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Sunday salì la seconda rampa per arrivare nello studio di Cross all’ultimo piano. Quando vi entrò, aveva il batticuore. Era così che si sentiva Raskol’nikov quando aveva pianificato la morte dell’usuraia?

Sicuramente sì, pensò, euforico. È una sensazione classica, senza tempo, comune a tutti gli esseri umani. L’uomo adora provocare distruzione, sopprimere un altro uomo, soprattutto un grande uomo. Ci piace assistere alla caduta dei grandi. Così andava il mondo.

Si avvicinò alla finestra e abbassò la tenda, poi infilò in tasca il visore notturno e accese la lampada sulla scrivania. Si guardò intorno soddisfatto pensando: Come faceva quella canzone?

Ain’t nothing like the real thing, baby?

Si mise a canticchiare, riflettendo che sì, la realtà è imbattibile, e osservò scaffali e pareti, fotografie, ricordi, medaglie e diplomi confrontandoli con il rendering del giovane genio informatico scovato da Acadia.

Incredibile quanto c’è andato vicino, pensò. Un libro qua, un quadro là, ma nell’insieme è molto simile. Cross non ama i cambiamenti, specie nel proprio nido.

Una debolezza, decise, di cui avrebbe potuto approfittare.

Mise da parte l’idea per il momento e si concentrò sui dispositivi elettronici da piazzare. Il key logger, per esempio, fra il cavo collegato al computer e l’attacco Internet sulla parete: tutto ciò che Cross avrebbe scritto sulla tastiera sarebbe stato registrato e la trascrizione inviata a un sito anonimo predisposto da Acadia.

Sotto la base di una cornice posata sulla credenza dietro la scrivania, Sunday piazzò una cimice. Era la foto di Alex e signora il giorno delle nozze.

Dove piazzare l’ultima webcam? Sunday si guardò intorno e trovò l’ubicazione perfetta: sullo scaffale più alto della libreria di fronte alla scrivania. La sistemò insieme con il trasmettitore e la batteria al litio da 9 volt fra due libri sulle tecniche di investigazione.

Assicuratosi che non fosse visibile a meno che Cross prendesse uno dei due volumi – evento alquanto improbabile – andò a sedersi sulla poltrona, sorrise alla videocamera e sussurrò: «Prova».

«Sai che il nero ti dona moltissimo?» gli bisbigliò Acadia. «Specie il passamontagna.»

Sunday le mostrò il medio e guardò l’ora: erano le 2.27.

Stava per dichiarare compiuta la missione quando notò, appeso al muro, l’articolo sulle stragi di cui trattava nel suo libro, Il perfetto criminale. Non riuscì a trattenersi e lo lesse, cercando le citazioni. Si stupì nel vedere che Cross le aveva sottolineate. E aveva preso anche appunti a margine. Lesse una delle note.

«Pretenzioso nel complesso, ma con spunti intelligenti» diceva. «Cosa ne sa?»

Pretenzioso? Ne so più di te, Cross. Molto più di te.

Si morse il labbro, continuando a leggere, poi si distrasse e gli cadde l’occhio su un portapenne ricavato da una scatola di pelati rifasciata di carta rossa e decorata con alberelli di Natale verdi. Doveva essere opera di uno dei figli di Cross.

Era sulla scrivania, accanto al telefono. Era lì già nella foto sul Post di tre anni prima. Probabilmente non era mai stato spostato. Sunday lo prese e lo posò sulla credenza.

Era una mossa di poco conto, subdola, ma potenzialmente in grado di scombussolare il grande detective. Sunday lo sperava con tutto il cuore.

«Vado» sussurrò ad Acadia.

Si alzò, rimise la poltrona nella posizione in cui l’aveva trovata, tirò fuori il visore notturno e spense la luce. Con il monocolo sull’occhio destro, aprì la porta senza far rumore e scese le scale fino al piano in cui dormiva Cross.

Stava per imboccare la seconda rampa quando sentì un rumore, si voltò e vide aprirsi una porta alla sua sinistra.

Rimase di sasso nel vedere il piccolo Ali Cross che si fregava un occhio.

Punto debole
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