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Giacca di pelle nera, jeans neri, polo nera e stivaletti neri, Marcus Sunday camminava veloce verso l’edificio New North al centro del campus della Georgetown University, zigzagando nella ressa di studenti. Raggiunse il McNeir Auditorium, una sala da centoventi posti dove quel giorno alle undici era in programma la conferenza: «Il perfetto criminale».

C’era parecchia gente: mentre si dirigeva verso le prime file, Sunday vide che l’unica sedia ancora libera era quella sul palco e c’erano solo posti in piedi.

Raggiunta la prima fila, davanti al palco trovò un gruppo di studenti seduti per terra a gambe incrociate. Sorrise, passò in mezzo a loro e salì con passo atletico la scaletta che portava al palco per stringere calorosamente la mano all’uomo con la barba grigia e la giacca di tweed che lo aspettava.

«Perdoni il ritardo, dottor Wolk» disse Sunday.

«Ho appena terminato la mia lezione» replicò l’altro. «Posso presentarla agli studenti?»

«Certamente» rispose Sunday, chinando la testa con deferenza.

Il dottor Wolk accese il microfono e vi batté sopra un dito due volte prima di dire: «Buongiorno a tutti, sono David Wolk, capo del dipartimento di filosofia della Georgetown. Vi ringrazio dell’interesse che state manifestando per il ciclo di conferenze di questa primavera: ’Voci da discipline diverse’». Sorrise e continuò: «Dicono che lo studio della filosofia ha scarsi legami con il mondo reale, ma il fatto che siate intervenuti così numerosi dimostra che non è vero. L’applicazione creativa e coraggiosa del metodo filosofico a problemi moderni può dare risultati straordinari. L’ospite di oggi, che ha conseguito il dottorato di ricerca in filosofia a Harvard, svolge questo tipo di ricerca innovativa e controversa. La sua opera prima, pubblicata quest’anno, si intitola Il perfetto criminale ed è l’avvincente resoconto di due stragi ancora irrisolte viste con gli occhi di un pensatore davvero originale che si propone di scandagliare la mente criminale». Dopo un istante di pausa concluse: «Ecco a voi Marcus Sunday».

Sunday sorrise, si alzò in piedi e prese il microfono che il dottor Wolk gli porgeva.

Rivolgendosi al pubblico che applaudiva, spostò lo sguardo qua e là e indugiò su una donna molto sexy seduta in seconda fila, dall’aria lievemente spaesata. Capelli ricci biondo scuro lunghi fino alle spalle, canotta bianca stretta sul seno prosperoso, braccio sinistro interamente coperto da un tatuaggio coloratissimo raffigurante una pantera nera appollaiata su un ramo fiorito nella giungla con la coda che scendeva lungo l’avambraccio e arrivava fino al polso. Gli occhi della fiera erano verdi, color trifoglio, ammalianti. E anche quelli della donna.

«Cinque anni fa mi sono messo a cercare il perfetto criminale» cominciò Sunday, sforzandosi di distogliere lo sguardo dalla donna tatuata. «Non mi risultava che fosse mai stato studiato, o identificato. Com’è logico, d’altra parte: un criminale si può definire perfetto proprio in virtù del fatto che non si fa identificare, no?»

Risatine nervose, teste che annuivano.

«Dove possiamo trovare un criminale perfetto, dunque?» chiese Sunday, guardando il pubblico ma vedendo solo facce perplesse. Posò di nuovo lo sguardo sulla donna dagli occhi color trifoglio e le labbra rosso rubino, che scrollò le spalle.

«Cercando fra i casi irrisolti?» tentò. Aveva un lieve accento cajun.

«Molto bene!» si complimentò Sunday, inclinando la testa a sinistra. «Infatti sono partito proprio da lì.»

Lo scrittore iniziò a illustrare le due stragi irrisolte che trattava nel libro. Sette anni prima, l’antivigilia di Natale, i cinque membri della famiglia Daley erano stati trucidati nella casa in cui abitavano, in un sobborgo di Omaha. A parte la moglie, erano tutti nel loro letto. L’assassino aveva tagliato loro la gola con un bisturi o con un rasoio. Anche la donna era stata trovata sgozzata, ma nel bagno, nuda. Il portone era stato aperto da qualcuno di casa, oppure l’assassino aveva le chiavi. Durante la notte era nevicato e le impronte erano state cancellate. La polizia non aveva trovato prove materiali rilevanti.

Quattordici mesi dopo, la famiglia Monahan aveva fatto una fine analoga a Fort Worth in una notte di pioggia. Il padre e quattro figli sotto i tredici anni erano stati ritrovati nei loro letti con la gola tagliata, la madre per terra, nel bagno, nuda. Nessun segno di effrazione. E, come nel caso precedente, a causa del violento temporale e della meticolosità dell’assassino, la polizia non aveva trovato né DNA né altre tracce.

«A incuriosirmi è stata l’assenza di qualsivoglia indizio» spiegò Sunday ai suoi ascoltatori attentissimi. «Sono stato nel Nebraska e in Texas diverse volte, sono andato sulla scena del crimine, ho letto gli incartamenti e intervistato tutti quelli che avevano partecipato alle indagini – FBI, polizia del Nebraska e del Texas – e ho capito che l’assassino aveva lasciato soltanto i cadaveri. Per il resto, i due casi erano un mistero assoluto.»

Sunday spiegò che l’assenza di indizi lo aveva spinto a fare un passo indietro, provando a immaginare la Weltanschauung del perfetto assassino.

«Sono giunto alla conclusione che si tratta di una forma estremizzata di esistenzialismo» disse. «Abbiamo a che fare con un individuo che non crede in Dio né in alcun genere di morale o etica, ritiene il mondo privo di senso al di fuori di quello che lui stesso gli conferisce.»

Rallentò, vedendo parecchie facce perplesse, e cambiò approccio.

«Insomma, trovo che il romanziere russo Fëdor Dostoevskij ne abbia colto l’essenza in Delitto e castigo, il cui protagonista, Raskol’nikov, sfiora il delitto perfetto. Convinto dell’insensatezza della vita, Raskol’nikov uccide per denaro una donna di cui a nessuno importa nulla. All’inizio va tutto bene.» Dopo un istante di pausa, Sunday si batté un dito sulla testa: «È la sua mente a tradirlo, la sua immaginazione. Nel momento stesso in cui concepisce un universo dotato di senso e regolato da un’etica, una legge morale, Raskol’nikov crolla. Ma un perfetto criminale non crolla».

Lo scrittore si interruppe e, constatato di avere l’attenzione dei suoi ascoltatori, riprese.

«Il perfetto criminale, a mio avviso, è consapevole dell’insensatezza e dell’assurdità della vita, priva di valore assoluto. E, finché mantiene questo punto di vista, non cade nelle trappole della mente e resta impunito.»

Sunday continuò spiegando che gli elementi caratteristici delle due stragi confermavano la sua teoria e aprivano la strada a ulteriori elaborazioni.

Alla fine della conferenza, lasciò un po’ di spazio alle domande e, dopo una serie di puntualizzazioni su alcuni aspetti minori del libro, vide che la donna sexy dagli occhi color trifoglio aveva alzato il braccio tatuato con gesto languido, come se volesse attirare l’attenzione di un cameriere.

Le fece cenno di parlare.

«Ho letto diverse recensioni molto positive» disse la donna con il suo caldo accento del Sud. «E soltanto una negativa sul Post, firmata dall’ispettore Alex Cross. Penso che lei concordi con me sul fatto che Cross non condivide nessuna delle sue affermazioni e stronca la sua ricerca. Fra l’altro sostiene che lei, dopo averlo intervistato, abbia distorto le sue osservazioni per adattarle forzosamente alle teorie che espone nel libro.»

Sunday digrignò i denti e rispose: «Come qualsiasi giornalista potrebbe confermare, signorina, le fonti sostengono spesso di non aver detto quello che hanno detto. L’ispettore Cross non la pensa come me. È legittimo».

Dopo un lungo silenzio carico di imbarazzo, il dottor Wolk si schiarì la voce. «Posso farle una domanda anch’io, dottor Sunday? Ho trovato il suo libro molto avvincente, ma ho un dubbio circa una delle conclusioni che lei trae.»

Sunday si sforzò di sorridere. «Quale?»

«A un certo punto lei descrive l’antitesi del perfetto criminale» spiegò Wolk. «Un poliziotto che crede in un universo etico, morale, esemplificazione di un mondo dotato di senso.»

Sunday annuì.

«Mi sorprende che lei alluda alla possibilità che il poliziotto perfetto sia costretto ad ammettere la suprema insensatezza e inutilità del tutto, trasformandosi così in...»

«In un perfetto criminale?» domandò Sunday. «Sì, ho scritto questo. La considero una conclusione logica, dottor Wolk. Lei no?»

Punto debole
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