Mancino

Ero nell’anticamera del medico. Aspettavo il mio turno e sfogliavo alcune riviste di medicina. Le riviste erano sparse su un tavolino basso e gli unici che le sfogliavano eravamo io e un ragazzino, che aspettava io le prendessi e le posassi per imitarmi puntualmente. Questa coincidenza doveva affascinarlo più che il contenuto delle riviste. Ma neanche a me interessavano.

Quando rialzai la testa, il ragazzino smise anche lui di leggere e si accomodò sulla sedia. Aveva un’aria divertita e furba che mi faceva sorridere. Anche lui sorrideva. Poi, con una mossa di soppiatto, prese una rivista. Mentre la sfogliava rapido, il mento appoggiato sopra il palmo, sua madre gli gridò:

«Attento alla mano!»

Il ragazzino si corresse meccanicamente, come a un comando familiare. Spostò la guancia sul palmo della sinistra e cominciò a voltare le pagine con la destra.

Chiesi a sua madre:

«Lo corregge sempre?»

«Sempre!» rispose lei con forza. «Quando mangia, quando scrive. È una disperazione, da qualche anno!»

Il ragazzino, curvo sul tavolo, la spiava di sottecchi. Aveva un’aria un po’ timorosa.

«È sempre stato così?» chiesi io.

«Peggio! Prima peggio!» pareva aspettarmi al varco. «Prima faceva tutto con la sinistra. Adesso è un po’ migliorato. A furia di spillate.»

«Spillate?»

«Certo, spillate. In prima elementare aveva imparato a scrivere con la sinistra. E io, zaf! quando faceva i compiti a casa, un colpo di spillo sulla mano. A qualcosa è servito.»

Mi ritrassi leggermente. La madre dovette accorgersene perché aggiunse:

«Non gli facevo molto male, s’intende!»

«No, una volta m’ha fatto un buco!» intervenne il ragazzino. «Guardi!» e mi mostrò il dorso della sinistra.

L’effetto lo appagò. Per rialzare le sorti della madre, che intanto ripeteva «che sciocco!», aggiunse che di solito non sentiva troppo male. Parlava rassegnato. Mi guardava e pareva sollecitare le mie reazioni.

«Ma perché deve usare la mano destra?»

«Ma perché non deve usarla proprio lui?» esclamò la madre. «Perché dev’essere diverso dagli altri? Bisogna vederlo, a tavola. Il cucchiaio con la sinistra, il bicchiere con la sinistra. Fa senso!»

Il ragazzino, vedendomi interdetto, completò il quadro:

«A scuola la maestra non mi ha lasciato nel primo banco perché le facevo impressione.»

Si vedeva che era abituato a vagliare tutti gli argomenti. Quando gli chiesi, subito dopo, se a lui importava di essere mancino, mi rispose:

«No.»

«Se fosse solo per te non ti preoccuperesti?»

«No.»

«È per gli altri?» additai la madre e, vagamente, la gente che attendeva in anticamera.

«Sì.»

«Ma ha ragione lui» esclamai, rivolto alla madre. «E poi di mancini ce ne sono tanti!»

«Lo dice lei» ribatté la madre, asciutta.

Guardavo il ragazzo, così lucido, così maturo.

«I mancini, tra l’altro, sono molto bravi con la sinistra» tentai. «Basta assistere a una gara di tiro al piattello.»

Il ragazzo concluse:

«Per noi sono mancini gli altri.»

Io tacevo.

Speravo: “Sarà il medico a convincerla”.

Aspettavo.

Ma quando il medico lo accompagnò dopo la visita, sentii che gli diceva, con voce suadente, nel corridoio:

«Non usare la sinistra, hai capito? Devi essere normale. Cerca di usare la destra e andremo d’accordo.»

1959