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Poco dopo mezzanotte, mentre fuori si scatenava la prima vera tempesta della stagione, l’adorabile Guin Scott-Evans e io ce ne stavamo seduti sul divano in casa mia, guardando le fiamme nel caminetto a gas e bevendo un cabernet di prima classe. Argomento dell’amichevole conversazione: le scene più sexy della storia del cinema, secondo noi.

Per la cronaca, l’idea era stata di Guin.

«Il postino suona sempre due volte», dichiarò lei. «Il remake.»

«Di tutti i film mai girati?»

«Certo», replicò lei, serissima. «Senza dubbio.»

«Ti va di motivare la tua candidatura?»

Lei incrociò le braccia, annuì e sorrise. «Con grande piacere, signor Morgan.»

Mi piaceva, Guin. L’ultima volta che l’avevo vista, il gennaio precedente, era nei guai. Le avevo fatto da scorta e guardia del corpo ai Golden Globes, la sera in cui aveva vinto il premio come miglior attrice non protagonista. Nonostante quella situazione di pericolo, o forse proprio grazie a essa, tra noi si era sviluppata una certa chimica. Sennonché all’epoca le relazioni non erano molto chiare, tanto nella sua vita quanto nella mia, e tutto si era concluso senza andare oltre una stima reciproca.

Ma quella sera mi ero imbattuto in lei mentre usciva da Patina, un raffinato ristorante nel complesso della Walt Disney Concert Hall dove aveva partecipato alla festa di compleanno del suo agente. Avevamo bevuto un bicchiere di vino al bar e ci eravamo messi a ridere, come se dai Golden Globes fosse passata solo una settimana, non dieci mesi.

Guin doveva partire l’indomani per Londra e aveva parecchio da fare. Ma, per una ragione o per l’altra, eravamo finiti a casa mia con una bottiglia di vino aperta, a discutere sulla scena più sexy della storia del cinema.

«Il postino suona sempre due volte?» obiettai, scettico.

«Davvero! È incredibile, Jack», insistette lei. «Quando loro sono soli in cucina, Jessica Lange e Jack Nicholson, la giovane moglie del vecchio greco e il vagabondo. All’inizio pensi che lui voglia violentarla. Lottano. Lui la butta sul tavolo coperto di farina e di attrezzi da cucina. E lei dice: ’No! No!’ Ma poi lui si trattiene, capisce di avere frainteso e si ritrae. Lei è distesa sul tavolo, ansante, con la farina sulle guance arrossate. C’è un momento in cui ti sembra di avere capito la situazione. Poi lei dice: ’Aspetta, solo un momento’, e sgombra il tavolo per cedere a tutti i propri desideri repressi.»

«Okay», concessi, ricordando la scena. «Era sexy, sul serio, ma non so se sia la più sexy di tutti i tempi.»

«Ah, no? Trova di meglio. Sii sincero, adesso. Aprimi una finestra sulla tua anima, Jack Morgan.»

Finsi di rabbrividire. «Cosa? Devo già mettermi a nudo?»

«A tempo e luogo.» Guin sorrise e riempì di nuovo il suo bicchiere. «Avanti, parla. Proponimi una scena.»

«Non so se riesco a sceglierne una sola», risposi, sincero.

«Più di una, allora.»

«Che ne dici di Brivido caldo? Tutto il film. L’ho visto mentre ero in Afghanistan. A quanto ricordo, Willian Hurt e Kathleen Turner erano, be’... roventi. Ma forse perché avevo già passato troppo tempo nel deserto.»

Guin fece una risata profonda, priva di imbarazzo. «Hai ragione. Erano roventi. E umidi. Ricordi che avevano la pelle sempre madida e lucente?»

Annuii e svuotai la bottiglia nel mio bicchiere. «E come dimenticare Il paziente inglese? Quando Ralph Fiennes e Kristin Scott Thomas sono in quella stanza calda, con i raggi del sole, e fanno il bagno insieme?»

Lei alzò il bicchiere. «In gara di sicuro. Che ne dici di Shampoo

La guardai divertito. «Warren Beatty da giovane.»

«Così come Julie Christie.»

Ci fu un momento fra noi... Poi mi squillò il cellulare. Lei scosse il capo.

Guardai il display: Sherman Wilkerson. «Accidenti. Cliente grosso. Grosso grosso. Io... devo rispondere, Guin.»

«Ma stavo per nominare la cerimonia in maschera di Eyes Wide Shut», protestò lei.

Rivolsi a Guin un’espressione genuina di simpatia e rimorso, e premetti il tasto di risposta. Le voltai le spalle. «Sherman, come stai?»

«Per niente bene, Jack», rispose secco. «Ci sono gli uomini del dipartimento dello sceriffo nella spiaggia sotto casa e almeno quattro cadaveri, a quanto riesco a vedere.»

Lanciai un’occhiata a Guin, pensando malinconico a cosa mi stavo perdendo e dissi: «Arrivo subito, Sherman. Massimo dieci minuti».

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