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«Quindi non hai la ragazza» disse Karla Mepps, posando la tazza davanti a Damon. «Scusa, ma ero una cheerleader alla Louisiana State University e mi sembra impossibile.»

Damon sorrise e guardò un gruppo di suoi compagni che lo osservavano sbigottiti. Si sentiva sulle spine. Non gli era mai successo che una ragazza, e meno che mai una donna bellissima come quella, gli facesse discorsi del genere. «Non lo so» disse. «Sono sempre in palestra o a studiare, esco poco...»

Karla Mepps si tolse il giubbotto di pelle rivelando quanto la maglia bianca le aderisse al seno. Inclinò la testa da una parte, ammiccante, come se l’avesse sorpreso a guardare, e disse: «Ma ti piacciono le ragazze, vero?»

«Sì, be’, certo» rispose Damon, con le guance in fiamme. Gli cadde l’occhio sul dorso della mano sinistra di Karla: dalla manica un po’ sollevata spuntava un tatuaggio, la coda di qualche animale, forse.

«Sì, be’, certo» ripeté lei, ridendo. «Bene. Sarebbe un delitto contro il genere femminile.»

Damon lì per lì non capì, poi si sentì bruciare anche le orecchie. Non riusciva a guardarla in faccia e quindi osservò il tatuaggio che si intravedeva sotto la manica. Che animale era? Si chiese come fosse il tatuaggio nel suo insieme.

«Voleva farmi qualche domanda sulla scuola?» disse dopo un po’.

«Sì» rispose Karla Mepps.

E per una mezz’oretta parlarono della Kraft School. Prima di tutto gli chiese dove alloggiava. Lui spiegò che alla fine dell’anno si teneva una lotteria per l’assegnazione delle stanze e che lui era stato fortunato: gli era toccata una delle camere più belle di tutto il campus, una singola con caminetto al primo piano del North Dorm, con vista sul bosco. Le raccontò che certe mattine vedeva persino i daini.

«Mi fai vedere sulla piantina dov’è il North Dorm?» chiese Karla Mepps, prendendo la brochure dalla tasca del giubbotto.

Damon glielo mostrò. «Durante il tour non ci siamo passati. La foto è questa, comunque.»

Le restituì la brochure e indicò l’immagine di un edificio con la facciata di granito che doveva avere a dir poco cent’anni. «La mia camera è qui, sull’angolo.»

«Ah» mormorò lei, osservando con attenzione. «Sei stato molto fortunato.»

«Già.»

Quando Karla Mepps gli chiese della didattica, Damon rispose che gli insegnanti alla Kraft erano esigenti, ma molto disponibili e prestavano grande attenzione agli studenti.

«I tuoi genitori sono contenti?» gli chiese lei.

Damon non ci aveva mai riflettuto, ma annuì. «Sì, penso di sì. Mio padre sostiene che sono maturato, da quando sto qui.»

«Li vedi spesso?»

«Ogni sei, sette settimane» rispose Damon. «O vengono loro per un weekend lungo, oppure vado io durante le vacanze. E sto con loro tutta l’estate, ovviamente.»

«Quante vacanze fate nel corso dell’anno?»

Damon ci dovette pensare. «Quattro. Tre lunghe e una corta per il Giorno del Ringraziamento. E poi ci sono tre settimane di sospensione a Natale e una decina di giorni a Pasqua.»

Karla Mepps lo trovava molto interessante. «Dunque fra poco torni a casa?»

«Sì. Parto venerdì della settimana prossima» rispose, annuendo.

«E come torni, di solito, a...?»

«Washington» rispose Damon. «Prendo il minibus fino ad Albany e poi il treno.»

«Amtrak?»

Damon annuì. «Ci vogliono cinque o sei ore.»

«Non è male» commentò lei. «Non so se mia sorella vorrà che Jack torni in Louisiana in aereo da solo per le vacanze.»

«Ci sono accompagnatori e servizi del genere» disse Damon. «Per i più piccoli.»

Karla Mepps sorrise e si alzò in piedi. «Bene. Ti ringrazio molto, Damon Cross. Devo andare. Si sta facendo buio e mi aspetta un lungo viaggio.»

«Okay, allora arrivederci» disse Damon, alzandosi maldestramente. «Spero di esserle stato utile.»

«Non sai quanto» rispose lei, guardandolo negli occhi e infilandosi con grazia il giubbotto. «Mi accompagni alla macchina? Ti spiace? Mi sentirei più sicura.»

«Oh» fece lui. «Va bene.»

Ignorando le occhiate dei suoi compagni, Damon la scortò fuori del caffè. Il vento era più forte di prima e per ben due volte nei pochi metri che fecero per raggiungere il parcheggio Karla Mepps perse l’equilibrio e si appoggiò a lui.

«Come sei muscoloso» gli disse la prima volta.

«Che riflessi pronti!» esclamò la seconda.

Raggiunta la macchina, una Honda blu, Karla Mepps aprì la portiera e si voltò verso Damon. «Mi ha fatto molto piacere conoscerti, Damon.»

«Anche a me, signora Mepps.»

Gli strinse la mano e la tenne fra le sue un po’ più del necessario. «Ti dico una cosa» gli sussurrò. «Una notte di queste Karla potrebbe spuntare dal bosco, arrivare sotto la tua finestra e arrampicarsi fino in camera tua. Lasciala aperta, Damon: non si sa mai.»

Damon sbatté gli occhi e ritirò la mano. Karla Mepps rise, come un gatto che fa le fusa, salì in macchina e mise in moto.

Poi partì e scomparve nella sera.

Punto debole
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