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«Deve aver passato i trent’anni da un po’» dice Lotta. «Ti è chiaro questo, vero?»
Sbuffo. Lotta non è il tipo che di solito fa osservazioni su età e opportunità. Ma in questo caso invece sì. Forse si sta già pentendo di avermi concesso di provarci per prima con Flynn Branagan, perché lui è davvero un uomo affascinante.
Molto affascinante. Siamo sedute alla locanda Exmoor Inn a Simonsbath, abbiamo bevuto nell’ordine vino bianco, birra e sidro, e Flynn sta suonando il suo secondo giro di pezzi sul piccolo palcoscenico nell’angolo. Sono le nove e mezzo, e l’atmosfera è buona, tutti sembrano gradire le sue canzoni, e molte volte il pubblico si mette a cantare con lui. Lotta e io ci siamo dette che avremmo dovuto scegliere di lavorare in un pub come questo invece che in quella bettola anonima a Soho, avrebbe fatto senz’altro una bella differenza.
Se davvero fosse stato possibile scegliere. Quelli che lavorano alla Exmoor Inn probabilmente sono della zona, conoscono ogni avventore tranne noi e sono qui da quando hanno terminato le scuole. Flynn non lo conoscono altrettanto bene; è vero che ha già suonato qui una volta, ma quando non è sul palcoscenico viene a sedersi con noi. Forse la gente pensa che una delle due, Lotta oppure io, sia la sua ragazza, e per fornire ulteriori indicazioni gli ho appoggiato una mano sulla coscia e mi sono seduta vicinissima a lui durante l’ultima pausa. È incredibile quanta audacia possano dare sidro, vino bianco e birra.
«Che cosa intendi dire?» ribatto al commento di Lotta sulla questione dell’età.
«Niente» risponde Lotta. «Mi chiedevo soltanto se ci avessi pensato.»
Ci siamo appena lasciate alle spalle l’adolescenza, Lotta e io, ma dopo essere state in una città come Londra per un anno intero cavandocela da sole, possiamo decisamente essere considerate adulte. Ne abbiamo parlato e siamo giunte alla conclusione che abbiamo imparato di più sulla vita in quest’ultimo anno che durante i nostri primi venti a K. Bisogna vedere il mondo, altrimenti ci si rimpicciolisce come esseri umani, abbiamo concordato.
Flynn smette di suonare alle dieci e mezzo, questo era l’accordo, e l’ultimo giro lo offre Frank. È il proprietario del pub; viene a sedersi al nostro tavolo e ci racconta storie su Exmoor. Di turisti matti e di cacciatori che si sono sparati in un piede e così via. Poi facciamo un ultimo giro ancora perché Frank ha dimenticato un paio di storie che deve assolutamente rendere note a una compagnia così piacevole. A questo punto sia io che Lotta siamo piuttosto sbronze; è soprattutto colpa del sidro, che è traditore, non si capisce quant’è forte prima che sia troppo tardi. Quando ci alziamo, tutti gli altri avventori hanno già lasciato il locale. Nemmeno Flynn è particolarmente sobrio, ma dice che nella brughiera vale la regola che se si riesce a lasciare il pub sulle proprie gambe e a trovare la macchina giusta, allora si può anche guidare.
Lotta gli fa notare che non è poi così difficile trovare la macchina giusta, dal momento che nel parcheggio ne è rimasta solamente una, e per qualche motivo la cosa ci sembra divertentissima. Per tutto il tragitto fino a Blagworthy ci ridiamo su come dei matti, e questo la dice lunga sulle nostre condizioni. Io sono seduta davanti accanto a Flynn, Lotta è stesa sul letto nel retro del camper, ma prima di arrivare a Blagworthy dobbiamo fermarci a pisciare tutti e tre. Ci mettiamo distanti nel buio, ma per qualche motivo anche questa cosa ci diverte un sacco e quando abbiamo finito, Flynn domanda se non sia ora di condividere una canna. Lotta e io abbiamo evitato di fumare erba durante tutti i nostri mesi a Londra, ma in questa sera limpida e stellata nella brughiera accettiamo. Flynn rolla e accende con mano esperta, poi ci sediamo sul ciglio della strada, fumiamo a turno e ridiamo fino a trovarci sdraiati sulla schiena. Restiamo stesi sull’erba morbida a fissare le miriadi di stelle. In lontananza riusciamo a cogliere il belato di qualche pecora e un cane che abbaia in uno dei villaggi, e almeno io penso che farò di tutto per riempire la mia vita di serate come quella.
Rimango nel camper con Flynn tutta la notte e metà della mattina seguente. Facciamo l’amore, ovvio, ma quando mi sveglio non ne ho quasi memoria. Sono stata a letto con altri due ragazzi durante l’anno londinese, più i due a casa in Svezia, per cui Flynn è il numero cinque. Sto smaltendo ancora la sbornia, ma dopo che abbiamo fatto il bagno nel ruscello gelido in effetti mi sento un po’ meglio. Beviamo caffè e mangiamo scones con burro e marmellata che lui tira fuori dal minuscolo frigorifero che ha nel camper, e poi mi riaccompagna al nostro B&B a Blagworthy. Quando sto per scendere mi viene quasi da piangere, allora lui mi mette una mano sulla nuca e mi chiede se possiamo vederci di nuovo quella sera.
Gli chiedo se lo vuole veramente e lui risponde che, se gli rimanesse da esprimere un solo desiderio al mondo e in tutta la sua vita, sarebbe proprio quello.
E così andiamo avanti. Di giorno Lotta e io camminiamo nella brughiera, a volte quattro, cinque ore, a volte solo una o due, la sera Flynn passa a prenderci e ci porta al pub dove dovrà esibirsi. Dulverton, Winsford, Withypool. Sì, in realtà si tratta solamente di questi tre posti, e in realtà sono solo tre i giorni in cui facciamo le nostre escursioni, ma l’impressione è che siano molti di più. E Lotta viene soltanto a Dulverton e Winsford. La domenica andiamo tutti e tre a Taunton, dove ci congediamo da lei quando prende il treno per Londra. Riferirà a Keith del Green Anchor che purtroppo mi sono slogata un piede durante le nostre lunghe escursioni nella brughiera, ma che sarò di ritorno al lavoro entro una settimana.
Trascorro ancora tre giorni con il mio trovatore a Exmoor. Da soli, lui e io. Prendiamo le giornate come vengono, due sere è impegnato a suonare. Withypool, come ho già detto, e Wheddon Cross. L’ultima sera è libero, ci ubriachiamo di sidro e di whisky e fumiamo un paio di canne. Facciamo l’amore un sacco di volte, io raggiungo orgasmi come mai prima, e lui canta canzoni per me.
Ci raccontiamo della nostra vita, ovviamente, anche se non tanto. Per parte mia, non ho poi chissà che da raccontare.
Tu sei così giovane, dice lui. Troppo giovane, davvero.
Io dico che sono stanca di ragazzini.
Continuerai a essere sempre così meravigliosamente giovane? mi chiede.
Lo prometto. Dico che la mia anima sarà sempre così giovane. Giovane e libera quanto la sua.
Ci diciamo molte sciocchezze di questo genere. E nessuno di noi pensa che siano minimamente ridicole. Come si sa, è facile diventare un po’ tonti, quando si fuma.
E poi arriva il giorno in cui dobbiamo separarci. Flynn deve tornare a Liverpool, ha altro di cui occuparsi. Qualcosa che ha a che fare con un grosso cantiere, non capisco esattamente quale sia il suo ruolo, ma questa cosa di cantare nei pub è un’occupazione a cui si dedica solo ogni tanto. Bisogna suonare finché lo si trova divertente, dice. Esiste forse qualcosa di peggio di un cantautore annoiato?
Io ho un groppo alla gola per tutto il tragitto fino a Taunton, dove prenderò il treno per Paddington. Flynn è seduto dietro il volante e canticchia come se non avesse una sola preoccupazione al mondo. Mi sento quasi come una bimbetta e non oso chiedergli se ci vedremo ancora. Forse è così che si fa nel suo mondo? Ci si incontra e si sta insieme una settimana, si beve e si fuma e si fa l’amore come dei disperati, poi ci si dice allora ciao e si prosegue verso nuove avventure? È così che si deve vivere? Non ti accorgi che sto per andare in pezzi? penso.
Ma ovviamente lo sa. Dopo aver parcheggiato fuori della stazione ferroviaria di Taunton, uno dei posti più brutti che io abbia mai visto, strisciamo di nuovo fino al letto che c’è nel retro del camper e tiriamo le tendine. Manca quasi un’ora alla partenza del treno, per cui facciamo in tempo a scopare ancora una volta. Poi lui dice che mi ama.
Mi metto a piangere come una fontana e gli dico che anch’io lo amo.
«I’ll be down in London in a week or so» mi spiega. «Will you wait for me?»
Naturalmente gli rispondo che sarò lì ad aspettarlo.
Le ultime tre settimane a Londra abito nel suo camper. In sostanza trasloco dall’appartamento a Camden, e molto spesso trascuro di andare al lavoro al pub di Wardour Street. Flynn e io andiamo un po’ in giro e pernottiamo in posti diversi, Hampstead Heath, Battersea e Greenwich, ma il più delle volte stiamo parcheggiati a Richmond Park. Il tempo è magnifico. A volte dormiamo all’aperto, e io penso che viviamo come una coppia di autentici hippy. Prendiamo i giorni come vengono, e chiaramente a volte capisco che non si può vivere sempre così. In quelle settimane però è concesso, presto tornerò in Svezia; Lotta e io abbiamo un volo da Heathrow il 30 giugno, per cui questo tempo, questa vita libera con Flynn Branagan ha una sua fine naturale. Naturale e inevitabile, lo sappiamo tutt’e due, non abbiamo bisogno di parlarne.
Ma uno degli ultimi giorni lui mi mette incinta, e di questo col tempo dovremo occuparci per forza. Anche se lo scopro soltanto qualche settimana dopo che sono di nuovo a casa a K.
Mentre sono seduta sull’aereo di fianco a Lotta, mi sento ammutolire. Mi sembra quasi che mi abbiano amputato qualcosa, Lotta prova a parlarmi come se fossimo di nuovo lei e io. Come se la parentesi si fosse chiusa e adesso fossimo tornate a essere amiche del cuore.
Ma naturalmente non è così, e non saprei dire perché. La colpa è mia, sono io a essere strana, il seme della pazzia è sbocciato in me, e le uniche parole che mi ronzano per la testa sono quelle del titolo di un vecchio film.
Ha ballato una sola estate.
È così che sarà? La mia vita in questo momento è già finita?