lasciando che il rimorso inondasse le sue parole. «Mi dispiace, Eden. Devi capirmi, è una cosa nuova per me. E proprio come hai detto che non è stato facile per te, ti assicuro che non lo è nemmeno per me. Il fatto che una donna come te sia interessata a me...» s’interruppe e scosse la testa, ancora sconvolto da ciò che stava succedendo.
Lei si spostò sul divano finché il suo ginocchio sinistro non toccò il ginocchio destro di Swanny, che era seduto sulla poltrona posta diagonalmente rispetto al divano, la cena era sul tavolino davanti a loro. Gli accarezzò la gamba, stringendo delicatamente.
Non era una mossa sessuale ma il corpo di Swanny si mise in allerta sentendo il calore di Eden penetrare attraverso i jeans. Sentiva completamente il suo tocco. Sentiva una scia di calore lungo la gamba, che finiva dove lei aveva posato la mano, lasciandola ferma mentre lo guardava.
«Qualunque donna non riesca a vederti come ti vedo io, è una stupida» disse lei in tono determinato. «Non dico cose che non penso, Swanny. Neanche per far sentire meglio qualcuno. Penso che tu sia bello e sono molto attratta da te. Non vado in giro a dire queste cose agli uomini che non conosco. E neanche agli uomini che conosco, a dire il vero» spiegò. «Quindi per me si tratta di qualcosa di completamente nuovo e ho paura perché potresti ferirmi con molta facilità. E non lo dico per farti sentire in dovere di darmi qualcosa che non vuoi. Voglio solo che tu capisca che per me sei speciale. Forse non saprò tutto su di te. Non ancora. Ma non significa che non voglia scoprire quelle cose. Vorrei pensare di avere almeno una possibilità con te.»
Era un sogno. Una fantasia dalla quale si sarebbe risvegliato da un momento all’altro. Fissava Eden sapendo che toccava a lui esporsi. Che era stata molto coraggiosa a essere così diretta. Glielo doveva. Ma si sentiva la lingua pesante, non riusciva ad articolare le parole. Gli sembrava che la gola si stesse chiudendo.
Le tremolarono gli occhi, quello stesso attimo di dolore che aveva notato prima e iniziò a ritrarsi, spostando la mano. Cazzo, non un’altra volta. Doveva seguire il piano e parlare, subito.
Le prese la mano, stringendola forte nella sua, che era molto più grande. Era un contrasto bellissimo, la struttura ossea minuta di Eden rispetto alla sua, molto più imponente. Aveva una dolcezza che gli infuocava gli istinti di protezione. Come se avesse potuto spezzarla o ferirla se non l’avesse trattata con cura, e sarebbe morto pur di non causarle neanche un minuto di dolore.
E invece era proprio quello che stava facendo con la sua idiozia. La stava ferendo. Ma non fisicamente. Una donna qualsiasi si sarebbe arresa molto prima di lei e cazzo, lui non voleva che si arrendesse. Doveva ricomporsi, comportarsi da uomo e smetterla di agire come un cretino che non era mai stato con una donna prima.
«Non fingo di capire cosa tu possa vedere in me» disse lui bruscamente. «Non riesco proprio a capacitarmene. Solo dio sa che non ho nulla da offrirti.»
«Io voglio soltanto una cosa, Swanny» disse gentilmente. «Tu. Solo tu.»
«La fai sembrare facile.»
Lei alzò le spalle. «Lo è. Voglio dire, può essere facile o difficile, dipende da noi. Non so come farti capire che i miei sentimenti sono sinceri. So che non ti fidi ancora di me. Ma io sì, mi fido di te.»
«Non ho fatto niente per meritarlo, o per meritare te» disse bruscamente. «Sono stato veramente uno stronzo e mi dispiace, Eden. Non hai idea di quanto mi dispiaccia averti ferito due volte, adesso. Meriti molto di più di me.»
Le sue labbra si contorsero formando un sorrisetto. «Ti stai ripetendo, Swanny. Continui a dire le stesse cose. Smettila di analizzare i motivi e cerca di capire se mi vuoi quanto io voglio te. È l’unica domanda che devi farti. Tutto il resto non importa.»
«Cazzo, sì che ti voglio» disse. «Non riesco a pensare per quanto ti voglio. Mi consumi i pensieri dal primo istante in cui ti ho vista entrare nella stanza dell’hotel in cui ci siamo conosciuti.»
Il sorriso di Eden si espanse e il suo sguardo era compiaciuto. «Okay, adesso sì che ci siamo. Finalmente!»
Lui sospirò. «Di solito non sono così idiota. Non sono stupido. Tranne quando si tratta di te, a quanto pare. Ma hai questo effetto su di me e non riesco a spiegarmelo. Continuo a chiedermi: perché proprio me? Cosa può vedere in me una donna come te?»
Lei si avvicinò e posò la mano sulla guancia con la cicatrice, accarezzando delicatamente la pelle rialzata e raggrinzita. «Continui a dire ‘una donna come me’, ma prova a invertire i ruoli per un secondo. Non pensi che io mi stia chiedendo cosa possa vedere in me un uomo come te? Sei un eroe. Un sopravvissuto. Il tuo lavoro è aiutare le persone. Metti a repentaglio la tua vita per gli altri, e bisogna essere davvero speciali per essere così disinteressati. Cosa potresti mai volere da una donna che si guadagna da vivere vendendo il suo aspetto e il suo corpo? Tu sei pagato per salvare vite, io sono pagata per essere bella e vendere un prodotto. Chi è la persona migliore tra noi?»
La praticità con cui espresse ciò che pensava di lui lo sconvolse. Che lui fosse d’accordo o meno con quanto aveva detto non importava, era chiaro che fosse totalmente sincera in ciò che diceva e nella sua analisi di lui e del suo carattere. Si sentiva di ingannarla. Perché sentiva che ciò che lei vedeva o credeva di vedere in lui, non era il vero Swanny.
Le lenti attraverso cui lo guardava erano difettose. Forse era solo un’infatuazione temporanea? Forse era intrigata da lui? E cosa sarebbe successo quando avrebbe capito che non era come pensava?
Avrebbe preferito evitare qualsiasi coinvolgimento con lei piuttosto che lasciarsi coinvolgere emotivamente e fisicamente per poi vedere il modo in cui lei avrebbe cambiato opinione su di lui, per vedere il suo sguardo incupirsi una volta riuscita a guardarlo e a vedere com’era veramente. Difettoso. Tutto fuorché perfetto. Stava ancora combattendo contro i demoni del suo passato e la vergogna per la sua debolezza nel periodo di prigionia, per essersi quasi arreso. Le cicatrici fisiche non erano certo una passeggiata, ma quelle che nessuno poteva vedere erano peggio. Quelle che sentiva lui, quelle che sarebbero state sempre dentro di lui, come una macchia nell’anima.
E invece lei era lì, seduta a pochi centimetri da lui, lo guardava onestamente, gli chiedeva cosa potesse vedere in lei un uomo come lui. In lei. Non riusciva a capacitarsi di quella domanda. Meritava molto più di quanto potesse offrirle. Meritava un uomo con un passato diverso dal suo.
Dato che non aveva ancora risposto alla sua domanda (come poteva farlo?) lei si raddrizzò leggermente e lo guardò fisso negli occhi, sulle sue labbra scorgeva... determinazione? Ma la sua voce era morbida come la seta, dolce come il resto di lei e così bella che faceva male guardarla, sentire i toni musicali della sua voce.
«Non ti chiedo nulla che tu non possa o non voglia darmi, Swanny. E se non lo vuoi, se sto sbagliando tutto, allora dimmelo e ti giuro che non ne parlerò più. Mi farò da parte e non sarò altro che un lavoro per te e dividerò la stanza con Skylar da adesso in poi. Voglio solo che tu mi dia un’occasione, che ci dia un’occasione. Che ti lasci andare per vedere dove ci porterà questa cosa, qualunque cosa ci sia tra noi. Ma adesso tocca a te. Non posso obbligarti a volermi. Non vorrei mai obbligarti a provare qualcosa che non provi spontaneamente. Non è la ragione per cui voglio che un uomo stia con me, perché l’ho spinto a fare qualcosa che non avrebbe fatto di sua spontanea volontà.»
Non fu necessario dirlo, ma lui sapeva benissimo che era la sua ultima occasione. Se non avesse fatto la mossa successiva, lei avrebbe smesso di provarci. Era una bruttissima posizione. Aveva davvero paura di fare quella mossa e allo stesso tempo sapeva che, se l’avesse rifiutata, se ne sarebbe pentito per il resto dei suoi giorni. Sapeva che stava buttando all’aria una delle cose più belle che potessero mai capitargli. Anche se avesse trascorso poco tempo con lei e alla fine ognuno fosse andato per la sua strada senza più rivedersi.
Il suo coraggio era stato messo a dura prova un’infinità di volte e non aveva mai sentito di aver fallito. Ma il coraggio poteva essere molto diverso da una situazione all’altra. Capì che farsi avanti e accettare ciò che Eden gli stava offrendo sarebbe stata una delle prove più dure che il suo coraggio avrebbe mai affrontato. Lasciare che qualcuno entrasse dentro di lui, dove nessuno poteva entrare. Lasciare che lei vedesse dentro al suo cuore e alla sua anima e confidare nel fatto che non sarebbe scappata il più lontano possibile e il più velocemente possibile una volta scoperto ciò che aveva sempre nascosto bene a chiunque altro.
La via d’uscita facile era dirle semplicemente di no. Che non voleva lasciarsi coinvolgere e che non avrebbero dovuto farlo. Aveva l’incarico di proteggerla, non di scopare con lei, ma sapeva che una volta portata a letto, lei sarebbe diventata la sua priorità numero uno e che chiunque avesse voluto arrivare a lei, avrebbe dovuto affrontarlo.
Ma le cose belle non sono mai facili. Solo un codardo avrebbe scelto la strada più facile e rifiutato Eden ancora prima di averla fatta avvicinare. Lui non era un codardo, non lo era mai stato, e cazzo non voleva assolutamente iniziare a esserlo in quel momento.
Lei aveva ragione, lui non si fidava ancora di lei. O forse non si fidava di ciò che diceva di volere. Ma lei si fidava di lui e sembrava irrispettoso non ricambiare quella fiducia.
«Non voglio che tu te ne vada» disse Swanny dolcemente. Odiava sentire con le sue stesse orecchie quanto fosse vulnerabile.
«Quindi, cosa vuoi davvero?» chiese lei, altrettanto dolcemente.
Lui la guardò negli occhi, determinato a essere sincero quanto lo era stata lei. E altrettanto onesto. Fece un respiro profondo e lo fece. La stessa cosa che aveva fatto lei per lui. Rendersi vulnerabile, vulnerabile quanto lei quando aveva deciso di esporsi. Il suo orgoglio. Il suo coraggio. Il suo cuore. Perché, cazzo, le aveva giurato che sarebbe stata al sicuro con lui. Che l’avrebbe protetta a ogni costo. E in quel momento aveva capito che la sua protezione doveva essere maggiore, perché doveva proteggere il suo cuore e la sua anima oltre a proteggerla da qualsiasi minaccia fisica.
Con le sue parole si sarebbe impegnato completamente a tenerla al sicuro. Anche da sé stesso e da qualsiasi dolore potesse provare.
«Te» disse chiaramente. «Voglio te.»